Il dentista dovrebbe operare una allocazione strategica dei propri asset investendo di più sui cosiddetti asset intangibili dello studio piuttosto che nel raggiungimento di obiettivi numerici di fatturato o utili di esercizio. Raggiunti i primi i secondi arriveranno da soli.
Asset è una parola ancora desueta tra i colleghi odontoiatri. Eppure molti di noi hanno uno studio e quindi una forma di impresa, per quanto piccola o semplice possa essere.
Il parola Impresa ed il concetto di Asset sono così fusi tra loro che è impensabile immaginare la prima senza pensare al secondo. Inoltre, come già scritto in altri articoli, credo non esista dentista al mondo che prima o poi non sia stato costretto a porsi questa domanda: quanto vale il mio studio?
Gli Asset di uno studio sono tutti quegli elementi che conferiscono valore allo studio stesso. Scolasticamente sono Asset tutti i beni di proprietà che possono essere trasformati in denaro e quindi essere impiegati per effettuare transazioni: conferimenti societari, cessione dell’attività, valutazioni creditizie, pagamento di debiti, e molto altro ancora.
In questo senso sono certamente Asset dello studio i beni materiali che lo studio possiede ed eventualmente l’immobile nel quale opera, se di proprietà o se su di esso si vanta comunque un diritto di possesso nel tempo. Sono anche Asset dello studio le giacenze a magazzino come gli arredi, la liquidità di cassa come le apparecchiature, ecc.
Questi esempi vanno a costituire i cosiddetti Asset tangibili dello studio e sono i più semplici da valutare. Ma per esaurire il valore complessivo dello studio essi devono essere sommati ai cosiddetti Asset intangibili, che proprio per il fatto di non essere materialmente visibili o economicamente tracciabili sono difficili da stimare e troppo spesso ignorati.
Conoscere i propri Asset assume poi anche una dimensione personale come per esempio il semplice piacere di sapere quanto vale il nostro studio in un dato momento o quanto questo valore sia incrementato nel tempo. Ciò misura e talvolta giustifica una vita di sacrifici quotidiani (indipendentemente dalla necessità di eseguire operazioni economiche e finanziarie).
Eppure sono sicuro che la maggior parte dei colleghi non saprebbe dare una risposta verosimile, nel senso di prossima alla realtà, sul valore dei propri Asset; nonostante alcuni siano a fine carriera e pensino di cedere lo studio per ricavarne una liquidazione o una sorta di pensione integrativa; altri cerchino un collega più giovane per il subentro, un coetaneo per associarsi e dividere i costi di gestione, oppure uno più esperto per ampliare le competenze dello studio.
Ci sono anche colleghi in piena sindrome da burn out che vogliono smettere anzitempo, o coloro che vogliono scappare all’estero per fare una vita diversa.
Ci sono infine coloro che non ce la fanno, che rischiano di soccombere, che hanno paura e sperano di realizzare qualcosa dalle loro fatiche prima di mettersi a fare i consulenti per altri oppure aprire il famigerato “ristorante”.
Tra dentisti che vendono e dentisti che comprano, dentisti che tentano di aprire e dentisti che vogliono chiudere, la questione del “valore di uno studio” è sempre più attuale in un mercato delle attività decisamente più dinamico che nel passato.
Purtroppo sono molto pochi, tra i dentisti, quelli che valutano costantemente le proprie capacità attraverso il valore del proprio studio: dentisti accorti che lavorano ogni giorno e con grande anticipo per creare valore, oltre che per realizzarsi professionalmente ed economicamente.
Il valore intrinseco di uno studio è un concetto desueto per il dentista medio che più sovente tende a confonderlo con il fatturato o con l’utile di bilancio o peggio ancora con il proprio tenore di vita.
Bisogna dire che anche la letteratura in materia non aiuta molto a definire il problema. Alcuni autori di economia hanno descritto modalità di determinazione del valore di un’impresa, ma nessuno è riuscito ad adattare questi modelli ad un’attività (quella odontoiatrica) che è estremamente atipica in termini di valore e di Asset sui quali la valutazione si deve fondare. Non solo l’attività odontoiatrica infatti è diversa da tutti gli altri tipi di imprese dei servizi, ma è singolare anche nel contesto delle imprese di tipo sanitario.
Gli elementi distintivi di tale peculiarità sono molteplici e infatti gli Asset intangibili dello studio dentistico si realizzano per dinamiche specifiche come quelle che seguono.
Nella professione odontoiatrica, distinguere nettamente la funzione imprenditoriale/capitalistica da quella professionale pone a forte rischio il valore dell’attività stessa che nasce dalla qualità delle prestazioni e dalla natura personalistica del rapporto tra paziente e proprietà dello studio.
Al di fuori dello schema collaudato proprietà = professionista l’erogazione della prestazione odontoiatrica viene asservita a logiche produttive che sono antieconomiche nel lungo periodo, prima ancora che deontologicamente spurie, se non si mantiene l’integrità dell’“intuitus personae”.
Ne segue che quanto maggiore è l’identità tra proprietà dello studio (o il suo management) ed il professionista che effettua la prestazione tanto maggiore sarà il valore dello studio stesso.
La prestazione odontoiatrica presenta forti istanze di personalizzazione degli output, non solo perché essendo disciplina medica non può essere standardizzata a priori, ma soprattutto perché le componenti emotive ed estetiche sono molto più stringenti che nelle altre discipline mediche.
Ne consegue che tanto maggiore è la capacità di personalizzare le prestazioni sanitarie vere e proprie (prevenzione, diagnosi, terapia, follow up) ed i servizi resi in favore del paziente (colloqui, appuntamenti, pagamenti, ecc), tanto maggiore è il valore dello studio.
Tutto ciò richiede competenze professionali che siano fuori del’ordinario e quindi presuppone che siano stati fatti investimenti sulla formazione prima ancora che sulla gestione. Non esiste dentista privato di successo se non è un ottimo clinico prima di essere un ottimo manager.
La prima conseguenza dei due punti precedenti (personalismo e personalizzazione) è che i pazienti di uno studio dovrebbero essere “tagliati” secondo le caratteristiche particolari di quello studio, con riferimento alle qualità delle persone che erogano le prestazioni sia alle modalità con le quali prestazioni e servizi vengono resi. Strategicamente si parla di segmentazione e mercato target.
A parità di “volumi” di pazienti, reali o potenziali, il valore di uno studio sarà tanto maggiore quanto più sovrapponibili saranno le caratteristiche dei pazienti e quelle dello studio: livello socio economico, aspettative di risultato, istanze relazionali e culturali.
Uno studio dentistico moderno e di qualità non può prescindere da personale dipendente e collaboratori che dispongano di questi requisiti:
Ma il personale di studio deve altresì essere fortemente motivato ad agire e gratificato sia sul piano morale sia su quello economico, in relazione al raggiungimento di obiettivi che sono condivisi.
Il valore di uno studio si misura dunque (in gran parte) anche dal valore del personale non medico che vi opera, indipendentemente dal valore intrinseco dei professionisti. Integrare in uno studio professionisti di valore è assai più facile che inserire personale di valore.
Vale molto di più uno studio con bassi volumi di produzione ma alto valore del personale, piuttosto che il contrario.
Il valore di uno studio dipende anche dal grado di organizzazione che si trova al suo interno. L’organizzazione di uno studio è quel metodo di lavoro che rende il controllo quotidiano delle attività quasi superfluo, così come rende quasi indifferente l’identità reale delle persone coinvolte in un processo.
Uno studio ben organizzato ha una vita propria e movimenti interni coordinati e sincronizzati che lo rendono indipendente dalla proprietà del momento e da quella futura. Per questo motivo il livello di organizzazione (approccio per processi) aggiunge o toglie parecchio nella stima di valore di uno studio dentistico.
Queste considerazioni sono una grande fortuna per i colleghi dentisti che temono la concorrenza dei gruppi di capitale che stanno colonizzando l’odontoiatria italiana. Sia perché non riusciranno mai ad introdurre questi concetti vincenti nell’ambito di attività capitalistiche pure, sia perché in fase di eventuale compravendita sarà possibile farne valere l’importanza in sede di contrattazione economica.
Uno studio ha tanto più valore quanto più ampio è il ventaglio delle prestazioni erogate e quanto più la loro esecuzione è tecnologicamente avanzata. Se guardassimo al nostro studio dall’esterno e con occhio critico considereremmo con maggior rischio uno studio che eroghi prestazioni di una sola disciplina rispetto ad uno generalista.
Legare l’attività ad una strategia monospecialistica significa lasciare che condizioni di contesto (vd. arena competitiva) condizionino il successo dello studio senza che noi possiamo riconvertire gli sforzi su discipline alternative.
E’ più solido (o antifragile) uno studio dove vengono effettuate prestazioni di conservativa, ortodonzia e protesi, piuttosto che uno verticalmente dedicato all’endodonzia chirurgica, indipendentemente dal fatturati generato a fine anno. Di conseguenza il primo ha più valore del secondo.
Allo stesso modo, tanto minore è la componente artigianale (grazie all’apporto delle nuove tecnologie) tanto più i volumi di fatturato saranno al sicuro dagli attacchi dei competitors.
Da tutto ciò si evince chiaramente come gli Asset Intangibili di uno studio dentistico (dipendenti, pazienti, organizzazione, natura personalistica del rapporto e tipologia delle prestazioni) siano le maggiori determinanti nella stima del suo valore globale.
Mentre ridurre il valore dello studio ad una mera elencazione numerica delle passività e delle attività, per quanto corredate da trend temporali significativi, è estremamente riduttivo e fuorviante.
E’ ironico constatare come queste considerazioni si muovano perfettamente in linea con le raccomandazioni etiche e deontologiche emanate dalla categoria e dagli organi di controllo.
Sarebbe poco elegante sostenere che sono le leggi dell’economia a determinare i principi morali sui quali ci muoviamo? Ma questo è un argomento diverso e non sarò certo il primo a sostenerlo …
Il tuo carrello è vuoto.
Benvenuto su www.dentistamanager.it.
Ti preghiamo di prendere nota e rispettare le informazioni di seguito riportate che regolano l'utilizzo del nostro sito e dei materiali pubblicati e a cui sono soggetti i servizi forniti; l’accesso alle pagine del sito web implica l’accettazione delle seguenti condizioni.
Diritto d’autore
Tutto il materiale pubblicato sul sito ed il sito stesso, compresi testi, illustrazioni, fotografie, progetti, cataloghi, grafici, loghi, icone di pulsanti, immagini, clip audio, software, contenuti del blog, articoli di approfondimento, strutturazione dei corsi (in generale, il "Contenuto" del sito), è coperto da diritto d'autore.
La legislazione italiana ed internazionale in materia di diritti d'autore e marchi tutela il contenuto e il sito in generale.
La riproduzione dei materiali contenuti all'interno del sito, con qualsiasi mezzo analogico o digitale, è vietata.
Sono consentite citazioni, purché accompagnate dalla citazione della fonte Dentista Manager S.r.l., compreso l'indirizzo www.dentistamanager.it
Sono consentiti i link da altri siti purché venga specificato che si tratta di link verso il sito www.dentistamanager.it
5 Commenti
Ma nel valore vanno calcolati anche i pazienti in cura? E se un dentista collaboratore va via e “ruba” i contatti dei pazienti per portarli nel suo studio? E’ considerato furto?
Certamente, i pazienti in cura rappresentano uno degli asset dello studio. Sono anche un indicatore affidabile dello stato di salute dell’attività.
Quanto al furto, non sono un avvocato, ma con il buon senso direi di no. Il concetto di furto presuppone quello di proprietà di un bene che viene sottratto. I pazienti sono un asset, ma non sono una proprietà. Come non lo sono i dipendenti o i collaboratori. Le persone si spostano secondo logiche di fiducia o di interesse che non possono essere controllate da terzi. Diversamente si parla di schiavitù. Quindi al massimo possiamo portare la questione sui binari della deontologia, non molto più in là.
Lele