Quando si valuta e pianifica una ristrutturazione dell’attività da studio ad ambulatorio, ci si trova spesso di fronte ad una selva di incombenze, progetti, idee, aspirazioni […]
Quando si valuta e pianifica una ristrutturazione dell’attività da studio ad ambulatorio, ci si trova spesso di fronte ad una selva di incombenze, progetti, idee, aspirazioni e per chi non è pratico di numeri diventa facile andare in confusione.
Si tratta in realtà di un lavoro molto complesso, persino per chi ha le idee chiare. Le questioni da tenere a mente sono davvero tante, diciamo pure troppe. Mi concentro in questa sede su alcune di esse, senza alcuna pretesa di essere esaustivo in merito. Ritengo tuttavia che occorra sottolineare bene la questione centrale, risolta la quale tutto il resto viene di conseguenza.
Il primo tema è sempre lo stesso: rimango dove sono o cambio locale? La risposta a questa domanda dipende anche dal contesto regionale. In una Regione come il Lazio, ad esempio, per mantenere lo stesso numero di riuniti si deve calcolare che l’immobile deve dare spazio a locali che da studio non appaiono obbligatori: ad esempio gli spogliatoi, il locale tecnico, il locale ortopanoramico, etc.
Variano anche le superfici minime di alcuni locali: un riunito nel Lazio deve avere minimo 9 mq, ma in altre regioni si va a 12 e addirittura a 16.
Supponiamo che il locale attuale non vada bene, non solo in relazione ai requisiti minimi ma anche perché non lo si ritiene adatto ad uno ulteriore sviluppo dell’attività, che quando si passa a srl dovrebbe essere messo in cima alle priorità. Uno non passa all’ambulatorio per tenere i volumi attuali ma per svilupparli.
Occorre trovare un nuovo locale e già sappiamo che tale locale deve avere certe caratteristiche: ampia finestratura su più lati, preferibilmente non seminterrati, etc. È difficile riuscire a realizzare granché su locali con metratura inferiore ai 150 mq. Proviamo a vedere perché: Ingresso e sala d’aspetto 25 mq, 3 riuniti da 12 mq, sala sterilizzazione 8 mq, bagno pazienti 5 mq, deposito pulito deposito sporco 2 + 3 mq, sala ortopantomografo e CBCT 3 mq, ufficio 10 mq, deposito tecnico 5 mq, spogliatoio e bagno personale 10 mq, corridoi 20 mq + gli ingombri dei muri divisori (10-15% della superficie complessiva) 15 – 18 mq e siamo arrivati. Notare che non abbiamo archivi, sala server, sala relax o altro. E non abbiamo fatto spogliatoi divisi tra maschi e femmine, sala riunioni, sala corsi o altro. E tre riuniti, che oggi ci sembrano molti, magari si riveleranno presto pochi se l’attività andrà a svilupparsi.
Poi dobbiamo quotare il costo della ristrutturazione: demolizione, murature e impianti, infissi, illuminazione, vernici a norma, allarme: difficile spendere meno di euro 1000 a mq. Che significa almeno 150.000.
Il locale va poi attrezzato: tre riuniti, tre endorali, strumenti per la sala sterilizzazione, ortopantomografo, attrezzatura minuta minima, mobili per riuniti, mobili e bancone reception, scrivanie, hardware e software, compressore e aspirazione, dotazione minima di strumentario e attrezzature varie minute: ci vuole poco a spendere altri 200.000 euro.
Poi ci sono da mettere in conto: oneri di urbanizzazione, tasse e spese per creazione e installazione insegne, sito internet, creatività della struttura, camici e divise, cancelleria, notaio, sito internet e pagine social, consulenti vari, fitto per i mesi in cui aspetti l’autorizzazione, etc..
Difficile cavarsela con meno di 50.000 euro. E siamo a 400.000.
Sappiamo che almeno una parte di questi soldi li dobbiamo mettere di tasca nostra: vogliamo dire almeno 150.000 euro, che sarebbe preferibile far entrare nel patrimonio della società sotto forma di finanziamento soci e ne abbiamo spiegato bene le ragioni.
Avanzano 250.000 euro che andranno reperiti in altro modo. E qui vengo al punto. Possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo sulla Sabatini, su contributi a fondo perduto, sul resto al sud o sul Fondo PMI Mise. Resta sempre il fatto che quasi tutti questi strumenti richiedono un piano di ammortamento a tempi stretti.
Che rata verrà fuori?
Quella rata deve essere agevolmente sostenibile. Agevolmente, sottolineo.
E qui bisogna tornare alla valutazione dell’attività dello studio. Se la rata che rimane a mio carico è di 10.000 euro mese e i numeri dello studio non coprono agevolmente questa somma una volta coperte le spese ordinarie, occorre allungare il piano di ammortamento e ridurre la rata in misura sensibile.
Se neanche questo è possibile, occorre fermarsi e ragionare sulla opportunità della operazione o su sue possibili varianti.
Stiamo ancora nell’ambito della gestione operativa caratteristica e ben lontani da aver considerato altre questioni di natura fiscale: l’iperammortamento, la mini IRES e simili, che pure ci aiutano a ottimizzare anche la parte finanziaria, non foss’altro perché si traducono in più bassi utili (o maggior perdite) e minori imposte. Ma quello ci interessa una volta risolti i nodi essenziali.
La domanda alla quale si deve rispondere subito è: dato un certo livello di fatturato atteso (il mio fatturato calcolato per difetto del 10%, mettendo in conto la perdita di una sia pur minima parte di pazientela nel trasferimento), riesco a coprire tutti i costi, a lasciare una parte per il mio sostentamento (anche minimo) e a coprire la rata per il pagamento degli investimenti straordinari della start up ?
Se la risposta è positiva, solo poi andremo a parlare di incentivi fiscali.
Altrimenti, o cambiamo piano o restiamo come stiamo.
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