Il Dentista Evasore è uno che sega il ramo su cui è seduto. Analizziamo insieme il fenomeno e tutte le ricadute che l’evasione fiscale porta con sè nel medio-lungo periodo. Affrontiamo la questione sul piano dell’interesse personale svincolato da ogni considerazione etica, morale o deontologica.
Parlare bene delle tasse è apparentemente impossibile, mentre parlare male dell’evasione fiscale è un’operazione spericolata e rischiosa, visto quanto il fenomeno del nero è diffuso nella categoria. Per questo sfido la vostra curiosità e provo a farvi riflettere su alcuni aspetti della professione che forse non avete mai esaminato. Lo scopo è impedire che alcuni colleghi continuino a segare il ramo su cui sono seduti.
Non voglio negare qui che l’imposizione fiscale per la nostra categoria sia assolutamente iniqua e sproporzionata rispetto al nostro tenore di vita e soprattutto alle prospettive future. Non voglio neanche sostenere che le modalità con le quali il fisco in generale si interfaccia con il contribuente siano lineari o semplici da comprendere. Neppure penso che 100 € incassati in nero abbiano meno valore di altrettanti fatturati o che i proventi delle tasse siano impiegati sempre onestamente da chi governa la cosa pubblica, restituendoceli in termini di servizi.
Non è questo il punto.
Quello che voglio dire è che nonostante tutto questo l’evasione fiscale, alla lunga, non conviene a nessuno:
Ci sono molte ragioni che mi hanno portato a questo convincimento e provo di seguito ad esporre le principali.
Il tema della tracciabilità dei dati è certamente quello più importante.
Lo studio dentistico sconta una complessità di gestione simile a quella di una azienda di grandi dimensioni o di un ospedale, ma dispone di risorse molto più limitate. Una contabilità ordinata, chiara e trasparente è la prima pietra verso un’organizzazione efficiente dello studio dentistico.
Effettuare un attento controllo di gestione dello studio su una doppia contabilità o, peggio ancora, in assenza totale di dati è una operazione impossibile.
In un contesto come quello attuale, dove i margini di guadagno sulle prestazioni sono molto ridotti, non poter disporre di dati completi sui quali elaborare previsioni e strategie future è un grosso freno per il successo o la sopravvivenza stessa dello studio, sia in termini assoluti che di competitività.
La partita dell’ipercorrezione la vinceranno coloro che sapranno camminare sul filo sottile della marginalità senza farsi male, ovvero coloro che avranno sistemi di rilevazione interna così sensibili:
Possedere sistemi di rilevazione acustica di un allarme sonoro e magari prevedere in anticipo quando suonerà è il sistema migliore per proteggere i propri beni. Questo sistema di rilevazione, il Controllo di Gestione appunto, è uno strumento che si compra e si impara. Non è un compito difficile per un dentista, abituato a studiare e ad apprendere ben altro.
Possiamo che il primo vero ostacolo per i dentisti sulla strada del Controllo di Gestione dello studio è rappresentato proprio dalla volontà di occultare dati a terzi. Quando tra i terzi figura anche il personale di studio o i collaboratori il danno raddoppia perché viene meno anche un altro principio cardine delle imprese di successo, ovvero la partecipazione attiva di tutti gli operatori ai risultati ottenuti e la condivisione degli obiettivi futuri.
In questi casi l’arresto dei flussi di comunicazione all’interno dello studio produce effetti negativi che si sommano all’assenza di una politica di gestione trasparente e ragionata.
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L’occultamento di documenti e dati, nonché la doppia contabilità, produce un feed back negativo sulla produzione e sulla gestione extra clinica del paziente.
Mi riferisco a situazioni molto frequenti negli studi del dentista evasore:
Inutile dire che in caso di mancato pagamento delle somme pattuite il danno economico si somma ai costi di produzione già sostenuti ed alle eventuali spese per il recupero del credito, il quale peraltro risulterebbe inesigibile per carenza di documentazione contrattuale tra le parti.
Il Controllo di Gestione di uno studio dentistico presuppone un requisito indispensabile e imprescindibile: nello studio che intende applicarlo devono essere disponibili tutti i dati di cui si alimenta, questi dati devono essere fruibili ed intellegibili, omogenei ed univoci; infine i dati devono anche essere visibili o “pubblici” all’interno dello studio. Perché il Controllo di Gestione non è un sistema ad applicazione parziale: coinvolge tutti e sempre.
Ora, per dotarsi di uno strumento che può garantire la sopravvivenza economica dello studio e la sua capacità di competere sul mercato è necessario rinunciare ad ogni forma, più o meno fantasiosa, efficace e tecnologica di occultamento dei dati.
In altre parole,
l’occultamento dei dati ai fini dell’evasione fiscale è il primo metro di terra sotto il quale il dentista si seppellisce in un processo di lenta ed inesorabile agonia professionale, dove la mano che agisce è quella della concorrenza ma il mandante … siamo noi stessi.
Non bisogna trascurare che il dentista evasore, normalmente, si pone in una posizione di debolezza relazionale sia con il paziente che con il personale dipendente dello studio. L’ipotesi di conflitti che esitino in una delazione a scopo vendicativo pongono il dentista in una condizione di sudditanza nei confronti di terzi, talora con l’accettazione forzata di accordi penalizzanti sia sul piano personale che su quello professionale.
Inutile dire che il concreto verificarsi di tali comportamenti delatori è in grado di produrre danni economici ingenti sia per rallentamento dell’attività lavorativa sia per le eventuali sanzioni conseguenti.
Un altro ambito di sofferenza del dentista evasore è il rapporto con i colleghi di studio, specie se questi sono anche soci.
La determinazione dei compensi tra soci o la semplice rendicontazione dei compensi per i collaboratori risentono di un clima di continua diffidenza quando la contabilità è parzialmente occultata. Ciò deriva sia dalla difficoltà di condividere in modo trasparente la base dati per i conteggi sia dal sospetto che un differente regime di imposizione fiscale scarichi i propri effetti solo a danno del collaboratore. Senza contare che in caso di evasione massima sorgono situazioni difficili da giustificare ed a potenziale rischio di contenzioso con gli enti di controllo, come ad esempio l’ispettorato del lavoro.
Un danno economico diretto causato dall’evasione è rappresentato dall’incidenza pesante degli sconti (richiesti ed accordati).
Da una parte infatti il paziente si sente legittimato a richiedere un vantaggio economico in cambio del vantaggio fiscale concesso. Dall’altra il Dentista Evasore si deve mostrare disponibile ad accogliere lo sconto come merce di scambio.
Se non bastasse quanto già scritto in questo blog sul problema degli sconti, è del tutto evidente che una parte del vantaggio del pagamento “in nero” è tranquillamente riassorbita da una gestione più oculata del tariffario e dalla minore necessità per il dentista di accordare sconti per omettere l’emissione di fattura.
L’errore più frequente del Dentista Evasore è quello di pensare che i margini di guadagno sulla prestazione siano condizionati soprattutto dall’imposizione fiscale e che liberandosi di essa, si possa largheggiare in generosità.
Ci sono infine questioni più delicate sulle quali il Dentista Evasore tende a sorvolare. Molto in breve: se il valore di uno studio si misura dalla sua redditività, è del tutto evidente che un bilancio ufficiale fedele alla reale produzione si traduce in un maggiore vantaggio contrattuale in fase di vendita, cessione parziale, ingresso di nuovi soci, concessione di finanziamenti, contrattazione con i fornitori di beni e di servizi.
Non bisogna mai dimenticare che il dentista è un imprenditore abbandonato da ogni forma di ammortizzatori sociali o tutela lobbistico-associativa, e non gode neppure dei benefici di una liquidazione (e forse neppure di una pensione).
L’unica certezza che il dentista porta con sé per garantirsi l’uscita di scena dalla professione è il valore del proprio studio, ma deve poterlo dimostrare quando servirà.
Uno dei vantaggi di chi gestisce lo studio dentistico in forma di srl odontoiatrica è rappresentato proprio dal fatto che a parità di volumi di prestazioni una srl odontoiatrica ha più valore di uno studio tradizionale per due motivi:
La fedeltà fiscale è, infine, un potente volano di marketing, indipendentemente dal posizionamento dello studio in termini di clientela. Il continuo mercanteggiare intorno ad un dovere civico primario genera senz’altro un’immagine sgradevole presso i pazienti, soprattutto quelli che rappresentano per lo studio un patrimonio importante in termini di qualità umane.
Questo tema, elencato in ultimo, è così importante da richiedere un articolo apposito. Lo trovate a questo link Marketing Fiscale.
Ho lasciato da ultimo la questione morale, ma questo non è il mio ambito di interesse …
Lo stress organizzativo di uno studio dentistico può essere analizzato e misurato attraverso tre indicatori fondamentali:
In linea generale uno studio dentistico per funzionare correttamente ha bisogno di poter incrociare i dati anagrafici dei pazienti con quelli clinici ed entrambi i precedenti con quelli contabili. Chi di noi lavora quotidianamente alla poltrona sa quanto sia importante identificare correttamente un paziente, associarlo in modo sicuro con i suoi dati anamnestici, conoscere la cronologia delle lavorazioni fatte e di quelle da eseguire, poter consultare tutta l’iconografia clinica in tempo reale (radiografie, fotografie, video).
Cosa ne è di un paziente pronto sulla poltrona per il posizionamento di un impianto senza le informazioni radiologiche necessarie?
E di un paziente ortodontico in trattamento da mesi senza la documentazione relativa a tutti i passaggi clinici, le prescrizioni, le sequenze degli archi o i modelli iniziali?
Gli esempi sarebbero infiniti.
In linea di massima ci sono due possibilità:
Il primo caso si commenta da solo: è eticamente inaccettabile per un dentista medio lavorare in condizioni che precludono già in partenza risultati di qualità.
Nel secondo caso, che richiede una macchina organizzativa perfetta e molto articolata per essere al contempo efficiente e invisibile al fisco, abbiamo (forse) risolto il problema della qualità dei risultati ma ne apriamo un altro: quello dei costi. Gestire una duplice contabilità e una doppia via di archiviazione dei documenti cartacei e in gesso, richiede una duplicazione del lavoro organizzativo, della manodopera impiegata nell’unità di tempo e quindi dei costi.
Dovremmo sempre ricordarci che scopo dell’evasione fiscale è il risparmio di denaro: se parte del denaro risparmiato evadendo viene dissipato nei maggiori costi organizzativi, una parte importante delle nostre motivazioni viene a cadere.
Nei maggiori costi bisognerebbe poi conteggiare anche quelli relativi alle eventuali sanzioni comminate per evasione, ma per amore di discussione fingerò di ammettere che i meccanismi interni dello studio siano così raffinati (e quindi anche costosi) da essere invisibili ai controlli (anche se si tratta di una pia illusione).
Non possiamo ignorare invece che l’abbassamento del livello qualitativo delle prestazioni, unitamente ai limiti probatori in sede di giudizio (assenza di documentazione clinica, fiscale e amministrativa), incide sensibilmente sui costi medico legali dell’attività professionale: più alta incidenza dei contenziosi e maggiore probabilità di soccombere in giudizio.
In ultimo, i costi dell’evasione fiscale si manifestano frequentemente anche attraverso la pratica deprecabile di accordare regolarmente sconti al paziente che accetta di ricevere la prestazione in nero. L’applicazione sistematica di uno sconto percentuale genera delle componenti negative sul reddito che a tutti gli effetti hanno il valore di un costo e che vanificano in parte i vantaggi economici dell’evasione, lasciandone intatti i rischi.
Quantificare l’aumento dei costi organizzativi è operazione difficile ma un’idea ce la possiamo fare ugualmente. Alcuni studi condotti sulle professioni in genere (e la mia esperienza personale lo conferma) dimostrano che almeno il 30% del lavoro svolto in uno studio viene destinato alle attività organizzative.
Inutile negare che questo trend sia in aumento, in considerazione della complessità normativa del nostro Paese e dei relativi adempimenti che ricadono su di noi. Elevare ulteriormente queste percentuali a scopo di evasione significa incrementare i costi fissi, sulla cui importanza ci siamo soffermati in altro post.
In sostanza sul piano organizzativo, l’evasione fiscale e l’occultamento dei dati necessario, comportano una scelta tra due opposte tendenze: riduzione della qualità media degli output (clinici, comunicazione, marketing, relazione) oppure incremento dei costi fissi per la gestione efficiente di un doppio canale. Nessuna delle due è auspicabile perc chi ricerca il profitto.
E’ bene ricordare come anche la prima ipotesi (riduzione della qualità) comporti, come già detto nel lungo periodo, un aumento dei costi variabili legati alla gestione dei conflitti e, potenzialmente, dei contenziosi.
Ma l’impatto economico negativo dell’evasione sullo studio non si limita all’aumento di costi fissi e costi variabili.
Una componente negativa importante sul reddito finale è determinato dalla più alta percentuale di pazienti morosi o francamente insolventi, quasi legittimati a sfruttare le maglie larghe di un controllo contabile incompleto per definizione e ben consapevoli della posizione debole del proprio interlocutore (il dentista evasore) nel recupero dei crediti.
Anche in questo caso, la perdita di incasso avrebbe una sola alternativa: un incremento severo dello stress organizzativo (e dei relativi costi) finalizzato al recupero dei crediti.
Al contrario, l’emissione immediata di fattura al termine della prestazione resta ancora uno dei protocolli più semplici, collaudati ed efficaci per prevenire l’insorgenza degli insoluti.
L’emissione di un titolo di credito (la fattura appunto) costituisce una messa in mora immediata del paziente che lo dissuade da atteggiamenti dilatori o elusivi, segnando una traccia facilmente reperibile all’interno dello studio (e per tutti i soggetti coinvolti) sulla relazione contabile che intercorre con il paziente.
La fattura emessa e non pagata, non costituendo alcun onere fiscale per il dentista comune, se non formalmente contestata dal paziente (cosa che non si verifica mai) costituisce un titolo di credito esigibile, opponibile in sede di contenzioso e favorevole al dentista.
Rimane da considerare, in ultimo, l’argomento più importante, che è quello relativo alla qualità della vita.
Uno studio trasparente, efficiente ed eticamente (o legalmente) rispettoso delle regole, consente senz’altro a chi vi lavora una qualità della vita migliore.
Lo stress organizzativo incide così negativamente sulla qualità della vita dei dentisti che rappresenta la principale causa di burn out del dentista contemporaneo. La disaffezione nei confronti della professione avviene infatti a causa dello stress ancor prima che per ragioni economiche.
Alcuni colleghi mettono in campo fantascientifici e cervellotici collegamenti intercontinentali su piattaforme web caraibiche per depositare dati contabili che qualsiasi tecnico della guardia di finanza troverebbe in poche ore di lavoro.
Altri trasferiscono quotidianamente borse di radiografie e gessi dalla cantina di una improbabile prozia alla scrivania dello studio (con il rischio di averne sempre dimenticata una). Al termine della giornata fanno il percorso inverso (con il rischio di averne dimenticata un’altra).
Altri ancora posizionano telecamere ed allarmi per intercettare la guardia di finanza prima che parcheggi in strada; hanno avviato protocolli (tanto comici quanto inutili) di occultamento dei dati informatici in caso di ispezione: sequenze magiche di tasti sul computer, acidi corrosivi da versare sull’hard disk, partizioni nascoste che credono di conoscere solo loro, e via cantando altre amenità del genere. Qualcuno ha anche ipotizzato di poter dematerializzare documenti tridimensionali. Altri infine, i più realisti, lavorano alla cieca senza alcun supporto documentale.
Come vivono quotidianamente questi colleghi: lavorano sereni? Dormono sereni? Sono felici di operare in queste condizioni?
La qualità della vita è difficile da monetizzare anche per un laico materialista come me. Preferisco dire che non ha prezzo.
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