Quando uno studio dentistico non raccoglie guadagni proporzionali allo sforzo profuso in termini di produzione, si danno tre possibilità: sovradimensionamento, sottodimensionamento e cattiva organizzazione dei processi. In questo articolo descriviamo gli aspetti eziologici e le possibili soluzioni del sovradimensionamento. A dispetto di un decorso lento, l’esordio di questa patologia cronica è di solito evidente e facilmente misurabile. In questo senso, il titolare di uno studio, ha a disposizione ampi strumenti per contrastarne gli effetti negativi.
Lo studio dentistico, inteso come complesso aziendale, può soffrire di alcune patologie croniche che devono essere diagnosticate per tempo e, se possibile, trattate: una di questa può essere definita come sovradimensionamento. Il suo opposto è rappresentato dal sottodimensionamento cui dedichiamo un articolo apposito.
Come sappiamo, le patologie croniche possono essere particolarmente insidiose perchè hanno un decorso lento, spesso silente, sfuggendo così al filtro della nostra osservazione o dei nostri sistemi di controllo.
Di contro, offrono un vantaggio perchè, producendo i loro effetti in un arco temporale molto lungo, è possibile porvi rimedio anche in caso di diagnosi tardiva, se gli effetti non sono già irreversibili.
Per sovradimensionamento intendiamo una condizione patologica sul piano economico finanziario, organizzativo ed anche di marketing, legata ad una sproporzione in eccesso dei mezzi di produzione rispetto alla produzione stessa.
Si verifica in tutti i casi in cui le dimensioni dello studio, le attrezzature, le risorse umane (ma, in alcuni, casi anche i beni intangibili) sono costantemente sottoutilizzati.
In caso di sovradimensionamento, come è facile intuire, il sottoutilizzo dei mezzi di produzione non dipende tanto (o solo) da un insufficiente afflusso di pazienti ma (anche) da una errata stima del fabbisogno in fase di pianificazione, oppure dall’assenza di un valido modello organizzativo interno, ovvero da una combinazione di tutti questi fattori.
Per motivi espositivi tratteremo questi tre temi separatamente, riservando questo articolo al sovradimensionamento come se si trattasse di un fenomeno isolato e indipendente dagli altri.
Il problema del sovradimensionamento, nella maggior parte dei casi, nasce da errori commessi in Fase Plan del Ciclo di Deming.
Nelle aziende comuni la Fase Plan è formalizzata, in fase di avviamento, da un vero e proprio documento di Business Plan nel quale, semplificando al massimo, si effettua una previsione dei volumi (sales forecast) e delle tipologie di prestazioni (mix di produzione) erogate in un anno di esercizio e delle risorse strumentali e umane necessarie per erogarle (budget di spesa).
Un Business Plan costruito correttamente tende a creare un equilibrio tra reale necessità delle risorse e la loro disponibilità. In tutti i casi in cui questo equilibrio non è rispettato e la stima delle risorse necessarie viene fatta in eccesso rispetto alla sales forecast ricadiamo in una patologia da sovradimensionamento o sovraccapacità. Nel caso opposto si tratterà di patologia da sottodimensionamento o incapacità (tratteremo questa situazione in un prossimo articolo).
In altri casi il problema del sovradimensionamento non si origina in fase di costituzione ed avviamento dello studio, ma nelle fasi successive. Il meccanismo patogenetico può essere lo stesso anche se maggiormente condizionato da fattori strategici. Per esempio il dentista potrebbe essere (erroneamente) convinto di attraversare una fase di espansione e di sviluppo tale che, per poter cogliere ulteriori opportunità (quote di mercato, posizionamento, risultati economici), sia necessario fare investimenti in risorse supplementari rispetto a quelle attuali.
In tutti i casi, conoscendo il mondo e la mentalità dei dentisti, non sono da escludere due fenomeni psicologici del tutto irrazionali, la megalomania e l’emulazione:
Senza ricorrere a questi comportamenti aberranti non sapremmo come spiegare l’istrionica tendenza di alcuni colleghi a farsi vanto pubblicamente di strutture pletoriche o ridondanti in presenza di bilanci scarni o di profitti inesistenti (forse, un giorno, qualcuno avrà competenze sufficienti per scrivere un saggio sul disturbo narcisistico di personalità in ambiente odontoiatrico).
Rimane il caso, residuale, di patologie da sovradimensionamento determinate da cause esogene, tra le quali ricordiamo:
Come si vede, l’eziologia del sovradimensionamento si nutre di cause anche molto distanti tra loro o di una serie di concause che non sono sempre sotto il nostro controllo. Per questo è importante una diagnosi corretta, una analisi degli effetti negativi che si producono e, conseguentemente, un piano di cura adeguato e tempestivo.
Di seguito esaminiamo insieme gli effetti pratici del sovradimensionamento dello studio dentistico, suddividendoli in:
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Abbiamo ampiamente descritto gli effetti negativi che il sovradimensionamento produce sull’equilibrio economico finanziario all’interno del nostro libro “Economia e Controllo di Gestione dello Studio Dentistico“, cui rimandiamo per maggiori approfondimenti.
Qui ci limitiamo a richiamare alcuni passaggi fondamentali.
La patologia da sovradimensionamento si esprime, sul piano numerico, per il tramite dei Costi Fissi. Per poter comprendere il fenomeno è necessario che il dentista abbia dimestichezza con il concetto di costo fisso e con il ruolo che tali costi giocano all’interno del nostro sistema micro economico. Il peso eccessivo dei costi fissi è infatti il sintomo patognomonico della patologia.
Come abbiamo detto il sovradimensionamento consiste in un apparato infrastrutturale e/o di risorse e/o di organizzazione superiore alle reali necessità dello Studio: immobile troppo grande, strumentazione in eccesso, troppo personale, servizi eccessivi, ecc., quello che potremmo definire un apparato pletorico.
E’ di più frequente riscontro nei grandi Studi, ma non è da escludere che possa affliggere anche Studi di dimensioni piccole. I concetti di grande e di piccolo, infatti, sono relativi e dipendono solo dal numero di prestazioni o di pazienti di cui ci dobbiamo occupare.
Tutti coloro che impiegano il parametro del Costo Orario all’interno del Controllo di Gestione, sanno che il risultato economico delle attività dipende, in gran parte, dalla durata delle prestazioni, poichè questa è in relazione diretta e proporzionale con i costi fissi. Di conseguenza, sanno che ottimizzare i tempi di esecuzione delle prestazioni apporta benefici in termini di risultato, anche grazie alle economie di scala che si generano.
In caso di sovradimensionamento, tuttavia, non è possibile rimodulare il tempo della prestazione in modo tale da rendere economicamente profittevole una prestazione (o l’insieme delle prestazioni) senza comprometterne al ribasso la qualità clinica (opzione che scartiamo in partenza). In altre parole, in questi casi è proprio il modello di business che non è sostenibile in un contesto di autosufficienza economico finanziaria.
Il principale problema che devono affrontare questi Studi non è rappresentato dalla capacità di effettuare un certo volume di prestazioni, ma dalla possibilità reale di effettuarle. Vi è una predisposizione qualitativa e quantitativa di mezzi e persone adeguata a soddisfare il bisogno dei pazienti, ma sono i pazienti che mancano.
Sarebbe ancora più corretto dire che manca un numero di pazienti adeguato al potenziale produttivo dello Studio.
Uno Studio dentistico ben organizzato ha solitamente delle agende parzialmente insature. Non solo è fisiologico ma è addirittura virtuoso che vi siano margini di produzione dello Studio non pienamente sfruttati. Questo, infatti, consente di cogliere opportunità importanti, come pazienti occasionali che aprano nuovi cluster di mercato oppure imprevisti picchi di lavoro che potrebbero generare confusione e stress nello Studio in assenza di risorse adeguate.
Il fenomeno da fisiologico (o addirittura virtuoso) diventa invece patologico quando l’attività produttiva è sensibilmente al di sotto del suo potenziale. In questo caso il peso dei Costi Fissi sui quali lo Studio è stato allestito rischia di essere troppo oneroso da sostenere; l’EBIT sulle prestazioni si assottiglia ed il rischio di non raggiungere il Break Even Point (BEP o Punto di pareggio) entro termini accettabili diventa altissimo.
È difficile porre un indicatore universale per stabilire quando il fenomeno è certamente patologico, ma possiamo affermare che uno Studio è correttamente governato se mantiene costantemente insaturo tra il 10 ed il 15 % della propria capacità produttiva. Entro questi limiti, il tempo che avanza al personale di Studio può essere proficuamente messo a frutto con attività di riorganizzazione, formazione, conviviali o di rinforzo delle relazioni interne.
Ora proviamo a fare una simulazione di NTT in una situazione di sovradimensionamento. Di seguito un esempio, a scopo puramente espositivo, del Nomenclatore Tariffario e Tempario di uno studio immaginario sovradimensionato e con un mix di produzione casuale:
Questo è un insieme di prestazioni correttamente realizzato sulla base di un costo orario di 90 € a poltrona. Tale valore è decisamente fuori standard per la media degli Studi dentistici di cui abbiamo esperienza diretta, nei quali le dimensioni della struttura e l’assortimento di apparecchiature sono solitamente proporzionate e coerenti sia con il numero delle poltrone che con la richiesta del mercato.
Quando il numero delle poltrone, invece non è adeguato, oppure quando solo una parte di esse è attiva per insufficiente richiesta del mercato, il costo orario standard può raggiungere valori come questo o anche superiori.
In questo scenario alcune prestazioni hanno EBIT negativo ed altre positivo, con una media EBIT di 126 €. È da notare che tale media è possibile solo grazie al fatto che, in questo particolare mix di produzione, tutte le prestazioni sono rappresentate lo stesso numero di volte, il che non si verifica mai nella realtà. Curiosamente, anzi, le prestazioni con EBIT negativo sono, di solito, proprio quelle più frequenti. Questo non accade solo nello scenario privato, ma anche e molto più spesso nell’ambito delle convenzioni con i terzi paganti.
Ci conforta il fatto che tutte le prestazioni qui rappresentate hanno comunque un Margine di contribuzione (MdC1) positivo, che quindi si manterrà positivo per qualsiasi combinazione quali-quantitativa del mix di produzione. Questo significa che lo Studio potrà garantirsi il BEP a condizione che il numero delle prestazioni sia sufficientemente elevato da riuscire a coprire tutti i Costi Fissi entro l’anno (ovvero che la somma dei tempi di tutte queste prestazioni sia inferiore alla somma delle ore lavoro di tutte le poltrone di un esercizio intero).
È del tutto evidente che, se dobbiamo fare i conti contemporaneamente sia con i Costi Fissi alti che con la bassa richiesta relativa del mercato, il quadro si complica in modo geometrico (senza contare che non abbiamo considerato gli eventuali costi finanziari tra i Costi Fissi e abbiamo calcolato il compenso dell’operatore sempre al netto dei soli Costi Variabili)
Come abbiamo detto, la maggior parte degli Studi dentistici è potenzialmente in grado di effettuare più prestazioni di quante ne servano ai pazienti che hanno in cura. Questo fenomeno è definito sovraccapacità ed è fisiologica quando ha una leva strategica in previsione di prestazioni addizionali che verranno fatte, mentre è patologica quando è conseguenza del sovradimensionamento, in previsione di volumi di prestazioni che verosimilmente non si faranno mai.
Quando il fenomeno della sovraccapacità è diffuso tra Studi concorrenti, ne deriva una situazione di ipercompetitività parossistica dove ogni singolo tenta di andare a saturazione con l’unica leva che gli rimane a disposizione. Nel disperato tentativo di attrarre pazienti, la concorrenza abbassa i prezzi e offre promozioni, come ad esempio prestazioni gratuite.
Quando non si generano economie di scala, in definitiva queste strategie comportano:
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Gli effetti negativi del sovradimensionamento non si scaricano solo in ambito economico e finanziario, ma anche sull’equilibrio organizzativo dello studio. Per capire questo fenomeno partiamo da un assetto organizzativo ideale e vediamo in che modo si corrompe per effetto di questa patologia.
L’assetto organizzativo ideale di uno studio è quello che abbiamo descritto in altri articoli come Organizzazione per processi. Rinviamo il lettore a quel contenuto per comprendere meglio quanto diremo di seguito.
In una organizzazione per processi viene effettuata una identificazione generale di tutte le attività dello studio (sia quelle cliniche che quelle extra cliniche) e, a seguire, viene eseguita una mappatura specifica delle macroaree e dei singoli processi.
A seguire, per ogni processo vengono descritte le seguenti variabili:
Senza allontanarci troppo dallo scopo di questo articolo, possiamo dire che in una condizione ideale standard vi è un rapporto biunivoco e singolo tra le risorse (umane e strumentali) impiegate e le attività di processo da svolgere.
Questa è la precondizione essenziale affinché, in uno studio dentistico, sia chiaro: chi deve fare cosa, in quali tempi, con quali strumenti, in quale luogo, con quale obiettivo finale.
Supponiamo ora che nello studio il sovradimensionamento derivi da un eccesso di personale dipendente. L’esubero di risorse umane produrrà, alternativamente, una delle due conseguenze patologiche se non entrambe contemporaneamente:
In entrambi i casi mettiamo a rischio quanto di più prezioso l’Organizzazione per processi ci mette a disposizione:
La logica conseguenza di queste situazioni è un campionario di problemi relazionali e non conformità degli output di processo che noi dentisti, in qualche misura, conosciamo tutti benissimo. A titolo di esempio ricordiamo: conflitti di competenze, incapacità di determinare le responsabilità, incapacità di attuare azioni correttive, frustrazione e mancanza di gratifica personale, predisposizione al pettegolezzo ed alla trasmissione di informazioni errate, delegittimazione del vertice.
Analogo discorso vale, poi, nel caso in cui l’esubero riguardi le figure professionali: odontoiatri, igienisti dentali, consulenti esterni, ecc.
E’ paradossale, infine, che lo stesso tipo di conseguenze si ottenga nei casi patologici opposti a quelli da sovradimensionamento, ovvero quelli derivante da risorse insufficienti, anche se in forma più grave per questi ultimi.
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Se ricomprendiamo tra le attività di marketing tutte quelle che convenzionalmente vengono attribuite a questa disciplina, si aprono due ipotetici scenari, in caso di sovradimensionamento.
Il primo scenario è quello in cui il sovradimensionamento faccia parte di una strategia di marketing consapevole ed esplicita. In questi casi l’esubero di risorse impegnate ha come scopo il raggiungimento di uno specifico posizionamento, la ricerca di un preciso profilo reputazionale e, conseguentemente, l’acquisizione di nuove quote di mercato che, infine, giustificheranno le risorse iniziali saturando la produzione.
Il secondo scenario è quello in cui, al contrario, non sia stata prevista una precisa strategia di marketing. In questo caso, non solo è meno probabile che si raggiunga l’obiettivo di una maggiore saturazione, ma c’è anche il rischio concreto che l’immagine dello studio non sia in linea con il mercato target e che, quindi, il messaggio veicolato non sia né capito né condiviso. In queste situazioni il sovradimensionamento produce risultati negativi nella percezione del paziente e l’incremento di produttività non si verifica.
In tutti i casi in cui si produce sovradimensionamento intenzionale, per applicazione di strategie di marketing pianificate, sarebbe opportuno che se ne valutasse il rischio economico finanziario sotteso (maggiori investimenti iniziali e riduzione prolungata dei margini operativi). Il valore numerico di tale rischio dovrebbe essere considerato come un investimento di medio periodo, al termine del quale misurare i risultati, stimare il ROI e assumere decisioni conseguenti.
(a cura di Pietro Paolo Mastinu)
In un’azienda odontoiatrica possiamo individuare dei range fisiologici che tengano conto delle differenze tra una tipologia di attività ed un’altra in termini di costi variabili e anche del peso dei costi fissi rispetto al fatturato, oltre che del margine minimo che va assicurato alla gestione.
Se, in particolare, partiamo dai costi variabili e dal margine di guadagno, possiamo agevolmente ricavare per differenza quale range può essere riservato al totale dei costi fissi rispetto ai ricavi.
Per semplificare il ragionamento, proviamo a indagare il peso di questi costi, fatto 100 il ticket paziente, sulla base di semplici evidenze empiriche nella media degli Studi che abbiamo conosciuto:
E’ facile dedurre che i costi variabili totali possono oscillare tra il 40% e il 63%. Il reddito operativo (EBIT) dovrebbe invece oscillare tra il 10% e il 25%.
Chi lo dice? Semplicemente, il mercato.
Un dato medio di redditività delle strutture odontoiatriche di successo (economico) è pari al 15%. Il che significa che la somma tra costi variabili e Ebit dovrebbe oscillare in un range compreso tra il 50% e l’88% del pagato paziente. Cosa rimane? Tra il 50% e il 12% per il totale dei costi fissi.
Almeno in teoria, perché poi c’è la realtà, che presenta ulteriori vincoli e che dipende da una serie di adempimenti in capo alla struttura che ne condizionano anche i relativi costi.
Una struttura odontoiatrica non potrà mai avere un rapporto del totale costi fissi rispetto al pagato paziente realisticamente vicino al 11%. Nella nostra esperienza tale rapporto non potrà che oscillare tra il 20% e il 30%. Dobbiamo per forza ripartire da questo vincolo incomprimibile.
Ne deriva che i costi variabili non dovrebbero mai superare un limite pari al 55% rispetto al pagato paziente e che il margine dovrebbe almeno attestarsi intorno al 15%. Siamo al 70% totale. Quindi non meno del 20% e non più del 30% per il totale dei costi fissi rispetto al pagato paziente.
In buona sostanza: a seconda della dimensione delle specifiche categorie di costi la coperta finisce per rivelarsi troppo corta.
Tutte le volte in cui i costi variabili totali pesano fino al 55% e i costi fissi totali fino al 30% del pagato paziente, ci sono spazi per la produzione di un accettabile margine (15%). Se si va oltre, mancano le condizioni per realizzarlo e in alcuni casi si va addirittura in perdita. Sono le meraviglie delle addizioni e sottrazioni a dirlo, con buona pace di tutti coloro che sostengono che si possa pagare un collaboratore più del 35% rispetto al pagato paziente o che la dimensione dei costi fissi non può essere tenuta sotto controllo senza contestualmente spingere la struttura sanitaria verso la via del non ritorno.
Naturalmente, questo tipo di considerazioni può avere un senso solo dopo aver calcolato un NTT nella maniera corretta e non prima di averlo fatto. Ma una volta eseguito il compito secondo le regole che abbiamo illustrato, a fronte di una dimensione dei costi fissi superiore al 30%, appare evidente la situazione di sovradimensionamento della struttura organizzativa, come anche risulta inevitabile procedere come indicato e cioè sui meccanismi da cui deriva la produzione dei ricavi e su quelli che possono portare ad un ridimensionamento della struttura e dei relativi costi.
Quanto all’azione di ristrutturazione sui costi fissi, va infine ricordato che si tratta comunque di operazioni che richiedono un certo lasso di tempo prima di produrre gli effetti che ci aspettiamo. Ragione in più per muoversi con la massima celerità possibile.
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Esistono due sole soluzioni concrete al problema del sovradimensionamento strutturale e della conseguente sovraccapacità produttiva:
Il Downsizing può sembrare una dichiarazione di sconfitta ma, in realtà è, prima di tutto, una presa di coscienza.
Consiste nella deliberata scelta di ridimensionare lo Studio con l’obiettivo di calibrarne la capacità produttiva sui reali volumi di prestazioni effettuate e/o ragionevolmente programmabili per l’immediato futuro.
Questa scelta comporterà un vantaggio immediato sul piano economico: la riduzione dei Costi Fissi ed un veloce risanamento del bilancio. Purtroppo, non coinvolge solo la struttura ma anche le persone che vi lavorano; per questo motivo la sua attuazione è dolorosa e più spesso si preferisce la seconda soluzione.
Si consideri, tuttavia, che il costo del personale dipendente è di gran lunga quello più grande nella famiglia dei Costi Fissi; quindi, è il primo indiziato in caso di sovradimensionamento.
Il rischio del downsizing è rappresentato dall’effetto depressivo sulla competitività dello studio e sul tono dell’umore di tutti i componenti del gruppo di lavoro. Per questo motivo eventuali tagli di costo (soprattutto quelli sul personale in esubero) devono essere condotti con un approccio comunicativo e psicologico molto accorto e graduale.
Soprattutto sconsigliamo operazioni di saving dei costi lineari e trasversali perchè sarebbero contrari agli interessi aziendali. Raccomandiamo invece di operare come segue:
Di contro, gli effetti benefici del downsizing sul sovradimensionamento sono immediati e, se mirati, privi di conseguenze sulla produzione.
Il marketing è, invece, l’unica soluzione che consente di sostenere la competizione senza agire sui prezzi delle prestazioni o sul saving dei costi: al contrario, promuove nuovi investimenti ed è di grande stimolo per tutto il gruppo di lavoro.
Possiamo dire che sono stati proprio i fenomeni di sovraccapacità e sovradimensionamento ad aver spalancato le porte del Marketing ai grandi Studi professionali intesa come attività tesa a produrre nuovi clienti, fidelizzando al contempo quelli vecchi.
Questo argomento richiederebbe una trattazione adeguata, ma esula dagli scopi di questo articolo. Ci limitiamo a suggerire tutte le letture possibili sul tema del Marketing Mix, ovvero sulle leve di marketing con le quali possiamo risolvere i problemi della saturazione delle agende che non dipendano da inefficienza dei processi organizzativi.
Il sovradimensionamento è una situazione molto frequente negli studi dentistici in cui il valore della produzione non si traduce in risultati coerenti in termini di guadagno o di Ebit.
Gli effetti negativi non dipendono dalla competitività o dalla carenza di risorse, ma al contrario da una sproporzione tra queste due variabili ed il contesto reale di riferimento.
Questi si scaricano, oltreché sui risultati economici e finanziari, anche sulla organizzazione dello studio che si deteriora progressivamente per un appesantimento inutile dei processi ed i conflitti che insorgono nel gruppo di lavoro.
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2 Commenti
Buongiorno, se vale la regola del 35% massimo per un collaboratore odontoiatrico, come ci si comporta con il collaboratore dell’ortodonzia invisibile che fornisce anche le mascherine al paziente?