Quando i dentisti discutono tra loro di etica e di profitto assistiamo regolarmente allo scontro tra due fazioni: da una parte la pretesa superiorità morale di chi pensa che il fatturato sia la negazione della deontologia; dall’altra chi ritiene che, alla fine, si lavora per guadagnare, fare impresa, generare ricchezza per noi e per gli altri. Eppure le cose non stanno solo così, basta volerlo. In odontoiatria può esistere un modello strategico di perfetta sintesi tra etica e profitto, tra fatturato e deontologia, tra necessità di bilancio e qualità delle prestazioni. E sarà proprio questo il modello vincente dei prossimi decenni. Gli esempi sono già tra noi.
La piramide deontologica è una rappresentazione grafica delle priorità che il dentista dovrebbe porsi nel proporre le cure ai propri pazienti: una dichiarazione di intenti e, insieme, di obiettivi da raggiungere.
L’idea di questa rappresentazione mi è nata nel corso di continui e faticosi conflitti non con i pazienti, bensì con i colleghi. La mia costante propensione a trattare temi relativi al profitto, infatti, genera in molti colleghi l’ingiustificato timore che parlare di guadagno personale sia in qualche modo antitetico all’interesse principale del paziente, che si reca da noi per ricevere cure.
Questo timore non è solo ingiustificato, ma addirittura errato. Anzi, posso sostenere con validi argomenti che la realtà è opposta: non solo profitto ed etica non devono essere contrapposti (e non lo sono affatto), ma sono addirittura coincidenti se si rispettano le regole.
Nel caso dell’odontoiatria privata l’etica e la deontologia sono condizioni necessarie (ma non sufficienti!) per il profitto, così come il profitto è condizione necessaria (ma non sufficiente) per svolgere una professione eticamente e deontologicamente corretta.
Fuori da questo schema logico esistono solo situazioni aberranti accettabili solamente nell’ambito della grande distribuzione odontoiatrica, all’interno del sistema sanitario nazionale oppure nei rari circoli dell’odontoiatria d’élite, retaggio di rendite di posizione in via di estinzione.
Per il dentista comune (professionista, artigiano ed imprenditore) la via maestra è quella di seguito descritta nella quasi totalità dei casi.
Al vertice della piramide deontologica si trova l’obiettivo principale di ogni medico o di ogni dentista: il conseguimento del maggior interesse possibile, in termini di salute, per il paziente.
Posto che il paziente si reca da noi per un bisogno, il nostro obbligo nei suoi confronti può ritenersi concluso quando tale bisogno sia stato soddisfatto.
Sembrerebbe tutto molto semplice: ma in realtà le cose sono più complicate di così. L’efficacia di una cura, infatti,si accompagna ad una serie nutrita di variabili di contesto, come per esempio: la durata della cura, il dolore che genera o il disagio relazionale che può comportare.
Tutti noi sappiamo come si tratta una carie e come questo bisogno di salute può considerarsi concluso attraverso la cura più indicata in quello specifico caso (per esempio una otturazione o ad un restauro protesico). Lo stesso vale per un ottavo incluso dolente (che può essere trattato con una estrazione o con un antibiotico), oppure per una malocclusione (che potrebbe richiedere un trattamento ortodontico o protesico o entrambi).
Ma tutti noi sappiamo anche che c’è differenza tra una otturazione con o senza diga, una estrazione con o senza anestesia, un trattamento ortodontico che duri sei mesi o quattro anni. Per questo motivo la comunità professionale accanto al concetto di efficacia della cura ha sentito il bisogno di affiancare quello di efficienza.
E qui veniamo al secondo livello della piramide deontologica.
Il secondo livello della piramide deontologica è dunque rappresentato dal comfort del paziente, nella sua accezione più allargata ed inclusiva.
Il comfort, o meglio il discomfort, del paziente è rappresentato dal prezzo biologico e relazionale che il paziente deve pagare per ottenere la cura richiesta. E’ evidente che a parità di risultato o meglio, per risultati clinici sovrapponibili, la correzione di una classe II dentale ha un costo diverso per il paziente se ottenuta mediante trattamento ortodontico puro oppure grazie ad una correzione chirurgica.
A margine di esempi così clamorosi ce ne sono altri (e numerosissimi) spesso sottostimati, per esempio: il numero di sedute cliniche necessarie per ottenere un restauro protesico, il dolore conseguente ad un rimodellamento osseo, la necessità di sottoporsi a radiazioni ionizzanti prima di effettuare una estrazione, la necessità di portare brackets vestibolari o linguali per allineare i denti con le relative conseguenze in termini di visibilità, dolore ed igiene.
Possiamo dire che tra due soluzioni diverse allo stesso bisogno di salute, sarebbe opportuno offrire al paziente quella che per lui ha un minor costo in termini di comfort (dolore, comodità, relazione, tempo, ecc).
Per esempio una corona effettuata con tecnica analogica (impronte e laboratorio) potrebbe offrire al paziente lo stesso risultato anatomico e funzionale di una realizzata con tecnica digitale (scanner e fresatrice chair side), ma con costi decisamente superiori in termini di comfort.
Il secondo livello della piramide, tuttavia, non esaurisce l’esame delle variabili che intervengono in una cura e nel rapporto professionale medico paziente.
Quindi introduciamo anche il concetto di estetica.
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Il terzo livello della piramide deontologica ci dice che a parità di risultato clinico e di comfort per il paziente, dovrebbero essere proposte quelle prestazioni da cui egli possa trarre il maggior beneficio in termini estetici.
Per quanto l’estetica del viso o di un sorriso siano elementi soggettivi esistono comunque canoni di valutazione condivisi e riconosciuti che ci consentono di esprimere giudizi di valore. In mancanza di questi il giudizio estetico dovrebbe essere rimesso al paziente che riceve le cure.
La correzione chirurgica di una classe III scheletrica, per esempio, solitamente sortisce risultati estetici migliori di un trattamento ortopedico ed in tempi molto più rapidi. In questo caso il discomfort e l’impatto estetico di una maschera di Delaire indossata per molti anni cui si aggiunge un rischio di insuccesso superiore, dovrebbe essere confrontato con il discomfort di un intervento chirurgico che si esaurisce nell’arco di poche ore cui si aggiunge la maggiore probabilità di una correzione estetica del profilo del viso.
Rimanendo in ambito ortodontico, la correzione di una classe II mediante estrazione di due premolari superiori potrebbe dare gli stessi risultati anatomici e funzionali di una distalizzazione completa dell’arcata superiore, con il vantaggio di tempi di trattamento più brevi ma lo svantaggio di risultati estetici peggiori.
Infine un trattamento ortodontico con apparecchio fisso vestibolare potrebbe avere la stessa efficienza di un trattamento con allineatori trasparenti ma avere un impatto estetico decisamente peggiore durante tutto il periodo di cura.
Avvicinandoci alla base della piramide, cominciamo ad entrare nell’ambito economico dando sempre la priorità agli interessi del paziente.
Ritengo che sia eticamente sostenibile introdurre anche il concetto del risparmio del paziente nell’elenco delle priorità. Il risparmio del paziente rappresenta sul piano economico quello che il confort rappresenta sul piano biologico e psicologico.
A parità di efficacia, di comfort e di estetica finale, il dentista dovrebbe proporre sempre la soluzione che consente al paziente di sostenere il minor carico economico possibile.
In odontoiatria sono molti i casi in cui la soluzione di uno stesso problema di salute può passare attraverso tecniche diverse, materiali diversi o anche procedure cliniche diverse. Fatti salvi gli impegni assunti nei primi tre livelli, quasi sempre tali scelte conducono il paziente verso preventivi di spesa differenti tra loro (talora molto differenti).
Sono paradigmatici, in questo senso, i casi dei trattamenti multidisciplinari oppure le riabilitazioni protesiche complesse che coinvolgono una intera arcata od il cavo orale nella sua totalità.
Meglio un circolare su elementi naturali o il posizionamento di impianti? Meglio un apparecchio fisso linguale o uno che impiega allineatori trasparenti? Meglio una terapia parodontale prolungata affiancata da conservativa ed endodonzia oppure una bonifica completa seguita da protesizzazione (e quale protesizzazione: fissa o mobile)? Meglio un trattamento ortodontico in due fasi oppure in una fase sola con un solo apparecchio?
Ebbene, in molti di questi casi le scelte vengono fatte molto prima di pervenire al quarto livello della piramide, ma ci sono casi residuali, nei quali il prezzo economico che il paziente paga per ottenere le cure deve rappresentare la variabile critica di scelta anche per il dentista.
Ora, finalmente, siamo arrivati al punto che ci interessa maggiormente in questo Blog. La speranza è che questa lunghissima premessa ci permetta di sdoganare con assoluta dignità anche l’ultimo livello della piramide, senza incorrere nei sospetti maliziosi dei colleghi più integralisti.
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Introduco il quinto livello della piramide con una domanda provocatoria, visto che siamo alla base.
Quando ci siamo preoccupati di aver mirato al massimo interesse possibile del paziente in termini di salute, confort, estetica e risparmio, è dunque lecito optare per la soluzione terapeutica che reca il maggiore profitto per il mio studio dentistico?
Mi piace rispondere alla domanda con le parole del premio Nobel per l’economia Milton Friedman che nel 1970, sulle pagine del New York Times Magazine scrisse una frase storica:
La responsabilità sociale delle imprese consiste nell’aumentare i profitti, a patto che esse rimangano all’interno delle regole del gioco.
In sostanza non solo è lecito impiegare la ricerca del profitto come criterio di scelta terapeutica (a parità di beneficio complessivo per il paziente), ma addirittura è etico. Al contrario sarebbe immorale per il dentista non perseguire il maggior profitto possibile per lo studio, laddove questo fosse possibile senza trasgredire le regole deontologiche precedenti.
La struttura della piramide esprime bene il concetto, non solo geometrico ma anche economico, del profitto di studio come base portante di tutte le altre scelte che per impostazione ideologica noi tutti consideriamo prioritarie.
Il concetto è importante e deve essere sottolineato:
non saremmo neppure in grado di offrire ai nostri pazienti le soluzioni più adatte ed eticamente corrette a soddisfare i loro bisogni di salute.
E’ con il profitto del nostro studio che noi ci aggiorniamo, acquistiamo tecnologia ed apparecchiature, formiamo personale qualificato, assicuriamo standard igienici e di sicurezza di alto livello, acquisiamo skills di eccellenza, per poter fornire ai nostri pazienti la possibilità di scelta che stanno cercando.
Uno studio dentistico che non produce profitti è uno studio che non potrà garantire per troppo tempo prestazioni di eccellenza ai propri pazienti, contravvenendo in quest modo agli impegni che si assume nei primi quattro livelli della piramide.
Questo non è etico.
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