Il credito di imposta per sanificazione è un beneficio importante per i dentisti. A differenza di altri provvedimenti, questo sembra costruito su misura per l’attività odontoiatrica. Una lettura attenta di tutte le opportunità che offre rende meno amaro il ricordo di uno dei periodi più neri della nostra storia umana e professionale. La normativa, una volta tanto, è stata chiara e tempestiva.
Nel corso dell’anno 2020 il legislatore è intervenuto per ben tre volte consecutivamente sul tema delle agevolazioni fiscali per le spese di sanificazione.
Tale tipologia di costi è da sempre al centro delle attenzioni dei dentisti per la natura specifica della nostra attività e per i rischi che comporta (soprattutto il rischio biologico): per noi, per i nostri collaboratori o dipendenti, e per i pazienti.
Abbiamo tentato di riassumere in modo chiaro la normativa e soprattutto di declinarla nella nostra realtà odontoiatrica, affinché gli eventuali vantaggi possano essere colti dai colleghi che gestiscono uno studio.
Per chi non avesse dimestichezza con il concetto di credito di imposta raccomandiamo la lettura dell’articolo precedente su questo argomento.
Il primo intervento a prevedere benefici fiscali in tema di sanificazione è stato il Decreto Legge 17 marzo 2020, n.18 (Cura Italia). In particolare l’art. 64 ha il merito di aver introdotto per la prima volta il Credito d’imposta per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro.
Il testo disponeva quanto segue:
Allo scopo di incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio del virus COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione è riconosciuto, per il periodo d’imposta 2020, un credito d’imposta, nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020.
Tre settimane dopo il governo pubblica un nuovo provvedimento con il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 , detto anche Decreto liquidità (già trattato altrove in questo blog). L’art. che ci interessa ora è il n. 30, dal titolo Credito d’imposta per l’acquisto di dispositivi di protezione nei luoghi di lavoro.
Mentre prima si parlava solo di spese di sanificazione di ambienti e strumenti, ora vengono aggiunti i dispositivi di protezione individuali (DPI). Il testo dell’articolo ci chiarisce che la novità introdotta è una estensione dei benefici già previsti in precedenza, ma lascia inalterati gli importi di spesa e la percentuale. Si legge infatti:
Al fine di incentivare l’acquisto di attrezzature volte a evitare il contagio del virus COVID-19 nei luoghi di lavoro, il credito d’imposta di cui all’articolo 64 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, trova applicazione secondo le misure e nei limiti di spesa complessivi ivi previsti, anche per le spese sostenute nell’anno 2020 per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.
Passa poco più di un mese ed il legislatore interviene nuovamente con il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto rilancio). Questa volta il nostro interesse si concentra sull’art. 125, che salomonicamente abroga i due articoli precedenti e li riunisce in un titolo solo: Credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione.
Nel paragrafo seguente esaminiamo l’articolo 125 perchè è quello che detta le regole attuali sul beneficio sanificazione.
Nell’art. 125, al comma 1, si legge quanto segue:
Al fine di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del virus Covid-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni, […], spetta un credito d’imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno 2020.
Rispetto ai decreti precedenti ci sono dunque due buone notizie:
Quali sono le spese che possono beneficiare del credito di imposta per sanificazione?
Al comma 2 dell’art. 125 si legge quanto segue:
Sono ammissibili al credito d’imposta di cui al comma 1 le spese sostenute per:
- la sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività;
- l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea;
- l’acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti;
- l’acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui alla lettera b), quali termometri, termo scanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione;
- l’acquisto di dispositivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione.
E’ evidente come le spese elencate rientrino perfettamente nelle dinamiche operative di uno studio dentistico, tanto che ciascuno di noi ha certamente sostenuto tutti questi costi. Più avanti descriveremo come ciò si traduca in un legittimo risparmio fiscale.
Un po’ più spinosa, invece, è la corretta individuazione di altri tipi di spesa che nel testo non sono elencati in modo esplicito ma che rispondono al tenore generale della legge e quindi potrebbero essere ricompresi.
Facciamo alcuni esempi concreti: le cuffiette protettive per il capo non sono menzionate, ma sono sicuramente ricomprese. Peraltro il loro costo è piuttosto contenuto e quindi il rischio ad una errata interpretazione della norma è relativamente basso.
Cosa dire invece di strumenti o apparecchiature, realizzate e installate ai soli fini di sanificazione e dai costi elevati (es. autoclavi, termo disinfettori, sistemi di filtraggio dell’aria o delle acque)? Come possiamo fare a capire se tali spese sono ricomprese oppure no?
Lo stesso legislatore rinvia l’applicazione pratica del decreto alla Agenzia delle Entrate.
Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, al fine del rispetto del limite di spesa di cui al comma 1.
La prima Circolare n. 20/E della Agenzia delle Entrate arriva, puntualmente, il 10 Luglio. Vediamo insieme cosa si prescrive in questo documento.
Correttamente l’Ade rivolge l’attenzione sul primo punto elenco del comma 2 dell’art. 125 sopra citato, laddove si dice che:
Il comma 1 dell’articolo 125 prevede che il credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione spetta in relazione alle «spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti».
La nostra attenzione si deve concentrare su questo passaggio. L’AdE sottolinea che:
[…] la norma non fa riferimento in modo specifico all’“acquisto” (e, quindi, a modalità di approvvigionamento del bene o del servizio da economie terze), l’attività di sanificazione, in presenza di specifiche competenze già ordinariamente riconosciute, può essere svolta anche in economia dal soggetto beneficiario, avvalendosi di propri dipendenti o collaboratori, sempre che rispetti le indicazioni contenute nei Protocolli di regolamentazione vigenti, come attestato da documentazione interna.
Il senso positivo di questo passaggio è duplice:
L’Ade precisa anche come fare a calcolare l’importo che deve essere inserito nel beneficio fiscale quando le attività sono svolte dai dipendenti. Il meccanismo è condivisibile e piuttosto semplice:
In questo caso, l’ammontare della spesa agevolabile può essere determinata, ad esempio, moltiplicando il costo orario del lavoro del soggetto impegnato a tale attività per le ore effettivamente impiegate nella medesima (documentata
mediante fogli di lavoro interni all’azienda).
Negli studi dentistici le spese di sanificazione sono già ordinariamente sostenute indipendentemente dalla presenza del Covid oppure no, atteso che il rischio biologico nella nostra realtà ha da sempre una attenzione particolare.
Ebbene l’Ade pur riconoscendo tale situazione chiarisce che anche in questo caso le spese sono ammissibili al beneficio del credito di imposta, anche se non rivestono caratteristiche di straordinarietà rispetto all’emergenza in atto. Infatti si legge:
Per talune attività, le spese di sanificazione (degli ambienti e degli strumenti), in quanto costituenti spese ordinarie in relazione alla natura dell’attività esercitata (come, per esempio, nel caso di studi odontoiatrici, centri estetici, etc.) possono essere già previste, a prescindere dall’emergenza epidemiologica da Covid-19. Anche in tal caso – purché si tratti di spese sostenute dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020 -, le stesse rilevano ai fini della determinazione del credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione.
Tutto ciò significa, per esempio, che le attività ordinarie di sanificazione o sterilizzazione, anche eseguite da personale interno appositamente formato a questo scopo (o comunque dedicato), come per esempio quella delle Aso e/o dell’infermiere professionale, possono essere ricondotte al beneficio fiscale del credito d’imposta nel 2020.
Ora si tratta di individuare quali siano i beni strumentali riconducibili alla sanificazione in generale o alla sanificazione dello studio dentistico in particolare.
L’Ade si limita ad affermare quanto segue (e non è molto più di quanto dica il decreto legge):
Con riguardo alle attrezzature, atteso che le stesse possono avere non solo un impiego sanitario, ma anche altre finalità e rientrare tra i beni già utilizzati ante Covid-19, per adempiere ad obblighi di sicurezza sul lavoro, le spese relative alla sanificazione di cui all’articolo 125 di detti strumenti concorrono alla determinazione del credito d’imposta in esame. Ciò in quanto:
- la norma, nel suo dato letterale, si riferisce agli «strumenti utilizzati nell’ambito» dell’attività lavorativa e istituzionale, non distinguendo tra uso sanitario o altro uso, sempre che l’attrezzatura sia inerente all’attività oggetto di agevolazione;
- la finalità del legislatore è quella di contenere, limitare il propagarsi del virus SARS-CoV-2, a prescindere dagli impieghi degli strumenti nell’ambito dell’attività agevolabile.
Dobbiamo qui rilevare una carenza importante in tutti i documenti ufficiali che abbiamo citato: da nessuna parte si definisce cosa si intenda con il termine “sanificazione”. L’importanza di una definizione esplicita ed univoca è rilevante se pensiamo a tutte le ipotetiche attività di controllo mirate a verificare l’inerenza del bene o del servizio acquistato rispetto all’ambito di applicazione oggettivo.
Abbiamo dunque fatto una ricerca sull’argomento, non tanto dal punto di vista etimologico, quanto piuttosto da quello giuridico ed abbiamo trovato un precedente importante.
La legge di riferimento è la Legge 25 Gennaio 1994, n. 82. In particolare nell’art. 1, ancorché in un contesto completamente diverso da quello attuale, si scrive che:
Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti, agli effetti della presente legge: le attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione.
Sono attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore.
Possiamo escludere le altre, ancorché ricomprese nel concetto di sanificazione perchè non attinenti con la ratio legis sul credito di imposta per il contrasto al coronavirus, poichè questo, a quanto risulta, non è legato al rumore, alla illuminazione, all’umidità, alla temperatura o alla presenza di altri microorganismi o organismi infestanti.
Una volta emendato il testo del superfluo, proviamo a considerare quali strumenti comunemente in uso presso uno studio dentistico sono specificamente dedicati alla pulizia, alla disinfezione o a miglioramento delle condizioni climatiche.
Un elenco provvisorio potrebbe essere il seguente:
E’ molto probabile che questo elenco sia incompleto.
Il credito di imposta per sanificazione può essere applicato sia dai dentisti che usano forme tradizionali di svolgimento della professione (studio monocratico e studio associato), sia dalle vere e proprie attività di impresa odontoiatrica come la Srl Odontoiatrica (o la Stp Odontoiatrica).
La legge non fa alcuna distinzione in merito al regime fiscale applicato dal beneficiario, pertanto il credito d’imposta si applica anche a:
Il beneficio fiscale corrisponde al 60% dell’importo sostenuto e riconosciuto. Questo significa che ogni 100 € spesi per sanificazione 60 € sono agevolabili.
Il massimo importo di cui si possa beneficiare è 60.000 €, questo significa che l’importo di spesa massimo agevolabile è di 100.000 €.
Questo è confermato anche dalla Agenzia, che infatti scrive:
Il limite massimo (60.000 € per beneficiario) è riferito all’importo del credito d’imposta e non a quello delle spese ammissibili. Ne deriva che il credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione spetterà nella misura del 60% delle spese ammissibili sostenute, ove l’ammontare complessivo delle stesse sia inferiore o uguale a 100.000 euro. Diversamente, nel caso in cui dette spese siano superiori a tale ultimo importo, il credito spettante sarà sempre pari al limite massimo di 60.000 €.
Da notare che il beneficio è applicabile anche agli acquisti effettuati prima del 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del Decreto), purché effettuati nell’anno 2020 (per cassa o per competenza a seconda del criterio adottato dal beneficiario).
Una considerazione molto importante per i dentisti è quella relativa all’Iva. Come noto le prestazioni sanitarie erogate da medici e dentisti sono esenti IVA e conseguentemente l’IVA sui costi sostenuti non è fiscalmente detraibile (se non parzialmente nei casi di pro-rata).
A questo proposito l’Agenzia precisa che:
ai sensi del menzionato articolo 110 del TUIR, l’IVA
indetraibile va inclusa nel costo fiscale dei beni cui commisurare il credito d’imposta qui in esame, come avviene per gli oneri accessori capitalizzabili all’investimento principale.
Una buona notizia!
Nessuna notizia invece relativamente alla cumulabilità dei benefici, ma forse anche questa è una buona notizia, nel senso che nè il legislatore nè l’Agenzia sono entrati nel merito. Ergo non è esplicitamente escluso e ciò che la legge non vieta esplicitamente, di solito è lecito.
Questo significa che uno stesso bene potrebbe essere contemporaneamente beneficiario di più benefici fiscali. Facciamo un esempio pratico e molto diffuso.
Una srl odontoiatrica operante in Sicilia, che nel 2020 acquisti una autoclave interconnessa con i sistemi di fabbrica e con i requisiti della tracciabilità dei lotti di produzione potrei, nello stesso esercizio, potrebbe godere dei seguenti crediti di imposta:
tutto ciò ovviamente, portando in deduzione al 100% i costi sostenuti dall’imponibile.
In realtà, negli altri provvedimenti, il legislatore ha esplicitamente ammesso la cumulabilità dei benefici fiscali del credito di imposta, con una sola limitazione comprensibile: che il beneficio fiscale non fosse superiore al valore complessivo del bene.
Proviamo a fare dei numeri concreti. Supponiamo che una autoclave costi 5.000 € + iva 22% = 6.100 €. Ai soli fini delle imposte sul reddito Ires dovremmo abbattere il costo commerciale del bene con i benefici fiscali potenziali. Potendoli cogliere tutti, il risultato potrebbe essere il seguente:
Per effetto di alcune limitazioni normative, come detto, questo risultato non è possibile. Ci si dovrà accontentare di raggiungere lo zero nell’ultima cella perdendo il credito … oppure cedendolo a terzi come di seguito indicato.
Ci sono diverse opzioni per mettere a frutto il beneficio fiscale legato alla sanificazione. Il credito derivante infatti è utilizzabile nei modi seguenti:
E’ bene infine ricordare che, secondo il comma 3 dell’articolo 125, il credito
d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione non
concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Le modalità per avere accesso al beneficio fiscale sono state descritte nel Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate pubblicato nella stessa data della circolare.
Le regole di ingaggio sono descritte nel dettaglio del documento originale sopra linkato. Di seguito una sintesi:
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