Sono molti i motivi per i quali una Stp è molto meno conveniente della Srl Odontoiatrica. Uno in particolare sembra essere sfuggito a tutti: nelle Stp il ricorso alle collaborazioni esterne o alle cosiddette consulenze è vietato dalla normativa corrente. Ciò rappresenta senz’altro un vincolo importante per le Stp già costituite e un deterrente (se ce ne fosse bisogno) per quelle in via di costituzione. I decreti attuativi del 2012 sono molto espliciti nello stabilire che il conferimento di incarico professionale, nella Stp, può essere fatto solo in favore dei soci professionisti della società.
Pare proprio che nelle Stp non sia ammessa la possibilità di ricorrere al conferimento di incarico professionale all’esterno della compagine sociale. Secondo la norma, dunque, in una Stp Odontoiatrica solo i soci professionisti, quindi i dentisti che detengono quote della società, possono effettuare le prestazioni professionali ai pazienti, senza possibilità di delegarle a consulenti o collaboratori esterni.
Questo è quanto emerge dalla lettura delle norme, sia la legge istitutiva delle Stp del 2011, Società tra professionisti, sia i decreti attuativi del 2012.
Il legislatore ha infatti chiaramente stabilito che le prestazioni sul paziente debbano essere eseguite personalmente dai soci stessi della società e che il ricorso alla delega possa essere effettuato solo in via del tutto eccezionale.
Anche in questi casi eccezionali tuttavia, è necessario che il conferimento dell’incarico avvenga per iscritto da parte del paziente stesso, secondo le modalità tipiche descritte dalla legge. Bisognerà poi dimostrare nei fatti per quali motivi l’evento debba essere ritenuto eccezionale, straordinario, o meglio, imprevedibile per usare la stessa espressione contenuta nella legge.
Quali che siano state le motivazioni del legislatore (cui cercherò di dare una risposta alla fine dell’articolo) è abbastanza chiaro che in una Stp il dentista non potrà avvalersi di colleghi esterni per l’esecuzione di prestazioni che egli non vuole eseguire per scelta o non può eseguire per difetto di competenza.
Andiamo con ordine e vediamo come si è verificata questa situazione anomala.
Come già ampiamente scritto in questo blog la natura delle Stp è equivoca fin dalla sua genesi, non c’è quindi da stupirsi se il principio della delega delle prestazioni d’opera intellettuale veda qui un destino completamente diverso che altrove.
Le Società tra professionisti, come noto, sono state istituite con la Legge 183 del 2011 (art. 10), ma è solo con l’emanazione dei decreti attuativi che le previsioni in essa contenute sono diventate realizzabili nei fatti.
Precisamente è con il D.M. 34 del 8/2/2013 che vengono meglio definite alcune regole operative, come quelle relative al conferimento di incarico professionale.
Da allora, per fortuna, sono pochi i dentisti che hanno optato per la Stp come forma societaria (meno del 2% di tutte le società attualmente operanti).
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Al tema del collaboratore o del consulente dello studio dentistico siamo tornati diverse volte. E’ difficile dire quanti siano attualmente in Italia i cosiddetti “collaboratori”, ovvero coloro che iscritti all’Albo degli odontoiatri esercitano la professione senza possedere uno studio proprio.
Una stima indiretta possiamo farla al contrario. Su un campione di cento studi dentistici è ragionevole sostenere che almeno la metà (ad essere generosi) si giovi del contributo professionale di colleghi provenienti dall’esterno: ortodontisti, endodontisti, chirurghi, parodontologi, ecc.
Oltre a questi c’è tutto il popolo degli igienisti dentali, degli infermieri e, in alcuni casi, anche dei tecnici di radiologia. Considerando i primi è probabile che almeno l’80% degli studi riceva collaborazioni esterne per ablazioni del tartaro e prestazioni correlate.
Proviamo a dare dei numeri: possiamo ipotizzare che 10 o 20 mila piccole realtà imprenditoriali, rette da dentisti, si giovino di collaboratori o consulenti esterni cui sono affidate, per delega, le prestazioni professionali? Io credo di si (ma sono disponibile a modificare il testo in presenza di stime più credibili).
Tra queste realtà tipicamente riconosciamo almeno tre tipologie:
Il rapporto di collaborazione professionale tra titolare di studio (o il legale rappresentante di una società) e un dentista esterno, si fonda sulla libera pattuizione tra le parti di un vero e proprio contratto (che può essere anche solo verbale, ma che sarebbe meglio fosse in forma scritta).
Per effetto di tale contratto il titolare dello studio sposta sul collaboratore il conferimento di incarico professionale da parte del paziente.
Tale contratto di collaborazione non ha alcun obbligo di registrazione e determina le condizioni economiche e le responsabilità che le parti si assumono reciprocamente nell’opera professionale in favore dei pazienti. Il contratto dà sostanza reale alla delega.
Il presupposto giuridico che rende possibile la collaborazione è ben descritto nel codice civile, che così recita testualmente all’art. 2232:
Il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.
E’ dunque pacifico che lo studio tradizionale, incarnato dal professionista titolare, possa avvalersi di collaboratori esterni (dentisti o igienisti che siano).
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Nel caso di una Srl Odontoiatrica ci troviamo di fronte ad una vera e propria impresa che esercita l’attività odontoiatrica in forza di:
Dati questi presupposti il ricorso alla delega è il regime naturale di esercizio della Srl Odontoiatrica anche nei casi in cui gli stessi soci della società siano odontoiatri iscritti all’Albo.
A tale proposito l’art. 1 comma 153, Legge 124/2017 recita testualmente:
L’esercizio dell’attività odontoiatrica è altresì consentito alle società operanti nel settore odontoiatrico le cui strutture siano dotate di un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri e all’interno delle quali le prestazioni di cui all’articolo 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409, siano erogate dai soggetti in possesso dei titoli abilitanti di cui alla medesima legge.
Tali soggetti operano all’interno della propria struttura sanitaria non già in quanto soci, bensì in quanto collaboratori della società e attraverso un contratto siglato con l’amministratore della stessa.
In forza di tale contratto essi riceveranno un compenso specifico per attività di collaboratori esterni, diverso dal reddito derivante dalla loro (eventuale) qualifica di soci e/o di amministratori.
Anche in questo caso è pacifico che in una Srl Odontoiatrica il ricorso alle collaborazioni non solo sia consentito, ma rappresenti, ex lege, il meccanismo specifico di erogazione delle prestazioni.
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Nel caso della Stp Odontoiatrica non è ovviamente necessario ricercare normative che legittimino l’esercizio di attività professionale, giacché esse sono iscritte direttamente all’Albo professionale (con grande soddisfazione sia dei dentisti, ma soprattutto di coloro che dentisti non sono).
Peraltro, nel caso di Stp declinate in forma di Stp Srl, potrebbe tranquillamente valere tutto quanto appena detto a proposito delle Srl odontoiatriche pure.
La vera sorpresa è che il legislatore ha formulato i decreti attuativi della Stp inserendo una specifica inusuale, difforme dal codice civile appena enunciato e per lo più passata inosservata.
La formulazione è precisamente questa all’art. 3 comma 1:
Al fine di garantire che tutte le prestazioni siano eseguite da soci in possesso dei requisiti richiesti per l’esercizio della professione svolta in forma societaria, sono imposti alla società obblighi di informazione del cliente secondo quanto previsto dal presente capo.
La specifica che tutte le prestazioni debbano essere eseguite dai soci, potrebbe lasciare aperta l’ipotesi di una interpretazione estensiva della frase, che non precluda ipso facto la delega della prestazione a terzi (collaboratori esterni).
Ma la questione diventa più stringente laddove il legislatore specifica che il conferimento dell’incarico debba seguire un iter molto preciso, a proposito del quale scrive (tra le altre cose) nell’art. 4 commi 2 e 3:
2. Al fine di consentire la scelta prevista al comma 1, lettera a), la società professionale deve consegnare al cliente l’elenco scritto dei singoli soci professionisti, con l’indicazione dei titoli o delle qualifiche professionali di ciascuno di essi, nonché l’elenco dei soci con finalità d’investimento.
3. La prova dell’adempimento degli obblighi di informazione prescritti dai commi 1 e 2 ed il nominativo del professionista o dei professionisti eventualmente indicati dal cliente devono risultare da atto scritto.
Qui si dice esplicitamente che il conferimento dell’incarico deve essere affidato all’interno della compagine sociale, quindi tra i soci della Stp che siano iscritti all’Albo (non ovviamente all’abusivo eventualmente infiltrato).
Anche in questo caso, non si lascia aperta nessuna ipotesi di delega mediante conferimento dell’incarico a soggetti terzi, ovvero collaboratori esterni alla società e NON soci della stessa. Poichè l’ipotesi non è esplicitamente esclusa, qualche fan eterodosso delle Stp potrebbe avanzare una qualche ragione.
Senonché il legislatore deve aver pensato che era necessario togliere ogni dubbio in proposito e infatti, con insolita lucidità, all’art. 5 comma 1 aggiunge e precisa:
Nell’esecuzione dell’incarico ricevuto, il socio professionista può avvalersi, sotto la propria direzione e responsabilità, della collaborazione di ausiliari e, solo in relazione a particolari attività, caratterizzate da sopravvenute esigenze non prevedibili, può avvalersi di sostituti.
Rispetto all’articolo 2232 del c.c. sopra citato il legislatore non si è limitato a citarlo oppure, banalmente a ricopiarlo, ma pur seguendone la melodia ha voluto inserire la frase citata in rosso.
In questo caso è pacifico che le Stp possano avvalersi di ausiliari (Aso, segretarie, per fare degli esempi) ma NON di sostituti veri e propri.
Ora ci sarebbe da chiedersi chi intendesse il legislatore per sostituti. La domanda andrebbe posta ad un giurista, prima che sia il magistrato ad esprimersi. Tuttavia è naturale pensare che per sostituto debba intendersi chiunque si sostituisca al titolare della Stp nella esecuzione delle prestazioni oggetto di conferimento specifico da parte del paziente (che, ricordiamo, può essere affidato solo tra i soci della Stp).
Poniamo che un piano di cura preveda l’esecuzione di: 1 ortopantomografia, 1 ablazione del tartaro, 1 otturazione, 1 anestesia, 1 estrazione, 1 impronta, 1 radiografia endorale, 1 impianto, 1 corona. Tutte queste prestazioni vengono affidate per incarico scritto dal paziente ad un socio (odontoiatra) della Stp. Quindi sarà lui e solo lui a doverle eseguire personalmente. Potrà derogare al rapporto diretto in favore di altri soci (odontoiatri) della stessa Stp, previa modifica del contratto scritto con il paziente, ma non potrà ricorrere a sostituti esterni, tranne casi caratterizzati da sopravvenute esigenze non prevedibili.
Provo a ipotizzare tali casi:
Non mi vengono in mente altri casi e sinceramente non trovo nessuna ragione valida per infilarsi in una situazione tanto intricata quando esistono soluzioni alternative molto più utili della Stp.
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Se ancora servivano ragioni per considerare le Stp uno strumento giuridico inadeguato alla gestione di una moderna attività odontoiatrica e fortemente limitativa rispetto ai vantaggi offerti da una srl odontoiatrica, ora il quadro è completo.
Anche da una banale lettura della normativa appare evidente quanto segue:
Poichè l’esecuzione di otturazioni o devitalizzazioni non rappresentano certo eventi eccezionali o imprevedibili, sarebbe curioso ed interessante capire come sia stato bypassato tale divieto nelle Stp all’interno delle quali operino soggetti diversi dai titolari.
Fatta eccezione per il personale ausiliario (tra i quali ricomprendiamo ovviamente le Aso, sia con nuovo che con vecchio profilo), pare evidente che tra i collaboratori esterni inibiti alla attività dentro una Stp debbano ricomprendersi tutti gli altri professionisti iscritti ad un Albo professionale, tra i quali, oggi, sono anche gli igienisti dentali, oltre agli odontoiatri.
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Non ho la pretesa di interpretare le intenzioni del legislatore. Al massimo posso fare delle ipotesi sul perchè la legge abbia inteso discriminare le Stp tra le società odontoiatriche, a tutto vantaggio della Srl pura.
La Srl odontoiatrica nasce nel contesto delle cosiddette società commerciali e, per questo motivo, non si nutre di un rapporto diretto con il paziente e non eroga le prestazioni in forma diretta (come ben descritto all’interno dell’oggetto sociale delle stesse).
La Stp odontoiatrica, invece, si accredita nei confronti del paziente con la stessa natura del rapporto professionale personale. Anche per questo si iscrive all’Albo professionale, riconoscendone implicitamente i valori espressi nel codice deontologico.
Con queste premesse è plausibile che il legislatore abbia inteso delimitare con sicurezza l’ambito applicativo di queste due diverse forme giuridiche, chiarendo che chi ha la pretesa di mantenere anche nella veste societaria le peculiarità del professionista in persona fisica non può invocare la facoltà (tipicamente commerciale) di rendere scalabili le proprie dinamiche produttive.
La pretesa (e mai riconosciuta) superiorità morale di una Stp deve giustamente scontare i limiti produttivi di una impresa individuale dove il valore artistico, artigianale o professionale del suo titolare (o dei suoi soci) non possa essere diluito su terzi per ragioni di profitto.
Ognuno giochi nella metà campo che ha liberamente scelto di occupare.
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