I costi fissi e variabili di un ambulatorio odontoiatrico non possono essere fissati in proporzioni precise ma possono sicuramente essere identificati dei range medi ideali all’interno dei quali la struttura virtuosa dovrebbe collocarsi. Il progresso tecnologico, tuttavia, permetterà certamente di ridurre l’incidenza dei costi fissi per unità di tempo e persino di quelli variabili.
In questo articolo affrontiamo il tema della struttura tipica dei costi dello studio dentistico configurato in forma di ambulatorio, tipicamente la Srl Odontoiatrica.
Nel bilancio di una srl odontoiatrica di gestione dell’ambulatorio la proporzione tra i costi fissi e variabili e la produzione non può essere fissata in misura stretta e precisa perché dipende da troppe variabili e in particolare dallo stile di quella specifica struttura, dalla prevalenza di alcune branche rispetto alle altre, dal target tipico di pazientela, dalla sua collocazione territoriale e da altro ancora; e tuttavia qualche indicazione in termini di range può servire.
A volte i tecnici si producono in analisi molto sofisticate e ridondanti ma si tratta troppo spesso di analisi autoreferenziali e poco utili al dentista. Le analisi sono buone se servono ad indicare cosa non va e cosa va e percorsi di miglioramento: altrimenti servono solo a solleticare la voglia di mettersi in mostra di chi le propone.
Negli ambulatori che si fanno pagare totalmente o prevalentemente a stato di avanzamento, le differenze tra fatturato e produzione sono minime; in quelli che invece fanno ampio ricorso a finanziamenti e pagamenti anticipati con sconto, tale differenza può essere più o meno rilevante. In ogni caso, i costi vanno sempre rapportati alla produzione e non al fatturato, anche se è vero che quando gli stessi sono molto vicini, utilizzare l’uno o l’altro come parametro non comporta errori rilevanti.
Rispetto alla produzione, le proporzioni medie ideali dei costi variabili si situano all’interno di questi range:
Abbiamo indicato non a caso dei range, perché ogni struttura sanitaria è portata ad erogare alcune specialistiche in proporzione diversa rispetto alle altre, il che non può che comportare un diverso libello dei costi relativi pur all’interno di strutture la cui gestione è ben condotta.
Pur con le differenze del caso, tuttavia possiamo affermare con una certa sicurezza che i costi variabili nelle proporzioni ideali dovrebbero aggirarsi tra il 51% e il 62% della produzione. Chiaro che se si riesce a far di meglio del limite minimo indicato senza inficiare la qualità delle prestazioni è tutto di guadagnato. Tuttavia, l’esperienza suggerisce che si tratti di una operazione molto difficile.
Dobbiamo sempre specificare che la qualità delle cure è un elemento non negoziabile per chi si occupa di stimare i costi e di porli in relazione con il tariffario praticato da una struttura sanitaria. Il controllo dei costi attraverso l’abbassamento della qualità delle cure è un’operazione che non conviene mai praticare, non foss’altro perché spesso conduce a rifacimenti e quindi si traduce – in ultima analisi – verso un aumento dei volume dei costi all’aumentare della produzione. Quello che invece può facilmente accadere è che si possa migliorare la qualità delle cure lavorando sull’organizzazione per processi; tuttavia tale implementazione gestionale non riguarda l’oggetto di questo articolo che intende ragionare sul processo di stima dei costi tipici della struttura sanitaria.
Con diretto riferimento ai range dei costi variabili già indicati e in particolare di quelli relativi al laboratorio e ai materiali odontoiatrici, si deve specificare che, ovviamente, le proporzioni interne possono variare se si utilizza il flusso digitale per la protesi; per cui potrebbe comunque accadere che si spende un po’ meno per il laboratorio e un po’ di più per i materiali. Si tratta di dettagli che non inficiano comunque le proporzioni ideali complessive dei primi due costi variabili.
Le proporzioni nei costi fissi sono più complicate ma è inutile negare che dovrebbero comunque aggirarsi intorno al 20%-30% della produzione.
Il che comporta percentuali di utili che si aggirano tra il 29% e l’8%.
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Nella vita vera capita spesso che si riesca a tenere abbastanza sotto controllo i costi variabili e non altrettanto i fissi. Inutile dire che un ambulatorio che sopporta costi fissi sproporzionati non può certo permettersi tale sproporzione anche in quelli variabili. Di fatto accade anche questo e molto più spesso di quanto si pensi. L’unico modo di tenere in piedi questo tipo di strutture senza effettuare un rialzo del tariffario non può essere che quello di rinunciare ad una parte dei compensi professionali del titolare, che comunque si autocondanna a sbrigare la gran parte del lavoro da solo vita natural durante. Non sempre questa compensazione si rivela sufficiente alla bisogna.
Si deve tenere presente il fatto che nei costi fissi pesa per almeno la metà la componente legata al costo del personale. Il che significa che una struttura che produce un milione di euro l’anno fa molta fatica a sopportare un costo del personale superiore a 150 mila euro annui più o meno il costo di 5 dipendenti a tempo pieno). La struttura organizzativa deve essere in qualche modo proporzionata alla capacità produttiva della struttura stessa. Diversamente, possiamo filosofeggiare quanto vogliamo, ma gli squilibri che vengono a crearsi non si eliminano certo con le chiacchere.
L’obiezione tipica a questo tipo di analisi che viene prodotta dal dentista è spesso la seguente: sostengo più costi perché erogo prestazioni di alta qualità. E tuttavia si tratta di un’obiezione non convincente. Intanto sono troppi i dentisti che sono convinti di erogare una maggiore qualità rispetto ai propri colleghi. In secondo luogo, persino quando fosse così, appare evidente che una sproporzione dei costi per materiali e laboratorio e/o nei costi fissi indica il problema nel livello delle attuali tariffe praticate, che sono evidentemente troppo basse rispetto al livello qualitativo erogato. O magari un problema nella politica dello sconto o dei pagamenti delle tariffe da parte dei pazienti.
Inutile aggiungere che un dentista che si doti di una struttura organizzativa fortemente sovradimensionata o lo fa pro-tempore (magari in previsione di un sensibile aumento del fatturato ) oppure non può certo pretendere di scaricare il relativo aggravio di costi fissi sul tariffario e quindi sul paziente, perlomeno oltre certi limiti che sono fissati dal mercato: un paziente ben difficilmente è disposto a pagare 300 euro per una otturazione di prima classe ! Ne deriva che i margini gestionali a sua disposizione gli impongono di rispettare certe proporzioni pena la perdita di competitività della sua struttura rispetto al mercato esterno; oppure, nella peggiore delle ipotesi, pena la strutturale incapacità di coprire i costi con le conseguenze che è facile immaginare.
Se invece la sproporzione è presente solo nei costi di magazzino, le tariffe non sono il problema o perlomeno non sono quello principale. Molto più facile che esista un problema nella sua gestione e conviene andarci a dare un’occhiata attenta.
Anche l’analisi dello stato patrimoniale può aiutare a capire se tra fabbisogni di capitale e fonti di finanziamento esiste una certa correlazione temporale.
I fabbisogni di breve termine si finanziano con la cassa o con debiti a breve termine, mentre una parte del magazzino e le immobilizzazioni materiali e immateriali si finanziano o con risorse proprie (capitale e riserve) oppure con debiti a medio-lungo termine. Una struttura finanziaria squilibrata sotto il profilo temporale produce uno squilibrio finanziario i cui effetti non tarderanno a manifestarsi.
In particolare, l’utilizzo del debito come leva per aumentare la redditività è una pratica molto utilizzata dalle grandi imprese e dalla grande Finanza. Il dentista tuttavia farebbe meglio a stare lontano da queste pratiche; in primis, perché non le padroneggia come loro e perché a differenza di loro non è troppo grande per fallire. In secondo luogo, perchè quello che viene concesso ai grandi players riguarda solo loro e non certo le micro-imprese che capita di maneggiare al dentista.
Anche l’idea che la srl non debba che conseguire utili risicati quando inesistenti, in modo tale da dar modo al dentista di portare via tutto l’utile prodotto dalla stessa, è molto ingenua e non può portare a nulla di buono. Una società con pubblici bilanci attiva in Sanità non può presentarsi sul mercato senza produrre utili perché tradirebbe icto oculi la propria fragilità e l’incapacità gestionale di chi la conduce. Gli utili e le riserve sono indispensabili in qualsiasi attività economica per fronteggiare la ciclicità del mercato e nessuna banca darebbe affidamento ad una società che non ne produce strutturalmente.
Queste mie considerazioni potrebbero apparire banali e inutili. Se non fosse che spesso mi capita di imbattermi nella lettura di bilanci di vari protagonisti del Dentale e persino di alcuni che amano parlare di fuffe gestionali, società benefit, etica e deontologia e via filosofeggiando.
Poi vai a vedere i loro bilanci e scopri che fatturano 3,5 milioni di euro, hanno un utile praticamente inesistente e pari allo 0,3% del fatturato, 40 o più dipendenti e debiti a medio lungo termine per un milione e 800 mila euro a fronte di attivi patrimoniali di appena 600 mila euro. E non in un solo anno ma in più anni contabili questi numeri più o meno si ripetono.
Può piacere o meno ma non esiste alcuna coerenza tra le formule retoriche veicolate ogni giorno sui social e la cruda realtà dei fatti di bilancio. Non si fa etica senza utile e con un mare di debiti sul groppone e tantomeno la si può fare con una struttura organizzativa enormemente ridondante rispetto alla capacità produttiva. E le grandi teorie manageriali alternative nulla possono fare per cambiare le sorti di una società che non rispetta le più basilari regole di gestione che tutto il mercato esterno considera valide.
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Voglio ora concentrarmi sul costo dei collaboratori per chiarire alcuni dettagli che spesso non sono proprio chiari e la cui mancata specificazione crea spesso confusione nel lettore.
Diciamo spesso che la struttura sanitaria non può agevolmente sopportare un costo per prestazioni sanitarie superiore al 35% della produzione.
Ovviamente parliamo di una soglia media. Il che significa che ci rifacciamo sempre al paradosso di Trilussa: la media è quella roba per cui se diciamo che le persone mangiano in media un pollo al mese, qualcuno potrebbe averne mangiato 2 e qualcun altro nessuno.
E il paradosso serve molto bene a chiarire un problema tipico del nostro beneamato contesto.
Ciò detto non veniamo da Marte e sappiamo benissimo che spesso pagare un bravo consulente non più del 35% non è possibile, soprattutto in certe zone della penisola.
In casi come questi, il titolare deve fare di necessità virtù e rendersi conto che se è sbilanciato da una parte, deve necessariamente compensare dall’altra. Questa consapevolezza è fondamentale nella gestione dei costi e dei ricavi dello studio.
Specifichiamo subito che quella soglia è indicata al netto dei costi. Un consulente che ti chiede il 40% al netto dei costi variabili costa in realtà il 28% o anche meno a seconda della specialistica. E’ chiaro che se ti chiede il 60% e tenta di indorarti la pillola dicendo che i costi sono a suo carico non rientra per questo nella soglia indicata, perché nella gran parte dei casi quei costi possono pesare, al più, per un 10%-15%.
E tuttavia ipotizziamo che non esista altra opzione che quella di mangiare la minestra o saltare dalla finestra.
Che si fa ?
Appare evidente che se il contributo alla produzione totale di quel collaboratore è alquanto residuale (nell’ordine del 10% o 15% della produzione totale), l’aggravio in termini di costo medio dei collaboratori può essere compensato nel caso in cui altri collaboratori (titolare compreso) accettino di percepire percentuali più basse.
In caso contrario non rimane che
In altri termini, una struttura sanitaria non può permettersi di conseguire inefficienze sull’intero insieme dei costi che sostiene.
Se ricordate le proporzioni indicate (costi variabili tra il 51% e il 62% e costi fissi tra il 20% e il 30% della produzione), appare evidente che chi ha un costo medio variabile pari al 70% non può permettersi di avere un costo fisso medio del 30%.
Ne deriva che la vita vera del titolare di una struttura sanitaria deve essere quella di un soggetto pensante e realista, il quale deve prima acquisire gli strumenti di calcolo e la piena consapevolezza del loro razionale e poi effettuare simulazioni. Non lo deve fare per fare contenti gli altri e nemmeno per atteggiarsi coi propri colleghi ma semplicemente perché gli conviene, in primis sotto il profilo della propria qualità della vita.
Una delle simulazioni più importanti da fare, soprattutto per quelle strutture che crescono strutturalmente negli anni o che sono in fase di start up, è quella relativa all’aumento della produzione dei collaboratori più cari rispetto a quella totale; cosa accade ai conti dello studio se il peso della produzione di quel collaboratore cresce rispetto a quella totale? E in particolare, fino a quando tale crescita non costringerà a dover cambiare ancora una volta ricetta per la tenuta dei conti dello studio?
Chi rifugge da queste logiche si autocondanna al destino dello schiavo che si ammazza di lavoro per tenere insieme tutto e fatica a trovare i soldi per pagare le imposte e tutto questo mentre la gran parte del suo piccolo mondo resta convinto che lui si stia arricchendo sulle sue spalle. Non è infrequente ascoltare frasi del genere da parte di collaboratori i quali, mentre dicono queste cose, pretendono il 70% – e con costi a carico dello studio – sulla loro collaborazione.
Giunti a questo punto della trattazione, qualche ragionamento sui costi fissi non guasta. E, in particolare, un ragionamento che non guardi tanto al presente, quanto alle possibile implicazioni future del progresso tecnologico sulla gestione di questa tipologia di costi.
Quali sono i fattori dinamici che possono cambiare il nostro approccio contabile e aziendale ai costi fissi ?
Sono tutti quei fattori di processo che aggiungono una terza dimensione alla nostra visuale piatta dei fatti economici, tipica del contabile alle prime armi.
Ne vengono in mente di primo acchito almeno tre: il flusso digitale in protesi, l’organizzazione per processi e la selezione e gestione delle risorse umane.
Sono tutti fattori in grado di ingenerare una sensibile ottimizzazione dei costi fissi.
E la ragione è semplice se solo si riflette sul fatto che per noi il volume dei costi fissi si traduce in un costo per unità di tempo (costo orario poltrona) e poco importa, sotto questa visuale, se tale dimensione temporale è determinata con il metodo del costo pieno o con quello del costo diretto. Sempre di tempo stiamo parlando.
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Partiamo dal primo tra gli elementi menzionati: la digitalizzazione delle protesi.
Non sono un clinico e non ho alcuna intenzione di entrare nel merito dello stato dell’arte di tali processi, principalmente perché non posseggo gli strumenti conoscitivi e tecnici per esprimere un giudizio. E tuttavia una cosa la posso affermare per certo, senza creare scandalo ai vostri occhi: se non oggi, presto o tardi questa modalità di produzione prenderà il sopravvento. E una volta che un grande numero di operatori, potendo disporre di strumenti e processi adeguati che padroneggiano effettivamente, saranno in grado di produrre piani terapeutici completi attraverso questi processi (e poco importa se in tutto o per gran parte), l’impatto sulla riduzione dei costi non si tradurrà solo nell’ambito dei costi variabili (i quali, banalmente, tenderanno magari a ridursi per unità di produzione), bensì anche nell’ambito dei costi fissi. Nel senso che renderanno possibile ridurre le ore di poltrona necessarie alla produzione dello stesso trattamento sanitario. Questo effetto schiacciamento non comporterà ovviamente dei vantaggi se non si sarà in grado di riempire le ore vuote con nuove terapie per nuovi pazienti. Ma tutti coloro che saranno in grado di farlo si porteranno- almeno sotto il profilo gestionale, anche se non solo – su uno scalino evolutivo più elevato rispetto a tutti gli altri, perché potranno ammortizzare il volume dei costi fissi in misura più elevata rispetto a tutti gli altri e quindi, in ultima analisi, potranno anche renderne più bassa l’incidenza rispetto alla produzione globale della struttura sanitaria.
E tale tendenza non può apparire di poca rilevanza perché sono proprio i costi fissi e in particolare la loro incidenza quelli che la struttura sanitaria digerisce con maggiore fatica.
Ridurre le ore utili a produrre gli stessi trattamenti significa liberare spazio e elevare la capacità produttiva della struttura, senza aumentare le poltrone o gli orari di apertura, tutte modificazioni che si tradurrebbero – queste sì – in un aumento dei costi fissi. Poter produrre in misura sensibilmente più elevata a parità di costi fissi significa ridurre l’incidenza del volume di quei costi per unità di tempo: una rivoluzione copernicana.
Sotto questo profilo, non meno importante si rivelerà la crescita nella capacità di selezionare le risorse umane e di gestirle oltre che di portarle a lavorare all’interno di un’organizzazione per processi. Si tratta di tre aspetti del management che non sono di facile realizzazione. Tuttavia, mentre l’organizzazione per processi costituisce una implementazione faticosa ma aperta sostanzialmente a tutti, la selezione e la gestione delle risorse umane sono discipline che dipendono fortemente dalla capacità del gestore e solo in parte possono essere insegnate da coloro che sono in grado di farlo. Esistono sicuramente soggetti molto esperti in questo campo ma si tratta anche di soggetti le cui tariffe sono fuori portata per una micro-impresa appartenente al nostro settore.
Con tutte queste difficoltà non mancano però anche nel nostro settore alcuni professionisti che hanno elaborato un loro metodo, per certi versi empirico ma comunque più efficace di molti approcci improvvisati. E da loro conviene imparare.
Quello che è importante comprendere è che se questi aspetti del management vengono curati in misura proficua, quello che ne viene fuori è anche e comunque un risparmio di tempo. Tempo che non viene più sprecato – o che viene meno sprecato – per rifare due volte la stessa cosa; per selezionare la persona sbagliata per poi doverne cercare un’altra; per non capire per tempo se quella risorsa può essere bene impiegata o se conviene sostituirla; per non sapere motivare e gestire nella maniera più soddisfacente per loro e per il titolare le risorse umane. E via dicendo.
Il tempo che si spreca non resta a fluttuare nell’aria.
Finisce anche nell’unità di tempo basica. Non aumenta necessariamente il volume dei costi fissi (a volte capita anche questo) o di quelli variabili, ma per quello che riguarda i costi fissi ne rende di sicuro più difficoltoso e lento l’ammortamento.
Appare quindi evidente che in una visuale globale della gestione, le tre dimensioni della stessa si intrecciano e si influenzano a vicenda, al punto che ben presto l’una non potrà fare a meno dell’altra.
Il fatto che oggi tutto questo appare a molti inattuale, dipende solo dal fatto che l’evoluzione competitiva del settore odontoiatrico non è ancora entrata nella sua fase realmente matura.
Sono quindi diverse le aree della gestione dove occorre lavorare con un approccio adeguato all’evoluzione delle dinamiche. E forse è anche così che si riesce a spiegare i motivi per i quali alcuni professionisti sono già riusciti a conseguire risultati che agli altri paiono improbabili. Per alcuni di voi, insomma, questo imprecisato futuro è già il presente.
A voi la scelta: tra pensare che chi è riuscito a realizzare risultati che ai più appaiono improbabili lo abbia fatto sempre e soltanto per effetto di trucchi e scarsa deontologia; o cercare di capire meglio come si spiegano certi risultati.
Non si tratta di cieca fiducia nei numeri: del resto, anche oggi tra i molti che parlano male del digitale in protesi sono tantissimi quelli che facevano lavori mediocri anche con la modalità analogica. Ed è proprio ascoltando le critiche non di questi ma di quelli che lavori mediocri non facevano che alcuni (anche se non proprio tutti) si stanno prodigando per fare diventare realtà quello che ai più sembrava una incauta scommessa.
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