L’accesso al regime forfettario da parte di un dentista comporta benefici così importanti da meritare una attenta disamina di tutti i casi possibili e una verifica individuale di eventuali porte d’accesso. Appare chiaro che il ricorso ad una Srl Odontoiatrica rappresenta lo strumento di elezione per l’accesso al regime agevolato a condizione che tutte le condizioni previste dalla norma siano assolte. In considerazione di un quadro normativo e interpretativo piuttosto complesso abbiamo elaborato una mappatura completa degli scenari più frequenti.
Le norme che riguardano il regime forfettario sono tra le più intricate, confuse e contraddittorie che il legislatore abbia emanato negli ultimi venti anni.
Si aggiunga che in questo stato confusionale si sono moltiplicati gli interpelli, le circolari, le interpretazioni autentiche ed i commenti più o meno autorevoli di giuristi, avvocati e commercialisti.
Proviamo a tirare le somme di tutto questo in un articolo scritto solo ed esclusivamente per i dentisti perchè riferito ad un ecosistema di regole particolari che riguardano solo questa fattispecie di professionista.
Un esempio su tutti è rappresentato dalla possibilità per il dentista di esercitare la professione in forma di impresa, la qual cosa è preclusa a quasi tutti gli altri professionisti e che apre alcuni spiragli importanti per accedere al regime forfettario.
Vediamo di seguito quali punti di passaggio sono rimasti aperti tra le maglie strette della legge.
La normativa di riferimento sul forfettario
Ai colleghi che leggono questo articolo raccomandiamo vivamente la lettura del nostro articolo precedente scritto nel 2019, subito dopo l’approvazione della Legge di Bilancio 2020.
Daremo per scontato che gli aspetti normativi siano chiari e completamente acquisiti, anche per evitare inutili ripetizioni.
In caso di necessità rinviamo anche alla pubblicazione del Sole24Ore dal titolo Codice delle interpretazioni – Regime dei Forfettari che, già dal titolo, chiarisce quanto materiale si sia stratificato sul tema in questi anni. E’ una raccolta esaustiva di tutti gli interpelli che si sono succeduti dal 2019 ad oggi ed è una fonte preziosa di informazioni.
Per comodità espositiva esaminiamo di seguito le varie tipologie di dentista oggi presenti sul mercato e vediamo che possibilità ci sono, per ciascuna di esse, di accedere al regime forfettario. Esaminiamo i vari profili per complessità organizzativa crescente.
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Il dentista consulente puro e il regime forfettario
Esaminiamo il caso di un dentista che operi sul mercato senza possedere uno studio proprio.
Il dentista consulente è un profilo professionale in continua evoluzione nel nostro Paese ed in crescita costante sul piano numerico. Attrae sempre di più i neolaureati e, per tristi motivi, anche i professionisti maturi di ritorno da esperienza diverse.
Il dentista consulente è il prototipo del professionista che può accedere al regime forfettario senza particolari limitazioni. Possiamo sinteticamente condensare le condizioni di accesso alle seguenti:
che sia residente in uno degli Stati membri della UE;
che i suoi ricavi siano inferiori ai 65.000 €;
che non abbia sostenuto costi per lavoratori dipendenti o simili superiori a 20.000 €.
Detto che il primo requisito è quasi sempre assolto e che il terzo non ha ragione di essere per chi opera in consulenza, si tratterà solo di rispettare il limite dei ricavi per accedere al regime forfettario.
Il problema, da superare, casomai, è che molto spesso i consulenti hanno ricavi (attenzione ricavi, non redditi) superiori al limite massimo di 65.000 €. Quindi si pone un primo quesito tra i tanti che andremo a porre:
esiste la possibilità di accedere al regime forfettario per un consulente che abbia ricavi superiori ai 65.000 €?
In linea teorica no, ma nella pratica si possono verificare le seguenti situazioni:
La prima possibilità è che una parte dei ricavi derivanti dall’attività svolta sia di competenza di una società terza rispetto alla posizione fiscale del consulente e che tale fattispecie non costituisca di per sé una causa ostativa prevista dal legislatore (ne parleremo in seguito). Pensiamo ad esempio ad una società di consulenza odontoiatrica (che abbiamo descritto in un altro articolo) affiancata ad una attività di consulenza diretta professionale.
La seconda possibilità è che una parte di ricavi non siano qualificabili come reddito professionale o che non siano qualificabili affatto come reddito. Un caso tipico è rappresentato, per esempio, dai rimborsi spese percepiti come amministratore di società (magari la stessa di cui sopra). Un altro è rappresentato dai redditi di capitale (tassati alla fonte con imposta sostitutiva al 26%) derivanti da società di cui il consulente sia socio, ossia i dividendi (idem). Un altro ancora è rappresentato dal reddito derivante dai diritti d’autore per opere d’ingegno come per esempio marchi, brevetti o produzione letteraria e scientifica.
La terza possibilità è che una parte dei compensi venga differita nel tempo attraverso strumenti a tassazione agevolata come per esempio il TFM dell’amministratore di società.
In tutti e tre i casi la costituzione di una Srl Odontoiatrica può costituire un valido aiuto.
Dentista tradizionale titolare di studio e forfettario
Il dentista titolare di studio professionale, nella sua forma tradizionale monocratica (ancora la più diffusa nel nostro Paese), è un lavoratore autonomo e qualifica abitualmente il proprio reddito come tale.
Questo tipo di contribuente ha diritto ad accedere al forfettario alle stesse condizioni del dentista consulente di cui sopra e sembrerebbe tutto molto semplice se non fosse per il fatto che il dentista medio ha costi di gestione altissimi, tra i quali il costo del personale è certamente quello più rilevante: quasi sempre superiore ai 20.000 € previsti dal legislatore come tetto massimo consentito.
Quand’anche il costo del personale fosse inferiore ai 20.000 € all’anno, rimarrebbe comunque un punto critico insuperabile, quello dei ricavi (ripetiamo, ricavi non reddito) che dovrebbero essere inferiori ai 65.000 €.
Il nodo dei ricavi merita qualche considerazione su cui il legislatore deve essersi perso, per ignoranza del modello di business nell’odontoiatria privata. Possiamo infatti dire che uno studio dentistico medio ha una marginalità reale lorda (al netto dei compensi per il titolare che lavora) che oscilla tra il 10 ed il 20% dei ricavi.
Avendo assunto il legislatore il ricavo come parametro con cui filtrare l’ingresso al regime forfettario da parte del professionista, di fatto ha escluso dal forfettario tutti i dentisti che hanno un risultato di esercizio superiore ai 6.500 – 13.000 € annui (a seconda della percentuale).
Poichè il professionista opera in regime di trasparenza fiscale, ipotizzando una percentuale di compenso personale nella misura del 30% sui ricavi, possiamo dire che sono stati esclusi dal regime forfettario tutti i dentisti il cui reddito sia superiore ai 26.000 – 32.500 €.
In considerazione dell’alto tasso di costi indeducibili a carico del professionista è lecito affermare che un reddito di 26.000 € avvicina parecchio il dentista alla soglia della povertà, anche ipotizzando un nucleo familiare di sole tre persone.
Eppure, con le regole correnti, egli si troverebbe escluso dal regime forfettario con effetti decisamente discriminatori rispetto la suo collega consulente, che a parità di ricavi produce marginalità sensibilmente superiori.
Per questa categoria di dentisti, al fine di consentire l’accesso al regime forfettario, rimangono solo due opzioni possibili:
chiudere lo studio e operare sul mercato come consulenti di altri dentisti, scaricando così tutti i costi sulla contabilità di qualcun altro e riportando i propri ricavi (fino a 65mila euro) molto vicini al proprio reddito (vd. paragrafo precedente);
spostare i ricavi su un soggetto giuridico diverso dalla propria persona ed estrarre dal bilancio di quel soggetto giuridico un compenso personale compatibile con il regime forfettario (vd. paragrafi successivi). Di fatto il risultato sarebbe identico al caso precedente con la differenza che invece di essere consulenti di terzi, si diventerebbe consulenti di una società in qualche modo riconducibile a se stessi.
Questa seconda opzione apre una serie infinita di considerazioni sulle cause ostative che vedremo in seguito parlando del dentista titolare di impresa, ma è bene ricordare che è una delle vie di accesso al regime forfettario pur tra mille condizioni da rispettare.
Intanto, per la seconda volta, arriviamo alla stessa conclusione: il ricorso ad una Srl Odontoiatrica (personale o no) è spesso l’unica soluzione per accedere al regime forfettario.
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Il dentista che partecipa allo studio associato
Per questa tipologia di dentista non è ammessa alcuna possibilità di entrare nel regime forfettario. La partecipazione ad una associazione professionale esclude tale possibilità tout court, indipendentemente da tutte le altre condizioni.
Il dentista imprenditore individuale nel regime forfettario
Il dentista imprenditore semplice è colui che opera professionalmente con la propria partita iva ma in virtù di una specifica complessità organizzativa, economica e finanziaria si qualifica anche come impresa individuale o impresa familiare.
A questi due profili abbiamo dedicato uno spazio apposito cui rimandiamo per brevità espositiva.
Qui non rimane altro da dire se non che il professionista imprenditore individuale accede al forfettario senza alcuna limitazione aggiuntiva e la sua posizione è identica a quella del titolare di studio tradizionale, rispetto al quale coglie però i vantaggi della appartenenza al mondo delle imprese: credito d’imposta per i beni strumentali 4.0, credito d’imposta per il mezzogiorno (bonus sud), credito d’imposta formazione 4.0, credito d’imposta per ricerca e sviluppo (almeno fino alla fine del 2022).
E’ invece tassativamente preclusa l’agevolazione per il dentista che partecipi ad una impresa familiare in quanto esplicitamente citate dal comma 57, art. 1, Legge 190/2014 (vd sotto).
Il dentista che partecipa ad una società di persone
In questo caso l’esclusione dal regime forfettario è assoluta.
Ricordiamo che ricadono nella fattispecie di società di persone tutte le Società di accomandita semplice (Sas), le Società in nome collettivo (Snc), le Società cooperative (Coop), più altri tipi di società meno frequenti come le Società tra professionisti di natura personale (StP).
Il caso della società semplice è diverso dal precedente e possiamo dire che la partecipazione del dentista a questo tipo di società non preclude, ipso facto, l’accesso al regime forfettario. Le preclusioni valide per le società di persone non trovano applicazione, infatti, nel caso di partecipazione in società semplici che producono redditi diversi da quelli di impresa o di lavoro autonomo. (vedi società immobiliare, ad esempio, che produce redditi fondiari, di partecipazione in altre società semplici, di capitale o redditi diversi).
Il dentista dunque che si avvale di una società semplice in una logica di gruppo o di holding, se non ricorrono altre condizioni ostative, non perde il diritto alla agevolazione.
Il dentista che partecipa a società di capitale e il regime forfettario
Veniamo al caso più complesso e controverso: il dentista che per qualsiasi ragione avesse optato di veicolare la propria attività professionale in forma di impresa per il tramite di una società di capitale. Come noto, tra di esse, la Srl Odontoiatrica rappresenta certamente il modello più diffuso, pertanto di seguito ci riferiremo implicitamente ad essa.
Partiamo dal riferimento normativo che alla lettera d, comma 57, art. 1, Legge 190/2014, prescrive che sono esclusi dal regime forfettario:
gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che […] controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata […] che esercitano attività economiche riconducibili (direttamente o indirettamente) a quelle svolte individualmente come impresa o arte/professione.
Come noto, la Srl Odontoiatrica dunque rappresenta una causa ostativa all’ingresso nel forfettario solo nel caso in cui le due condizioni appena richiamate (controllo della società + riconducibilità dell’attività) si manifestino contemporaneamente.
La mancanza o il venire meno di una sola delle due cause ostative permette dunque al dentista di accedere al regime agevolato. Proviamo dunque ad ipotizzare alcuni scenari nei quali le cause ostative non ricorrono per mancanza di una delle due:
il dentista non possiede quote societarie e non sono in corso contratti, accordi, patti parasociali o altre condizioni in grado di attestare un controllo diretto o indiretto della Srl Odontoiatrica (in questo caso anche se l’attività economica fosse riconducibile il fatto sarebbe irrilevante, cadendo la prima causa ostativa);
il dentista possiede quote societarie di minoranza, le rimanenti quote appartengano a soggetti diversi da parenti, affini e congiunti e non sono in corso contratti, accordi, patti parasociali o altre condizioni in grado di attestare un controllo diretto o indiretto della Srl Odontoiatrica (in questo caso anche se l’attività economica fosse riconducibile il fatto sarebbe irrilevante, cadendo la prima causa ostativa);
il dentista possiede quote societarie di maggioranza o altre condizioni di controllo, ma l’attività economica non è riconducibile (in questo caso il controllo diretto o indiretto sarebbe irrilevante in quanto cade la seconda causa ostativa).
Qui appare un nodo importante da sciogliere: cosa si intende per riconducibilità dell’attività economica della società a quella del dentista? Come si può dimostrare che tale riconducibilità sussiste o non sussiste?
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Il concetto di riconducibilità dell’attività economica
Per fortuna ci viene in soccorso la stessa Agenzia delle Entrate con la famosa Circolare n 9 del 10 aprile 2019 nella quale si dice che:
Al fine di individuare parametri di riferimento oggettivi, nell’ipotesi di attività esercitate dalla società a responsabilità limitata appartenenti di fatto alla medesima sezione ATECO di quella in cui sono classificabili le attività esercitate dalla persona fisica in regime forfetario, la riconducibilità diretta o indiretta delle due attività economiche esercitate si riterrà sussistente ogniqualvolta la persona fisica che usufruisce del regime forfetario effettui cessioni di beni o prestazioni di servizi tassabili con imposta sostitutiva alla società a responsabilità limitata direttamente o indirettamente controllata, la quale, a sua volta, deduce dalla propria base imponibile i correlativi componenti negativi di reddito.
In buona sostanza la riconducibilità è oggettiva (e quindi esclude dal forfettario) se ricorrono contemporaneamente tutti questi elementi:
il codice Ateco del dentista e quello della Srl Odontoiatrica sono “di fatto” identici (esempio tipico 86.23.00);
il dentista effettui cessione di beni e servizi alla Srl Odontoiatrica;
le prestazioni di cui sopra siano tassabili con imposta sostitutiva;
la Srl Odontoiatrica deduca tale costo dalla propria base imponibile.
L’assenza o il venire meno di una delle 4 condizioni sopra riportate, permette al dentista di accedere al regime forfettario se ricorrono le condizioni principali. Proviamo a simulare alcuni scenari percorribili dal dentista socio di Srl Odontoiatrica per essere ammesso al regime agevolato:
il dentista socio di Srl Odontoiatrica (indipendentemente dal fatto che ne detenga il controllo oppure no) non effettua affatto cessione di beni e di servizi di alcun tipo alla propria Srl, ma derivi il proprio reddito da attività svolte in favore di altri soggetti (anche l’odontoiatria);
il dentista socio di Srl Odontoiatrica (indipendentemente dal fatto che ne detenga il controllo oppure no) effettua cessione di beni e di servizi che non siano tassabili con imposta sostitutiva (per esempio i redditi fondiari);
il dentista socio di Srl Odontoiatrica (indipendentemente dal fatto che ne detenga il controllo oppure no) effettua cessione di beni e di servizi il cui valore non sia dedotto dalla società dalla propria base imponibile (indipendentemente dal fatto che siano tassabili con imposta sostitutiva oppure no).
Il tenore letterale della norma lascerebbe aperta pure una quarta clamorosa ipotesi: il dentista, pur titolare di Srl Odontoiatrica con quote di controllo, pur effettuando prestazioni professionali in favore della stessa (quindi riconducibili) e pur ricevendone un compenso imponibile ai fini Irpef inferiore a 65.000 €, non essendo tale compenso tassabile con imposta sostitutiva nell’anno in cui lo percepisce, potrebbe accedere al regime forfettario con frequenza almeno alternata di anno in anno.
Conclusioni
E’ molto probabile che in un futuro prossimo il legislatore ritorni sul tema e riordini completamente la materia.
Nel frattempo sembra di poter dire che è stato fatto di tutto per consentire al dentista di entrare nel regime forfettario, soprattutto quando tale dentista veicola la propria attività attraverso una Srl Odontoiatrica.
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Medico Chirurgo, Odontoiatra, Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Specialista in Ortognatodonzia.
Socio Fondatore, Amministratore Unico e Direttore Sanitario di Dental Care srl. Managing Partner di Studio Associato Vassura.
Owner del Blog www.dentistamanager.it
Il regime ordinario, anche in caso di partecipazione di controllo a srl odontoiatrica, è consentito se l’attività svolta dalla società stessa non è riconducibile a quella personale. E’ il caso descritto in fondo all’articolo. Per esempio, se il tuo reddito provenisse da consulenze esterne alla società, potresti rientrare nel forfettario anche in caso di controllo (diretto o indiretto). Per ogni dubbio consulta il tuo commercialista di fiducia o un avvocato tributarista.
Buongiorno,
Sono socio al 10% di una Stp gestita al 70% da mio padre. Domando se -visto il grado di parentela diretta che mi lega con il socio di maggioranza- esista una la possibilità di passare dal regime ordinario al regime forfettario essendo il mio reddito inferiore ai 65.000€.
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2 Commenti
Il regime ordinario, anche in caso di partecipazione di controllo a srl odontoiatrica, è consentito se l’attività svolta dalla società stessa non è riconducibile a quella personale. E’ il caso descritto in fondo all’articolo. Per esempio, se il tuo reddito provenisse da consulenze esterne alla società, potresti rientrare nel forfettario anche in caso di controllo (diretto o indiretto). Per ogni dubbio consulta il tuo commercialista di fiducia o un avvocato tributarista.
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