L’impresa familiare è una variante dell’impresa individuale già descritta in precedenza e ne ricalca sia i presupposti che le finalità. E’ giuridicamente riconosciuta dal legislatore con delle caratteristiche ben definite che la riconducono all’interno delle attività d’impresa con i relativi benefici fiscali. Dato il ruolo che i coniugi o i figli rivestono nell’organizzazione di uno studio e nella sua economia generale questa forma di attività può essere interessante per il dentista comune che non possa o non voglia costituirsi in Srl Odontoiatrica.
Questo articolo sull’impresa familiare segue di pochi giorni quello sulla impresa individuale del dentista.
Si è dunque già parlato della possibilità di utilizzare la formula dell’impresa individuale come una possibile soluzione per far acquisire al professionista medico o odontoiatra anche la qualifica di imprenditore.
L’appartenenza alla grande famiglia delle imprese, infatti, porta al professionista alcuni interessanti vantaggi fiscali (come quello sul credito di imposta), anche senza dover ricorrere necessariamente alla trasformazione dello Studio in Srl Odontoiatrica (e quindi in struttura complessa).
Lo scopo di questo articolo è quello di riaffermare l’importanza di alcune condizioni utili a realizzare tale passaggio alla dimensione di impresa oltre che quello di introdurre alcuni ulteriori affinamenti al disegno generale verso l’impresa familiare.
Vediamo innanzitutto di dare una definizione chiara e comprensibile di cosa si intenda con l’espressione impresa familiare.
Secondo una fonte autorevole:
L’impresa familiare può definirsi come l’attività economica alla quale collaborano, in modo continuativo, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo, qualora non sia configurabile un diverso rapporto. Il familiare che presta il lavoro nell’impresa o nella famiglia ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.
Non è difficile, per chi fa il dentista, intuire quanto sia importante coinvolgere, lavorativamente, economicamente e fiscalmente, il coniuge o altri familiari all’interno della propria attività.
Questo tema è trattato anche all'interno del Corso Economia e Controllo di Gestione organizzato da Dentista Manager. Partecipa anche tu.
Con l’impresa familiare è possibile realizzare una situazione che, oltre a irrobustire il carattere della complessità organizzativa, potrebbe anche servire a mitigare il carico fiscale sul titolare.
Per capire perché, dobbiamo necessariamente capire di cosa stiamo parlando.
Va subito chiarito che una volta iscritta l’impresa individuale in Camera di Commercio, tutto quello che si deve fare per farla diventare una impresa familiare è di stipulare un apposito atto dal notaio, in cui si specifica chi sono i familiari che partecipano a tale impresa.
Questo atto ha effetto immediato tra le parti ma per avere effetti fiscali – su cui si ritornerà a breve – si deve attendere l’anno fiscale successivo a quello della stipula. Ad esempio, se stipuliamo l’atto oggi, il primo esercizio fiscale sarà quello del 2022. Il vostro commercialista non dovrà far altro che riportare lo stato di impresa familiare nella dichiarazione redditi presentata nel 2023.
Il primo elemento interessante è che il coinvolgimento dei familiari nell’impresa individuale non cambia la sua natura di ditta individuale, ma sicuramente ne arricchisce il carattere complesso, che è proprio quello che a noi interessa subito realizzare.
Il carattere organizzativo non potrà che trovare un ulteriore arricchimento per effetto di questa nuova e diversa qualificazione innestata sulla ditta individuale. Non dico che basti da sola per realizzare e comprovare l’esistenza di quella complessità, ma di sicuro la blinda, in presenza di altre caratteristiche già indicate.
Per capire gli altri aspetti relativi all’impresa, dobbiamo necessariamente entrare nel merito di questo istituto giuridico.
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L’impresa familiare è una tipologia prevista dall’art. 230 bis del Cod. Civ.. Vediamo cosa stabilisce.
Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa. I familiari partecipanti all’impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell’azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull’azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell’art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell’esercizio dell’agricoltura sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.
In tutti quei casi il cui il titolare dello studio si avvale già della collaborazione di familiari (madre e padre, coniuge, figli e nipoti), invece che assumerli può decidere di farli collaborare attivamente nell’azienda, senza dover peraltro sottostare a tutti i vincoli del lavoro dipendente (presenza negli orari stabiliti, subordinazione, etc.), attribuendo ad essi una percentuale dell’azienda che non superi il 49%. Il reddito della società sarà ripartito a quel punto per trasparenza al titolare e ai citati familiari, nella stessa proporzione con cui sono attribuite le quote.
Di fiscalità si occupa anche l’art. 5 del TUIR:
I redditi delle imprese familiari di cui all’articolo 230-bis del Codice civile, limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
La presente disposizione si applica a condizione:
- che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
- che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;
- che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
Appare chiaro il grande vantaggio fiscale legato a questa forma imprenditoriale: anche se a rigore si tratta di una ditta individuale, di fatto è come se si trattasse di una forma societaria atipica, in quanto il titolare può arrivare ad assegnare fino al 49% dei redditi in capo ai familiari.
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La percentuale di partecipazione può essere attribuita con diretta attinenza all’effettiva partecipazione alla attività, per cui se il collaboratore è uno solo e non è un medico, è chiaro che non potremmo arrivare ad attribuirgli percentuali troppo vicine a quella massima.
Tuttavia, non si può non considerare il fatto che si possono inserire più familiari e che comunque, qualunque sia la percentuale, l’effetto di beneficio fiscale rispetto alla situazione ex ante è comunque sensibile e presente. Il meccanismo, infatti, permette di spalmare il suo reddito su più teste, il che impatta direttamente sulla imposizione sul reddito e sull’Enpam dovuta dal titolare, che sarà quella relativa al 51% del reddito conseguito dalla società, mentre ai familiari collaboratori verrà attributo il 49%.
Su quella base pagheranno le imposte sul reddito e anche la gestione autonomi INPS (24% circa), se non si tratta di medici o odontoiatri. Poiché tale contribuzione presenta una componente fissa abbastanza alta, che scatta a qualunque livello di reddito, è chiaro che la soluzione impresa familiare può convenire a tutti quei titolari che non abbiano un imponibile di partenza troppo basso e quindi abbiamo dimostrato per altra via la utilità di tale soluzione non per qualunque professionista.
Andrà poi indagata con attenzione anche la debenza dell’obbligo. Varie circolari INPS e del Ministero del Lavoro hanno infatti chiarito che la occasionalità si presume quando il collaboratore è pensionato e tale eccezione vale anche nel caso dell’impresa familiare, che pure non ammette, di regola, collaborazioni occasionali ma solo continuative.
Ovviamente, se c’è occasionalità, non c’è obbligo contributivo, per cui resta verosimile che almeno una parte di questi collaboratori familiari vengano scelti tra quei familiari la cui collaborazione non potrà che configurarsi come occasionale (si sa che in genere i genitori anziani sono sempre quelli considerati dalla gran parte dei professionisti quali i più affidabili). Negli altri casi, si sarà comunque creata una posizione INPS anche su un familiare senza altri redditi e si sarà comunque risparmiato la parte relativa di imposte e di contribuzione Enpam sul titolare.
Deve essere subito chiaro che, mentre la regola generale prevede che l’impresa familiare debba aprire una posizione INPS, tale obbligo non può valere per un medico titolare di tale impresa, perché i suoi redditi sono sempre attratti dalla propria cassa previdenziale dedicata, e cioè l’ENPAM, con la sola eccezione rappresentata dal caso in cui lo stesso operi alle dipendenze di altro DdL o di una società di cui è socio e titolare effettivo (il che ovviamente non avviene mai nel caso dell’impresa individuale familiare).
In ambito sanitario lo stesso principio vale per tutti gli altri professionisti protetti (ad esempio il farmacista, che se opera come ditta individuale paga ENPAF), per cui non possono esserci dubbi su questo. Ovviamente, diverso è il caso per tutti quei collaboratori familiari che non sono medici o odontoiatri e che quindi dovranno iscriversi – sempre se il loro apporto non può configurarsi come occasionale naturalmente – alla gestione autonomi INPS.
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Naturalmente, si dovrà pure tenere conto dei minus legati a questa forma di impresa, che andiamo a riepilogare brevemente:
I contro di un’impresa familiare sono la conseguenza della sua forma giuridica del tutto paragonabile ad una ditta individuale.
Il titolare è l’unico responsabile in caso di debiti contratti dall’azienda, mentre i familiari collaboratori sono completamente al riparo da qualunque rischio di veder intaccato il proprio patrimonio personale.
Quindi è solo l’imprenditore a rispondere di tasca propria ed eventualmente a dover dichiarare il fallimento in caso di insolvenza. Il che serve anche a tranquillizzarlo in merito alle sorti dei suoi familiari se qualcosa dovesse andare storta.
Tuttavia non si può negare che questa costituisca una minus rispetto alla posizione del professionista, che, se pure risponde illimitatamente esattamente come lui, non si trova ad essere sottoposto ad una procedura concorsuale, una procedura che nel caso dell’imprenditore individuale – così come per le società di persone – è ben più pesante rispetto a quella di una società di capitali e in particolare di una Srl Odontoiatrica.
Tuttavia, si deve tenere nel debito conto il fatto che i familiari, in cambio della loro partecipazione all’impresa, acquisiscono specifici diritti economici e decisionali:
Possono ovviamente adattarsi a questa soluzione non tutte le situazioni familiari di ogni professionista, ma sicuramente un numero rilevante. Il fatto di poter escludere il coniuge e di inserire tra i collaboratori genitori, figli e nipoti costituisce di fatto un ampio ventaglio di possibilità di realizzare importanti vantaggi fiscali, senza sottoporsi ai rischi normalmente legati alla rottura del rapporto di coniugio.
Non è inutile poi ricordare che se la società non può essere utilizzata (come accade in alcune Regioni, proprio quelle per le quali si è pensato a proporre anche questa soluzione) per l’attività sanitaria relativa alla struttura sanitaria, può essere sempre e liberamente utilizzata per schermare le proprietà di famiglia, escludendo quindi dal patrimonio dell’imprenditore individuale e quindi da eventuali attacchi patrimoniali provenienti dal raggio di azione dell’impresa individuale quella parte delle proprietà che non si vuole coinvolgere nell’attività di impresa.
Non avremo ovviamente gli stessi vantaggi fiscali, di tutela patrimoniale e di pianificazione successoria di una società di capitali, ma potremmo comunque sotto altro profilo riuscire a recuperarne una buona parte.
La nostra ricetta, d’altra parte, è sempre stata la stessa: se il sistema si fa concavo, noi ci facciamo convessi e viceversa. Nessuna pregiudiziale ideologica ma semplicemente la febbrile e continua ricerca di soluzioni che possano ridurre i danni e farci conseguire i maggiori vantaggi che la nostra situazione permetta di conseguire.
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