Questo articolo rappresenta l’ideale continuazione dell’articolo “Dentista Consulente” pubblicato su questo blog.
La consulenza odontoiatrica è una forma di svolgimento della professione piuttosto anomala che si è sviluppata nel nostro Paese per molte ragioni che sono state esposte nell’articolo precedente.
In questo articolo ci preme analizzarne le caratteristiche micro economiche, organizzative e relazionali, per fornire al dentista consulente di professione una comprensione migliore del proprio ruolo. In questo modo sarà più facile per il consulente affrontare sfide quotidiane per nulla semplici.
In una visione puramente laica del nostro lavoro (ovvero, prima ancora di introdurre concetti di etica professionale) il rapporto di scambio tra medico e paziente si svolge nell’ambito delle regole di mercato: “due attori si trovano in un luogo adatto allo scambio (mercato appunto) per dar luogo ad una transazione nella quale uno vende qualcosa e un altro compra”.
Se vogliamo riempire di contenuti specifici la frase precedente potremmo dire che “in uno studio dentistico il professionista vende la propria conoscenza al paziente che presenta un bisogno. Per la soluzione del bisogno, il paziente è disponibile a pagare una certa cifra in denaro. Se il prezzo esposto dal professionista è coerente con la disponibilità del paziente a pagarlo, la transazione si conclude.”
Sarebbe un grave errore pensare che le cose non stiano in questi termini, indipendentemente dall’importo in oggetto e anche quando tale importo fosse molto basso o addirittura nullo. La dinamica sopra descritta rimarrebbe la stessa. Si tratta sempre di una compravendita: l’unica particolarità è che entrambe le parti attribuiscono un valore economico nullo alla transazione, anche se la stessa può avere per entrambi un altro tipo di valore (etico per esempio).
Il rapporto di scambio medico paziente, tipico delle professioni, è dominato da elementi caratteristici che, in estrema sintesi sono i seguenti:
Le persone che interagiscono intorno al problema-salute non possiedono tutte le stesse competenze:
Senza necessità di introdurre elementi etici o deontologici, da qui deriva la necessità di una fase interlocutoria nella transazione rappresentato dalla raccolta anamnestica, dal colloquio clinico, dalla prima visita, dagli esami diagnostici preliminari e dalla successiva esposizione del piano di cura. Con questi passaggi, oramai standardizzati dalla disciplina medica e deontologica, non si fa altro che livellare il rapporto medico paziente sul piano informativo, in modo che ciascuna parte, grazie alla controparte, acquisisca le informazioni che gli mancano per poter dar luogo alla fase successiva (terapia) secondo principi di appropriatezza (medico) e consapevolezza (paziente).
In questa cornice generale, l’introduzione della consulenza odontoiatrica (e quindi della figura del consulente) complica notevolmente la situazione in quanto il paziente si rivolge al dentista per esporre un problema, ma il dentista non ne conosce la soluzione. Potremmo anzi dire più propriamente:
il titolare di studio conosce qualcuno che conosce la soluzione e solo quest’ultimo è in grado di metterla in pratica effettuando il trattamento.
Questa è la situazione tipica della consulenza in ortodonzia, forse la forma di consulenza professionale più diffusa e ramificata del nostro Paese, ma il concetto può essere traslato su qualsiasi altra branca dell’odontoiatria, su tutte: parodontologia, endodonzia e chirurgia orale.
Date queste premesse, non era necessario il legislatore per stabilire che il rapporto medico paziente si deve basare sulla fiducia reciproca. È del tutto evidente che uno scambio immateriale di conoscenze presuppone che uno si fidi di ciò che gli dice l’altro. Il medico si deve fidare dei dati forniti in anamnesi da parte del paziente e della sintomatologia attualmente riferita, così come il paziente si deve fidare della comprensione ed interpretazione di tutti i dati da parte del medico e della terapia proposta. Il rapporto fiduciario è dunque bilaterale per forza di cose.
Queste stesse dinamiche sono reperibili nelle altre professioni. Si potrebbe anzi dire che le professioni in generale si distinguono dai mestieri o dagli altri lavori proprio in virtù di esse. È impensabile che un avvocato possa predisporre una strategia difensiva in favore di un cliente che omette informazioni rilevanti sui fatti accaduti; allo stesso modo un architetto non può elaborare un progetto gradito al cliente se costui mente sulle proprie aspettative o preferenze.
L’introduzione della consulenza odontoiatrica all’interno del rapporto di fiducia originario, impone una riconfigurazione anomala e largamente instabile. Ora assistiamo ad un triangolo nel quale il paziente si affida al dentista e questi si affida al consulente.
Poiché la fiducia non gode di proprietà transitive, anche nella consulenza, l’asse principale del rapporto fiduciario è quello che corre tra dentista (titolare di studio) e paziente: se il dentista decide di investire parte di questo capitale fiduciario trasferendolo al proprio consulente, ciò non riduce il suo carico di responsabilità, ma, al contrario, lo amplifica.
La funzione di “broker del sapere” che il dentista assume nei confronti del paziente è a titolo oneroso. Ovvero la conoscenza che il dentista cede al paziente è l’oggetto di compravendita, indipendentemente che sia accompagnata o meno da un servizio (accoglienza, prenotazione, sicurezza, sterilizzazione, ecc.) e da un prodotto (protesi, apparecchio ortodontico, ecc.).
Solitamente il prezzo cui la compravendita avviene è proporzionato alla “quantità” ed alla “qualità” degli oggetti acquistati e degli eventuali servizi o prodotti correlati (o, almeno, così dovrebbe essere).
I titolari del contratto d’opera professionale che dà luogo al corrispettivo economico, sono il dentista titolare di studio ed il paziente. Il compenso per la prestazione svolta viene dunque corrisposto dal paziente al dentista titolare di studio, non al dentista consulente.
Questo accadeva già prima che il legislatore in materia fiscale imponesse una norma sull’accentramento obbligatorio dei compensi (obbligo che peraltro molti dentisti ancora ignorano).
Quando si introduce la consulenza odontoiatrica o ortodontica diventa più difficile stabilire chi è il cliente di chi in questo rapporto a tre. Ciononostante deve essere fatta chiarezza una volta per tutte. Una catena di relazioni logicamente corretta è questa:
Ne consegue che:
Una volta assodati questi fatti sarà più facile individuare come devono essere regolati i rapporti economici tra le tre parti in causa:
Nell’ambito di rapporti fisiologici tra le parti (molto rari per la verità) queste dinamiche di relazione si svolgono naturalmente e senza particolari incidenti.
In situazioni critiche emerge drammaticamente come la seconda operazione avvenga in un contesto di conflitti più o meno latenti e di rivendicazioni reciproche. Questo succede perché molti colleghi, all’inizio di un rapporto di collaborazione trascurano di disciplinarlo con un contratto vero e proprio che funga da guida nei lunghi anni di consulenza futura.
L’accordo e l’armonia sono condizioni difficili da mantenere già in condizioni di genuina collaborazione reciproca, anche laddove i comportamenti siano dettati dalla onestà più cristallina. Voglio dire che la correttezza interpersonale richiede quasi sempre uno sforzo di volontà, anche quando appartiene al bagaglio valoriale delle persone. Figuriamoci cosa succede quando tali valori non siano pienamente condivisi all’interno di una relazione.
Anche questo fenomeno è stato descritto in microeconomia e prende il nome di Azzardo Morale (traducendo malamente in italiano una espressione inglese più elegante).
L’azzardo morale è, in microeconomia,
una forma di opportunismo post-contrattuale, che può portare gli individui a perseguire i propri interessi a spese della controparte, confidando nella impossibilità, per quest’ultima, di verificare la presenza di dolo o colpa.
Nel caso dei rapporti medico-paziente si parla più opportunamente di doppio azzardo morale, dal momento che ciascuna delle due parti (per i motivi esposti in precedenza) deve confidare obbligatoriamente nella buona fede dell’altra.
Nella consulenza odontoiatrica o ortodontica la configurazione lineare medico-paziente si complica per l’introduzione di un terzo (il dentista consulente). La nuova geometria di rapporti trilaterale genera quello che può essere definito triplo azzardo morale, ovvero una situazione nella quale il tradimento del rapporto di fiducia da parte di uno solo ha conseguenze negative sugli altri due e le attribuzioni di responsabilità si perdono in un groviglio di alibi, dissimulazioni e rivendicazioni reciproche.
Prendiamo l’esempio frequente di un paziente con documentazione clinica e diagnostica insufficiente o carente:
Altre situazioni frequenti sono quelle in cui le conseguenze economiche di una gestione contabile scorretta inquinano la serenità del lavoro, la fiducia reciproca e talora anche l’efficienza dei trattamenti:
In un contesto ben organizzato tutte queste domande hanno una risposta semplice, soprattutto in presenza di un contratto, e conseguentemente le discussioni si riducono a zero. In assenza di ciò, molto spesso la malizia di qualcuno permette che l’azzardo morale sia una scommessa persa in partenza.
In questi casi, a seconda dell’evento considerato, le forze in campo sono impari e durante il contenzioso ciascuna parte (paziente compreso) userà le leve di potere di cui dispone per far valere le proprie ragioni o sottrarsi agli impegni assunti. Per esempio:
La trattazione di questi temi è stata completata nella terza parte di questo articolo.
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