Quando Direttore Sanitario e Titolare di impresa coincidono si realizza l’unica forma di impresa sanitaria che non travalicherà mai le disposizioni deontologiche proprie del medico in favore del profitto e che, al contempo, non potrà mai rinunciare al profitto per poter continuare ad erogare prestazioni di qualità. Solo così si realizza l’equilibrio perfetto e necessario per il successo dell’impresa.
La figura del Direttore Sanitario, nella maggior parte dei dentisti, evoca scenari o suggestioni sgradevoli, legati principalmente agli ambienti professionali dove questo ruolo si è inizialmente affermato. Solitamente, infatti, i dentisti associano il Direttore Sanitario agli studi abusivi gestiti da odontotecnici oppure alle catene odontoiatriche che fanno capo alla cosiddetta grande distribuzione, gestiti da manager o imprenditori. In entrambi i casi il Direttore Sanitario non rappresenta altro che un elemento di copertura che sostanzialmente assolve alla funzione di sdoganare attività impresa travestite da studi dentistici.
Storicamente bisogna anche ammettere che tale immagine negativa dipende moltissimo dai comportamenti dei dentisti stessi (o dei medici) che si prestano alla funzione di copertura di attività posizionate ai limiti della legalità e dell’etica, se non decisamente oltre. Non è questo l’unico caso in cui i dentisti hanno molto da farsi perdonare, singolarmente e come categoria.
Tuttavia il ruolo del Direttore Sanitario rappresenta, nelle intenzioni di chi l’ha concepita, una delle funzioni più nobili e delicate che un professionista medico possa ricoprire.
A seconda delle circostanze specifiche in cui opera, è anche una delle attività più difficili che si possano svolgere. Vediamo insieme perchè.
A livello nazionale, il Direttore Sanitario è descritto in alcuni scarni e molto lacunosi riferimenti normativi mediante la denominazione più frequente di Direttore Tecnico. Se si esegue una ricerca sul web, per trovare tale normativa sarà più facile trovare indicazioni ufficiali facendo ricorso a questa seconda definizione piuttosto che alla prima.
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L’obbligo di istituire la figura del Direttore Sanitario o Tecnico ricorre ogniqualvolta una attività odontoiatrica (o medica in genere) venga svolta in forma impersonale (in forma societaria) ed il senso evidente di questa disposizione di legge è quello di fornire un organo di garanzia all’interno delle strutture che vigili affinché l’interesse alla salute del paziente sia sempre tutelato, ovvero che sia prevalente rispetto ad eventuali interessi diversi, come ad esempio quello economico. Tutto ciò sul presupposto che mentre il professionista è volontariamente vincolato ad un codice deontologico, l’impresa, per definizione, non lo è.
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Mentre infatti l’imprenditore sanitario persegue legittimi e doverosi interessi economici che garantiscano il successo e la solidità dell’impresa (e dei propri investimenti), lo Stato non si è dimenticato di assicurarsi che tali obiettivi non vengano conseguiti a discapito di un bene primario come quello della salute dei cittadini. L’asimmetria informativa insita nel rapporto medico paziente e la soggettività di alcune valutazioni cliniche aprono infatti la porta ad eventuali condizionamenti che il Titolare (laico o meno) di una impresa sanitaria potrebbe esercitare sul personale medico in essa operante: questo allo scopo di conseguire il maggiore profitto per l’impresa in vece del maggior beneficio per il paziente.
Ci sono situazioni in cui fare le scelte è particolarmente facile per un clinico, ma ce ne sono moltissime in cui tali scelte ricadono in una terra di confine fatta di dubbi e di incertezze (ad es. i casi borderline). E’ opportuno evitare che vi siano margini tali di aleatorietà all’interno di una struttura sanitaria adatte a trasformare le esitazioni in comportamenti opportunistici, ma soprattutto che questo accada in modo sistematico e preordinato.
Ecco, in sintesi, il motivo per cui il legislatore ha sentito il bisogno di creare la figura del direttore sanitario: egli svolge un ruolo di garanzia in seno alla struttura, controbilanciando il peso degli interessi economici laddove l’aleatorietà delle scelte cliniche o organizzative consentirebbero di penalizzare gli interessi primari del paziente.
In sostanza il Direttore Sanitario, pur pagato dalla struttura, ha lo scopo di limitarne l’orizzonte speculativo e ricondurre la governance alla sua mission principale che è la tutela della salute prima di ogni altra cosa.
Il Direttore Sanitario è dalla parte del paziente.
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Ovviamente può ricoprire la carica solo chi è iscritto ad un Albo presso l’Ordine Professionale di appartenenza. Nel caso delle Srl odontoiatriche è necessario che il professionista, indipendentemente dal titolo di laurea conseguito (Medicina e Chirurgia o Odontoiatria) sia iscritto all’Albo degli Odontoiatri. Con l’introduzione della Legge di Bilancio 2019 (art. 1, comma 5369, poi, è previsto che:
tutte le strutture sanitarie private di cura sono tenute a dotarsi di un direttore sanitario iscritto all’albo dell’ordine territoriale competente per il luogo nel quale hanno la loro sede operativa entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Dal tenore letterale della legge sembrerebbe che tale obbligo sia in capo alla struttura e non al professionista.
Tenuto conto del ruolo di garanzia sopra descritto apparirebbe scontato che Direttore Sanitario e Titolare d’Impresa siano due persone fisiche differenti: diversamente il bilanciamento dei poteri e delle finalità contrapposte risulterebbe difficile da conseguire. Un’apparente contraddizione è rappresentata dal fatto che, in una Srl Odontoiatrica costituita da dentisti, il ruolo di Direttore Sanitario e quello di Titolare di impresa (e quindi Manager) possono coincidere nella stessa figura: quella del dentista stesso.
Allo stato attuale della normativa pare che il legislatore non abbia sentito il bisogno di impedire che ciò accadesse e credo che vi siano state buone ragioni: quando Direttore Sanitario e Titolare di impresa coincidono si realizza l’unica forma di impresa sanitaria che non travalicherà mai le disposizioni deontologiche proprie del medico in favore del profitto e che, al contempo, non potrà mai rinunciare al profitto per poter continuare ad erogare prestazioni di qualità. Solo così si realizza l’equilibrio perfetto e necessario per il successo dell’impresa.
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Con l’introduzione della Legge di Bilancio 2019 era comparso l’obbligo per il Direttore Sanitario di essere iscritto nello stesso Ordine Professionale della provincia nella quale insiste la struttura sanitaria.
Precisamente, al comma 536 dell’Art.1, si leggeva:
Tutte le strutture sanitarie private di cura sono tenute a dotarsi di un direttore sanitario iscritto all’albo dell’ordine territoriale competente per il luogo nel quale hanno la loro sede operativa entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
L’impressione era che tale vincolo fosse stato inserito allo scopo principale di limitare l’uso improprio della pubblicità sanitaria e non di legare territorialmente il professionista al luogo della struttura. Era dunque opportuno che nel contratto anche questo aspetto venisse esplicitamente contemplato.
La norma è stata di recente abolita con l’approvazione in via definitiva della Legge europea 2019-2020 avvenuta alla Camera dei Deputati il 21 dicembre 2021.
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All’interno di una impresa (si tratti di Srl o di qualsiasi altra forma giuridica) il Direttore Sanitario è responsabile di un vasto numero di materie, sulle quali deve avere sviluppato competenze adeguate. Semplificando al massimo possiamo dire che il Direttore Sanitario di una struttura è responsabile, o quantomeno corresponsabile, di qualsiasi cosa accada all’interno della struttura. La presenza di due persone fisiche separate, uno Direttore Sanitario e uno Titolare di impresa, non ripartisce le responsabilità scaricandone ora una ora l’altra, ma, al contrario, raddoppia i destinatari di eventuali azioni di controllo o di richieste di risarcimento. In questo senso, la concentrazione delle responsabilità in una sola persona fisica riduce il rischio complessivo all’interno di uno studio dentistico ed è quindi più funzionale alla prevenzione dei contenziosi. Di fatto la coincidenza dei due ruoli realizza all’interno di una Società Odontoiatrica la stessa situazione che si verifica abitualmente in uno Studio dentistico tradizionale.
Volendo fare un elenco delle responsabilità del Direttore Sanitario possiamo indicare analiticamente le seguenti aree:
Attualmente non esiste un testo unico nazionale che definisca compiti e responsabilità del Direttore Sanitario. La maggior parte delle indicazioni di legge sono contenute in pacchetti legislativi che fanno riferimento alle più disparate materie: autorizzazione all’esercizio delle strutture sanitarie, sicurezza sul lavoro, tutela della privacy, manovre economiche, organizzazione del sistema sanitario nazionale, ecc, cui si aggiunge naturalmente il Codice di Deontologia medica. Come se non bastasse, la materia sanitaria è stata demandata alle singole legislazioni regionali le quali emanano delibere, circolari interpretative, linee guida o vere e proprie leggi regionali che molto spesso sono difformi tra loro se non in contrasto vero e proprio.
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Se il Direttore Sanitario abbia sufficiente potere, all’interno di una struttura sanitaria, per condizionarne l’attività è una domanda retorica. La risposta è no, almeno in tutti i casi in cui egli non sia anche il titolare dello studio oppure il suo amministratore. La questione dunque è rilevante: se il Direttore Sanitario non ha potere di comando all’interno dell’impresa, come può imporre comportamenti virtuosi e come può impedire che vengano commesse azioni contrarie alla legge o alla deontologia? E se le responsabilità di condotte illecite o indecorose ricadono (anche) su di lui, come può tutelarsi da ciò che fanno altri sui quali non ha potere di comando? Come è possibile definire Direttore chi di fatto non dispone di leve direzionali da impiegare?
Ebbene, se vogliamo inquadrare i compiti del Direttore Sanitario dobbiamo focalizzarci sulla sua funzione di consulente e di controllore piuttosto che su quella di esecutore vera e propria. Egli è tenuto a vigilare sulla propria area di competenza e, quando è il caso, segnalare eventuali criticità reali e potenziali. Possiamo dire che le sue responsabilità si esauriscono in questa duplice azione di controllo e segnalazione (possibilmente per iscritto). Il codice deontologico aggiunge anche che, qualora le segnalazioni effettuate all’amministratore delle struttura dovessero essere ignorate o disattese, il Direttore Sanitario è tenuto ad inoltrare la segnalazione all’Ordine di competenza il quale interverrà d’ufficio con azioni appropriate. Possiamo quindi affiancare un terzo step fondamentale, dopo il controllo e la segnalazione: la delazione agli organi competenti.
Detto che il Direttore Sanitario è esautorato da ogni potere esecutivo, proprio degli amministratori, non può però ritenersi indenne dalle responsabilità che gli competono per avere semplicemente vigilato e segnalato. Qualora fosse necessario egli deve denunciare la stessa società per cui lavora agli organismi di controllo ed eventualmente abbandonare l’incarico, affinché non si possa dire che vi sia una qualche forma di complicità appena dissimulata da notifiche o segnalazioni interne.
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Prima dell’entrata in vigore del cosiddetto DDL Concorrenza, approvato il 2 agosto scorso, non esisteva una risposta ufficiale a questa domanda, ma diversi riferimenti normativi da cui trarre indicazioni indirette. Va premesso che, in linea generale, il Direttore Sanitario, contrariamente a tutti gli altri professionisti medici o odontoiatri, ha un obbligo di risultato e non di mezzi. In altre parole egli non viene giudicato sulla base del tempo che realmente impiega nella esecuzione delle proprie funzioni, quanto piuttosto sul cosiddetto incident reporting ovvero sulla occorrenza o meno di episodi negativi. Va da sé che è impensabile che un Direttore Sanitario possa controllare tutte le aree di competenza sopra descritte dedicando alla struttura un tempo limitato oppure ricoprendo lo stesso incarico in un numero troppo elevato di strutture.
Per questo motivo in alcune Regioni, come ad esempio la Lombardia, la normativa prevedeva esplicitamente che un Direttore Sanitario non potesse ricoprire l’incarico in più di due strutture contemporaneamente e che quindi, implicitamente, almeno il 50% della sua attività lavorativa debba essere impiegato in ciascuna di esse. Che poi non sia scritto a quante ore effettive corrisponda il 50% dell’attività lavorativa, questo rientra nella lacunosità della legge e nel margine di discrezionalità (e di buon senso) del professionista.
Come detto, ora il DDL Concorrenza, pur omettendo di intervenire in modo organico sulla materia, ha almeno chiarito questo punto con una legge nazionale, da far valere dunque in tutte le regioni: l’incarico di direttore sanitario presso le strutture odontoiatriche deve essere unico. Quindi non è più possibile oggi ricoprire lo stesso incarico in più studi o cliniche contemporaneamente.
Non dubitiamo che questo provvedimento limiterà, almeno in parte, il fenomeno ancora dilagante dell’abusivismo odontoiatrico rendendo più difficile il reperimento della figura di Direttore Sanitario.
Un recente provvedimento normativo della Regione Toscana (che quindi si applica solo a quel territorio) prevede che il Direttore Sanitario che sia al contempo anche Odontoiatra, non possa dedicare all’attività professionale (presumibilmente quella di odontoiatra) più della metà del tempo di apertura della struttura. Con questo il legislatore ha inteso limitare (arbitrariamente) la possibilità di ricoprire contemporaneamente entrambi i ruoli per più del 50% del suo tempo.
Interessante in questo senso il commento dello Studio Stefanelli all’indomani della pubblicazione della Legge in questione:
Pertanto, se da una parte la decisione ha indubbiamente il merito di attribuire valore ed enfasi a una figura di direzione assolutamente fondamentale per garantire gli aspetti organizzativi, igienico-sanitari, burocratici e amministrativi necessari per il buon funzionamento della struttura; dall’altra, rischia di riservare alla direzione sanitaria un apporto (in termini di orario lavorativo) eccessivo rispetto all’impegno richiesto, soprattutto per i presidi meno strutturati, con degli inevitabili pregiudizi economici in capo al titolare dell’ambulatorio.
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Una delle domande più frequenti che mi viene posta sul Direttore Sanitario è proprio questa: quanto guadagna un Direttore Sanitario? Come si stabilisce un compenso equo? La risposta non è semplice perchè dipende da molte variabili di contesto e dalle opportunità che il titolo può offrire. Alcuni esempi di variabili sono queste:
Partendo dal presupposto minimo, ovvero che il Direttore Sanitario potrebbe anche non essere retribuito affatto e che nessuna legge lo obbliga a ricevere un compenso per l’incarico che ricopre, non è ipotizzabile neppure un limite massimo al compenso se non quello che diventa incompatibile con l’equilibrio economico dell’impresa. Mille euro al mese di onorario (o di stipendio), così come diecimila, potrebbero essere pochi o anche troppi a seconda delle risposte che possiamo dare ai punti precedenti.
Nel caso di dentista che sia contemporaneamente Direttore Sanitario e Titolare del proprio studio in forma di Srl, ragioni fiscali e previdenziali mi inducono a consigliare i colleghi a prediligere altre forme di compenso, diverse da quelle per l’attività di Direttore Sanitario. Ovviamente il rapporto viene instaurato in tutti i casi mediante un contratto (fortemente consigliato), nel quale sia prevista però la gratuità delle prestazioni.
Nel caso si opti per un incarico retribuito si ritiene comunemente inappropriato che il compenso del Direttore Sanitario possa essere commisurato ai volumi di prestazioni svolte oppure, più in generale, ai risultati economici della struttura. Il consiglio, pertanto, è quello di stabilire un compenso fisso forfettario con, eventualmente, la possibilità di rimborsare le spese sostenute in ragione del proprio ufficio.
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La nomina del Direttore Sanitario deve essere comunicata all’Asl di competenza territoriale (obbligo in capo alla società) ed all’Ordine Professionale di riferimento (obbligo in capo al professionista che accetta l’incarico). Analoghe comunicazioni devono essere inviate in caso di cessazione dell’incarico, per qualunque ragione ciò avvenga.
Poichè il ruolo di Direttore Sanitario non può risultare carente neppure per un giorno, è fatto obbligo di dare un preavviso sufficiente alla struttura in caso di rinuncia volontaria, mentre è obbligatorio per quest’ultima di indicare contestualmente alla comunicazione di decadenza anche quella di nuova nomina.
Segnalo fortemente l’opportunità che l’incarico di Direttore Sanitario sia corredato da un contratto ad hoc.
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11 Commenti
Interessante, come sempre, il tuo intervento su una materia tanto nebulosa.
Mi domandavo, vista la tua asserzione di possibile gratuita’ ipotetica della sua retribuzione, se non stridesse col codice deontologico, il quale afferma che, non ricordo bene le parole esatte, in sostanza, non si possa subordinare il compenso alla riuscita di una prestazione, cosi come, in un’ altra voce, la gratuita’ del compenso non debba essere pubblicizzata ( e qui si potrebbe sfangarla) ma non deve configurarsi come accaparramento illecito del paziente ( con un discorso piu’ articolato, prestare gratuitamente l’opera di DS potrebbe favorire economicamente le societa’ che di questo DS si avvalgono, permettendo un miglior listino ai propri pazienti, a discapito di quelli altrui).
Discorso un po’ “stiracchiato”, ma siamo la patria degli Azzeccagarbugli. 🙂
Giusto per parlarne un po’, visto che da almeno 15 anni non ho direzioni sanitarie (e che ora non farei neppure per un gazzilione di euro, visto che “…ho visto cose che voi umani…”). 🙂
Ciao Simona, in un mondo che vende prestazioni sanitarie su Groupon come se fossero ciabatte e in cui si fanno prestazioni invasive gratuitamente a scopo di Marketing, è bello che ci siano ancora persone come te che si fanno scrupoli simili. Voglio far finta che la tua osservazione non sia stiracchiata, come dici tu, e risponderti lo stesso.
Primo: tieni separate le due posizioni. Da una parte c’è il DS e dall’altra parte la struttura. Il primo risponde al codice deontologico, ma la seconda no. L’accaparramento di pazienti non può essere rimproverato ad una società commerciale: è lo scopo dichiarato della sua esistenza. Inoltre non è illecito perchè perfettamente legale.
Secondo: il codice deontologico, neanche negli anni dell’oscurantismo più reazionario e profondo, ha mai impedito di fare prestazioni gratuitamente. Farsi pagare poco era peccato, ma gratis ti mandava in paradiso tra i santi ed i beati.
Terzo: l’eventuale beneficiario di prestazione gratuita non è un paziente ma una società commerciale. Il rapporto tra una società ed i propri fornitori (tale è il DS per una impresa sanitaria) è determinato dalle rispettive forze contrattuali, così come la determinazione dei compensi dalle variabili tipiche delle transazioni economiche (es. rapporto domanda/offerta nel mercato di riferimento). Nessuno ha diritto a sindacare sulla convenienza delle parti a sottoscrivere un contratto (purchè questo sia redatto in osservanza delle disposizioni di legge): nè lo stato, nè la chiesa, nè gli ordini professionali.
Quarto: la prestazione resa dal DS ad una struttura non è una prestazione sanitaria. Professionale si ma non sanitaria. Può essere assimilata ad una attività di docenza, o ad una consulenza. Quindi il criterio (per quanto inadatto per tutti gli altri motivi) non può essere applicato. La riprova ce l’hai quando emetti fattura: infatti è una prestazione con IVA.
Detto questo hai ragione sul resto: chi fa il direttore sanitario molto spesso vede cose che gli umani … Io sono fortunato perchè i miei interlocutori aziendali hanno una grande stima di me e quindi il mio rischio si riduce al … “fisiologico” che è già tantissimo. In casi ordinari meglio evitare la direzione sanitaria come la peste … se hai altre opportunità, naturalmente!
Un abbraccio.
Lele