I nostri pazienti, intesi come clientela, rappresentano l’asset di maggiore valore dell’attività odontoiatrica, a prescindere dal fatto che venga svolta in forma professionale o di impresa. In buona misura essi costituiscono l’avviamento dello studio dentistico e, come tali, sono sempre più spesso oggetto di valutazione economica e fiscale. In questo articolo ci proponiamo di aiutare il dentista a comprendere quanto sia importante il valore dei pazienti e dell’avviamento, posto che questo valore, nel contesto attuale, presto o tardi sarà inevitabilmente oggetto di qualche tipo di transazione.
Il contesto anagrafico e di mercato attuale ha portato molti dentisti a dover affrontare il problema del valore del proprio studio dentistico e, conseguentemente, a dover familiarizzare con il concetto di avviamento.
La maggior parte di noi, tuttavia, si è trovata impreparata a questo compito, per mancanza di esperienza e formazione specifica su argomenti come quelli che riguardano la valutazione d’azienda.
Lo scopo di questo articolo è quello di spiegare ai colleghi il concetto di avviamento e come questo si possa declinare operativamente in tutte le operazioni che riguardino il fine carriera, il passaggio generazionale, la successione, la vendita dell’attività, le operazioni straordinarie delle società odontoiatriche.
A beneficio dei tecnici del settore (commercialisti, revisori dei conti, avvocati, ecc.) precisiamo da subito che si tratta di un articolo divulgativo a beneficio dei soli dentisti. Probabilmente sarà ricco di imprecisioni lessicali e approssimazioni che però sono necessarie per fare in modo che il tema sia fruibile dai nostri colleghi e che possano trarne spunti pratici.
Sono tempi nei quali l’ipercompetizione è arrivata al suo plateau. Il mercato è così saturo di player, competitors, prodotti e transazioni che, osservato da lontano, ricorda il moto browniano delle particelle di vapore in una pentola a pressione.
Siamo, verosimilmente, all’anticamera di una nuova età dell’oro per l’odontoiatria, dopo aver toccato il punto più basso del prestigio professionale.
Tutti gli osservatori del mercato sono concordi nel sostenere che siamo avvitati in un percorso dominato da:
Come è facile comprendere, questi due fenomeni sono complementari e concorrono verso un unico risultato: il futuro sarà dominato da pochi dentisti e molti pazienti. Nel medio periodo i dentisti acquisiranno una nuova forza contrattuale e la spenderanno verso gli unici soggetti che saranno stati in grado di resistere alle tensioni odierne: i gruppi finanziari organizzati, indipendentemente che questi siano laici (la maggior parte), dentisti diventati imprenditori su larga scala o una rete d’imprese odontoiatriche.
Dando per scontato che il mercato rimarrà privato (grazie a una parte pubblica priva di risorse), si possono prevedere solo due scenari:
Staremo a vedere. Non c’è fretta.
Nel frattempo è partita la corsa all’oro: soggetti che comprano studi e altri che li vendono. Soggetti che vendono solo i pazienti e altri che li comprano. Alcuni di questi sono professionisti, altri sono società odontoiatriche (sia tra i compratori che tra i venditori). E tra le società odontoiatriche alcune sono in mano ai dentisti e altre no.
Alcuni vendono perchè vanno in pensione, altri perchè non resistono economicamente o finanziariamente, altri ancora cedono ai figli, altri ancora non hanno nessun motivo per vendere se non la ricerca del profitto fine a sé stesso.
Di contro: alcuni comprano perchè sono giovani e devono entrare nel mercato, ma molti di più comprano perchè considerano l’attività odontoiatrica un buon investimento, altri comprano per acquisire quote di mercato e presidiare un territorio, altri ancora comprano perchè sanno già che rivenderanno tra 5/10 anni realizzando plusvalenze.
Poi ci sono quelli che si vogliono proteggere e spostano la propria attività professionale al riparo di una Srl Odontoiatrica e/o di una Holding Odontoiatrica. Lo fanno per difendersi meglio dalle minacce esterne, ma anche per creare un valore nuovo da spendere sul mercato.
Tutti questi soggetti hanno qualcosa in comune: devono stabilire un prezzo dei pazienti che comprano o che vendono.
Temperatura e pressione, dentro la pentola, aumentano di anno in anno, di mese in mese. Con esse aumenta anche il movimento browniano delle molecole d’acqua. Meglio essere pronti.
Nello scenario appena descritto, nessun dentista, o quasi, nei prossimi anni potrà dirsi estraneo a qualche forma di compravendita di pazienti o del valore che questi rappresentano. Questo valore, in gergo tecnico, è detto appunto “avviamento dello studio”.
Per quanto, come vedremo di seguito, il valore dei pazienti e quello dell’avviamento non siano sinonimi in astratto, nella realtà specifica dello studio dentistico possiamo considerarli tali. Si tratta di una approssimazione accettabile che ci consente di trarre benefici in termini di semplicità operativa ed espositiva.
Riprendendo dalla letteratura una definizione tecnica di avviamento, questo viene descritto come segue:
L’avviamento è l’attitudine di un’azienda a produrre utili che derivino o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione delle risorse in un sistema efficiente.
In qualche modo l’avviamento è un valore che non si vede materialmente nelle scritture contabili di uno studio professionale, ma neanche di una azienda tipica.
Se facciamo una somma del valore dei nostri strumenti, dell’immobile e di tutti gli impianti e le attrezzature in esso contenuti troveremo un valore oggettivo X che possiamo esprimere in moneta corrente. Ma questo esprime soltanto una parte del valore del nostro studio. C’è infatti una parte che non è visibile e che, per lo studio dentistico in particolare, è anche quella che vale di più.
Ecco che può essere utile un’altra definizione dell’avviamento:
L’avviamento può essere considerato come il maggior valore che si attribuisce allo studio dentistico rispetto a quanto indicato nel suo bilancio. Tale maggiorazione è determinata da una serie di fattori come: la reputazione dell’impresa, la clientela fidelizzata, le competenze sviluppate nel tempo e tutti gli altri elementi intangibili che, a livello contabile, non sono valorizzati.
L’intangibilità dell’avviamento è, dunque, una delle sue caratteristiche rilevanti e pone qualche difficoltà di ordine estimativo considerando che, a differenza degli altri beni, questo non ha una dimensione oggettiva e neppure una metrica uguale per tutti. Ne consegue che in una trattativa di compravendita con terzi o nella fase di autovalutazione propedeutica alla trasformazione di studio in società, esiste una forbice di valutazione soggettiva del valore dell’avviamento che presenta, al contempo, minacce ed opportunità interessanti.
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Esistono molti modi diversi per calcolare il valore dell’avviamento di uno studio dentistico.
A titolo di cronaca ricordiamo: metodi patrimoniali, metodi reddituali o economico reddituali, metodo dei multipli, metodi finanziari, metodi comparativi, metodi basati sui costi, metodi misti, ecc.
Normalmente la materia è troppo complessa perchè un dentista possa occuparsene in autonomia. Il nostro consiglio è quello di affidarsi a professionisti (solitamente commercialisti) che abbiano una consolidata esperienza nella valutazione specifica degli studi odontoiatrici, sia in forma professionale che in forma di impresa.
Quello che interessa sapere realmente è che ogni metodo utilizzato presenta ampi margini di discrezionalità valutativa e quindi, in caso di contrattazione con terzi, è sempre necessario trovare un accordo di compromesso.
Altro elemento di interesse per noi è che, per quanto ci possa sembrare strano e nuovo, il mondo esterno è abituato a fare una valutazione dell’avviamento degli studi professionali e, poichè la clientela rappresenta la maggior parte di questo valore, è perfettamente normale che si faccia una valutazione numerica ed economica del valore dei pazienti.
Come vedremo di seguito, il concetto che la compravendita di pazienti sul mercato sia una operazione lecita e legittima sia sul piano giuridico che su quello deontologico, non è affatto scontato per la cultura conservatrice ed un po’ bigotta della nostra comunità professionale.
Nel mondo ipocrita dei professionisti, per molto tempo si è pensato che la compravendita di pazienti fosse estranea alle comuni attività commerciali. Quando queste operazioni avvenivano lo si faceva sempre cercando di salvare la faccia, ammantandole di altri e più nobili scopi, in contesti più o meno clandestini e nell’evasione fiscale più completa.
Tutto ciò ad onta del fatto che intere generazioni di professionisti (dai medici ai notai, dai commercialisti ai consulenti finanziari) abbiano, da sempre, venduto o trasmesso in successione (il concetto è lo stesso) il proprio “pacchetto pazienti/clienti” dietro pagamento di un corrispettivo in denaro o in natura.
Nel 2010, con la nota sentenza n. 2860 la Corte di Cassazione fa un regalo a tutti quanti e stabilisce che:
E’ lecitamente e validamente stipulato il contratto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale, comprensivo non solo di elementi materiali e arredi, ma anche della clientela, essendo configurabile, con riferimento a quest’ultima (la clientela), non una cessione in senso tecnico ma un complessivo impegno del cedente volto a favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti ed il soggetto subentrante.
La stessa sentenza stabilisce anche che “il contratto, pur con le sue specificità, va inteso al pari di una vera e propria cessione d’azienda”.
Tralasciando in questa sede l’equivoco fiscale che nasce dall’assimilazione tra studio e azienda, il fatto importante è che, ai fini della natura commerciale di queste operazioni, la Corte Suprema stabilisce una equiparazione tra lo studio professionale e le aziende vere e proprie. Da quel momento il poi emerge tutto il sottobosco delle transazioni che fino a quel momento erano state dissimulate con vari artifici.
La Corte di Cassazione è nuovamente tornata sulla questione con la Sentenza n. 3400/2018:
In base al principio di autonomia negoziale, si è ritenuto validamente stipulato il contratto avente ad oggetto il trasferimento, verso corrispettivo, dello studio professionale ad altro soggetto, intenzionato a proseguire l’attività avvalendosi del complesso di beni, materiali ed immateriali, appartenenti al proprio dante causa.
Sul concetto di legittimità e liceità non sembra ci sia da aggiungere altro.
Quanto al tema della compatibilità delle operazioni di compravendita dei pazienti (e dell’avviamento) con gli obblighi deontologici della professione, sarà sufficiente dire che il Codice di Deontologia medica, pur con le estensioni e riformulazioni avvenute negli ultimi anni, non prevede alcuna norma ostativa esplicita in proposito.
Il fatto poi che perfino gli Ordini professionali organizzino incontri di formazione sul tema è una riprova abbastanza attendibile che anche sotto il profilo etico non ci sono problemi (vedasi in questo senso, uno per tutti, il convegno organizzato dall’Ordine dei Commercialisti di Torino).
A completare il quadro, come vedremo, si aggiunge anche la normativa fiscale, che ha provveduto a disciplinare, con qualifiche di reddito specifiche, i proventi derivanti dalla cessione o dal conferimento di pazienti, (anche quando tali proventi non abbiano avuto alcuna manifestazione monetaria reale).
Allo stato attuale delle cose, non esistono più dubbi che la compravendita di pazienti e/o la cessione dell’avviamento sia una pratica commerciale consentita per i più diversi scopi, tra i quali, di seguito, ne sottolineiamo almeno tre.
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Ci sono almeno tre ambiti nei quali il dentista ha necessità (e interesse) di conoscere il valore della propria clientela e dell’avviamento in senso lato. Questi sono:
Esaminiamoli uno alla volta descrivendo brevemente anche gli strumenti giuridici comunemente utilizzati.
L’ambito commerciale è quello definito da un interesse a vendere pazienti allo scopo di generare un profitto immediato.
Nell’ambito dell’odontoiatria si tratta, per lo più, di colleghi che si avvicinano all’età della pensione e/o che, per i più vari motivi, decidono di uscire dall’attività lavorativa. In alcuni casi, soprattutto oggi, è proprio la prospettiva del profitto, derivante dalla vendita dei pazienti, a rappresentare la spinta maggiore ad abbandonare la professione.
In questi casi, solitamente, si valorizza l’avviamento con uno dei metodi sopra indicati, lo si cristallizza all’interno di una perizia tecnica rilasciata da un professionista abilitato e si procede a stipulare un Contratto di cessione vero e proprio. Il contratto ha la natura di una scrittura privata tra le parti che può essere registrata solo in caso di necessità.
L’acquirente si impegna a corrispondere un valore (solitamente in denaro) e il venditore si assume il cosiddetto “obbligo del fare e del non fare”, che consiste sostanzialmente:
La cessione dell’avviamento è considerata sempre a titolo oneroso e quindi fiscalmente rilevante (per cassa se il cedente è un professionista, per competenza se è una impresa). E’ anche bene sapere che:
L’ambito patrimoniale è rappresentato, nella maggioranza dei casi, dalla necessità per il dentista di ridurre il proprio rischio di impresa e di mettere al riparo i propri beni dalle aggressioni di eventuali terzi ostili: creditori, organismi di controllo, dipendenti, familiari, pazienti, ecc.
Negli ultimi 10 anni il ricorso al veicolo societario, segnatamente la Srl Odontoiatrica, è stato sempre più frequente. I dati ufficiali del Registro delle Imprese ci dicono che, alla data di oggi, circa diecimila esercenti attività odontoiatrica sono rappresentati da imprese, costituite in tutte le forme possibili.
Questo significa che circa un quarto degli esercenti totali ha dovuto trasferire il proprio avviamento (e con esso anche i pazienti) dal regime professionale puro quello d’impresa.
Questa operazione può avvenire solo in due modi:
Nel caso di cessione ci troviamo nella stessa situazione descritta in precedenza. Non serve aggiungere nulla, se non il fatto che tale operazione, essendo circolare, è maggiormente sotto il controllo dell’amministrazione finanziaria e quindi richiede ancora maggiore attenzione formale di quanto si debba fare se la cessione avviene a beneficio di terzi veri. Particolare attenzione deve essere data alla perizia di valutazione dell’avviamento che deve essere fatta a valori di mercato, onde evitare di agevolare, indebitamente, il professionista di partenza.
Nel caso di conferimento ci troviamo di fronte ad un istituto giuridico ben preciso che opera su due piani diversi a seconda che il punto di partenza sia un professionista o già una impresa. Abbiamo descritto nel dettaglio il conferimento in un articolo dedicato cui rimandiamo per approfondire il tema (vd. link). Qui ci preme ricordare solo che, per il professionista che conferisce l’avviamento e/o la clientela nella propria società, valgono le stesse considerazioni fiscali della Cessione a titolo oneroso, giacché l’Agenzia delle Entrate riconduce questa operazione integralmente all’altra sotto il profilo delle imposte.
In buona sostanza tutti i dentisti che si costituiscono in società devono valutare l’avviamento e dei loro pazienti, corredarsi di apposita perizia di stima e poi procedere alla vendita del pacchetto alla società con la quale intendono veicolare l’attività professionale.
Vale la pena precisare che il Conferimento, invece, quando effettuato da un soggetto giuridico verso un altro è privo di valenza tributaria, realizzandosi in perfetta neutralità fiscale e contributiva: esenzione da imposte dirette e indirette, esenzione da tributi. L’Art. 176 TUIR dispone infatti che il conferimento da società di capitale (Srl Odontoiatrica) verso altra società, non genera reddito e quindi è fiscalmente neutro (se in continuità di valori contabili e se il valore di cessione è uguale a quello risultante dal bilancio).
[Al momento di pubblicazione di questo articolo è in discussione la Legge delega fiscale che sembra prevedere la neutralità fiscale dei conferimenti anche per i professionisti]
Il fenomeno della successione, in ambito odontoiatrico, può essere articolato su due direttrici:
Nel primo caso (intrafamiliare) la successione avviene per la legittima e comprensibile volontà di un professionista di garantire la proprietà della clientela e dei mezzi di produzione agli eredi, specie nel caso sfortunato che tale passaggio avvenga in modo non prevedibile (premorienza, infortunio, inabilità, sanzioni disciplinari, ecc.)
Il secondo caso (extrafamiliare) può tranquillamente essere ricondotto alla fattispecie della cessione a scopo commerciale, anche per effetto di accordi più o meno formalizzati di subentro, come spesso accade tra professionisti senior e professionisti junior.
Il primo caso ci interessa di più in questo momento, perchè offre uno strumento giuridico interessante che consiste nella donazione. La donazione è l’istituto mediante il quale un bene viene ceduto da un soggetto (donante) ad un altro (donatario) senza il pagamento di un corrispettivo.
Ora, senza alcuna pretesa di approfondire la disciplina della donazione (contenuta negli artt. 769 e segg. del C.c.), per quanto di nostro interesse, bisogna sapere che la donazione ha le seguenti caratteristiche:
Come si vede, ancora una volta è necessario che l’avviamento venga quantificato con una perizia di stima che viene allegata all’atto di donazione.
Trattandosi del trasferimento di un asset aziendale la donazione della clientela non può essere effettuata tra persone fisiche: ne consegue l’impossibilità per il professionista di impiegare questo strumento ad un proprio erede (indipendentemente dal fatto, rilevante peraltro, che quest’ultimo sia anch’egli un professionista oppure no).
E’ tutto molto più semplice, invece, nel caso in cui l’operazione avvenga nel contesto di una società di capitale come la Srl Odontoiatrica o la StP Srl Odontoiatrica. In questi casi infatti, il trasferimento del valore della società (beni mobili e immobili, avviamento e clientela) può essere veicolato per il tramite delle quote societarie. In altre parole donando le quote agli eredi si dona ad essi anche il valore collegato a quelle quote (comprensivo della cassa e di tutti gli altri titoli finanziari).
La donazione di quote societarie è fiscalmente neutrale per entrambe le parti se:
Interessante è, infine, sapere che la donazione non erode la franchigia sul diritto di successione (1 mln € per ogni erede in linea retta).
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Per dovere d informazione non possiamo dimenticare che oltre alla cessione, il conferimento e la donazione esistono altre operazioni straordinarie, tutte riservate agli studi configurato in forma di impresa.
Esse sono: la trasformazione, la scissione, la fusione, la liquidazione, per citare le più importanti. Per tutte queste operazioni la capacità di valorizzare correttamente l’avviamento ed il valore della clientela è fondamentale.
Tuttavia non le abbiamo considerare in questo articolo perchè qui si pone l’enfasi sulla realtà del professionista in quanto persona fisica, ancorata al pregiudizio, tipico della comunità cui appartiene, che i pazienti non costituiscano un asset di valore e, come tale, possa essere impiegato nel conseguimento di un legittimo vantaggio o profitto economico finanziario.
Nel mondo delle imprese questa barriera psicologica non è mai esistita.
Non c’è da sorprendersi se negli ultimi anni la disciplina fiscale e quella economico finanziaria si sono evolute parecchio in materia di avviamento degli studi professionali.
In parallelo ha fatto la propria comparsa sulla scena professionale anche una nuova figura di consulente, quello in grado di intermediare, sul mercato, la domanda e l’offerta di pazienti o di clientela in generale degli studi professionali.
Tutto ciò è frutto di un trend costante e strutturale al termine del quale il mondo dell’odontoiatria sarà mutato in modo irreversibile:
In uno scenario come questo il dentista deve viaggiare leggero, spostare rischi e valori dentro un contenitore societario, essere pronto a valorizzare l’avviamento ed a cederlo, conferirlo o donarlo quando occasione o necessità consigliano di farlo.
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