Il primato dell’Economia sulla Finanza e quello del Dentista sul Manager
Il dentista comune prova una insanabile diffidenza verso la finanza ed i suoi strumenti, almeno quanto è naturalmente incline ad apprezzare la natura economica della professione e dello studio odontoiatrico in particolare. Forse perchè nella sua doppia anima di Dentista Manager la prima declinazione prevale nettamente sulla seconda. Abbiamo provato a descrivere questo concetto in un articolo che è rivolto ai colleghi, ma con la manifesta speranza che siano gli economisti veri a leggerlo.
Economia, Finanza e Fisco sono i tre pilastri su cui si gioca la partita del successo (materiale) di uno studio dentistico, come accade per qualsiasi altro tipo di impresa. Al tema del Fisco abbiamo dedicato innumerevoli contributi in questi anni, mentre gli altri due sono stati colpevolmente trascurati.
Dentisti di campagna non dovrebbero permettersi di affrontare un tema come quello della contrapposizione tra Economia e Finanza, ma allo stesso tempo sentiamo di non poterci sottrarre.
Dopo la pubblicazione di alcuni articoli su temi economici, abbiamo ricevuto apprezzamenti e critiche in eguale misura. Queste ultime sono state piuttosto salutari, non solo perchè costruttive, ma soprattutto perchè ci hanno costretto a riflettere su questioni che avevamo completamente trascurato.
È stata l’occasione per addentrarci in un tema nuovo, quello della contrapposizione tra economia e finanza in odontoiatria e conseguentemente della contrapposizione tra dentista e manager, ovvero le nostre due anime da molti anni.
Lo faremo partendo da un concetto in controtendenza nel nostro ambiente: sotto un profilo strettamente extra clinico, uno Studio è una attività di impresa vera e propria, con un proprio ciclo produttivo.
Tale ciclo produttivo ha delle caratteristiche peculiari che lo differenziano da tutti gli altri ma può essere facilmente descritto con alcune inevitabili semplificazioni.
Proviamo a farlo insieme.
Il ciclo produttivo di uno studio dentistico
La produzione di uno Studio dentistico inizia quando il primo paziente varca la soglia d’ingresso per eseguire una prestazione e poi effettivamente la esegue. Solo in quel momento i flussi economici in uscita (costi effettivamente già sostenuti) cominciano ad essere compensati da flussi economici in entrata (il corrispettivo tariffario che il paziente effettivamente paga).
In questo contesto di economia pura si realizza un provvisorio bilancio di cassa (cash flow) che solitamente è negativo all’inizio (i costi sono superiori ai ricavi) e poi, in un tempo più o meno lungo, tende ad equilibrarsi portandosi verso lo zero (mano a mano che i ricavi bilanciano i costi).
La speranza di ogni dentista è che, dopo un altro periodo di tempo più o meno lungo, il cash flow tenda ad assumere un segno positivo. Quando il cash flow sarà positivo significherà, banalmente, che il volume dei flussi in entrata avrà superato quello dei flussi in uscita (e non che abbiamo raggiunto il BEP).
Lo stato di salute economica dello Studio sarà più o meno buono a seconda:
del valore che assume il cash flow positivo in un dato momento, a parità di prestazioni eseguite;
del tempo che impiega il cash flow a passare dal segno meno al segno più.
Le cose però non sono così semplici perché il ciclo economico, nella realtà, non è mai puro come lo abbiamo descritto. Il ciclo economico di un dentista lo è ancora di meno. Proviamo a fare un esempio.
Se io colgo delle more selvatiche e poi le vendo ai passanti realizzo un ciclo economico puro (o quasi). Se invece colgo una mela da un albero che ho dovuto piantare un anno prima e poi farlo crescere, nel momento in cui colgo la mela per venderla, ho realizzato un ciclo economico impuro perchè ho dovuto finanziare la mia attività un anno prima di ottenere dei ricavi. Diciamo, per semplificare, che ho dovuto ricorrere a denaro che non proviene affatto dalla mia attività per consentire all’attività stessa di nascere.
Il ricorso a denaroesterno (con il concetto associato di costo del denaro) esemplifica chiaramente la differenza tra economia e finanza anche all’interno di uno Studio dentistico. E’ molto frequente che un dentista sia costretto a ricorrere alla finanza per avviare l’economia, soprattutto in fase di start up. Ma succede, molto spesso, anche nelle fasi più mature di uno Studio dentistico, per esempio nei casi in cui si vogliano fare investimenti tecnologici o strutturali per ammodernarlo, ingrandirlo e renderlo più competitivo: scanner, tac, cad cam, laser, microscopio, etc.
E siamo arrivati al punto in questione: perchè le nostre analisi sono puramente economiche se quasi sempre la finanza ha un ruolo importante in queste situazioni? Perché in questo libro ci occupiamo maggiormente della produzione (economia) invece che della cassa (finanza), se è vero che la cassa è così importante?
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Odontoiatria e professione tra economia e finanza
In un mondo ideale, qualunque imprenditore preferirebbe condurre la propria attività produttiva secondo un modello economico puro. In questo modello i flussi di denaro in entrata (per noi quello che i pazienti pagano) sono sufficienti a coprire tutti i flussi di denaro in uscita (costi fissi e costi variabili).
Non solo.
Ogni imprenditore (ogni dentista) vorrebbe anche che il cash inflow fosse superiore al cash outflow: in tal modo si realizzerebbe un avanzo positivo di cassa che andrebbe a rappresentare l’EBIT, ovvero il premio economico che ci gratifica sul piano imprenditoriale per il rischio che corriamo e ci compensa del nostro lavoro.
Uno Studio dentistico economicamente sano si distingue proprio per questa caratteristica: non ha bisogno di ricorrere a finanziamenti esterni per poter sopravvivere e quindi realizza quella condizione che si chiama autosufficienza finanziaria o autofinanziamento. Le due grandi differenze tra uno Studio che si autofinanzia ed uno che è costretto a ricorrere ai finanziamenti esterni sono queste:
Sui finanziamenti esterni si paga a terzi un tasso di interesse reale che incide negativamente sulla cassa e che talvolta tende ad alimentare il ricorso ad ulteriori finanziamenti in una spirale economico-finanziaria negativa (mentre nell’autofinanziamento l’interesse è solo figurativo).
Quando si ricorre a finanziamenti esterni la sequenza dei flussi di cassa si inverte: prima si contraggono debiti certi e poi si generano incassi incerti.
Per queste due ragioni, fondamentalmente, gli Studi dentistici che ricorrono ai finanziamenti esterni come strategia operativa di base sono molto più a rischio degli altri. Detto che nelle fasi di start up professionale il ricorso a finanziamenti è quasi inevitabile, bisognerebbe ricordarsi quanto segue: il primo obiettivo di uno Studio dovrebbe essere quello di raggiungere condizioni di economicità interne tali da rendere NON necessario il ricorso a finanziamenti esterni per lo svolgimento delle proprie attività ordinarie e straordinarie.
In tutti i casi focalizziamoci sempre su un punto: il ricorso a strumenti finanziari, per un professionista sanitario, potrebbe rendersi necessario e perciò inevitabile. In questa luce la leva finanziaria non è altro che un catalizzatore di impresa: una impresa che poi però deve perseguire e raggiungere le condizioni di autosufficienza economica sopra descritte, in un tempo sufficientemente breve da consentire di pagare il debito senza doverne contrarre un altro.
Con questo arriviamo dritti dritti al tema del Controllo di Gestione.
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Quando la Finanza prevale sull’Economia
Ci sono due situazioni, molto diverse tra loro, in cui però la finanza prevale sulla economia:
La prima, come ampiamente detto, si verifica quando l’economia di base dell’impresa non è sana e dunque il ricorso alla finanza è inevitabile (nella speranza che non tenda ad auto perpetuarsi in una spirale negativa di progressivo indebitamento).
La seconda è quella in cui la strategia di business è deliberatamente di natura finanziaria già in partenza. In questo caso l’interesse preminente dell’imprenditore non è rivolto tanto all’oggetto di produzione quanto piuttosto alle opportunità economiche che tale oggetto può offrire. L’oggetto anzi rappresenta solamente il pretesto con cui si innesca il ciclo economico-finanziario. Questa pratica è perfettamente lecita, legittima e spesso anche molto remunerativa ed infatti ha un nome preciso: speculazione. E’ la pratica attuata dall’imprenditoria pura in sanità. Il fatto che quella imprenditoria non si occupi di carpenteria metallica è puramente casuale.
Proviamo a fare degli esempi concreti dal mondo reale dell’odontoiatria per capirci meglio.
Se affronto il tema da una prospettiva professionale e cioè come dentista, la mia decisione di acquistare un sistema cad-cam deriva prima da ragioni cliniche e solo dopo ricerco nei ragionamenti economici un sostegno numerico del mio progetto. In questo caso: prima avrò deciso che un sistema a controllo numerico è più preciso di uno analogico, prima avrò deciso che una sola seduta clinica è migliore per il paziente rispetto alle 3 o 4 sedute tradizionali, prima avrò verificato che la qualità degli output sarà almeno paragonabile a quella del laboratorio tradizionale, e solo dopo cercherò di capire se l’operazione si chiuderà in attivo o con una perdita, cercherò di stimare l’entità di entrambe e, se possibile, anche i tempi dell’eventuale ROI (Ritorno sull’investimento).
Ancora un esempio.
Se affronto il tema del microscopio operatorio, il mio primo interesse è la qualità della prestazione che erogo al paziente. La decisione se dotarmi di questo strumento è prima clinica, dopo economico-finanziaria. Questo caso particolare esprime molto bene il concetto delle prospettive e delle priorità diverse tra un dentista ed un manager, dal momento che il microscopio non serve ad aumentare la produzione né ad abbattere i costi, ma per lo più ha il solo scopo di migliorare l’output delle prestazioni a beneficio del paziente. Per chiarire bene questa apparente contrapposizione tra etica e profitto abbiamo appositamente creato l’espressione piramide deontologica (mutuandola dalla ben più nota piramide dell’evidenza scientifica), cui rimandiamo per completezza nel capitolo successivo.
Ora proviamo a sintetizzare il concetto polarizzando i possibili atteggiamenti in tre tipologie:
Atteggiamento del professionista puro: valuta le scelte solo su base clinica e quindi elabora strategie solo ed esclusivamente in funzione del beneficio che può portare al paziente. Questo atteggiamento è deontologicamente impeccabile ma sconta una ingenuità imprenditoriale di fondo: se la strategia è economicamente perdente, nel lungo periodo non potrò più erogare prestazioni di qualità ai miei pazienti perché sarò fallito.
Atteggiamento del manager puro: valuta le scelte solo su base economico-finanziaria e quindi elabora strategie solo ed esclusivamente in funzione del profitto. Questo atteggiamento è deontologicamente corretto e giuridicamente obbligato, ma rischia di tradire la natura sostanziale del prodotto venduto e contravvenire alle sue logiche vincenti nel lungo periodo (l’erogazione di prestazioni di qualità).
Atteggiamento del professionista-manager: valuta le scelte prima su base clinica e deontologica e poi verifica se le strategie elaborate sono economicamente sostenibili o se richiedono l’intervento di una leva finanziaria. Questo atteggiamento è deontologicamente corretto e strategicamente vincente perchè contempera le legittime aspettative del paziente e le necessità di gestione dello Studio-impresa.
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Economia, finanza e speculazione
Crediamo di aver esaustivamente chiarito quali sono le ragioni che inducono un dentista (o un medico in generale) ad effettuare degli investimenti. Quindi è chiaro perchè un dentista decida, per esempio, di acquistare uno scanner o di adottare una certa procedura piuttosto che un’altra. Il calcolo economico è solo un rafforzativo di una decisione assunta per altri motivi.
A questo punto dobbiamo affrontare la critica dell’economista vero o del manager puro: perchè non approfondire meglio e fin da subito il tema finanziario? Perchè non parlare di Ritorno dell’investimento? Perchè non introdurre i concetti di Costo Opportunità o di Attualizzazione dei flussi di cassa (Van)?
Le ragioni sono due e sono entrambe figlie del concetto espresso sopra:
L’economista (o il manager puro) è abituato a valutare l’opportunità di un investimento attraverso il suo ROI e confrontando tale investimento con uno analogo. Egli sceglierà tra i due quello che comporta un rischio inferiore oppure un rendimento finanziario migliore. Il dentista no: l’unica cosa che per lui è importante è sapere che quell’investimento produrrà un innalzamento del suo livello professionale e che non lo porterà al fallimento. Dopodiché ne sosterrà i costi anche se dovesse risultare economicamente svantaggioso o comportare delle perdite temporanee.
L’unico periodo rilevante per il dentista è quello iniziale in cui il costo dell’investimento non è ancora stato completamente ammortizzato, ovvero il periodo che l’economista (o manager puro) chiamerebbe fase di impianto. Per l’economista (o il manager puro) l’investimento risulterà conveniente solo se il TIR è più alto del costo-opportunità del capitale, e cioè di quel rendimento che potrebbe ottenere investendo lo stesso denaro in un investimento finanziario con rischio paragonabile a quello dell’investimento in questione. Per un medico non esisteranno mai valutazioni finanziarie idonee a giustificare un investimento: per un medico ogni investimento deve essere prima clinicamente rilevante per il paziente e poi solo e semplicemente economicamente sostenibile.
Anche il fattore tempo ha rilevanza diversa per il Dentista e per il Manager. Il manager puro si domanderà su quali investimenti allocare le proprie risorse economiche in funzione del tempo che ciascuno di essi ci metterà a rientrare dei costi. Il dentista manager non mette in competizione due investimenti tra loro, vuole solo sapere quanto ci metterà a rientrare dell’investimento fatto. Il dentista puro investe e basta nell’interesse del suo paziente (poi al massimo incrocia le dita e spera).
Crediamo che la posizione intermedia sia quella più equilibrata, deontologicamente corretta in ambito sanitario e meno rischiosa in economia.
Il dentista (manager o non manager), in poche parole, non specula.
Se finanzia gli investimenti più onerosi con capitale esterno e cioè con i debiti lo fa solo perché ciò si rende utile dal punto di vista finanziario e cioè perché non intacca in misura rilevante e in unica soluzione la cassa. Indipendentemente dal layout giuridico con il quale si opera, è buona norma correlare temporalmente i fabbisogni di capitale con le forme di finanziamento.
Quindi investimenti che richiedono certi esborsi di cassa sono più correttamente finanziabili con debiti a medio e lungo termine (mutui, finanziamenti, leasing) perché questi permettono di spalmare i relativi esborsi in un tempo più lungo invece che in unica soluzione e quindi di preservare la cassa. Tutto questo vale persino se il saldo attuale di quella cassa permettesse agevolmente di coprire l’esborso in unica soluzione e quindi anche nel caso in cui il dentista disponesse largamente delle somme utili per realizzare l’investimento.
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Medico Chirurgo, Odontoiatra, Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Specialista in Ortognatodonzia.
Socio Fondatore, Amministratore Unico e Direttore Sanitario di Dental Care srl. Managing Partner di Studio Associato Vassura.
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