Il dentista che opera in qualità di collaboratore puro può facilmente giungere alle soglie di convenienza minime per il passaggio ad srl di consulenza. Tra gli altri vantaggi tipici e usufruibili per tutti i dentisti titolari di studio, vede aggiungersi quello di non dover pagare alcuna imposta per l’avviamento.
Di srl di consulenza abbiamo già parlato, evidenziando il fatto che quest’ultima si caratterizza come una ottima soluzione per tutti quei medici e dentisti che operano in qualità di consulenti puri, collaborando in strutture sanitarie altrui e non gestendo una struttura propria.
Società di Consulenza in Odontoiatria e Ortodonzia | Dentista Manager
Costoro sono infatti particolarmente penalizzati dal proprio regime fiscale, in quanto, non sostenendo costi operativi considerevoli per l’esercizio della propria attività, come accade ai loro colleghi titolari di struttura propria, si ritrovano ad avere imponibili ai fini fiscali molto vicini al proprio fatturato.
Un titolare di studio o di ambulatorio si ritrova facilmente nel sopportare costi almeno pari al 75% dei ricavi, mentre un collaboratore arriva al massimo a sopportare costi in ragione del 25% del proprio fatturato: questo è il principale ma non unico motivo per il quale il collaboratore puro arriva più facilmente alla soglia di convenienza tipica per il passaggio alla srl, rispetto al suo collega titolare.
Il secondo motivo per il quale il collaboratore ha convenienza al passaggio alla srl risiede nel fatto che il regime dei redditi di lavoro autonomo non gli permette di dedurre dal proprio reddito alcune spese legate all’espletamento del suo incarico di collaboratore. Se infatti sono interamente deducibili le spese per vitto e alloggio legate alle sue trasferte per collaborazioni, non altrettanto può dirsi per le spese di viaggio, che restano interamente indeducibili. Tale mancata deducibilità di spese così importanti per un collaboratore spingono quest’ultimo nella ricerca di soluzioni fiscalmente ottimizzanti e in questo senso la srl ben si presta all’obiettivo. A tenore dell’art. 54 TUIR, infatti, il committente può sostenere direttamente le spese legate all’espletamento dell’incarico del collaboratore e dedurle, mentre questo accollo di spese non produce reddito imponibile per il controvalore corrispondente in capo al collaboratore stesso.
Costi indeducibili dell’attività odontoiatrica | Dentista Manager
Poiché nella srl di consulenza il dentista agisce in qualità di collaboratore di quest’ultima, appare evidente che la stessa può ben incarnare il ruolo del committente mentre il dentista potrà assumere quello che gli è proprio. In altri termini, è proprio l’art. 54 TUIR a permettere al dentista di dedurre dalla srl tutte le spese legate all’espletamento del singolo incarico, comprese quelle che da professionista puro non lo sarebbero.
Di queste imposte e del passaggio da struttura sanitaria semplice a quella complessa abbiamo parlato nell’articolo di cui al link
Trasformazione da Studio dentistico a Srl | Dentista Manager.
Per quali motivi le regole previste per i titolari di struttura non possono valere per quelli che tali strutture non hanno e agiscono in qualità di collaboratori?
Per rispondere compiutamente a questa domanda si deve partire da un’analisi attenta del regime normativo del professionista.
Come è noto, per il nostro ordinamento giuridico costui vede prevalere la propria componente intellettuale sull’attività espletata e la componente organizzativa, anche quando articolata e presente in misura più o meno rilevante, non assume mai una valenza autonoma rispetto alla persona del professionista.
Tale organizzazione non assume mai, per dirla in altri termini, la natura dell’azienda e cioè della componente organizzativa tipica dell’impresa.
Tuttavia, l’Ordinamento giuridico e in particolare la Giurisprudenza hanno mostrato, in particolare a partire dal 2010, di comprendere come nel mondo reale esistono alcuni professionisti la cui struttura organizzativa ha assunto caratteristiche molto simili a quella di un’impresa; il caso del dentista appare emblematico in questo senso.
Per tutti quei professionisti la cui organizzazione ha assunto una dimensione e/o articolazione rilevante e persino per coloro che, pur avendo piccole organizzazioni, possono valer cedere la propria attività a terzi, la Giurisprudenza della Cassazione ha coniato nuove soluzioni e in particolare: l’azienda del professionista, che permette la cessione a terzi e persino il conferimento in una società; e il contratto di cessione corredato da obblighi di fare e di non fare, che permette di conseguire risultati del tutto analoghi a quelli del primo caso.
Tuttavia, in un caso come nell’altro, si tratta sempre e soltanto di professionisti con struttura sanitaria propria; ed il motivo appare evidente. Sono solo questi i professionisti in grado di conseguire un reddito che ricomprenda ma non si esaurisca nei loro compensi professionali. Un reddito che a sua volta potrà trovare origine dalla collaborazione all’interno dello studio di altri collaboratori e di altre risorse umane e materiali con caratteristiche assai simili a quelle che connotano l’azienda propriamente detta.
Tuttavia, deve essere chiaro che si tratta sempre di eccezioni alla regola generale secondo la quale il professionista consegue unicamente redditi di natura professionale, non costituisce alcun avviamento perché normalmente privo di una apprezzabile componente organizzativa.
D’altro canto, lo stesso art. 54 TUIR prevede che il professionista deve includere nel reddito imponibile il controvalore della cessione del proprio pacchetto pazienti (avviamento) e sottoporlo a imposta sul reddito (aliquota marginale IRPEF). E la stessa Agenzia delle Entrate, nelle varie Risposte ad Interpello successive al 2018, ha sempre e soltanto trattato i casi di trasformazione di studio professionale in srl o in srl stp, quando ha preteso di considerare reddito imponibile il controvalore dell’avviamento nel momento in cui i professionisti trasformavano il proprio studio in società.
Il collaboratore, peraltro, consegue redditi professionali che in nessun modo possono includere un avviamento per la semplice ragione che è del tutto privo di una dimensione organizzativa rilevante e anche quando ne fosse dotato non richiede normalmente alcun tipo di corresponsione aggiuntiva per questa tipologia di servizi aggiuntivi. Semmai lo farà proprio quando agirà per il tramite della srl di consulenza, in cui l’elemento organizzativo e i servizi aggiuntivi che ne conseguono possono essere offerti alle strutture sanitarie terze – e anzi debbono essere offerti – per effetto di apposite pattuizioni contrattuali tra le parti, con o senza fatturazione con iva.
Per tutte queste solidissime ragioni, il collaboratore, quando costituisce la srl di consulenza, non deve effettuare alcun perizia per valorizzare l’avviamento, per la semplice ragione che né è fisiologicamente del tutto privo; e tantomeno dovrà pagare imposte sul reddito di alcun genere.
Lo stesso si limiterà a costituire la srl di consulenza con il capitale minimo o quello più elevato che avrà scelto di versare e non dovrà effettuare alcun passaggio dei beni immateriali legati alla propria attività alla srl stessa.
Si tratta di un vantaggio enorme rispetto ai colleghi titolari di struttura propria che non può che innalzare convenienza del passaggio a questa forma di società per tutti quei collaboratori puri che conseguono imponibili pari o superiore ai 100 mila euro annui.
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