Forse è tempo che anche i dentisti imparino a familiarizzare con le cosiddette KPI (o Indicatori di Performance) se vogliono smettere di girare la ruota correndo come criceti. Tra questi indicatori il Guadagno Orario o Ebit H è certamente il più importante.
Vi sono molti tipi di guadagno (o di utile) in uno studio odontoiatrico, ma pochi dentisti sono coscienti del fatto che il Guadagno Orario sia il più importante indicatore sul fronte delle attività. E’ invece probabile che il concetto di guadagno orario sia più familiare ad una particolare categoria di dentisti, i cosiddetti consulenti, per la natura intrinsecamente precaria della loro professione.
Il guadagno orario rappresenta sul fronte delle attività quello che il costo orario rappresenta sul fronte delle passività.
In questo articolo intendo spiegare precisamente cosa si intenda per guadagno orario e perchè sia così fondamentale il suo utilizzo per una corretta gestione della attività professionale.
Il guadagno orario è più propriamente definito come Ebit Orario o Ebit H.
Ebit è un acronimo inglese che sostituisce l’espressione più estesa: Earning Before Interests and Taxes ovvero il guadagno prima degli interessi passivi e delle tasse.
Ebit H ha lo stesso significato, ma è riferito ad una unità di tempo di lavoro che per convenzione si assume di un’ora standard.
Conoscere il valore di Ebit H, in sostanza, serve a sapere quanto lo studio (e non la persona!!) guadagna per ogni ora trascorsa nello svolgimento dell’attività professionale.
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Supponiamo, per comodità di ragionamento, di esaminare uno studio monospecialistico, dove per esempio si eseguano solo prestazioni di ortodonzia.
Ebbene, le prestazioni di ortodonzia, in quello studio, comportano obbligatoriamente dei costi, che a loro volta sono classificabili in costi fissi e costi variabili: materiali, professionista che esegue la prestazione (titolare o consulente che sia), eventuale laboratorio.
La somma di costi fissi + costi variabili, come noto, dà luogo ai costi totali delle prestazioni di ortodonzia (come di tutte le altre prestazioni indistintamente).
In uno studio che funziona bene la tariffa applicata al paziente dovrebbe coprire almeno i costi totali e generare un utile, detto Guadagno o Ebit assoluto. La formula per calcolare questo tipo di Ebit si esprime molto semplicemente come segue:
Ebit = T – CF – CV
dove:
Ebit = Guadagno assoluto o Ebit assoluto, T = Tariffa applicata al paziente, CF = Costi fissi della prestazione, CV = Costi variabili della prestazione
L’Ebit H si calcola riproporzionando l’Ebit assoluto ad un’ora di lavoro, indipendentemente dalla durata effettiva della prestazione eseguita.
Pertanto il calcolo dell’Ebit H è indicato dalla formula seguente:
Ebit H = Ebit / 60 * t’
dove:
Ebit H = Guadagno o Ebit orario, Ebit = Guadagno o Ebit assoluto per prestazione, t’ = il tempo effettivamente impiegato per eseguire la prestazione espresso in minuti
Nel caso specifico dell’ortodonzia possiamo dunque avere scenari interessanti a seconda che esaminiamo per esempio ortodonzia mobile vs ortodonzia fissa, oppure confrontiamo tra di loro tecniche diverse di ortodonzia fissa, come nell’articolo pubblicato su questo blog poche settimane fa.
In estrema sintesi possiamo dire che:
La prestazione A può avere un Ebit assoluto più alto rispetto alla prestazione B, ma richiedere un tempo più lungo per essere eseguita. In questo caso la prestazione B, pur avendo un Ebit assoluto più basso, può essere economicamente più conveniente perchè può essere ripetuta un maggior numero di volte nell’unità di tempo.
In questo caso la prestazione B ha performance economiche migliori della prestazione A e quindi dovrebbe essere preferita, fatti salvi gli obblighi deontologici del professionista.
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Come anticipato sopra, il costo dell’operatore, ovvero il compenso del professionista che esegue materialmente la prestazione all’interno dello studio, viene già considerato all’interno dei costi variabili. E’ molto importante ricordare che ciò vale indipendentemente da chi sia fisicamente questa persona: un consulente esterno, un dipendente oppure il titolare stesso dello studio.
Nelle operazioni di governo economico di uno studio (come in qualsiasi altra impresa) è necessario assumere una prospettiva terza rispetto all’interesse personale e comportarsi come se si gestisse l’attività dall’esterno. L’errore che il dentista commette più spesso è quello di confondere l’interesse economico personale con quello dell’impresa: si tratta di due obiettivi diversi e spesso in conflitto tra loro perchè il primo tende a cannibalizzare il secondo e viceversa.
Inutile dire che il secondo (ovvero l’interesse economico dello studio) è di gran lunga più importante del primo (interesse personale) perchè permette la sopravvivenza dello studio e conseguentemente anche del professionista titolare e di tutti gli altri che vi lavorano.
Pertanto l’Ebit assoluto, così come l’Ebit orario, non dovrebbe essere nella disponibilità delle persone, ma dovrebbe costituire l’utile dell’impresa che può essere destinato ad investimenti, ammodernamenti, aggiornamento, fondo di riserva, ovvero tutto quanto rende uno studio più sicuro e più competitivo.
Chiarito il punto precedente, ora possiamo esaminare come può essere sfruttato l’Ebit H come indicatore economico di performance (KPI).
Il titolare, in qualità di amministratore dello studio, ha il dovere di adottare tariffari che non si limitino a coprire i costi totali, tra i quali figura anche il compenso proprio o di altri professionisti. Ma dovrà anche produrre utili che siano vantaggiosi per l’impresa.
Fatto salvo il massimo interesse per la salute del paziente, a parità di qualità della prestazione ed a parità di ore lavorate, il parametro che massimizza il profitto per l’impresa è rappresentato dall’Ebit H.
A questo punto, esemplifichiamo il concetto con una domanda provocatoria.
Supponiamo di avere una poltrona libera per 8 ore alla settimana e di dover decidere se eseguire prestazioni di igiene orale o di endodonzia, quale scegliamo? Oppure è più vantaggioso cercare un consulente di ortodonzia cui destinare quella poltrona?
In altre parole: è più vantaggioso per lo studio eseguire terapie canalari, ablazioni del tartaro o trattamenti ortodontici?
Nessuno può rispondere correttamente a questa domanda se non conosce precisamente il guadagno orario (Ebit H) di ciascuna prestazione, dato che alcune richiedono pochi minuti, altre richiedono ore, altre possono durare anni.
Ma se io sapessi che nel mio studio i valori sono i seguenti:
Ebit assoluto | Ebit H | |
Ablazione del tartaro | 50 | 100 |
Terapia canalare | 100 | 50 |
Ortodonzia fissa | 2000 | 90 |
Ortodonzia mobile | 500 | 320 |
allora, tenendo conto delle sole questioni economiche, mi porrei le seguenti priorità in ordine di convenienza decrescente dello studio:
Se mi limitassi a conoscere solo il guadagno assoluto delle prestazioni, avrei potuto avere priorità diverse e sbagliate, come queste:
In assenza di entrambi i dati di Ebit, le mie preferenze sarebbero dettate solo dal caso o dalla simpatia personale verso le prestazioni: e questo è molto pericoloso, economicamente parlando.
[N.B. ovviamente sono consapevole che questo ragionamento dovrebbe considerare molte più variabili di contesto quali l’afflusso di pazienti, l’epidemiologia locale, la concorrenza, la propensione alla spesa, la tipologia di studio, la disponibilità di personale, ecc, ecc. Ma in questa sede ci sono evidenti limiti di tempo e di spazio].
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Il primo mattone su cui costruire uno studio che funziona è senz’altro rappresentato dal Nomenclatore Tariffario e Tempario (NTT), ovvero quel documento individuale che riassume tutte le informazioni economiche relative alle prestazioni erogate dallo studio. Esso dà luogo a quello che viene comunemente indicato come tariffario o listino profittevole e che mi sono impegnato a spiegare nel dettaglio nel corso digitale gratuito per tutti i lettori di questo blog.
Indipendentemente dal ruolo di titolare, consulente o collaboratore all’interno di uno studio, ogni dentista dovrebbe sapere non solo quale sarà il proprio compenso per ogni ora o multipli di ora trascorsi ad eseguire specifiche prestazioni, ma anche quale sarà l’utile orario dello studio.
Nel primo caso (titolare) potrà orientare strategicamente lo sviluppo di nuove prestazioni dello studio, effettuare investimenti mirati o semplicemente favorire l’esecuzione di alcune branche rispetto ad altre (fatto salvo sempre il massimo interesse per il paziente).
Negli altri casi (consulente o collaboratore), conoscendo gli interessi economici della controparte, maturerà una maggior consapevolezza del proprio valore economico nello studio ospite e maggiore equilibrio contrattuale.
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