L’Epifania appena passata ci ha regalato una delle Bufale più singolari cui abbia assistito: quella sulle Srl odontoiatriche e sulle Stp. La mia casella di posta […]
L’Epifania appena passata ci ha regalato una delle Bufale più singolari cui abbia assistito: quella sulle Srl odontoiatriche e sulle Stp. La mia casella di posta ed i social sono stati così tempestati da messaggi che ho deciso di scrivere un nuovo articolo (siamo a mille?) su questo argomento. Eppure sarebbe bastato leggere quelli vecchi per capire tutto quanto è successo (anzi, NON è successo).
Perché, in realtà, non è successo nulla in questi giorni.
La Bufala sulle Srl e Stp infatti è una Bufala strana, perchè è una Bufala … vera. Voglio dire che la notizia che è stata pubblicata non solo è vera, ma anche veritiera. Peccato che molti di quelli che l’hanno letta abbiano voluto dare una interpretazione distorta che era più affine ai loro interessi o alle loro aspettative.
Il risultato è stato che dopo poche ore sul web giravano solo le interpretazioni (sbagliate) e non più la notizia vera. L’entusiasmo è stato contagioso e dilagante fino a vere e proprie patetiche scene di esultanza sui profili personali di Facebook.
Molti colleghi, semplici dentisti ma anche rappresentanti sindacali, nel leggere solo ora e per la prima volta ed in grave ritardo una nota del Ministero per lo Sviluppo Economico sul tema delle Srl e Stp, hanno creduto di poter intravvedere nelle parole del suo firmatario la soluzione tanto agognata da tutta la categoria (me compreso) alla piaga sociale e professionale dei low cost odontoiatrici. Dapprima sembrava solo uno spiraglio, poi lo spiraglio è diventata una luce sempre più forte mano a mano che ci si voleva convincere che il documento dicesse cose diverse da quello che diceva. Io ho avuto la pessima idea di tentare di disilludere qualcuno commentando su Facebook e tutto il livore represso per questa deprecabile vicenda dei low cost si è riversato sulla persona sbagliata.
Prima di arrivare al merito, vorrei inventare un aforisma, ammesso che non esista già da qualche parte:
Una notizia non diventa vera solo perchè la desideriamo tanto.
Ma soprattutto:
Se una notizia è falsa non è colpa di chi ti dice la verità.
Ora veniamo al punto e cerchiamo di spiegare tutto daccapo. Leggete quello che scrivo solo se avete voglia di capire veramente, altrimenti perdiamo tempo in due: nulla si può fare contro i fenomeni di isteria collettiva.
Siamo nel 2017 e sono passati esattamente 78 anni da quando è stata promulgata questa legge.
Questa legge fascista ha sancito, tra gli altri, il divieto di esercitare le professioni protette in forma societaria. Qualcuno sostiene che la Legge sia stata fatta nel contesto più ampio delle politiche razziali e mirasse ad impedire che gli ebrei potessero continuare ad esercitare le professioni “nascondendosi” dietro alle società cosiddette “anonime” che corrispondono alle nostre attuali Srl.
Quale che sia stato il razionale di questa Legge i suoi effetti si sono fatti sentire interamente per molti decenni e potremmo dire che, almeno in parte, si sentono ancora oggi, visto il documento del Mise di cui stiamo parlando.
In termini pratici ed in estrema sintesi le ricadute di questa legge sono le seguenti:
Perché il legislatore non ha mai voluto per i successivi 67 anni circa (non 78!!) modificare questa legge? Perché tale divieto è rimasto cogente fino alla cosiddetta Legge Bersani e oltre?
Forse perchè si riteneva (a mio avviso giustamente) che, collateralmente alla questione razziale che nel frattempo era ampiamente decaduta, tale legge fosse in grado di tutelare meglio gli interessi del paziente, privilegiando il rapporto diretto tra le parti, giuridicamente noto come “intuitus personae”.
In altre parole si è sempre ritenuto che un rapporto personale tra medico e paziente salvaguardasse meglio gli interessi della parte debole (il malato) di quanto non potesse accadere in un rapporto impari e spersonalizzato tra paziente e società anonima (o srl, spa attuali). E’ bene notare, con grande amarezza, che per moltissimo tempo lo Stato ha “sentito il bisogno” di sdebitarsi nei confronti dei professionisti garantendo loro, come contropartita alle limitazioni societarie imposte, alcuni privilegi come, per esempio l’esclusiva oppure l’obbligatorietà di un tariffario minimo.
Il processo di smantellamento di questi accordi tra stato e professioni avviene quasi parallelamente su entrambi i fronti: sia quello degli obblighi, sia quello dei privilegi (anche se i privilegi di fatto sono spariti molto prima!). La prima picconata arriva nel 2006, ovvero ben 67 anni dopo la legge fascista, con la cosiddetta seconda Legge Bersani.
Questa Legge aveva un titolo ironico che vi riporto:
“Disposizioni urgenti (sic!) per il rilancio (sic!) economico e sociale, per il contenimento (sic!) e la razionalizzazione (sic!) della spesa pubblica nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale (sic!)”
Ovviamente questa Legge fu un successo straordinario perchè tutti gli obiettivi furono raggiunti rapidamente, come tutti sappiamo.
Ebbene, tra le altre cose, la legge prevedeva esplicitamente tre cose importanti per la professione:
Di fatto le previsioni contenute nella legge fascista del 1939 sarebbero state abrogate nel 2006. Perché uso il condizionale?
Per due motivi: in primo luogo non furono mai emanati i decreti attuativi necessari a far applicare la legge (come al solito); e poi perchè gli Ordini professionali opposero una strenua resistenza alla applicazione della Legge, impedendo con ogni mezzo il mutamento dello status quo.
Per questo motivo l’anno successivo da alcuni fu invocato l’intervento del Garante per la concorrenza, allora Antitrust, il quale di fatto intervenne nel 2007 sulla questione con una indagine conoscitiva sul grado di recepimento della Legge Bersani da parte degli Ordini. L’indagine si concluse con questo pronunciamento: “Permane una scarsa propensione degli Ordini ad accogliere nei codici deontologici quelle innovazioni necessarie per aumentare la spinta competitiva all’interno dei singoli comparti. La liberalizzazione della pattuizione del compenso del professionista, la possibilità di fare pubblicità informativa e di costituire società multidisciplinari non sono state colte come importanti opportunità di crescita ma come un ostacolo allo svolgimento della professione.”
Di fatto dal 2006 al 2011 si rimase sospesi in un limbo normativo nel quale nessuno capiva cosa si poteva fare e soprattutto come farlo.
Tant’è che nel 2011 arrivò la seconda e più decisiva picconata alla Legge fascista N° 1815 del 1939. Sono passati 72 anni.
L’articolo 10 comma 3 della legge 183/2011 abolisce il divieto di adottare la forma societaria, consentendo ai professionisti regolarmente iscritti agli Ordini di esercitare l’attività professionale secondo uno dei modelli societari previsti dai titoli V e VI del libro V del codice civile.
A tale scopo fu previsto un istituto giuridico particolare ed innovativo denominato Stp (Società tra professionisti) (sulle cui aberrazioni applicative ci siamo già sufficientemente soffermati in passato). A partire dall’anno successivo, quindi teoricamente da Gennaio 2012, si sarebbero dunque potute costituire delle società (di capitali, di persone o anche cooperative) con la formula speciale delle Stp.
Le Stp rispetto alle normali società, prevedevano alcune formule di garanzia che secondo il legislatore sarebbero servite a contemperare gli interessi economici del professionista con gli interessi di salute del paziente. Perciò a questo tipo di società e soltanto a questo fu concesso di iscriversi all’Albo professionale e quindi esercitare direttamente la professione medica o odontoiatrica.
L’istituzione delle Stp avrebbe dunque rappresentato già nel 2011 il superamento definitivo della Legge fascista del 1939. Senonché anche stavolta (guarda il caso!) mancavano i regolamenti attuativi che dicessero in modo chiaro come applicare la legge nella pratica. Si dovette attendere l’iniziativa dei Notai perchè la situazione si sbloccasse definitivamente.
Il 3 aprile del 2014, quindi soltanto 2 anni e mezzo fa, ovvero 75 anni dopo la Legge fascista, l’ostacolo delle società nella professione poteva dirsi definitivamente superato. Il Consiglio Nazionale del Notariato infatti pubblicava lo Studio 224-2014/I con il quale delineava linee guida operative per la corretta costituzione delle Stp. In effetti da quella data in avanti le Stp hanno cominciato ad iscriversi agli Albi Professionali come società di capitali o di persone.
Se consideriamo il 1939 l’anno di partenza del divieto di esercitare la professione in forma societaria ed il 2014 l’anno in cui il divieto cessa (per tutte le ragioni esposte), allora poniamo alcune domande:
La risposta è si: tantissime società di capitali hanno operato nell’ambito sanitario. Cliniche private, poliambulatori, studi professionali e perfino professionisti singoli hanno erogato migliaia, anzi milioni di prestazioni sanitarie attraverso la ragione sociale di una srl: parti cesarei come estrazioni dentali, visite cardiologiche come cure ortodontiche, risonanze magnetiche come ablazioni del tartaro, protesi d’anca come impianti osteointegrati. Queste società, perfettamente legittimate ad operare già prima della legge sulle Stp, hanno continuato e continueranno ad operare a maggior ragione, dopo l’abbattimento di ogni divieto.
Ad essere vietato dalla Legge era l’iscrizione all’Albo professionale e quindi l’esecuzione della prestazione da parte di un soggetto giuridico. Non è mai stata vietata la costituzione di una società di servizi o di mezzi in ambito sanitario come in qualsiasi altro ambito.
E infatti queste Srl o Spa non erano (e non lo sono neppure oggi) iscritte all’Albo professionale e l’esecuzione delle prestazioni è affidata ad un soggetto fisico ben identificato e tracciabile (che all’Albo professionale è iscritto regolarmente).
Anche questo è chiaramente scritto nel documento de Mise ma alcuni colleghi mostrano una strana forma di cecità selettiva quando approcciano la riga corrispondente del testo.
Esattamente.
Esattamente.
Bisogna vedere lo statuto. Lo statuto delle Stp è molto più limitativo rispetto a quello di una Srl ordinaria e deve contenere delle previsioni precise fissate dal legislatore.
L’Ordine la blocca perchè deve avere il nome e le caratteristiche di una Stp.
Succede che i funzionari della camera di commercio riconoscono l’incompatibilità tra oggetto sociale e srl ordinaria e rifiutano l’iscrizione. Questo è il caso di cui stiamo parlando e che ha generato il pronunciamento del Mise.
Come sopra: succede che i funzionari della camera di commercio leggono lo statuto prima di iscriverla e si accorgono che l’oggetto sociale non è compatibile con una Stp e quindi respingono l’iscrizione.
E così siamo arrivati ai giorni nostri. Cosa è successo? Perchè il Mise ha emesso questo parere? C’era qualcosa di nuovo da dire?
Alla fine di questa lunga disamina arriviamo alla conclusione. Cosa è successo per cui il Mise abbia dovuto pronunciarsi con questo parere?
Bene.
E’ successo che qualcuno ha fatto il furbetto oppure ha commesso un semplice errore.
E’ stata costituita una srl ordinaria per svolgere attività odontoiatrica. Ma nello statuto è stato inserito un oggetto sociale che può essere proprio solo delle Stp, ovvero l’esecuzione diretta delle prestazioni professionali. Il funzionario che ha letto lo statuto se ne è accorto ed ha negato l’iscrizione. La società ha richiesto un parere ed il Mise ha dato ragione alla camera di commercio.
Nel fare questo, l’estensore del parere, ha ampiamente richiamato i limiti di ciascun tipo societario:
Entrambe le strade sono praticabili, con buona pace di tutti: abusivi travestiti da società, imprenditori della salute, capitalisti più o meno spregiudicati, dentisti veri e normali che vogliono proteggersi (come me) o dentisti eccellenti che hanno capito che la qualità non è tutto (come voi che state leggendo).
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