L’organizzazione di uno studio dentistico è un lavoro di Sisifo: non finisce mai. Richiede qualità personali che non tutti possiedono e che si trovano più facilmente all’interno di un gruppo: precisione e perseveranza. Uno studio ben organizzato non vanifica gli sforzi e massimizza i risultati, sia economici che clinici. Il metodo per processi qui descritto è da decenni il gold standard nella organizzazione di tutte le imprese, grandi o piccole che siano.
L’organizzazione dello studio dentistico presenta le stesse difficoltà di una struttura sanitaria complessa o di una azienda di grandi dimensioni: personale, fornitori, sicurezza, prestazioni, archivi, magazzino, manutenzioni, e molto altro ancora.
Tutto questo è fonte di stress e di disagio per il dentista che si trova a dover gestire problemi di cui non avrebbe mai voluto occuparsi e per i quali, molto spesso, non ha neppure una formazione specifica.
Nella maggior parte dei casi il dentista è uno che … avrebbe tanto voluto fare il dentista.
Ma l’organizzazione dello studio dentistico è anche fonte di frustrazione per il personale di studio che spesso ne percepisce la complessità come un problema senza soluzioni pratiche e attuabili.
Eppure la soluzione esiste, è semplice ed è applicabile in qualsiasi contesto: sia che si tratti di uno studio con una sola poltrona, o di una clinica odontoiatrica.
In una parola possiamo dire che è una questione di metodo. Vediamo insieme di cosa si tratta.
Non facciamoci illusioni. Non sto dicendo che il problema è semplice: tutt’altro, il problema è anzi complesso. Intendo dire che può esistere una soluzione semplice ad un problema complesso se il metodo è quello corretto.
Valutiamo in primo luogo la complessità.
Lo studio dentistico può essere visto come un insieme intricato di attività ciascuna dei quali si incrocia con tutte le altre in forme e tempi variabili e spesso imprevedibili.
Questo tema è trattato al Corso di Management dello studio dentistico. Puoi iscriverti online a questo link
Il primo passo verso la soluzione della complessità è quello di disarticolare e frammentare l’organizzazione generale dello studio nelle singole attività che la compongono e quindi individuare unità base semplici e facilmente comprensibili. Si tratta di un processo di scomposizione.
La riduzione di un problema complesso in singole unità semplici ha molti vantaggi: permette di focalizzarsi meglio sui problemi e soprattutto pone tutti i componenti dello staff di studio sul medesimo piano, livellando di colpo titoli, competenze, abilità e capacità differenti.
Facciamo alcuni esempi di queste attività: rispondere al telefono, fissare un appuntamento ad un paziente, eseguire una prima visita, ordinare materiale mancante, pianificare un investimento, redigere una prescrizione per il laboratorio, eseguire correttamente fatturazione e riscossione, raccogliere un consenso informato e molto altro ancora.
Ogni singola attività può essere facilmente descritta all’interno di un documento che chiameremo protocollo di quella specifica attività. Per esempio, il protocollo di sterilizzazione degli strumenti chirurgici è una descrizione molto semplice (e facilmente comprensibile per tutti!) di come, nel nostro studio, abbiamo stabilito che gli strumenti verranno trattati tra un paziente e l’altro. Ogni studio dovrebbe averne uno. Così come dovrebbe avere un protocollo per la gestione degli insoluti, la manutenzione degli elettromedicali, l’esecuzione di rx o Cone Beam, ecc.
Il protocollo è un documento pubblico all’interno dello studio e sempre disponibile. Può essere consultato, aggiornato, discusso, modificato e quindi è flessibile e condiviso, in un percorso di miglioramento continuo che lo porterà nel tempo ad essere (quasi) perfetto per l’organizzazione dello studio e quindi apprezzato da tutti.
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Le attività ed i relativi protocolli costituiscono le unità base dell’organizzazione dello studio, così come i mattoni costituiscono le unità base di un edificio. Una volta che queste sono ben identificate e descritte si può procedere al passo successivo.
Le unità base, infatti, devono essere assemblate tra loro in unità funzionali leggermente più complicate che comunemente vengono definite processi. Un processo è un insieme di attività correlate, omogenee ed interagenti finalizzate al raggiungimento di un risultato comune. Solitamente all’interno di un processo sono presenti più protocolli.
Alcuni esempi di processi dello studio dentistico sono i seguenti: processo di gestione degli appuntamenti (o gestione delle agende), processo di gestione approvvigionamento (o gestione del magazzino e dei fornitori), processo di gestione documentale (archiviazione, modulistica, immagini), processo di gestione clinica del paziente (dall’anamnesi alla diagnosi, dalla terapia al follow up), e via dicendo.
Ogni studio, per quanto semplice e piccolo, impiega obbligatoriamente nella propria attività tra i dieci ed i venti processi diversi. E questo accade indipendentemente dalla consapevolezza di ciò del titolare di studio e del suo staff.
Una rappresentazione grafica della scomposizione appena descritta dell’organizzazione, può essere la seguente:
Così come le attività sono descritte nei protocolli, anche i processi dovrebbero essere descritti in appositi documenti condivisi da tutti e disponibili all’interno dello studio.
La descrizione di un processo di solito è definita procedura e sostanzialmente definisce come si articolano tra di loro le singole attività all’interno del processo. Quindi una procedura descrive per esempio l’ordine corretto di esecuzione delle attività nei processi più semplici oppure i flussi di lavoro veri e propri (anche con veri e propri diagrammi di flusso) per quelli più complicati.
Il corpo documentale che contiene i protocolli e le procedure di uno studio rappresenta la prima ragione del suo successo e della sua qualità organizzativa.
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Tra gli esperti di marketing circola un adagio molto vero: quando l’attività di marketing di uno studio è svolta bene occuparsi delle vendite è superfluo, perchè i pazienti affluiscono allo studio spontaneamente e le prestazioni si vendono da sole, senza la necessità di applicare sofisticate tecniche di vendita.
Lo stesso vale per l’organizzazione.
L’organizzazione di uno studio dentistico è buona quando la presenza dell’organizzatore diventa superflua.
Per un certo periodo di tempo lo studio sopravvive molto bene anche senza questa figura. Scopo dell’organizzatore di uno studio, come di qualsiasi impresa, è dunque quello di rendersi superfluo.
In uno studio ben organizzato infatti chiunque sa perfettamente cosa deve fare nelle situazioni ordinarie e come gestire le eccezioni. In questi studi la descrizione scritta delle singole attività e dei singoli processi definisce correttamente cosa bisogna fare, quando farlo, in quanto tempo, con quali strumenti e con quale risultato atteso. Poichè sono indicati anche i ruoli e le competenze per ciascuna attività o processo, anche le responsabilità saranno ben identificate, senza che sia necessario discutere molto all’interno dello staff.
Indipendentemente da chi scriverà protocolli e procedure e da quanto tempo ci metterà per farlo, c’è un terzo passaggio indispensabile verso una buona organizzazione dello studio dentistico.
Ogni singolo documento deve essere condiviso all’interno dello studio e discusso. Le prime modifiche avverranno immediatamente dopo la sua presentazione ed è giusto che sia così.
Molte critiche infatti non sono altro che un tentativo del sistema interno di difendersi e di mantenere lo status quo. Le resistenze di parte dello staff sono normali.
Ma, nella maggior parte dei casi, le critiche dello staff sono giustificate e guidano in modo intelligente il titolare di studio verso una organizzazione sempre più funzionale e personalizzata. Queste critiche sono preziose e non solo devono essere accolte ma devono anche essere incoraggiate.
Il passaggio finale è rappresentato dalla applicazione delle regole che il gruppo si è dato mediante l’adozione dei documenti di protocolli e procedure. L’applicazione delle regole (e delle eventuali eccezione) è trasversale e continua: infatti riguarda tutti, in qualsiasi momento.
Il richiamo occasionale alle regole fondamentali dello studio non ha uno scopo sanzionatorio, ma formativo. La gestione degli errori non si focalizza sulle persone ma sui problemi
Solo in rari casi e gravi, l’organizzazione per protocolli e procedure può essere lo strumento adatto ad individuare correttamente le responsabilità e gli eventuali anelli deboli della catena produttiva, in un percorso di lavoro del tutto simile al Ciclo di Deming.
Il compito di organizzare lo studio per processi ricade sul titolare dello studio oppure sull’amministratore nel caso di una srl odontoiatrica.
Negli studi di dimensioni più grandi può esistere una figura di Managing Partner oppure di Office Manager, oppure entrambe.
Il Managing Partner, negli studi associati, è rappresentato da uno dei titolari associati che per inclinazione naturale, competenze e scelta collegiale viene indicato per svolgere un ruolo di governo. Il Managing Partner è dentro lo Studio Associato quello che l’Amministratore Delegato o Unico è all’interno della srl.
La grande differenza tra queste due figure è questa:
La figura dell’Office Manager, invece, di solito viene scelta al di fuori della compagine sociale e potrebbe anche non far parte dello staff dello studio, provenendo dall’esterno. A questa figura, sempre più importante tra gli studi dentistici di tutto il mondo, è già stato dedicato ampio spazio in un articolo apposito.
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