Il preventivo è una delle attività più frequenti dello studio dentistico e riveste una importanza fondamentale sul piano clinico, economico finanziario, medico legale, organizzativo gestionale, di marketing e comunicazione. Proviamo a tracciare un profilo tecnico di questo documento inserendolo nella mappa organizzativa generale dello studio e descrivendone il valore, che è allo stesso probatorio e strategico.
Il preventivo è il crocevia obbligato di una serie notevole di attività e processi diversi: clinica, contabilità, controllo di gestione, marketing, amministrazione, fisco, gestione del rischio. Tutto sembra convergere verso questo documento delicato e, solo apparentemente, semplice.
Il preventivo infatti nasce da valutazioni cliniche ma non è propriamente il piano di cura; ha un valore probatorio ma non è mai vincolante; comporta impegni economici bidirezionali, ma non è propriamente un contratto; espone dei prezzi ma non è propriamente un tariffario; viene spesso compilato da personale di studio ma è un atto medico che assume pieno significato solo se accompagnato da consensi informati, note informative, allegati, appuntamenti, fatture.
Con queste caratteristiche e questi pesi, il preventivo attraversa il flusso già affollato della gestione documentale proprio di uno studio dentistico moderno ed efficiente.
Questo articolo è dedicato a chi ha capito che un preventivo, inteso sia come documento statico che come complesso dinamico di interazioni a più livelli e direzioni, rappresenta uno snodo critico per il successo dello studio da tutti i punti di vista.
Un preventivo odontoiatrico può essere definito come il documento cartaceo o digitale nel quale siano elencate le prestazioni professionali da eseguire sul paziente e dove, per ciascuna di esse, sia indicato il prezzo unitario, allo scopo di informare il paziente stesso sull’importo complessivo che un piano di trattamento comporta, indipendentemente dalla sua complessità.
Affinché un preventivo sia correttamente compilato è opportuno che rispetti alcune regole formali e sostanziali. In parte, tali regole sono state definite dal legislatore, dapprima con l’art. 9, comma 4 del D.L. 1/2012, e poi con la famosa Legge 4 agosto 2017, n. 124.
Partiamo dunque dalla normativa di riferimento per chiarire quali obblighi siano stati fissati sul piano giuridico. In seguito affronteremo il tema sul piano organizzativo interno ed infine faremo un affondo nella disciplina di competenza specifica del preventivo, ovvero il marketing.
Sembra paradossale ma l’obbligo di redigere un preventivo formale nei confronti dei pazienti è stato istituito solo nel 2017 con l’entrata in vigore della Legge 4 agosto 2017, n. 124 , che ovviamente riguarda tutti i professionisti e non solo gli odontoiatri.
Questa Legge in verità riforma e modifica l’art. 9, comma 4 del D.L. 1/2012. La rilettura aggiornata di cui all’art. 1, comma 150, è dunque la seguente:
Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, con un preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi.
Qui iniziano i primi problemi.
Dopo aver correttamente parlato di compenso e di onorario, infatti, le ultime parole della norma tradiscono una certa confusione sui concetti di costo o spesa; tant’è che sarebbe stato più appropriato parlare di prezzo o di tariffa, oppure riprendere il concetto di compenso o onorario impiegato qualche riga sopra.
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Il fatto che il legislatore abbia prescritto di indicare “per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi” ha indotto qualcuno a porsi il dubbio se egli intendesse veramente riportare le voci di costo per ogni prestazione.
Se prendessimo alla lettera la prescrizione e volendo riportare per ogni prestazione le voci di costo dovremmo informare il paziente dei costi di produzione legati alla prestazione inserita nel preventivo e dunque per esempio, per una otturazione, dovremmo indicare il costo dei materiali di consumo (guanti, adesivi, monouso in genere) così come per un trattamento ortodontico dovremmo indicare il costo dei brackets o degli allineatori. Passando dai costi variabili ai costi fissi, secondo questa interpretazione, dovremmo esplicitare nel preventivo anche i costi fissi legati alla erogazione delle prestazioni.
Questo non avviene mai neppure nel settore pubblico quando lo Stato stesso preventiva o fattura al paziente il “costo”, o meglio, il “prezzo” delle prestazioni mediche che questi andrà ad eseguire in un ospedale, in una Asl o in una struttura privata accreditata.
In effetti, non crediamo che questa fosse la reale intenzione del legislatore, altrimenti, osservando appieno le indicazioni, il preventivo sarebbe costituito dalle sole voci di costo e non dal prezzo pagato dal paziente, dal momento che le parole prezzo e tariffe (o simili) non sono state indicate. Non parleremmo più di un preventivo di spesa ma di un budget di previsione.
È dunque ragionevole pensare che, nell’intenzione di tutelare il paziente rispetto al professionista il legislatore ne abbia adottato integralmente la prospettiva, impiegando la parola “costo” per il significato che tale parola ha “per il paziente”, appunto, e non per il dentista. Per quanto il paziente, sotto un profilo economico e gestionale, non sostenga propriamente dei costi (in quanto non svolge attività di impresa e quindi non “produce”), tuttavia dal suo punto di vista ed accogliendo una dimensione gestionale delle risorse proprie e/o della sua famiglia, è accettabile che egli consideri un costo quello che più propriamente sarebbe (e di fatto è) il prezzo di un preventivo.
Per fare un parallelo, è abituale osservare i prezzi nelle vetrine e non i costi di produzione di vestiti o alimentari. Così come si parla di guerra dei prezzi e non di deriva dei costi. Perfino la nota compagnia aerea Ryan Air ha sentito il bisogno di identificare la propria mission con il claim low fare e non low cost, come impropriamente viene definita dal pubblico.
Chiarito questo punto, speriamo di aver sollevato molti colleghi dalla preoccupazione di dover esplicitare nel preventivo quanto costa a loro (dentisti) produrre prestazioni professionali, limitandosi a comunicare al paziente l’unica cosa che ha il diritto di conoscere ovvero il prezzo delle singole prestazioni.
A questo punto riprendiamo il discorso nella prospettiva corretta: il legislatore richiede esplicitamente che all’interno del preventivo siano esplicitate anche alcune componenti specifiche del prezzo richiesto: spese, oneri e contributi.
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In primo luogo, bisogna osservare che oneri e contributi non sono propriamente costi per il dentista e questo rafforza la nostra convinzione che il legislatore abbia equivocato tra prezzo e costo, come sopra descritto.
Se infatti scomponiamo la voce prezzo in spesa, oneri e contributi, capiamo nuovamente la preoccupazione del legislatore: permettere al paziente di capire, all’interno del prezzo indicato nel preventivo, quanta parte dello stesso sia realmente da attribuire alla prestazione (spesa vera e propria dal punto di vista del consumatore) e quanto invece sia da imputare per esempio alle imposte (iva) o alla rivalsa contributiva applicata dal professionista in fattura.
Come sappiamo, nel mondo sanitario le prestazioni sono esenti iva ex art. 10 n. 18 del D.P.R. 633/72, mentre è vietato applicare la rivalsa Enpam sul paziente, come avviene per la totalità degli altri professionisti. Se, da una parte, questo fatto ci porterebbe verso una serie infinita di rivendicazioni, dall’altra, ai fini del tema che stiamo trattando, semplifica molto il discorso.
Pertanto, l’odontoiatra che elabora un preventivo, sotto il profilo giuridico e nella sostanza del documento, non dovrà fare altro che:
Come detto, però, il profilo giuridico non è l’unico rilevante nella gestione del preventivo, soprattutto in uno studio dentistico, dove l’organizzazione dei processi è una materia molto più complessa di tutte le altre realtà professionali.
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In termini di management il preventivo può essere considerato una attività di processo (quando non proprio un processo stesso).
Indipendentemente dal livello nel quale si inserisce all’interno della trama organizzativa di uno studio, il preventivo rappresenta certamente un punto di snodo tra processi molto diversi tra loro. Citiamo almeno i principali:
La nostra opinione è che il flusso delle attività più adatto a contenere il preventivo sia quello della gestione clinica del paziente per i motivi che andiamo ad esporre di seguito.
Con un linguaggio tecnico potremmo dire che l’attività di preventivo si inserisce naturalmente come fase di processo di area clinica in una posizione intermedia tra la visita del paziente e l’eventuale terapia che ne segue. In questo senso, una osservazione empirica trova ampio riscontro nei valori consolidati della comunità professionale (sia etici che deontologici): non è corretto e forse neppure possibile redigere un preventivo odontoiatrico senza aver visitato un paziente, così come non lo è sottoporre un paziente a cure senza avergli comunicato il prezzo di quelle cure.
Il momento clinico e quello economico sono dunque intimamente collegati ed inscindibili.
Se dobbiamo dunque inserire l’attività di preventivo all’interno di un flusso coerente e consequenziale di altre attività è inevitabile che prima di elaborare un preventivo si esegua una prestazione professionale (di solito una prima visita o una visita di controllo) finalizzata a verificare lo stato di salute del paziente, i suoi bisogni e, conseguentemente, la soluzione di tali bisogni.
Questo primo passo si concretizza nella definizione di un piano di trattamento che sarà più o meno complesso a seconda del caso specifico e diverso da ogni altro paziente. A questo punto è importante una precisazione tutt’altro che scontata: piano di cura (o piano di trattamento) e preventivo sono attività (e documenti) diversi tra loro nella forma, nella sostanza e nelle finalità.
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Un piano di trattamento è un progetto di cura che procede dall’esame obiettivo e strumentale, raccoglie indicazioni cliniche e le elabora in una proposta di soluzione che può (e deve) anche ricomprendere eventuali alternative o compromessi. Il piano di cura è un procedimento logico, analitico e sistematico che interpreta la natura delle cose (segni e sintomi) che non si limita ad indicare la terapia o le terapie necessarie, ma si produce anche nella corretta sequenzialità di tali terapie indicandone i tempi di esecuzione, le propedeuticità e la concatenazione spaziale e temporale.
In altre parole, il piano di cura è l’interfaccia tra il sapere astratto e concettualizzato di un tecnico (che conosce le soluzioni possibili) ed il bisogno concreto e reale di un paziente (che conosce solo le proprie aspettative, non necessariamente legittime). All’interno di questa interfaccia il dentista assume un ruolo di broker del sapere.
Il piano di cura traduce il bisogno del paziente in soluzione di quel bisogno, avuto riguardo di ricondurre sempre le richieste nell’ambito del possibile tecnico e del possibile economico. In questo senso il piano di cura si distingue per la sua unicità.
Su quest’ultimo punto si innesta il preventivo che, invece, ha una formulazione standard e ripetibile, pur essendo indissolubilmente legato al piano di cura che lo genera. Diversi piani di cura possono esitare in uno stesso preventivo. Al contrario, due preventivi identici possono riferirsi a pazienti completamente diversi sul piano clinico.
Lo scopo del preventivo dunque non è quello di descrivere un quadro clinico (compito dell’esame obiettivo) e neppure quello di prospettare una soluzione terapeutica (compito del piano di cura), quanto piuttosto di ricondurre entrambi i momenti clinici alle risorse economiche necessarie affrontarli e risolverli.
I concetti di efficacia ed efficienza ci sono utili per chiarire meglio il punto. Lo facciamo con degli esempi comuni.
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La soluzione di una Terza Classe ortodontica potrebbe risultare efficace prevedendo l’impiego di un apparecchio ortodontico in combinazione con un intervento di chirurgia maxillo facciale. La cura della malattia parodontale avanzata potrebbe essere efficace eseguendo terapie multidisciplinari: terapia causale, chirurgia parodontale, restauri di conservativa, trattamenti endodontici e implantoprotesi. La correzione degli inestetismi nei settori anteriori potrebbe avvalersi in modo efficace dell’impiego di faccette o corone, associate ad eventuali terapie canalari.
Casi come questi possiamo descriverne a migliaia nella nostra attività quotidiana.
Ebbene tutti questi casi hanno un elemento in comune: per quanto i trattamenti possano essere correttamente eseguiti e dare esiti tecnicamente perfetti non rendono conto dei costi biologici, relazionali o economici che i pazienti devono affrontare per riceverli (prezzo della cura nella prospettiva del dentista, costo della cura nella prospettiva del paziente). A questi aspetti provvedono altre attività che noi tutti svolgiamo all’interno dello stesso processo (clinico) e che prendono nomi diversi: a risolvere la questione biologica e relazionale provvedono le note informative ed i consensi informati. Su questi non ci soffermiamo data la letteratura sterminata disponibile.
A risolvere la questione economica, invece, provvede il preventivo, che risulta così, come già detto, inscindibilmente collegato agli atti clinici che lo precedono e che lo seguono.
Scopo del preventivo è dunque anche quello di tradurre in termini di efficienza quello che il piano di trattamento suggerisce in termini di efficacia. Esso risponde a domande del tipo: quante risorse economiche servono per eseguire il piano di trattamento? Quel peso economico è sostenibile per il paziente?
Per i nostri principi e valori può apparire controintuitivo in un primo tempo ma, in realtà, è frequente la rinuncia da parte del paziente a terapie più efficaci (come razionale terapeutico) in favore di altre più efficienti (come sostenibilità biologica e/o economica). In altri settori del mercato questo concetto è stato banalizzato nella vulgata comune con l’espressione rapporto qualità/prezzo, ma la sostanza è la stessa.
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Tirando le fila di questo discorso, in un contesto di organizzazione per processi dello studio dentistico (figura 1), il preventivo trova la sua collocazione naturale come indicato di seguito.
La mappa organizzativa di uno studio, per livelli di scomposizione crescenti, procede dalle macroaree fino ai singoli documenti di protocollo, passando attraverso i processi e le attività. Una proposta finalizzata a disaggregare la complessità organizzativa è la seguente (applicata nel nostro studio):
Le tre macroaree principali noi le identifichiamo nel modo seguente: Front Office, Back Office e Clinica:
Alla Macroarea Clinica, che qui ci interessa, fanno capo 4 processi fondamentali che assumono un andamento ciclico, in quanto legati tra di loro da un ordine di propedeuticità vincolante: Prima visita, Piano di cura, Terapia, Follow up.
Ognuno di questi processi ha attività in comune con molti altri, una di queste è il Preventivo.
In un sistema organizzato quasi tutte le attività di processo sono descritte da un protocollo e, in questo senso, il Preventivo non fa eccezione.
Anzi, nel caso specifico, i protocolli necessari a descrivere l’attività possono essere diversi in relazione alla natura contrattuale del rapporto tra medico e paziente. In uno studio dentistico che opera solo in forma diretta con il paziente, infatti, il preventivo può essere formulato anche in modalità unica. Laddove invece lo studio intrattenga rapporti di convenzione che intermediano contrattualmente il rapporto sarà necessario prevedere tanti protocolli di preventivo diversi quanti sono i rapporti convenzionali.
Al di là delle specifiche tecniche con cui un preventivo viene generato e delle modalità con cui viene condiviso o distribuito tra i vari attori coinvolti nel processo, esistono tuttavia degli elementi costanti che renderanno il documento finale omogeneo. Tra di essi, molto banalmente, ricordiamo:
Obiettivo del protocollo, in ogni caso, sarà quello di descrivere in modo semplice ma dettagliato le azioni da compiere per: redigere, presentare, discutere, modificare, integrare, sostituire, firmare, archiviare, conservare, consultare il documento sopra descritto. Lo farà con un linguaggio comprensibile a chiunque indicando anche i tempi e gli strumenti che si dovranno impiegare allo scopo. Indicherà infine le responsabilità specifiche dei soggetti coinvolti.
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Su questo punto riteniamo che valga la pena fare considerazioni più approfondite. Se infatti i dati salienti del preventivo sono assolti più o meno da tutti i colleghi, anche mediante l’impiego di automazioni digitali, l’ultimo viene troppo spesso (colpevolmente) trascurato.
Senza alcuna pretesa di obbligo legale ed al solo scopo di conseguire un livello organizzativo efficiente, riteniamo infatti che il preventivo debba ricomprendere i seguenti elementi:
Laddove lo si ritenga opportuno, allegata al preventivo potrebbe trovare luogo documentazione accessoria, come ad esempio:
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Solo chi si occupa attivamente di marketing capisce l’importanza che questa disciplina riveste in funzione del Preventivo.
Saranno infatti le strategie di marketing adottate dallo studio a definire il preventivo sia nella forma che nel contenuto. In buona sostanza tutto quello che abbiamo detto fino ad ora non vale nulla in assenza di un piano di marketing ben definito.
Partiamo dai numeri, che sono l’anima e la ragion d’essere del preventivo.
Il marketing è una disciplina molto vasta al cui interno sono ricompresi molti processi più o meno concatenati tra loro e con processi appartenenti ad aree diverse.
Basti dire, nel caso specifico, che il preventivo si nutre di tariffe che, se non sono state stabilite a caso, derivano dal Processo di Pricing, di competenza dell’area Marketing e Comunicazione. Al Pricing delle prestazioni in odontoiatria abbiamo dedicato un articolo apposito cui rimandiamo per completezza.
Il processo di Pricing, o meglio la scelta del metodo più corretto per la determinazione dei prezzi delle nostre prestazioni è funzione, a sua volta, dei fondamentali strategici dello studio, i quali, a loro volta, dipendono dai valori e dagli obiettivi del titolare.
Come si ripercorre la concatenazione di variabili in senso corretto per giungere alla formulazione di un preventivo che sia coerente in ogni sua componente? Semplice, in senso inverso a quello che abbiamo appena fatto.
Di seguito proponiamo la linea di ragionamento più funzionale allo scopo.
È inutile negare che il successo (economico finanziario) di uno studio dentistico dipenda esclusivamente dalla capacità dello studio di proporre preventivi di spesa che il paziente accetti. La capacità dello studio di sostenersi nel lungo periodo (con denaro proprio) deriva sia dalla percentuale di accettazione dei preventivi che dalla adeguatezza dei prezzi rispetto alla qualità delle prestazioni erogate e dei costi necessari a produrla.
Risulta così evidente il nesso di relazione tra qualità della prestazione, costi di produzione, tariffa applicata, mercato target, posizionamento e gradimento del paziente, in una sequenza logica nella quale ogni variabile dipende dalla precedente e tutte, in partenza, dipendono dalla vision, dalla mission e dai valori intorno ai quali lo studio è stato concepito e realizzato.
Crediamo che sul Marketing valga la pena di riflettere e di studiare molto anche in funzione del Preventivo inteso come variabile critica di successo dello studio oltreché come fulcro intorno al quale ruotano tutte le dinamiche organizzative, sia cliniche che extra cliniche.
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