Quella del rischio biologico è una nuova sfida per il settore odontoiatrico che non può essere persa: una opportunità per una rivoluzione gestionale per affrontare e superare l’emergenza attuale, ma anche una condizione di rischio abituale nello studio dentistico.
La gestione del rischio biologico non è una novità per gli studi odontoiatrici, già chiamati ad adottare misure di prevenzione per prevenire possibili infezioni nei pazienti e nei collaboratori (si pensi all’AIDS, all’epatite, ecc.). È indubbio, tuttavia, che il tema del rischio biologico è tornato di attualità in questo periodo emergenziale legato alla pandemia del COVID-19 e che le specifiche modalità di diffusione del virus introducono nuovi rischi che necessitano misure di contrasto diverse dal passato.
Non possiamo poi sottovalutare il fatto che la percezione dello studio odontoiatrico come luogo sensibile per un potenziale contagio si sta diffondendo tra i pazienti, che vogliono e devono essere rassicurati circa l’adeguata protezione dei locali ambulatoriali. Anzi, si potrebbe persino ipotizzare che la sicurezza dello studio dentistico possa diventare un criterio di scelta da parte dei pazienti, sempre più attenti e preparati a valutarne gli indicatori.
Secondo la definizione del decreto legislativo 81/2008 (articolo 267):
Il rischio biologico rappresenta la possibilità di ammalarsi in conseguenza dell’esposizione a materiali o fluidi potenzialmente infetti. Allergie, intossicazioni, infezioni, contagi, ecc, rappresentano elementi che se posti in correlazione alle mansioni lavorative e ai luoghi di lavoro di uno Studio Odontoiatrico, derivando dall’incontro della persona con microrganismi che si propagano o meno nella comunità, possono comportare un rischio per la salute e per la sicurezza.
Nel Settore odontoiatrico la presenza di agenti biologici ha il carattere di epifenomeno indesiderato ma inevitabile.
Gli agenti biologici a cui può̀ essere esposto accidentalmente il personale dello studio dentistico (non essendo previsto un loro utilizzo deliberato come nei casi dei laboratori di ricerca) sono riportati nei casi di esposizione da rischio generico aggravato o rischio da esposizione aggravata ai sensi dell’Art. 268 del per gli agenti contemplati nell’Allegato XLVI del D. Lgs. 81/2008
Gli agenti biologici vengono classificati in 4 gruppi, in ordine ascendente a seconda che gli agenti stessi riescano a propagarsi o no in una comunità e a seconda del fatto che per essi esistano antidoti o misure profilattiche o terapeutiche adeguate.
L’International Committee on Taxonomy of Viruses ICTV riconosce formalmente il Coronavirus come una “sorella” della sindrome respiratoria SARS-CoVs, appartenente alla famiglia dei Coronaviridae. L’Allegato XLVI del D. Lgs. 81/08 classifica i virus appartenenti alla famiglia Coronaviridae come agenti biologici del gruppo 2.
Il virus SARS-CoV 2 è stato identificato nella saliva dei pazienti infetti già nei primi studi condotti dal Chinese Center for Disease Control and Prevention (Li et al. 2020).
Nel gennaio 2020, la National Health Commission of China ha aggiunto COVID-19 alla categoria delle malattie infettive del gruppo B, che include SARS e la Febbre aviaria. Tuttavia, l’Autorità cinese ha anche suggerito a tutti gli operatori sanitari di utilizzare misure di protezione simili a quelle indicate per il gruppo A, tipicamente agenti biologici altamente infettivi.
A causa delle apparecchiature e degli ambienti odontoiatrici, il rischio di infezioni crociate può essere particolarmente elevato tra dentisti e pazienti. Per gli studi dentistici di tutto il mondo (l’epidemia è diventata una pandemia), sono urgentemente necessari protocolli rigorosi ed efficaci per il controllo delle infezioni. A causa delle caratteristiche uniche delle procedure odontoiatriche caratterizzate dalla presenza significativa di droplet e di aerosol, le misure di protezione standard nel lavoro clinico quotidiano non possono essere sufficienti per prevenire la diffusione di COVID-19.
La prima misura da adottare è la valutazione dei rischi, prevedendo un addendum alla valutazione del rischio biologico che tenga conto della tipicità del cosiddetto rischio generico aggravato, o rischio da esposizione potenziale, nel caso in cui in funzione della mansione e del luogo di lavoro, il lavoratore sia esposto ad un aggravamento del rischio (rischio generico aggravato All. XLIV del d.lgs. 81/08).
Il Titolo X – Esposizione ad agenti biologici – del D. Lgs 81/2008 e s.m.i. delinea gli obblighi in capo al datore di lavoro in riferimento alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori che comprendono misure tecniche, organizzative, procedurali, igieniche, di emergenza, di informazione e formazione, di sorveglianza sanitaria; tali misure vanno adottate in riferimento alla valutazione dei rischi. Quest’ultima deve tener conto altresì (art. 271, c. 1, e):
“delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio”
come è l’attuale situazione di emergenza epidemica da SARS-CoV-2.
I lavoratori sono tenuti al rispetto di tutte le misure di prevenzione individuate, in aderenza agli obblighi di cui all’art. 20 del D. Lgs 81/2008 e s.m.i.
Il c. 1 dell’art. 20 del citato decreto, secondo cui:
“ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti su luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni…”
applicato al contesto del settore sanitario evoca la riflessione sulla stretta relazione tra la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e la gestione del rischio clinico, ancora più pregnante e critica in situazioni di gestione di epidemie. Pertanto, è auspicabile un approccio integrato che includa la valutazione e la gestione dei rischi, la formazione, l’informazione, la sensibilizzazione, la comunicazione ed il monitoraggio nel tempo, anche nell’ottica di un miglioramento continuo dell’organizzazione del lavoro
È il caso di aggiungere che l’analisi del rischio coronavirus non può essere generica, così come non può essere generica l’individuazione delle relative misure di prevenzione e protezione.
Ecco l’ultimo insegnamento impartito dalla Cassazione: Cass. 20 febbraio 2020, n. 6567:
“Il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 d.lgs. n. 81/2008, all’interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata”.
Secondo la Suprema Corte deve trattarsi di rischi ragionevolmente prevedibili, di rischi, quindi, che possano essere individuati con la diligenza richiedibile al Datore di Lavoro.
In forza dell’art. 28, comma 2, D. Lgs. n. 81/2008, il DVR, oltre all’analisi del rischio coronavirus, deve contenere l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione adottate contro tale rischio.
Le misure da adottare, oltre alla valutazione dei rischio, sono quelle tipiche di un Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro già previste dall’art.30 del D. Lgs 81/08 per la prevenzione dei reati amministrativi ex Dlgs 231/01:
Le esperienze applicative oggi disponibili a cui ispirarsi per adottare un vero e proprio Modello Organizzativo della Bio-protezione sono le Linee Guida UNI INAIL (2001) e la norma ISO 45001:2018.
Un grosso impulso alla diffusione di questa metodologia gestionale è stato dato dal già citato art. 30 del D.lgs 81/08 che riporta entrambi questi riferimenti quali “conformi per le parti corrispondenti” per la definizione di un Modello Organizzativo e Gestionale con efficacia esimente ai sensi della c.d. Legge 231. Tali approcci potrebbero essere interpretati e adattati alla tipicità e alle dimensioni di uno Studio Odontoiatrico, tenendo conto delle responsabilità dei Datori di Lavoro per la prevenzione del contagio da COVID 19.
Il contagio da COVID 19 all’interno dello Studio Odontoiatrico deve essere trattato come infortunio sul lavoro, come tra l’altro stabilito anche dall’art. 42 del D.L. 18/2020 (Decreto Cura Italia), e ciò potrebbe essere fonte di responsabilità del datore di lavoro, anche di natura penale, e di natura amministrativa per lo studio, ai sensi del sopra menzionato d.lgs. 231/2001.
Lo studio potrebbe essere sanzionato, con sanzioni di natura pecuniaria e interdittive, nel caso l’infortunio sia dovuto alla disapplicazione di norme in materia di sicurezza sul lavoro e la medesima abbia generato un vantaggio in termini di risparmio di costi.
E’ evidente che, la responsabilità penale del datore di lavoro non discende automaticamente dall’infortunio COVID-19, ma dalla sussistenza di profili soggettivi del dolo o della colpa (come recentemente sottolineato dalla nota INAIL del 15/05/20 ) in base alla quale il datore di lavoro risponde penalmente e civilmente delle infezioni di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa.
La normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro pone, infatti, in capo al datore di lavoro l’obbligo giuridico di evitare il contagio all’interno dello studio odontoiatrico attraverso l’adozione delle misure di prevenzione emergenti dalla valutazione dei rischi o comunque imposti dalle normative, per esempio quelle emesse durante la fase emergenziale. Tali misure devono essere applicate sia a beneficio dei lavoratori, sia di tutti coloro che possono accedere allo studio ed in primis i pazienti.
E’ fondamentale, quindi, essere in grado di dimostrare di aver fatto quanto necessario per la gestione del biohazard al fine di limitare il rischio di incorrere in responsabilità (sia in capo al datore di lavoro, sia alla struttura di riferimento) che potrebbero derivare dalla negligente omissione di misure di sicurezza soprattutto in relazione ad operazioni ad alto rischio degli studi odontoiatrici in presenza di aerosol.
Fondamentale, in questo contesto, non solo focalizzarsi sulla implementazione delle misure di protezione ma dotarsi degli strumenti che consentano una corretta gestione del rischio biologico, anche attraverso attività di costante verifica del proprio operato.
Tradotto in un linguaggio più tecnico occorre adottare un approccio gestionale al rischio che parta da una verifica delle misure adottate, valuti i gap rispetto ai requisiti normativi e preveda la stesura di procedure e prassi operative a garanzia ed a controllo della compliance.
Il sistema di gestione per il rischio Covid deve considerare i rischi che insistono in modo specifico sugli studi odontoiatrici adeguando le procedure a tale contesto. E’ chiaro che le procedure dovranno poi essere anche efficacemente applicate dagli operatori dello studio e ciò si potrà ottenere attraverso una formazione specifica sui comportamenti da adottare.
Non ci sono ovviamente regole su questo aspetto, potrebbe essere lo stesso studio dentistico a prevedere una periodica verifica delle misure adottate, anche avvalendosi di professionisti e consulenti.
Ma in alcuni casi c’è anche la possibilità di far verificare la conformità del proprio sistema di gestione ad un soggetto esterno quale un ente di certificazione accreditato. Questa soluzione, rispetto alla precedente, consente allo studio odontoiatrico di poter dimostrare la verifica da parte di un soggetto imparziale, a maggior garanzia, sia verso l’esterno sia di eventuali autorità ispettive, dell’efficacia delle misure adottate.
Ovviamente si, sul mercato si stanno diffondendo schemi di certificazione per la gestione del rischio biologico, alcuni dei quali specifici per il settore odontoiatrico. Si tratta generalmente di schemi di certificazione proprietari nati all’interno di realtà consulenziali integrando alle migliori pratiche e linee guida del Settore Odontoiatrico lo schema dei modelli di certificazione ISO/IEC 17065:2012 “Conformity assessment – Requirements for bodies certifying products, processes and services”.
Per certificarsi occorre individuare lo schema di certificazione di proprio interesse e contattare l’ente di certificazione ad esso associato all’esito delle attività di adeguamento ed implementazione.
Non si tratta ovviamente di un obbligo ma di un’opportunità da valutare che richiede costanza e determinazione. La certificazione è una soluzione tesa a dimostrare l’impegno e l’attenzione dello Studio odontoiatrico alla sicurezza dei pazienti e dei collaboratori della struttura, che prescinde dalla fase emergenziale in corso e apre ad una nuova era nella quale le misure adottate diventeranno uno strumento di prevenzione di future emergenze e criterio di scelta da parte della clientela.
Secondo una indagine condotta dall’Osservatorio Accredia e da INAIL nel 2018 il passaggio delle aziende da un livello di sicurezza base a un livello di sicurezza certificato comporta una riduzione pari a circa il 16% degli infortuni, che nel 40% dei casi sono meno gravi rispetto a quelli che avvengono nelle imprese non certificate.
Come sottolineato dal presidente dell’INAIL, Massimo De Felice,
“la normazione tecnica volontaria è un ausilio prezioso”, perché “potenzia la legislazione, fornisce documenti guida che definiscono gli interventi da adottare e i criteri per garantirne l’affidabilità, stabilendo i livelli di prestazione nei settori commerciali, industriali e del terziario, a tutela della sicurezza dei lavoratori, dell’ambiente e dei consumatori”.
Con la certificazione, ha spiegato De Felice,
“è garantito il rispetto delle norme, documentata la qualità dell’impresa, correttamente tutelata la competitività. Sono tutti mezzi e azioni che contribuiscono, in grande, al miglioramento del sistema socio-economico”.
La messa in campo delle misure di prevenzione e protezione nel settore odontoiatrico non possono ridursi solo ad acquistare le mascherine più adatte o il disinfettante più efficace.
Serve per affrontare questa emergenza un approccio manageriale, appunto un sistema di gestione meglio se certificabile.
Siamo di fronte ad una evoluzione della professione odontoiatrica, una sfida che questo settore tra i più esposti, dovrà saper affrontare mettendo in campo un approccio manageriale ed una visione gestionale.
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