Che ne sarà del mio studio dentistico in caso di decesso imprevisto? Esiste la possibilità di garantire i nostri beni e l’attività alle nostre famiglie in via anticipata? E’ possibile lasciare uno studio operativo anche a familiari non dentisti per garantire loro un reddito? Analizziamo insieme le soluzioni disponibili nel contesto giuridico attuale.
Uno dei temi più utili e, per paradosso, più sconosciuti ai professionisti è quello della successione, che comprende anche quello della trasmissione agli eredi del patrimonio professionale dell’odontoiatra o del medico in generale.
Nei casi più complessi, il tema della tutela patrimoniale e della pianificazione successoria diviene una questione unica, da affrontare con strumenti che sono sempre in qualche caso gli stessi e di cui abbiamo già parlato nell’articolo dedicato alla tutela: polizze vita e trust. Di altri strumenti parliamo oggi.
La Legge prevede già delle regole per la successione che scattano in automatico quando la persona non si è occupata di disporre nulla in questo senso. Tale normativa pone dei paletti insuperabili, nel senso che impone alcuni eredi necessari per una certa quota del patrimonio del de cuius. Questi, titolari della quota cosiddetta di legittima (e per questo detti anche legittimari), non possono che restare tali anche se il de cuius ha fatto testamento.
A lui è concessa la possibilità di devolvere in modo difforme da quello previsto dalla Legge il proprio patrimonio solo per la cosiddetta quota disponibile. Ma non è ininfluente il modo in cui si quantifica l’asse ereditario. E tanto meno lo è il fatto che il de cuius, con le sole eccezioni già indicate, possa stabilire che alcuni parenti non debbano essere suoi eredi.
Per questo voglio partire subito con un consiglio, che è più un ordine tassativo, scusate se oso, ma è nel Vostro interesse; un consiglio che vi do sulla scorta della mia esperienza pluridecennale e che si sintetizza nel motto: fate testamento! In Italia sono pochissimi quelli che lo fanno e quindi pochissimi sono anche i professionisti.
Fare testamento non serve solo a destinare il vostro Patrimonio in percentuali diverse da quelle previste dalla Legge.
Può ovviamente servire anche a quello. Con la sola eccezione della moglie e dei figli, infatti, che non possono in Italia essere diseredati da un genitore/coniuge, tutti gli altri possono esserlo eccome. E le regole della successione cambiano a seconda di chi sono gli eredi. Se hai una moglie e non hai figli, almeno un terzo del patrimonio finisce ai fratelli, ad esempio, e non è detto che questo corrisponda sempre alla volontà del disponente (de cuius).
Ma il vero nodo non è questo: anche se le percentuali di Legge corrispondessero perfettamente a quelle che avete voi in mente, vale comunque la pena fare testamento, perché le regole della successione legittima, senza testamento, hanno la caratteristica di creare una bomba a orologeria e cioè le proprietà indivise.
Una cosa è disporre che un terzo dei miei beni debba andare a mia sorella. Altra e ben diversa cosa e lasciar fare alla Legge, che dispone che mia sorella dovrà ereditare un terzo di tutti i miei beni: un terzo della casa di proprietà, un terzo di quella al mare, un terzo del box, un terzo della moto, un terzo di qualunque altra cosa che rientri nelle mie disponibilità…
… e quindi un terzo anche della mia azienda o del mio studio dentistico, anche se l’erede è la persona meno indicata a gestirlo.
Con un testamento, posso disporre che mio figlio prenda un terzo dei miei soldi, ma che l’azienda vada all’altro figlio, magari perché ha talento per gestirla, non si droga e non è uno scialacquatore.
Posso comunque rispettare il minimo che devo lasciargli con un conguaglio in denaro, ma impedire una situazione di stallo messicano, che può coinvolgere un numero imprecisato di persone, creando la tempesta perfetta: la moglie di mio figlio, la madre della moglie di mio figlio e chi più ne ha più ne metta.
Nessuno, oltre a Voi deve decidere chi fa cosa e in quale proporzione del VOSTRO PATRIMONIO.
Fare testamento serve anche a non mettere gli eredi in una situazione folle persino se non litigano tra di loro a cadavere ancora caldo.
Ipotizzate il caso di un dentista che ha moglie, due figli e nessun altro parente. La successione senza testamento funziona in questo caso abbastanza semplicemente. L’asse ereditario è composto da un certo numero di immobili, beni mobili registrati (auto e barche ad esempio) e una bella sommetta sul conto corrente, intestato al de cuius o cointestato con la moglie. Che succede all’atto della morte?
Succede che il conto corrente viene subito bloccato e non vi si può più accedere, fino a che la successione non è stata lavorata dalla banca. Il coniuge quindi può trovarsi senza soldi in un secondo e non può neanche pagare le imposte di successione. E se non paga quelle non può neanche presentare la dichiarazione. Senza dichiarazione il conto non si sblocca. Puro stallo.
Abbiamo quindi la follia di un asse ereditario per milioni di euro che diviene in un attimo non disponibile.
Certo una soluzione alla fine si trova, con prestiti o altro. Ma non trovate assurda una situazione come questa ?
Sarebbe bastato aprire per tempo un conto cointestato e uno intestato alla moglie. La metà dei soldi di un conto cointestato sono fuori dall’asse ereditario e si possono subito spostare sul conto della moglie. L’altra metà va in successione, ma la moglie ha leva per agire, pagare il funerale, le imposte di successione e vivere dignitosamente. Non basta il dolore della perdita?
Il testamento servirà poi a evitare il lascito delle proprietà indivise, disponendo voi con esso tutto quello che voi e solo voi dovete decidere, pur nel rispetto delle quote minime di legittima, e non Vostra suocera o il marito di vostra figlia che magari …
Tale testamento può essere olografo (cioè scritto di vostro pugno e affidato a una persona di fiducia) o può essere registrato presso un notaio.
Il secondo caso è molto consigliabile quando può esserci il dubbio (magari ventilato post mortem dagli eredi ) che il testamento sia stato redatto dal de cuius mentre era incapace di intendere o di volere. Dubbio che l’omologazione del notaio può fugare in un attimo.
In un caso come nell’altro, tuttavia, conviene farsi aiutare da un legale nella redazione del testamento. Un legale ti dice come scriverlo e come evitare che per tuo errore (fatto per ignoranza e in buona fede) quel testamento non divenga annullabile o nullo.
In altri casi serve ad evitare guai che avresti voluto evitare. Se ad esempio, si dispone di lasciare una palazzina di tre piani con appartamenti identici ognuno ad un piano diverso ai tre figli, si deve inserire una clausola (dispenso gli eredi dall’obbligo di collazione) per evitare che il figlio al piano terra abbia da ridire sul fatto che il fratello sta al secondo piano.
Non mi dite a me non accadrà, per favore ! Ve lo auguro di cuore, ma ne ho viste troppe per stare tranquillo. Non vi accadrà se sarete così lungimiranti da precostituirne i presupposti per tempo.
Se siete sposati sarebbe opportuno che il testamento lo facesse anche il coniuge, stabilendo entrambi i testamenti accada nell’eventualità della commorienza (cioè se vi capita di morire insieme, magari in un viaggio aereo).
Ora esaminiamo il patto di famiglia, un istituto giuridico che permette legalmente di decidere anche chi deve guidare lo studio o l’ambulatorio o altre Vostre aziende.
Si tratta di questioni troppo importanti – anche dal punto di vista fiscale – per non occuparvene.
Il patto di famiglia, in sostanza, consente di trasmettere il vostro studio ad alcuni eredi ritenuti più adatti a gestirlo rispetto ad altri.
Abbiamo appena tratteggiato gli elementi essenziali della trasmissione ereditaria, specificando che, pur in presenza di una legge che subentra con le regole della successione in mancanza di testamento, è sempre e molto meglio decidere di redigerlo il testamento; e questo per due fondamentali motivi:
L’esperienza personale non mi ha risparmiato nulla in questo senso e mi è toccato vedere persino fratelli che litigavano in chiesa durante il funerale, quando, fino al giorno prima della morte del de cuius, sembravano tutti appartenere alla famiglia perfetta. Vi prego, non fate questi errori.
Esiste però una parte della eredità che conviene disciplinare – e ben prima della morte – a latere: è quella relativa all’azienda dell’imprenditore.
Lo studio mono-professionale, anche quando costituisce un complesso aziendale del professionista (abbiamo parlato di questa possibilità in precedenti articoli), non rientra in questa casistica perché il suo titolare non è un imprenditore individuale ma un esercente professionale, cosa ben diversa almeno dal punto di vista giuridico.
Poiché non può esistere in sanità una impresa individuale sanitaria, ma solo societaria, il cerchio evidentemente si stringe: o parliamo di stp o di srl odontoiatrica. E tra le società, è sicuramente tutto più facile per la srl rispetto alla stp.
Abbiamo quindi l’ennesima conferma che, anche con riferimento al tema della tutela patrimoniale come per quello della pianificazione successoria, lo studio mono-professionale offre ben poco anzi nulla, visto che coincide in toto con il titolare e addirittura con la vita del titolare, mentre la migliore forma giuridica è quella della srl odontoiatrica.
Questo patto speciale per la successione dell’azienda si chiama Patto di Famiglia ed è stato inserito nel nostro codice civile con una legge che ne ha novellato alcuni articoli e in particolare l’art. 786 bis.
Questo articolo introduce una deroga al divieto generale di patti successori ante-mortem e permette tali atti di disposizione, che possono avvenire esclusivamente a favore di discendenti del dante causa, il quale intende garantire la continuità della vita della sua impresa (o anche della sua partecipazione in essa).
E’ chiaro che la forma migliore è quella della srl odontoiatrica, perché le quote del suo capitale rappresentano la titolarità dell’impresa e della Sua autorizzazione sanitaria e possono essere facilmente volturate, anche a chi medico non è. Mentre nel caso dello studio mono-professionale, una volta morto il titolare, l’azienda rimane un guscio vuoto e se gli eredi non sono medici possono solo venderla a pezzi e mai subentrare.
Nel caso della stp, le complicazioni rimangono comunque ingenti e le quote del medico non possono essere comunque cedute a un non medico, neanche se è il figlio o la moglie del de cuius. Quest’ultimo potrà ereditare solo le quote da socio non professionista e in caso contrario dovrà alienarle, trovandosi alla totale mercé degli altri eventuali soci professionisti, anche nel caso in cui l’azienda sia nata e cresciuta per il contributo determinante del de cuius.
Non vi è dunque alcun dubbio che l’opzione SRL odontoiatrica vince su tutti sotto questo profilo.
La stipula di tali patti di famiglia può avvenire solo per atto pubblico e la forma è richiesta ad substantiam e non ad probationem. Se manca, quindi, l’atto è semplicemente nullo. Al momento della stipula, devono essere presenti sia il coniuge del dante causa che tutti coloro che potrebbero vantare diritti sul suo patrimonio, nel caso di un’apertura della successione in pari data.
Con la stipula del patto, il dante causa trasferisce la sua azienda o partecipazione societaria a determinati discendenti: tali assegnatari sono però tenuti a liquidare gli altri titolari di diritto sul patrimonio del dante causa, previa corresponsione (in denaro o in natura) delle somme che sarebbero spettate a costoro in caso di apertura della successione, ma gli assegnatari possono anche rinunciare alla liquidazione (art. 768 – quater, comma 2). I beni eventualmente assegnati sono imputati alle rispettive quote di legittima.
In caso di vizi del consenso, i partecipanti hanno un anno di tempo per impugnare il contratto.
Vi risparmio altri dettagli, ma mi interessa qui segnalare alla Vostra attenzione il fatto che tali patti permettono all’imprenditore sanitario una prerogativa molto importante, che le regole della successione normalmente escludono. E cioè quella di scegliere tra i discendenti quelli più adatti a governare lo studio/impresa sanitaria nel futuro, senza che gli altri discendenti possano impedirlo in alcun modo.
Qualcosa di simile, ma molto più potente di quanto possa accadere con il patto di famiglia, si può fare utilizzando un Trust anche ai fini successori e di trasmissione generazionale dell’azienda.
Infatti, un Trust è uno strumento plastico che si può adattare ad ogni situazione ed esigenza.
Ad esempio, il Patto di famiglia può essere fatto solo con i figli e non prevede tasse di donazione quando trasferisca il controllo della società e il designato o i designati si impegnino a mantenere la partecipazione per almeno cinque anni a partire dalla stipula. Deve esser fatto per atto pubblico, a pena di nullità.
Ma il Trust può andare molto oltre.
Immaginiamo che un imprenditore detenga una azienda di un certo peso e una serie di immobili e altri beni. Costui ha due figli ed è vedovo.
Uno sta studiando economia e inizia a muovere i primi passi in azienda, sotto la sua ala protettrice e il suo insegnamento. L’altro fa l’attore e di lavorare in azienda non ne vuole proprio sapere, almeno per ora.
Il nostro imprenditore non viene dalla montagna del sapone e sa bene che nella vita le cose cambiano. L’attore potrebbe cambiare idea e l’altro figlio, messo alla prova del fuoco, potrebbe rilevarsi non adatto al compito. Lui vuole che l’azienda gli sopravviva e vorrebbe persino che i figli non perdano il controllo della stessa ma non vorrebbe che fossero loro a governarla, se non ne sono capaci.
In più vorrebbe evitare che i suoi beni vadano scialacquati se non dai figli, magari dalle mogli o amanti dei figli.
E quindi che fa?
Passa tutto ad un Trust. E si fa scrivere un regolamento fatto apposta per prevedere ogni possibilità e indicare per ogni possibilità una soluzione.
In questo modo si spossessa dei beni in esenzione di imposta di donazione, ricorrendone i presupposti, e il Trustee riceve precise istruzioni di:
Ovviamente, queste operazioni si giustificano solo per patrimoni rilevanti (dai 10 mln in su) perché costruire un trust e poi gestirlo richiede spese che solo patrimoni di quel genere possono sopportare.
Da questo semplice esempio, però, potete già capire perché il regolamento del trust non possa MAI essere un copia e incolla di quello di un altro, perché se non ti calza come un vestito, se non è stato fatto nel Paese con la Legislazione a te più favorevole e da professionisti di un certo tipo, può diventare una trappola.
Per questo motivo un trust costa dai 30 ai 40 mila euro se fatto bene e quando sento di gente che l’ha fatto con 5.000 euro mi viene da ridere.
Ora facciamo un’ulteriore passo avanti.
Chi non può fare un trust perché non dispone di patrimoni di quella rilevanza come fa ?
Per capirlo, dobbiamo prima far entrare un altro attore in campo: il Fisco. Parliamo dunque di imposte di successione e di donazione.
L’italia è ancora uno dei Paesi con la tassazione per le successioni e donazioni più favorevoli. Prevede franchigie altissime per la moglie e i figli (ciascuno dei figli) pari attualmente ad un milione di euro e aliquote assai contenute, se paragonate ad altri Paesi.
E’ vero che altri Paesi hanno imposte sul reddito e il patrimonio ben diverse e più favorevoli delle nostre, ma non ci contate troppo su queste facili statistiche. Sono anni che giace nei cassetti una riforma di queste imposte e presto o tardi qualcuno la tirerà fuori, esattamente come è accaduto per le rendite catastali, la cui riforma ha cambiato in breve tempo e in misura sensibile il regime delle imposte immobiliari.
Nel caso in esame, basta portare la franchigia da quella attuale (1.000.000) a una ad esempio fissata a 300.000 euro, per cambiare TOTALMENTE il quadro dei versamenti dovuti sullo stesso patrimonio.
Vediamo subito gli attuali numeri sulle Aliquote applicabili (Art. 2, c. 48, D.L. 262/2006):
Franchigie (Art. 2, c. 48, D.L. 262/2006):
Pianificare la successione, quindi, significa capire due cose e comportarsi di conseguenza:
Va tenuto presente che la soluzione non può essere semplicemente quella di donare in vita per evitare le tasse di successione mortis causa in capo agli eredi. Non a caso, se doni in vita paghi tasse del tutto identiche a quelle di successione.
Esistono però delle eccezioni a questa regola, e sono proprio quelle, stando attenti a muoversi sempre nell’ambito della parte disponibile del patrimoni, che permettono di lavorare per ridurre quel carico.
Le operazioni da mettere in pratica sono ovviamente quelle del Patto di Famiglia e o del Trust per la trasmissione dell’azienda (esenti da imposte di donazioni, se comportano la trasmissione del pacchetto di controllo dell’azienda e l’impegno degli eredi a mantenerlo per almeno cinque anni).
E delle donazioni indirette per gli immobili, delle polizze vita per la parte liquida, e della donazione della nuda proprietà – mantenendo l’usufrutto – di immobili e altri beni quali titoli.
Quest’ultima si sostanzia nell’acquisto di un immobile per un terzo il cui pagamento del corrispettivo viene effettuato da una persona diversa da quella a cui l’immobile andrà intestato. E’ il caso tipico del genitore che paga per il figlio.
La Legge dispone che questa donazione atipica, che non segue le regole della donazione vera e propria (atto pubblico e imposta di donazione), è esente da tassa di successione se al suo posto viene pagata un imposta di registro proporzionale o a titolo di IVA (per gli immobili commerciali). E’ chiaro che al nostro fine questa operazione serve a scaricare l’asse ereditario e a ridurre il carico fiscale successorio agli eredi.
Un operazione diversa ma che realizza gli stessi effetti (esenzione dall’imposta di donazione) è quella del genitore che tiene per se l’usufrutto dell’immobile (ove quindi potrà continuare a risiedere a vita) e ne lascia la nuda proprietà al o ai figli.
Le polizze vita, invece, permettono di ridurre l’asse ereditario e persino di designare altri beneficiari non compresi tra gli eredi. Ma per quel che più ci interessa creano un capitale che quando riscosso dal beneficiario sarà esente da imposte di successione.
Regole particolari valgono poi per beni detenuti all’estero o per i de cuius residenti all’estero. Tale circostanza è assai frequente per le disponibilità mobiliari, perché molti che detenevano risparmi presso banche estere (Svizzera e Lussemburgo, in primis) hanno usufruito della voluntary disclosure e altre forme di sostanziale condono, per legittimarne il deposito in quei paesi.
In chiave di successione, è importante farsi guidare da professionisti esperti, perché vanno verificate alcune questioni importanti, tra le quali l’esistenza di accordi bilaterali per la doppia imposizione che alcuni paesi hanno e altri no, oltre ai dettagli.
Una volta condonate queste disponibilità, va verificato se in chiave successoria convenga tenerle dove sono o spostarle in altro paese più favorevole. Ovviamente la materia è troppo ampia e variegata per parlarne in questa sede. Vi basti sapere che questo tema esiste e va affrontato.
Pianificare la trasmissione ereditaria del patrimonio del professionista è quindi un operazione utile sotto tutti i punti di vista e che permette di conseguire per lui alcuni vantaggi di non secondaria importanza.
Naturalmente – e ve ne ho fornito esaurienti dimostrazioni, non si tratta di un prodotto da comprare alla Posta, e neanche di una consulenza standardizzabile, ma di un lavoro che procede da una seria analisi della situazione di quel professionista alla costruzione di un ventaglio di soluzioni che siano adatte a fargli conseguire concreti vantaggi. Dal punto di vista economico come anche da quello di una accresciuta qualità della sua vita.
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