Il successo della Srl Odontoiatrica tra i dentisti è un fenomeno quasi virale. Gli unici che fino ad ora non hanno saputo approfittare dei vantaggi di una trasformazione societaria della loro professione sono coloro che non possiedono uno studio proprio, ovvero i cosiddetti consulenti. Eppure anche per loro il sentiero è già stato tracciato, si tratta solo di volerlo percorrere. In questo articolo PP Mastinu esplora più in profondità alcuni elementi critici della cosiddetta Società di Servizi di Consulenza, della quale avevamo già delineato un primo profilo su questo blog alcuni mesi fa.
Esiste un caso di cui molti ci chiedono conto ma che fino ad oggi non ha ricevuto adeguata disamina dal punto di vista normativo: quello della società di servizi professionali.
Gabriele Vassura ha già illustrato i vantaggi di costituire una società di consulenza professionale per quella categoria di odontoiatri – moltissimi e prevalentemente giovani – che svolgono una intensa attività di consulenza esterna e che magari possono o meno possedere un proprio studio.
Questi casi sono molto frequenti tra ortodontisti, endodontisti e implantologi.
Coloro tra questi che possiedono già una Srl Odontoiatrica sono facilitati, perché ben possono far emettere una fattura di consulenza dalla propria società anche quando vanno a fare consulenze esterne.
Ma tutti gli altri, quelli che non possiedono uno studio e che sono dei veri e propri consulenti, che possibilità hanno di trasformare la propria attività in una vera e propria impresa, con tutti i vantaggi connessi?
Ebbene, oggi vogliamo intrattenerci proprio su questa fattispecie, parlando della Società di Servizi in ambito odontoiatrico.
Molti consulenti puri ci scrivono in privato per chiederci lumi in materia e in particolare per verificare le fonti normative dalle quali dedurre la liceità della società di consulenza come questo negozio giuridico.
Partiamo dal presupposto che se andate in cerca di una Legge specifica che dichiari esplicitamente che tale negozio è lecito, non la troverete. Il che non significa che tale negozio sia da escludere dal novero delle opzioni possibili. Detta in breve, tutto quello che la Legge non vieta è permesso.
Ma cerchiamo di essere più precisi e affrontiamo il tema della società di servizi per esteso.
L’abolizione progressiva del divieto di esercizio della professione medica e odontoiatrica in forma societaria ha una genesi lunga e sofferta, che Gabriele Vassura ha già descritto in modo analitico in un articolo a parte.
Il divieto dell’esercizio professionale in forma societaria è stato abolito dalla Legge Bersani, ma limitatamente ad una fattispecie, meglio inquadrata dalla Legge istitutiva del 2011 e successivi decreti attuativi, che è quella della Società tra Professionisti (StP).
Quest’ultima fattispecie non interessa ai nostri fini e per due motivi:
Questo secondo profilo è esattamente quello che ci interessa e affonda le proprie radici nella stessa base giuridica che giustifica l’esercizio imprenditoriale dell’attività sanitaria.
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E’ la stessa base su cui hanno preso impulso le numerose sentenze della Cassazione e la stessa Circolare del Mise del dicembre 2016, tante volte citata a sproposito.
Cosa dice infatti la suddetta Circolare? Dice che:
Le società di persone o di capitali ordinarie (non organizzate cioè nella forma della Stp) possono essere utilizzate non per il diretto svolgimento della professione protetta ma come:
società di mezzi (o di servizi), preordinate ad apprestare le strumentazioni materiali (immobili, arredamenti, macchinari, personale, servizi accessori) per l’esercizio d’una attività professionale; con la società di mezzi il professionista stipula dunque un contratto al fine di avvalersi dei servizi della società stessa, la cui esistenza trae pertanto legittimità (si veda sul punto la sentenza di Cassazione n. 5656/1992) dalla constatazione che, rimanendo in tal caso il professionista l’unico soggetto direttamente in contatto con la propria clientela, egli soltanto fornisce la prestazione professionale, mentre alla società di mezzi compete solo un semplice ruolo organizzativo dello studio professionale;
società preordinate a offrire un prodotto diverso e più complesso rispetto all’opera dei singoli professionisti che pur vi operano (come potrebbe essere, ad esempio, l’esercizio di una clinica rispetto alle prestazioni di un medico o quello delle società di engineering rispetto alla prestazione di un ingegnere); esse conseguono la loro legittimità (si vedano le sentenze di Cassazione n. 566/1985, 1405/1989 e 7738/1993) dal rilievo che l’aspetto organizzativo e capitalistico risulta del tutto prevalente rispetto all’esercizio delle attività professionali protette che vengono svolte nel loro ambito.
Concentriamoci ora sul secondo punto.
Si noti che non a caso la Circolare pone ad esempio il caso della gestione imprenditoriale di un ambulatorio o di una clinica ma con questo non intende certo limitare la pienezza dell’enunciazione generale del principio giuridico appena esplicitato:
quello di ammettere la liceità di società preordinate ad offrire un prodotto diverso e più complesso rispetto all’opera dei singoli professionisti che pur vi operano.
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Nulla osta, quindi, a che tale attività sia da considerare anche quella di una società di di servizi di consulenza professionale che non si limiti ad offrire – pur in assenza di una propria struttura sanitaria autorizzata – la semplice erogazione di un servizio professionale ma un servizio più complesso e diverso che, oltre ad erogare la prestazione professionale, offra anche altri servizi, con una organizzazione di tipo aziendale e imprenditoriale il cui peso risulti prevalente rispetto alla semplice prestazione professionale.
Questo è il punto più importante dal quale partire: non esiste alcuna Legge che impedisca l’esercizio in forma societaria di una attività di consulenza di tipo complesso che comprenda anche – ma non solo – la prestazione professionale, purché tale esercizio avvenga in forma organizzata e imprenditoriale.
Del resto, vige sempre nel nostro ordinamento la possibilità offerta di varare negozi giuridici atipici – e cioè diversi da quelli tipici previsti nel nostro Codice Civile-, purché non contrari a norme di legge e al buon costume.
Né, d’altra parte, può rinvenirsi nella Normativa Generale e particolare e nella Regolamentazione di settore o nel Codice Deontologico alcun principio e statuizione deontologica che possa considerare tale fattispecie come contraria a norme imperative, al decoro della professione o ad altri principi fondanti dell’operato di un medico.
Sgombrato il campo dal problema principale, ci pare ora il caso di affrontare i profili secondari in merito alla fattibilità di tale operazione.
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Costituire una società di servizi di consulenza è possibile con quale forma giuridica e con quale oggetto sociale ?
Sono ovviamente ammissibili tutte le forme diverse dalla società semplice (che ci farebbe ricadere nell’ipotesi dello studio associato): quindi società di persone o di capitale.
Ma è innegabile che la forma a noi più utile sia quella della Società a responsabilità limitata, ovvero quella che noi comunemente indichiamo come Srl Odontoiatrica. E non sono solo motivazioni fiscali a rendere questa forma più appetibile delle altre.
Un motivo extra-fiscale importantissimo, e da pochi citato, è quello legato alla possibilità che la srl offre – a differenza della SPA – di conferire anche prestazione professionali all’atto della costituzione della società.
Il che significa che risulta facilitato l’ingresso di collaboratori giovani come soci, che ben potrebbero non disporre di capitali da conferire nella costituenda società di servizi. L’operazione richiede qualche adempimento e complicazione in più rispetto al semplice conferimento di capitale non in natura, ma è comunque fattibile e tutto sommato anche semplicemente realizzabile. E’ sufficiente che il collaboratore socio prenda l’impegno di accantonare parte dei suoi guadagni professionali allo scopo di precostituire gradualmente una riserva – con adeguata garanzia collaterale – che sarà utilizzata, a una certa data, per tramutarsi in conferimento e renderlo a tutti gli effetti socio effettivo della società.
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I profili fiscali sono quelli legati alla SRL e in questo non differiscono da quelli già ampiamente illustrati da Gabriele Vassura e da me in questo blog. Va anzi osservato che, mancando tutti i costi operativi tipici dell’ambulatorio, è possibile che i vantaggi possano essere anche maggiori in una Società di Servizi di Consulenza rispetto alla Srl Odontoiatrica tipica.
Regole generali non possono essere ovviamente fornite in questa sede: mancando costi tipici e la cui percentuale rispetto al fatturato rimane sempre abbastanza ricorrente, come nel caso delle società di gestione dell’ambulatorio, è evidente che ogni situazione porta ad una incidenza dei costi operativi assai diversa da caso a caso, come diverrà evidente facendo attenzione ai punti seguenti.
In sostanza, va ricordato che il confronto tra la situazione del professionista alla massima aliquota marginale IRPEF (43%) e quello dello stesso professionista imprenditore all’aliquota IRES flat del 24% è ovviamente favorevole icto oculi alla seconda soluzione e cresce tanto più quanto maggiore è l’utile (e indirettamente anche il fatturato).
In realtà cambia anche la base di calcolo, in quanto maggiori deduzioni sono possibili, a parità di condizioni, per l’imprenditore rispetto al caso del professionista. Di queste cose si è già parlato diffusamente, così come si è parlato delle strategie e delle nuove possibilità fiscali utili ad evitare il problema della doppia tassazione dei dividendi e quindi rimandiamo interamente agli articoli dedicati a questi argomenti.
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Veniamo dunque al problema dell’oggetto sociale di tale società. Che debba essere più complesso della semplice attività professionale si è già detto, anche perché in caso contrario tale società non sarebbe ammissibile.
Ma quali attività collaterali potremmo inserire ?
Le attività sono molte, ad esempio: l’erogazione di costi di formazioni, con o senza accredito ECM; attività odontotecnica (ortodontica e non); attività editoriale (scientifica e non); attività peritale (Ctu o Ctp); attività commerciali vere e proprie (elettromedicali, consumo); somministrazione di lavoratori altamente specializzati; attività di ricerca clinica; e molto altro ancora che in alcuni casi sconfina nella fantasia.
Anche l’idea di fornire un servizio di consulenza caratterizzato da continuità potrebbe essere sensata e perfettamente in linea con la cornice appena descritta. Pensate, ad esempio, ad un gruppo di ortodontisti che garantiscono alle strutture con cui collabora la loro società presenza e assistenza continua, anche nel caso in cui il singolo professionista sia impossibilitato a presenziare per i più disparati motivi.
Ma potrebbe anche essere ben presente una attività di selezione e acquisto di materiale odontoiatrico da utilizzare nelle collaborazioni, offrendo un pacchetto completo di servizi alla struttura esterna, che prevede la presa in carico totale dell’attività all’interno della struttura ospitante. Tale attività potrebbe anche comprendere la messa a disposizione di propri dipendenti (la Aso che segue il collaboratore?) e di propria strumentazione.
E persino potrebbe configurarsi la sperimentazione clinica di nuovi apparecchi ortodontici o di nuovi sistemi endodontici.
Queste sono tutte questioni che, se organizzate in forma d’impresa, possono ben distinguersi dalla semplice attività professionale.
Sarà ovviamente la società di servizi di consulenza a stipulare il contratto di servizio con le strutture ospitanti e ad emettere le relative fatture.
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E veniamo al problema del Codice Ateco.
Quello da usare è certamente l’86.23.00 = Attività degli studi odontoiatrici, un codice generico che ben può configurare una attività come questa (confronta il nomenclatore al relativo codice)
Contrariamente a quanto si possa pensare, anche per via delle recenti e gratuite polemiche alimentate dai soliti noti, tale codice infatti è del tutto generico e intende ricomprendere al suo interno una vasta gamma di attività, dall’esercizio dello studio o ambulatorio alla semplice erogazione di prestazioni professionali e/o servizi medici in genere.
E’ tuttavia importante utilizzare una precauzione: quella di non inserire in statuto anche la possibilità di gestire ambulatori, perché in questo caso ben potrebbe la Camera di Commercio equivocare e richiedere, non all’atto della iscrizione nel Registro delle imprese ma a quello di attivazione della società, copia dell’autorizzazione sanitaria, che tale società (presumibilmente) non avrà mai e di cui non abbisogna.
Si sarà sempre in tempo, dopo aver richiesto l’attivazione e nel caso in cui si decida di cambiare strada includendo anche una propria struttura sanitaria nel perimetro delle attività esercitate, ad effettuare una variazione dell’oggetto sociale inserendo anche questa attività.
Come specifica Gabriele Vassura in un suo articolo dedicato all’argomento, tuttavia, sarà sempre il caso di richiedere l’esibizione delle autorizzazioni ad operare a tutte le strutture sanitarie con cui la società di servizi decide di instaurare rapporti di collaborazione e di allegarli al contratto di collaborazione stesso.
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Sotto il profilo della norma anti-elusione o della nuova fattispecie di abuso del diritto, resta sempre valida la necessità di precostituire o rendere dimostrabile la presenza di una valida ragione economica per passare dal semplice esercizio professionale a quello imprenditoriale, sotto forma di società di servizi di consulenza professionale.
Ma, a questo punto e per le cose dette, tale valida ragione sarà comunque assai facile da dimostrare, proprio in ragione delle peculiari caratteristiche di tale società e delle attività che deve svolgere per non essere considerata illecita.
Infatti, sotto il profilo della pluralità di clienti, è evidente che con questa tipologia societaria è tutto più facile. La società spiccherà fatture per una molteplicità di strutture clienti in considerazione del fatto che coloro che svolgono attività di consulenza solitamente hanno già una ampia diversificazione di soggetti cui prestano la propria opera.
L’attività risulterà complessa per definizione, se sarete abbastanza cauti da seguire le regole che vi abbiamo illustrato, e non potrà esservi alcun dubbio sulla sua netta distinzione rispetto alla semplice attività professionale.
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Forse l’unico profilo che potrebbe creare qualche problema, sia dal punto di vista del controllo fiscale che da quello della fattibilità dell’operazione in generale, è quello della necessaria pluralità dei soci o quantomeno dei collaboratori.
Diventa infatti difficile dimostrare il carattere imprenditoriale e organizzato di tale società, quando la stessa si presenta come unipersonale e l’unico professionista ad effettuare l’attività è il socio stesso.
Ben prima che sotto il profilo dell’elusione, tale forma di esercizio potrebbe essere attaccabile come contraria alla norma che vieta l’esercizio professionale in forma societaria della professione medica.
In conclusione, appare evidente che se tale operazione è pienamente fattibile alle condizioni sopraindicate, la stessa appare come opzione percorribile solo per professionisti con un certo volume d’affari, che abbiano voglia di mettere in opera una forma di collaborazione organizzata del proprio lavoro che sia anche favorita sotto il profilo fiscale, della tutela patrimoniale, della pianificazione successoria e della più facile liquidabilità dell’investimento effettuato, rispetto al caso in cui tale esercizio venga effettuato nella forma professionale tradizionale.
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