In questo articolo la Finanza si prende la propria rivincita, rivendicando un ruolo chiave nella gestione dello studio dentistico inteso come impresa a tutto tondo. Vediamo insieme quali sono gli strumenti finanziari più utili (e utilizzabili per un semplice dentista) nella gestione ordinaria e straordinaria della propria attività.
In questi giorni sul web si è fatto un gran parlare di Economia e di Finanza negli studi dentistici, soprattutto dopo la pubblicazione su questo stesso Blog di un articolo dal titolo provocatorio circa il presunto primato della prima sulla seconda.
Forse siamo dunque pronti per alzare il tiro della discussione e introdurre nuovi approcci e nuove conoscenze, come quelli dei metodi di valutazione finanziaria.
Non è facile. Non a caso Finanza aziendale è una di quelle materie che fanno tremare le vene e i polsi a gli studenti della Facoltà di Economia, esami che si fanno all’ultimo anno e che ricordo ancora con un certo terrore.
Devo dunque fare ogni sforzo possibile per esporre ad un pubblico di odontoiatri almeno i rudimenti di questi metodi e farvi capire anzitutto il senso dell’analisi finanziaria, visto che le formule una volta inserite in un foglio di calcolo poi le potete agevolmente calcolare da soli.
Dobbiamo per forza partire dall’inizio e cioè da conoscenze di base di matematica finanziaria e in particolare del regime dell’interesse composto.
Partiamo da un caso semplice.
Presto una somma ad una persona per n anni al tasso del 3%. Questa dovrà dunque restituire l’intero capitale più interessi maturati alla fine di questo periodo di n anni. Quanto costerà a questa persona l’interesse?
La risposta giusta non è 103 e neanche 100 + (3% per n anni).
Perché per convenzione, quando superiamo l’anno, non possiamo più fare i conti con il regime dell’interesse semplice.
Per un motivo evidente: al secondo anno il debitore pagherà un interesse del 3% non più su 100 ma su 103. Il che significa, banalmente, che ogni anno l’interesse si paga non più sul capitale iniziale ma sul capitale iniziale aumentato dell’interesse già maturato nell’anno o negli anni precedenti.
Per questo lo chiamiamo regime dell’interesse composto.
Vista la questione da un altro punto di vista, si può concludere che la stessa somma investita non rimane ferma nel tempo: 100 euro di oggi non sono in termini di finanza uguali a 100 euro fra un anno; tenere i soldi fermi ha un costo.
Se ipotizzo che questo costo sia pari al 3%, 100 euro al 31/12 di quest’anno, equivalgono a 97 euro il 1 gennaio dell’anno prossimo.
Qualcosa del genere si può concepire quando ragioniamo su esempi più complessi, per esempio, quando abbiamo distribuzioni di flussi di finanza più complicati di quello descritto, che prevedono un flusso relativo a un capitale iniziale e un secondo flusso relativo ad un capitale finale.
Prendete ad esempio il mutuo che avete stipulato per comprarvi la casa.
Vi prestano un capitale e voi lo restituite con un piano rateale di 15 o 20 anni, con n rate mensili o semestrali a seconda dei casi.
Nella sua forma più semplice, tale ammortamento prevede una rata fissa (cosiddetto metodo francese). Quella rata fissa è fatta da una quota capitale che cresce nel tempo e da una quota interessi che decresce nel tempo. Esiste una formula matematica che permette, tenendo ferma la rata, di pagare, nel regime dell’interesse composto, i relativi interessi che sono ben più alti – provate a farvi i conti – della banale moltiplicazione del tasso di interesse nominale per gli anni in cui dura il piano di ammortamento.
Un esempio ancora più complesso lo abbiamo quando ipotizziamo una serie di flussi in entrata e in uscita. Anche in questo caso esiste una formula che ci permette di riportare, in termini di finanza, indietro e avanti nel tempo questi flussi di cassa.
Perché vi dico questo?
Perché dal punto di vista della finanza un insieme di flussi di cassa in entrata e in uscita non sono nient’altro che la manifestazione finanziaria di un investimento. Ad esempio, quello che effettuate quando acquistate una tac o il microscopio.
Questa visuale aggiunge elementi di valutazione del tutto peculiari rispetto a quelli meramente contabili cui siete abituati, perché Vi permette di valutare quei flussi non tanto nella loro dimensione quantitativa e atemporale, ma in una dimensione finanziaria, cioè quella che non considera uguale la stessa somma se la stessa somma viene incassata o pagata in momenti diversi.
Ma soprattutto perché Vi permette di effettuare una valutazione di convenienza molto più precisa di quell’investimento.
Ipotizziamo, per capirci, di valutare l’acquisto di un microscopio utilizzando risorse proprie.
Avremo un esborso iniziale di x euro (ad esempio 50.000) e una serie di flussi in entrata (nuovi e maggiori incassi legati all’utilizzo nei confronti dei miei pazienti di quello strumento) e in uscita (spese di manutenzione e riparazione, etc).
Ipotizziamo di essere in grado di stimare con una certa precisione questi flussi e anche di sapere quando sosterrò tali spese e incasserò tali ricavi.
Andiamo per gradi e vedrete che mi capite con poco sforzo.
Ogni imprenditore, prima di investire i suoi soldi in una qualsiasi nuova attività, dovrebbe anzitutto porsi una questione di fondamentale importanza: l’elemento “tempo” ha una rilevanza cruciale in qualsiasi decisione di investimento, poiché è diverso sapere che i soldi investiti “rientreranno” in tre/quattro anni, oppure in dieci.
Ma questo è solo un primo livello di conoscenza del fattore tempo.
La vita di un qualsiasi investimento si può dividere in due fasi:
E’ il primo calcolo che facciamo quando dobbiamo valutare se è il caso di tirare fuori i soldi!
Il secondo punto di vista da cui osservare un progetto di investimento riguarda la fattibilità finanziaria che riguarda la possibilità di potere finanziare una determinata idea di business.
E per valutare questa possibilità, non è indifferente sapere quando entrano e escono i soldi.
Ebbene, questo secondo e fondamentale aspetto può essere indagato solo con i metodi finanziari.
Queste valutazioni mi permetteranno, ad esempio, di scegliere tra due investimenti alternativi con una diversa distribuzione di flussi finanziari e uguale rendimento, quello che mi permette di rientrare in meno tempo o ancora quello che è più adatto alle mie concrete possibilità di sincronizzare le relative uscite con le mie entrate (con risorse proprie e o prese a prestito).
Ma la finanza mi permetterà anche di fare delle valutazioni sulla convenienza di tale investimento, molto più precise e oggettive di quelle conseguenti ai metodi contabili (come quello del ROI).
Una volta costruita la distribuzione temporale di tali flussi in entrata e in uscita, potrò infatti agevolmente calcolare la finanza ed in particolare il TIR, il tasso interno di rendimento a questa distribuzione: quel tasso cioè che rende il valore attuale netto di una serie di flussi di cassa pari a zero, posto ovviamente che questo tasso esista e che sia unico.
La formula non è altro che un derivato del regime dell’interesse composto.
Quel tasso (il TIR appunto) è un elemento essenziale per valutare la convenienza finanziaria dell’investimento.
Dal punto di vista della finanza, infatti, l’investimento risulterà conveniente solo se il TIR è più alto del costo/opportunità del capitale, e cioè quel rendimento che potrei ottenere investendo lo stesso denaro in un investimento finanziario con rischio paragonabile a quello dell’investimento in valutazione.
Svilupperemo meglio questo concetto più avanti ma in questo primo approccio mi interessa raggiungere qualche prima e sia pure basica conclusione.
Nessun metodo contabile da voi dentisti conosciuto e normalmente utilizzato è in grado di darci questa informazione, perché non tiene minimamente conto del diverso valore del tempo sulle somme investite o riscosse.
Per questo motivo, la valutazione di un investimento viene sempre effettuata con metodi prima contabili e poi finanziari, ognuno dei quali è in grado di darci un’informazione diversa sulla convenienza e fattibilità di quell’investimento.
Ma i metodi che sono irrinunciabili sono proprio quelli propri della finanza, perché sono gli unici e più completi strumenti in grado di darci le informazioni che più contano e che nelle grandi aziende guidano le scelte di investimento, dalle più semplici alle più complesse.
Questa è la Finanza d’impresa, una materia che continueremo ad approfondire.
Il metodo finanziario è infatti un metodo talmente potente da permettere di vedere non solo il singolo investimento ma l’intera impresa come un oggetto di indagine a tutto tondo: di vedere, cioè, lo studio dentistico come un investimento finanziario complesso.
Ora ci concentreremo sulle formule relative ai discorsi che abbiamo fatto nell’introduzione. Chi è interessato ad approfondire può iniziare ad esercitarsi perché quando andremo avanti se non ha chiare queste formule non potrà ovviamente capire quelle successive, che tratteremo nei paragrafi successivi.
La prima formula è quella del regime dell’interesse semplice e si esprime come segue:
I = C · i · t
Nel regime dell’interesse semplice – lo stesso regime che normalmente si utilizza per periodi non superiori all’anno-, la prima semplice formula è quella della determinazione dell’interesse dovuto.
Tale interesse è uguale al prodotto tra capitale ( C ), tasso di interesse scelto ( i ) e tempo ( t).
Esempio 1: calcolare l’interesse dato da un capitale di 10.000 € impiegato per 3 mesi ad un tasso annuo del 2%
Dati:
i = 0,02
C= 10.000 €
t = 3 mesi = 3/12 = 1/4 = 0,25
Applico la formula
I = C·i·t = 10000€·0,02·0,25 = 50€
L’interesse corrisposto sarà di 50 €
Arriviamo quindi a definire la prima importante operazione, quella della capitalizzazione, che serve a quantificare il montante e cioè la somma complessivamente ottenibile capitalizzando un certo capitale ad un determinato tasso di interesse per un certo tempo.
Il Montante M è quindi ciò che viene restituito alla fine del periodo di capitalizzazione a chi ha dato in uso il proprio denaro, quindi il montante sara’ dato dal capitale iniziale più l’interesse maturato
M = C + I
ricordando che l’interesse I e’ dato da
I = C i t
Otteniamo
M = C + Cit =
raccolgo C ed ottengo la formula
M = C ( 1 + it)
Il fattore 1+it si chiama fattore di capitalizzazione semplice ed è il montante sulla somma di 1 euro impiegata per 1 anno.
Possiamo anche definire una utile formula inversa:
Possiamo, conoscendo il montante, il tasso ed il tempo, ricavare il valore del capitale: abbiamo
C = M/ ( 1 + it )
Tale formula servira’ a risolvere il problema: quale somma bisogna utilizzare ad un dato tasso e per un dato tempo per costituire un montante M ?
E’ il calcolo del montante per un periodo di più anni.
Abbiamo già visto che se impiego un capitale C ad un dato tasso per un anno alla fine dell’anno otterrò il montante M1
M1 = C(1+i) (essendo 1 anno il tempo vale 1)
Lascio i soldi in banca; M1 diventa il nuovo capitale ed alla fine del secondo anno otterrò il montante M2
M2 = M1(1+i) = C(1+i)(1+i) = C(1+i)2
Lascio i soldi in banca; M2 diventa il nuovo capitale ed alla fine del terzo anno otterrò il montante M3
M2 = M2(1+i) = C(1+i)2(1+i) = C(1+i)3
Quindi per un numero t di anni avremo la formula
Mt = C(1+i)t
Esempio:
Ho lasciato in banca per 5 anni e 4 mesi la somma di euro 10000 al tasso del 2% (i=0,02). Quanto e’ il montante?
dati:
C = 10000€
i= 0,02
t = 5 anni e 4 mesi
Calcolo il montante ad interesse composto alla fine dei 5 anni M5 = c(1+i)5 = 10000 ( 1+0,02)5 = 10000 (1,02)5 = 10000·1,1040808 = 11040,808
ora calcolo la capitalizzazione di M5 ad interesse semplice per 4 mesi
t=1/3=0,3333333
M = M5(1+it) = 11040,808 ( 1+0,02·0,3333333) = 11040,808(1 + 0,0066667) = 11040,808·1,006666 = 11114,406026128
approssimo a 11114,41€
Il montante finale e’ di euro 11114 e 41 cents.
Si tratta dell’operazione inversa a quella della capitalizzazione.
Partiamo dalla formula della capitalizzazione composta
Mt = C(1+i)t
vogliamo ricavare C
Leggo la formula alla rovescia
C(1+i)t = Mt
Per ricavare C divido entrambe i termini per (1+i)t, al primo termine resta C
Mt
= C
(1+i)t
Questa formula è importantissima, in quanto ci permette di calcolare un valore attuale di un capitale riportandolo indietro nel tempo.
Nella prima parte di questo articolo abbiamo visto i concetti e le formule utili per riportare finanziariamente un capitale avanti (capitalizzazione) e indietro (attualizzazione) nel tempo.
Abbiamo anche visto, nell’altro post introduttivo all’argomento, come queste operazioni siano molto importanti dal punto di vista finanziario, perché permettono di confrontare grandezze che sembrano omogenee ma che a livello finanziario non lo sono. Un capitale di 100 euro riscosso un anno dopo è – o dovrebbe essere – cosa diversa di un capitale di 100 euro di oggi.
Questa peculiarità è molto importante, soprattutto quando si vogliono fare delle valutazioni su investimenti, che hanno una manifestazione numeraria non immediata ma alquanto frastagliata nel tempo. Perché ti permettono di fare i conti corretti, evitando di paragonare e/o sommare patate con cipolle.
Dal punto di vista finanziario, infatti, un investimento non è altro che un susseguirsi di flussi finanziari scadenzati nel tempo.
Il profilo finanziario è del tutto diverso da quello reddituale.
Ipotizziamo un caso semplice, un investimento cioè che prevede un esborso iniziale e nessuna spesa periodica, ma solo flussi in entrata annuali.
Un primo indicatore di convenienza finanziaria è quello del VAN ( Valore attuale netto ).
Di seguito la formula:
Cioè, a voler fare proprio i fichi:
Ossia:
Cosa significa questa formula ?
Semplicemente l’attualizzazione (e cioè l’operazione che permette di riportare finanziariamente ad oggi) di ciascun flusso annuale in entrata e la loro somma rispetto al capitale investito.
Ove K è il tasso di attualizzazione prescelto per l’operazione, F con zero è l’investimento ( la spesa ) iniziale per pagare l’investimento ed F con 1, F con 2 etc. etc . sono i singoli flussi annuali in entrata.
Per contestualizzare le formule dovete pensare all’investimento come ad un susseguirsi di uscite e di entrate a diverse scadenze. O la spesa è effettuata subito in unica soluzione (compro il microscopio, la cone-beam, il riunito o qualunque altro investimento importante e poi inizio ad incassare un flusso incrementale di ricavi – cioè ricavi aggiuntivi rispetto a quelli che avevo prima senza l’investimento – e tali ricavi saranno distribuiti nel tempo) oppure l’investimento lo pago a rate il che vuole dire che avrà una serie di flussi in entrata e un’altra serie di flussi in uscita.
Il flusso incrementale di ricavi va messo al numeratore di ciascuna frazione nella formula e attualizzato con il denominatore; lo stesso va fatto per i flussi in uscita la cui somma ovviamente andrà sottratta alla somma del valore attualizzato ricavi. La sommatoria (quel sigma maiuscolo davanti alla frazione con t) che va da 1 a n (e cioè dal primo all’ultimo flusso) indica esattamente questa operazione.
A quale tasso vanno attualizzati questi flussi ? E cioè cosa mettiamo al posto del fattore k, posto come incognita all’interno del parentesi nel denominatore della formula ?
Lasciamo per ora da parte il problema della congrua scelta di questo tasso e diamola per scontata. Capiamo invece il fattore elevato a potenza come t. Tanto più il flusso è lontano nel tempo ( 1 anno, 2 anni, 3 anni, 4 anni ) tanto più cresce l’esponente: elevato alla seconda ( 2 ) per due anni, alla terza ( 3) per tre anni etc. E se abbiamo due anni e mezzo ? Eleveremo alla 2,5.
Semplice: ogni flusso avrà un esponente diverso, a seconda di quanto è lontano del tempo rispetto al momento in cui è calcolato, al tempo che in matematica chiamiamo t con 0.
Ma cosa ci dice questo indicatore ?
Ci interessa che tale indicatore ci dia un valore positivo.
Tanto più il valore sarà positivo, tanto più avrò la certezza che tale investimento porti effettivo guadagno, perché copre i costi – compreso il costo opportunità del capitale – ma li copre “ad euro correnti”.
Cosa che non è per niente scontata e assolutamente irrealizzabile con gli indici reddituali quali il ROI, che mette semplicemente in rapporto i soldi guadagnati e quelli spesi, come se fossero spesi nello stesso giorno.
I singoli flussi futuri hanno infatti un valore nominale la cui somma non corrisponde necessariamente ai soldi che oggi spendo.
Potrei avere una somma di flussi futuri che al nominale valgono 1000 euro ma che riportati finanziariamente ad oggi valgono 900. Capite bene che se ho speso 950 euro, un apparente guadagno di 50 corrisponde in realtà ad una perdita finanziaria di 50.
Non esiste altro modo matematicamente corretto di paragonare flussi finanziari futuri, ognuno dei quali è scadenzato a data diversa, se non quello di utilizzare questo tipo di analisi; e il confronto diviene tanto più complesso tanto più è articolata e abbondante nel tempo la ripetizione e il numero di questi flussi.
Intuitivamente, capite bene che tanto più il flusso è articolato e dilatato nel tempo, tanto più è basso il suo valore attuale complessivo.
A parità di altre condizioni, infatti, tanto più i flussi sono lontani, tanto meno vale il loro valore attuale.
Quindi, possiamo già indicare una prima e parziale conclusione, alla quale potevate arrivare anche intuitivamente: un investimento che permette di rientrare con un susseguirsi di flussi in entrata più distanti nel tempo è sicuramente meno appetibile di uno che permette di rientrare con flussi meno protratti.
Questo lo sapevate da soli, lo so che lo state pensando.
Ma esiste un motivo in più – ora lo sapete e prima no – per considerare vera questa massima: la componente finanziaria.
Adesso vediamo un esempio più complicato.
Quello in cui non solo i flussi in entrata ma anche quelli in uscita sono differiti nel tempo.
Il che vuole dire che l’investimento lo sostengo non in una sola soluzione ma a rate.
In questo caso la formula è solo lievemente più complicata:
F1 – C1 F2 – C2
VAN = ________ + _________ + etc etc
(1 + K ) ( 1 + K ) 2 ( elevato alla 2 )
Ma la sostanza non cambia.
Vediamo ora di passare al discorso del tasso di riferimento (K).
Tanto più è alto il tasso, tanto meno sarà elevata la somma dei valori attuali ad oggi.
Ora, come dobbiamo sceglierlo questo tasso ?
La regola è semplice: se si deve decidere se questo indicatore debba darmi una chiara indicazione sulla eventuale marginalità di un investimento, tale tasso deve costituire un parametro di riferimento oggettivo.
E cioè quello del rendimento dello stesso capitale investito qualora lo stesso fosse stato impiegato in un altro investimento con rischio simile.
Cerchiamo di capirci con un esempio lampante: se decido di investire in un BTP quinquennale ( titolo di stato a tasso fisso ), che mi retrocede un rendimento del 4% annuo, perché dovrei investire in una attività a rischio, con flussi di entrata incerti, e altri rischi collaterali, se non ci guadagno almeno il doppio ?
Questa osservazione ci indica un’altra regola aurea.
La corretta scelta del tasso non è indifferente rispetto alla situazione di mercato del momento.
Se un investimento a basso rischio rende il 10%, un investimento a rischio dovrà portarmi un guadagno maggiore. Altrimenti, perché prenderlo in considerazione ?
Ma se le condizioni di mercato cambiano e il tasso per pari rischio scende al 4%, cambiano anche le condizioni per valutare più o meno rischiosamente un investimento imprenditoriale.
So già che molti di Voi stanno pensando: ma io il microscopio, la cone beam, il riunito o altro li compro per fare qualità e quindi li compro a prescindere dalle variabili economiche e dalla sua reddittività e convenienza finanziaria.
Li compro utilizzando soldi miei quindi non mi interessa se rendono o no.
Sappiate che questo ragionamento non lo potrete applicare sistematicamente alla gestione aziendale: correreste dritti verso il baratro.
Quindi potete e dovete fare altri ragionamenti e chiedervi:
Vi ho appena dimostrato che se un investimento viene valutato correttamente, la finanza non ti dice necessariamente di non farlo ma ti indica il modo migliore per farlo senza farti male e/o per farlo meglio, guadagnando di più o spendendo di meno.
Non solo: la Finanza ti dice che esiste un modo migliore di quello intuitivo per finanziarie gli investimenti e per renderli profittevoli, evitando nel corso della vita dell’investimento, tensioni di cassa che potrebbero esserti fatali.
A che serve ipotizzare di guadagnare X tra cinque anni se dopo due sei alla canna del gas ?
Concludo con una massima a me molto cara: puoi anche ipotizzare di non occuparti di Finanza nella vita, ma puoi stare certo che presto o tardi sarà la Finanza ad occuparsi di te.
Un altro indicatore finanziario utile a valutare un investimento è quello del Tasso Interno di rendimento.
Banalmente, per ricercare tale tasso si dovrebbe trovare la soluzione a questa semplice equazione:
Se non fosse che, come ormai sapete bene, non c’è una sola entrata e un solo investimento e per di più i vari flussi sono distanziati nel tempo e vanno tutti attualizzati, quindi la formula corretta è la seguente:
Oppure, per essere più eleganti:
Per risolvere questa equazione è necessario procedere con un processo di iterazione (cioè per tentativi, sostituendo valori diversi all’incognita IRR fino ad arrivare alla soluzione (= 0).
Un tempo si usavano le tavole finanziarie (io l’ho fatto, sigh), oggi si usa il computer (Excel) o la calcolatrice che ci mette molto meno.
In MS Excel™, la formula da usare è “=TIR.COST(valori)”, altrimenti si può procedere impostando una proporzione.
Tale indice non dice quale sia il valore creato dall’investimento, quindi non aiuta a decidere fra 2 investimenti alternativi ( a parità di IRR o con IRR diversi ); l’ipotesi implicita è che i flussi liberati dal progetto vengono reinvestiti al IRR; non sempre fornisce un valore unico.
Ma può essere utile per stimare il rendimento di un finanziamento ad euro correnti. Infatti, Il tasso interno di rendimento permette di stimare con precisione quanto rende un progetto. Per altro verso, il TIR è quel tasso che rende nullo il suo Van.
Il TIR è frequentemente utilizzato in quanto permette ai manager finanziari e agli analisti di valutare le performance in termini relativi, come “12%”, piuttosto che in termini assoluti, come “€46,000”.
Il metodo del TIR è preferito a quello del VAN nei casi in cui il tasso di attualizzazione dei flussi è non noto o soggetto ad incertezza; in queste situazioni il TIR fornisce maggiori informazioni su un investimento di quanto possa fare il VAN.
Il TIR è in ogni caso una misura relativa della profittabilità di un progetto ed è sensibile ai cambiamenti di segno nei flussi di cassa.
Se cambia anche la semplice allocazione temporale dei flussi di cassa da attualizzare, il Tir ovviamente ne risente subito e può cambiare in aumento o in diminuzione.
Ma la questione più interessante è che tale indice serve anche a fare delle simulazioni di diversi scenari. Scenari che può essere molto utile simulare per prendere una decisione su un investimento.
Cerchiamo di capire perché.
Sia il Van che il Tir dipendono da numeri che inseriamo noi.
E in particolare, entrambi dipendono dalla bontà dei numeri che noi decidiamo di stimare come flussi di cassa futuri.
Ora, la peculiarità di queste stime, è che le stesse non sono così certe.
In particolare sono abbastanza certe quelle che attengono ai flussi in uscita (rate del leasing, costi di manutenzione).
Ma non lo sono affatto quelle che attengono ai flussi di cassa in entrata !
Questi ultimi, infatti, dovrebbero essere solo i flussi incrementali di entrata dipendenti dal nuovo investimento e dovrebbero anche essere flussi netti e cioè depurati dalla componente fiscale. In più bisogna azzeccare la tempistica di questi flussi.
Non è proprio semplicissimo effettuare queste stime.
Quindi è del tutto verosimile che la stessa distribuzione di flussi in entrata nel tempo possa essere stimata con diversi livelli di probabilità e con diversi scenari, compresi quelli tipici degli stress test.
Della serie, che succede se incasso la metà di quello che pensavo ?
Il metodo finanziario permette di comprendere cosa succede in varie ipotesi ( ad esempio, ottimistica, prudente, drammatica ) e permette di effettuare delle riflessioni che ex post possono rivelarsi assai utili a cambiare qualcosa nel piano iniziale.
E’ impossibile effettuare queste valutazioni a naso.
Ricordo poi che le neuroscienze ci hanno illustrato alcune trappole della mente che non guardano in faccia a nessuno e tanto meno all’imprenditore.
Per portare le decisioni dal piano emotivo a quello razionale è molto importante utilizzare questi metodi, perché gli stessi ti obbligano a impiegare tempo e a ragionare. Il che non è cosa da poco perché la nostra mente è più efficace quando portiamo una decisione sul piano delle nostre effettive conoscenze razionali e non c’è niente di più pericoloso che lasciarle nel territorio delle pure emozioni.
Tenete presente che è dimostrato che già la nostra mente cerca di trovare delle giustificazioni razionali a scelte puramente emotive e l’antitodo è proprio costituito dalla riflessione quando si deve prendere una decisione importante. Le nonne non a caso consigliavano di dormirci sopra a certe decisioni. Non erano neuroscienziate ma erano resilienti e ridondanti, avendo vissuto una vita intera e maturato esperienze.
Cerchiamo di capirci tornando al solito esempio, quello del microscopio o di qualunque altro strumento i cui ritorni in termini di flussi di ricavi incrementali sono alquanto incerti se non li imponiamo noi.
In questa chiave, pensare al semplice utilizzo di capitali propri è sbagliato e fuorviante.
Quei soldi sono il capitale proprio dello studio e aggiungo anche che se quello strumento è indispensabile per fare qualità è come se fosse uno strumento indispensabile per effettuare l’attività.
E’ come se fosse un riunito, per capirci, e quindi non può essere considerato come un investimento incrementale, ma quasi come fosse un investimento di sostituzione di un apparato indispensabile.
Il che cambia il quadro. E da più di un punto di vista.
In primis, perché il costo opportunità può essere benissimo la reddittività medio dello studio.
In secundis, perché se non potessi contare necessariamente su entrate incrementali aggiuntive, ma dovessi assorbire il suo ammortamento finanziario con le entrate che già ho e quindi, se sono in utile ( perché se non lo sono sarei un pazzo a comprarlo ), sto implicitamente decidendo di utilizzare parte dell’avanzo per comprare uno strumento che mi risulta indispensabile avere.
In una visuale statica questo potrebbe apparire anche accettabile una tantum. MA in prospettiva, proprio no, perché l’azienda sta decidendo di non mettere a frutto i propri capitali, il che nel tempo può essere assai pericoloso in un mercato in cui tutti gli altri si guardano bene dal commettere lo stesso errore.
Ma se proprio si vuole ragionare in questo modo, che almeno si cerchi di utilizzare i metodi finanziari per ridurre o annullare il danno.
Cercando quindi di allungare i tempi di pagamento dell’apparecchio e di finanziarlo almeno per una proporzione vicina alla metà del costo.
E’ il caso di effettuare delle stime particolarmente prudenti sui flussi di entrate incrementali ( che potrebbero derivare anche da un piccolo aumento della tariffa per le prestazioni legate a quello strumento ) e di costruire delle ipotesi di rientro diverse, calcolando per ognuna il van, con un tasso di attualizzazione vicino al rendimento medio dello studio o dell’ambulatorio, allo scopo di trovare la soluzione che mi avvicini quanto possibile almeno al punto di indifferenza finanziaria ( VAN = 0 ).
Il capitale proprio non investito rimane a riserva e a garanzia.
Se un azienda si comporta sempre così, e se adotta tale impostazione strategica quando ha i soldi e va bene, sarà più difficile che le sue fortune economiche possano tramontare e sarà sempre abbastanza patrimonializzata da spuntare condizioni per la parte a prestito migliori.
Potrà usufruire delle deduzioni per gli interessi dei finanziamenti e pagare meno imposte ( effetto leverage ); potrà avere una struttura di copertura dei fabbisogni più equilibrata. E tale situazione virtuosa è quella che si avvicina ad un rapporto mezzi propri/mezzi di terzi vicina al 60/40.
E’ del tutto errato pensare di dover ricorrere ai finanziamenti solo quando non hai i soldi. Sbagliatissimo.
In questi casi, le banche concedono credito con molta più difficoltà e con tassi più alti. E’ la classica situazione che prelude all’avvitamento.
Il tuo carrello è vuoto.
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