Tutti i dentisti fanno lo stesso lavoro, ma ognuno ha il proprio stile, i propri valori e le proprie strategie. In termini tecnici possiamo dire che questi elementi, insieme a molti altri, si condensano in un Modello di Business dei tre principali oggi sul mercato. Descriviamo in questo articolo i tre modelli dominanti, con ciò che comportano in termini di rischio e di posizionamento. Indichiamo infine un quarto modello di business che, verosimilmente, andrà ad imporsi nei prossimi anni.
Tutti i dentisti, istintivamente, sono più propensi a ragionare sui ricavi che sui costi, e questo può rappresentare un problema in assenza di un modello di business efficiente. Quando i dentisti, poi, incontrano i tecnici che hanno studiato la Contabilità Aziendale o gli esperti del Controllo di Gestione, si rendono conto che il flusso logico delle variabili deve essere ribaltato.
Contro intuitivamente non si parte dai ricavi per costruire un sistema economico finanziario che funzioni: si parte dai costi. Anche in uno studio dentistico!
I costi, a loro volta, sono funzione di Vision, Mission, Valori e Obiettivi.
In altre parole: il livello qualitativo delle prestazioni, il loro costo, il prezzo a cui le vediamo ed il profitto che generiamo sono in qualche modo tutti correlati tra di loro. È dunque necessario che definiamo in modo esplicito e corretto le relazioni tra queste variabili perché, a seconda di come questo avviene, si descrivono modelli di business diversi.
Con questa operazione, potremo comprendere immediatamente che differenza ci sia tra una struttura odontoiatrica guidata da un manager laico (come le catene o i franchising), uno studio monocratico tradizionale guidato da un dentista e uno studio evoluto guidato da un dentista manager.
Semplificando al massimo, quindi, possiamo individuare tre modelli di business alternativi l’uno all’altro (nel senso che non è possibile adottarne contemporaneamente più di uno).
Di seguito analizzeremo questi tre modelli consolidati. Al termine dell’articolo introdurremo un quarto modello che, invece, potrebbe diventare interessante nel prossimo futuro.
Il primo modello di business, di gran lunga il più frequente, è quello del dentista tradizionale. Egli segue il proprio istinto oppure insegnamenti orizzontali non formali.
Questo modello segue una logica di principio che non trova corrispondenza nei fatti:
Con le dovute eccezioni, questo modello è tipico degli studi tradizionali, specialmente quelli monocratici di natura professionale.
In estrema sintesi potremmo dire che in questo modello di business i processi il prezzo è funzione della concorrenza e non dei costi.
Il grave difetto di questo modello è che non dedica alcuna attenzione alla ricerca del profitto, ritenendo erroneamente che esso andrebbe a detrimento della qualità. Abbiamo, invece, visto in altri articoli come il presunto conflitto tra etica e profitto sia un falso problema.
Il secondo modello di business in ordine temporale di comparsa sul mercato e anche in termini di diffusione generale, può essere definito come il modello aziendale.
E’ sostanzialmente rappresentato dagli stessi passaggi precedenti, ma con un ordine di priorità inverso:
Con le dovute eccezioni, questo modello è tipico delle strutture guidate dai manager, dal capitale puro, ovvero da imprenditori che non sono medici.
In estrema sintesi possiamo dire che, secondo questo modello di business la qualità è funzione del prezzo.
Il grave difetto di questo modello è che non dedica alcuna importanza alla qualità reale della prestazione importando dinamiche proprie del mercato dei beni ispezione al mercato dei beni esperienza (vd. Etica ed Economia in Odontoiatria).
Il terzo modello di business, in ordine temporale e di popolarità, è quello che coniuga l’obbligo deontologico del professionista con l’obbligo di risultato dell’amministratore, in una sintesi perfetta tra istanze etiche opposte.
Esso può essere rappresentato dal seguente flusso logico decisionale:
In estrema sintesi possiamo dire che, secondo questo modello di business il prezzo è funzione della qualità.
Con le dovute eccezioni, questo modello è tipico dello studio evoluto guidato da un dentista manager, specialmente quelli configurati con assetto societario. In esso il dovere morale di curare al meglio delle nostre possibilità è vincolato al dovere morale di condurre un’impresa sostenibile nel lungo periodo, a vantaggio di tutti gli stakeholders coinvolti (paziente compreso).
L’unico vero pericolo di questa formula è rappresentato dalla carenza tecnica extraclinica tipica della formazione medica.
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Seppur operanti in modo diametralmente opposto uno dall’altro, il secondo ed il terzo modello di business hanno in comune la capacità di garantire il Profitto e dunque la sopravvivenza dell’impresa o studio. Con questo non vogliamo dire che, in assoluto, il primo modello non sia sostenibile, ma certamente sconterà almeno una delle seguenti condizioni:
Nei tre modelli considerati, una variabile di contesto è rappresentata dal mercato target. Questo sarà differente e chiaramente identificabile in ciascuno di essi.
In altre parole ogni modello di business è orientato a servire un particolare tipo di clientela, la quale si identifica con i valori sottostanti al modello stesso e ricerca esattamente l’output ottenuto dallo studio (non un altro).
Senza alcuna pretesa di esaurire i possibili scenari, possiamo tracciare un identikit del paziente tipico di ciascun modello di business proposto:
Chi segue il nostro blog sa perfettamente che noi abbiamo individuato nel terzo modello quello vincente, per la natura del rapporto, del paziente e del prodotto venduto.
In questo senso raccomandiamo di costruire un processo gestionale articolato in sequenza come segue:
Tutto questo processo è dettagliatamente descritto nel manuale Economia e Controllo di Gestione dello Studio dentistico. Rimandiamo a quella sede per tutti gli approfondimenti sia teorici che pratici.
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Come anticipato in apertura, si sta facendo strada l’idea che una quarta via sia possibile.
Pur essendo costretti ad adottare un modello di business come quelli appena descritti, in realtà l’aggregazione tra studi dentistici in forma di Rete di Imprese, rappresenta un salto logico rispetto alle categorie mentali del passato.
Il modello di business di chi opererà in forma di Rete d’Imprese è quello di un oggetto relativamente piccolo che si giova, però, delle economie di scala dei soggetti grandi.
In termini di potere contrattuale, reputazione, accesso al credito, accesso alle informazioni, scambio di know how, servizi di supporto, ecc., infatti, un piccolo studio dentistico opera sul mercato con la forza del gigante che lo rappresenta, pur mantenendo la propria indipendenza strategica e gestionale.
E’ evidente che si tratta di un gioco diverso da quello cui siamo abituati, perchè viene cambiato il contesto operativo e non le regole del gioco stesso. Per usare una metafora banale: il gioco del calcio non è lo stesso se operiamo all’interno o all’esterno di un campo gravitazionale, pur mantenendo le stesse regole di base.
Un esempio concreto di quello che stiamo dicendo è rappresentato dallo svolgimento dell’attività odontoiatrica negli anni settanta del secolo scorso rispetto ad oggi: in piena deregulation normativa, senza competitors di rilievo, con un carico fiscale ridicolo e costi fissi insignificanti, un contenzioso inesistente, processi clinici uguali a se stessi da cento anni, avere successo come dentista (sotto tutti i punti di vista) era più facile del contrario. Non servivano né marketing, né controllo di gestione, né organizzazione per processi.
In sostanza, adottare un sistema di aggregazione tra studi, come il Contratto di Rete, è un modo per modificare a nostro favore il contesto di mercato in cui siamo inseriti.
Staremo a vedere.
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