Il Pricing è un processo delicato per lo studio dentistico perchè ha come scopo la definizione di una tariffa corretta delle prestazioni erogate. Ma corretta per chi? rispetto a cosa? Intorno alla questione tariffaria ruotano temi etici, economici, organizzativi, sociali e molto altro ancora. Inoltre ogni dentista ha aspettative e sensibilità diverse da tutti gli altri. In buona sostanza trattare il tema del pricing ci impone di mettere in discussione i valori del dentista come individuo, quelli dell’odontoiatria come comunità e quelli delle persone comuni come portatori di bisogni. Affrontiamo la questione con un atteggiamento laico lasciando la libertà a ciascuno di prendere solo ciò che gli piace.
La determinazione del prezzo di una prestazione odontoiatrica (come di qualunque altro prodotto sul mercato) è un processo per nulla banale che in gergo tecnico va sotto il nome di pricing.
Il Processo di Pricing investe trasversalmente lo Studio perché è funzione dei costi, i quali a loro volta sono funzione delle procedure cliniche, della tecnica, della competenza, delle abilità della qualità ricercata, dell’organizzazione interna, delle risorse umane, degli investimenti, e ancor più a ritroso, della vision, della mission, dei valori e degli obiettivi.
Nessuna area di attività dello Studio e nessuna persona che opera all’interno di esso può ritenersi esonerata o esclusa dal tema del Pricing. È bene sapere, a scopo puramente didattico, che il Processo di Pricing è ricompreso all’interno di una disciplina molto più ampia, che si chiama Marketing.
Rimandiamo alle letture sul Marketing le considerazioni generali sul pricing (posizionamento, leadership di mercato, segmentazione, benchmarking, concorrenza, value driven marketing, ecc.) per concentrarci su quelle strettamente pertinenti all’economia di uno studio ed alla Organizzazione per processi.
Nell’immagine che segue troviamo riassunti i principali modelli di pricing che andremo a descrivere sfruttando la guida fornitaci da D. Zatta (in: Le Basi del Pricing, 2009, Hoepli).
Questo prevede che si operi un incremento percentuale del costo sostenuto per la produzione. Un esempio di tariffario con mark-up del 15% potrebbe produrre il risultato seguente in termini di prezzi:
Dalla tabella, pur non essendo ancora visibile il guadagno, appare evidente che la media dei Costi Totali è di 205 € mentre la media delle Tariffe è 241 €, ovvero si realizza il mark up del 15% in media sul mix di produzione così come rappresentato.
Questo modello ha due grandi limiti:
Per questo, i professionisti non applicano quasi mai il modello di pricing mark up, che invece viene spesso utilizzato (sbagliando) dai player di mercato sanitario che non appartengono alla nostra categoria professionale (ovvero imprenditori e manager puri).
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In questo caso, si opera allineando i prezzi propri a quelli della concorrenza. È una operazione di benchmarking che comporta rischi rilevanti.
Ogni Studio, infatti, opera con criteri di qualità propri e con dinamiche organizzative del tutto singolari (anche in relazione ai costi dei fornitori). Questo implica che studi diversi possano fornire prestazioni della stessa qualità a costi di produzione e gestione diversi. Analogamente, studi diversi possono produrre prestazioni di qualità diversa (clinica ed organizzativa) agli stessi costi degli altri.
La conseguenza è che:
ancorare i prezzi delle proprie prestazioni alla qualità degli altri e/o ai loro costi di produzione è sempre una cattiva scelta: prezzi troppo bassi rispetto ai costi porterebbero al default dello Studio, prezzi troppo alti rispetto alla qualità erogata e/o percepita dal paziente porterebbero alla emarginazione dal mercato.
Non è da escludere che qualcuno di noi, operando a caso con il metodo di pricing del benchmarking non riesca nell’eroica e sventurata impresa di compiere entrambe le operazioni precedenti contemporaneamente.
È importante ricordare che il modello del benchmarking si applica involontariamente ogniqualvolta accettiamo un tariffario imposto da una controparte (Terzo pagante, Stato, Assicurazione, Fondo, ecc.).
Un esempio di quello che potrebbe accadere lo ritroviamo nella tabella che segue, nella quale abbiamo voluto riportare le tariffe proposte da una nota compagnia di assicurazioni nel 2021 ed accettate da moltissimi Studi:
In un sistema economico come quello descritto, l’accettazione del benchmark tariffario in questione porterebbe alcune prestazioni a generare uno scarto negativo tra tariffa applicata e costi totali, altre a generare profitto. Complessivamente, se questo pannello fosse indicativo del mix di produzione abituale di uno Studio, mediamente ogni prestazione avrebbe un Costo Totale di 186 € e un ticket di 194 €, quindi un saldo positivo, per quanto risicato, di 8 €.
Qui dobbiamo porre attenzione ad almeno due rischi importanti:
I due rischi appena descritti hanno ancora una valenza positiva se confrontati con l’ipotesi drammatica che il dentista (per l’indolenza tipica di chi non ha voglia di costruire un tariffario ragionato e personale o per la presunzione di chi ancora ritiene che nel nostro mondo conti solo la bravura tecnica), adottando il tariffario altrui, non sia neppure consapevole di quanto abbiamo appena descritto (salvo poi recitare le geremiadi ogni fine anno).
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Con questo modello, si persegue la cosiddetta strategia di penetrazione del mercato: non ci si concentra tanto sul risultato economico della prestazione ma sulla quota di mercato che si riesce ad acquisire, sottraendola alla concorrenza.
In questi casi, il prezzo o tariffa viene posto ad un livello così basso che diventa il più attraente sul mercato tra tutti i competitor diretti. Quasi sempre questo prezzo è inferiore ai costi totali della prestazione o di un insieme di prestazioni (es. preventivo).
È così che parte la guerra tra poveri nella quale nessuno vorrebbe recitare la parte dell’attore principale. Uno scenario potrebbe essere rappresentato, nel nostro esempio, dalla tabella seguente:
Lo scenario è, in questo caso, di pura fantasia, realizzato al solo scopo di dare un esempio concreto al concetto. Dopo l’abolizione delle tariffe minime, infatti, non esiste più un limite basso oltre il quale non sia possibile fissare la tariffa di una prestazione. Siamo finalmente liberi di farci del male quanto vogliamo!
È evidente che ogni singola Tariffa standard risulta di valore inferiore al Costo Totale standard di ciascuna prestazione. La media non potrà che rispecchiare lo stesso risultato, qualunque sia il mix di produzione reale. Le eventuali variazioni sul tema saranno più o meno gravi, ma sempre in territorio negativo se pensiamo alla differenza tra i due valori.
Inutile dire che quando l’attività produce bilanci certamente di segno negativo, maggiore è la produzione, maggiore sarà la perdita da coprire: più alto è il numero delle prestazioni erogate, più alto sarà il debito che il dentista (o la società) contrae.
Questo modello di pricing è estremamente pericoloso per un dentista comune di dimensioni medie o piccole, soprattutto quando discende da accordi contrattuali assunti con terzi paganti. E sarà tanto più pericoloso quanto maggiore è la quota percentuale di pazienti convenzionati rispetto a quelli privati. In questi casi (si può scommettere!) il mix di produzione sarà fortemente sbilanciato verso prestazioni caratterizzate da più frequente esecuzione e peggiore risultato economico. Infatti, a queste condizioni, dei tre interlocutori (dentista, terzo pagante e paziente) gli ultimi due ottengono un beneficio economico a spese del primo.
Tuttavia, questo modello potrebbe anche essere impiegato con successo, in particolari condizioni e realtà d’impresa con le seguenti caratteristiche:
Si tratta, in termini semplificati, di tutti quei casi in cui le grandi aziende mettono in atto strategie di dumping (offerta di prestazioni o di beni ad un prezzo inferiore al costo di produzione) al solo fine di mettere fuori mercato i concorrenti (spesso tanti piccoli operatori) e acquisire quote di mercato rilevanti. Una volta raggiunto l’obiettivo, l’azienda in questione avrà modo di recuperare le perdite sofferte nel periodo aumentando i prezzi in modo tale da assorbirle o capitalizzando tali perdite in una logica di investimento. E’ in sostanza quello che è accaduto con la Grande Distribuzione (supermercati e ipermercati) negli anni ‘80.
I rischi per il dentista comune, che non abbia le caratteristiche sopra descritte, sono i seguenti:
Se sei un dentista e vuoi farti del male, molto male, questo è il modello di pricing più adatto.
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Con questo modello di pricing, diametralmente opposto al precedente, si punta ad una strategia caratterizzata da prezzi molto alti per scremare i clienti.
Il modello del bene di lusso deve essere ancorato ad un concetto di qualità percepita molto alta cui faccia riscontro, nel lungo periodo, una qualità reale analoga. Questa strategia si rivolge ad un mercato molto ristretto: il paziente d’élite, e prevede di alimentare un senso di appartenenza e di riconoscimento sociale che non è alla portata di tutti.
Il modello del bene di lusso è molto adatto a contesti particolari di posizionamento sia del brand che propriamente fisico e geografico dello Studio. Non si può pensare di essere il dentista dei divi di Hollywood con uno studio collocato in una periferia degradata, né si può pensare che un Dentista a Zelo Buon Persico possa rivolgersi esclusivamente ai manager dell’alta finanza.
In linea generale:
La strategia di qualità, con il connesso vantaggio di qualità, è la capacità dello Studio di imporre un premium price per le prestazioni superiore ai costi sostenuti per differenziarli, cioè dotarli di caratteristiche uniche che abbiano un valore aggiuntivo per i pazienti. Tale strategia è tipica di settori in cui i prodotti sono fortemente personalizzati e la concorrenza è soprattutto concorrenza sulla qualità percepita.
Per questo motivo, molti studi dentistici di grande valore e prestigio (reale e percepito) hanno avuto successo con questa strategia.
Di seguito, la nostra tabella di riferimento con la colonna relativa alla tariffa, compilata con il criterio di pricing del bene di lusso:
Il sistema è stato realizzato in modo tale che la tariffa superi ampiamente il valore dei costi di ciascuna prestazione, ben oltre il legittimo margine di guadagno che ciascuno di noi si aspetta di ricevere. Anche questa è una elaborazione di fantasia, che lascia aperta la porta ad infinite variazioni, perché non c’è un limite massimo oltre il quale non sia possibile fissare la tariffa di una prestazione.
In questo caso, il messaggio che viene inviato al paziente è il seguente: “nessun altro Studio è in grado di darti prestazioni e servizi al nostro livello e tu appartieni ad una ristretta cerchia di persone che se lo può permettere!”
Poiché nel modello di pricing dei beni di lusso il concetto del premium price viene portato all’estremo, dobbiamo comunque considerarne i potenziali rischi:
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Il Modello del Profitto Obiettivo rappresenta (per noi) il gold standard per uno Studio dentistico. Si prefigge come obiettivo di pricing il raggiungimento di un livello atteso di profitto.
In questo senso, a prima vista, sembrerebbe simile al modello Mark Up, citato all’inizio. In realtà è sostanzialmente diverso, perché aggiunge la possibilità di differenziare il margine ricercato in modo individuale per ogni prestazione o insieme di prestazioni (tipicamente il listino per branca, più raramente un preventivo), senza utilizzare un margine percentuale uguale per tutte le prestazioni.
Facciamo qualche esempio tratto dalla clinica:
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Volendo descrivere il metodo del profitto obiettivo in termini di processo possiamo farlo come illustrato nella immagine seguente:
La logica di fondo di questo processo di pricing è che si stimano prima i costi totali standard della prestazione. Questi andranno a costituire la base di calcolo sotto la quale non scenderemo mai.
Quindi, ciascuno di noi, secondo la propria sensibilità e secondo i propri valori, andrà ad aggiungere a quella base uno più dei seguenti:
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