La Legge Bilancio 2024 non contiene benefici fiscali di particolare rilevanza rispetto al passato che possano interessare gli odontoiatri. Tuttavia, la stessa norma introduce alcune novità che in particolari casi potrebbero impattare in misura significativa sull’attività di alcuni dentisti e che conviene conoscere. Più in generale, appare evidente che tale Legge si pone in un solco già tracciato che vede sempre più premiare professionisti e imprese che riescono ad instaurare un rapporto quanto più possibile virtuoso con il Fisco, provvedendo a regolarizzare debiti pregressi di natura tributaria e previdenziale.
La Legge di Bilancio per il 2024 e altre leggi minori collegate disegnano un sistema articolato di misure fiscali che, come di consueto, impattano anche sull’attività medica e odontoiatrica.
Conviene subito sottolineare che tale impatto è meno forte di quello che ha caratterizzato le leggi di bilancio precedenti. I vincoli di bilancio e la fine della politica accomodante delle autorità unionali europee che ha caratterizzato gli anni della pandemia hanno ovviamente condizionato in misura molto sensibile la possibilità di fare molto di più di quello che è stato fatto. La conclusione è obbligata: di misure realmente significative non ce ne sono. Quello che c’è merita comunque di essere esaminato ed è appunto quanto ci proponiamo di fare in questo articolo.
Prenderemo in considerazione quelle che appaiono più interessanti ai nostri fini e cioè quelle che impattano sull’attività odontoiatrica e che possono interessare i dentisti che agiscono in forma professionale o imprenditoriale.
L’art. 1, commi da 78 ad 84 della Legge n. 213 del 2023 (Legge di Bilancio 2024) consente alle imprese di regolarizzare il magazzino e quindi di correggere eventuali sopravalutazioni o sottovalutazioni contabilizzate negli esercizi contabili passati.
Si tratta di una norma sostanzialmente monca. Questo perché sono ben chiari nella disciplina dettata in quella gli aspetti fiscali di tale sanatoria, non anche quelli civilistici. Ne deriva l’auspicio che il Legislatore ritorni a meglio chiarire tali aspetti al fine di evitare il pratico insuccesso dell’iniziativa. In particolare, mancano chiarimenti in merito al metodo corretto per la contabilizzazione della differenza del valore delle giacenze e soprattutto in merito al rapporto dei soci e dei terzi coinvolti nell’attività dell’impresa nei confronti degli amministratori, dei sindaci e dei revisori.
Fatta questa premessa, possiamo entrare nel merito e chiarire che la regolarizzazione disciplinata dalla Legge Bilancio 2024 poggia su due possibili alternative: la riduzione del magazzino o l’incremento dello stesso.
Nel primo caso, è evidente che si parla della sistemazione di una precedente cessione inesistente (o in nero) che avrebbe prodotto, se si fosse effettivamente realizzata o se fosse stata ufficializzata, reddito imponibile sotto il profilo delle imposte dirette e indirette.
L’aliquota agevolata per le imposte dirette è stata fissata al 18% e sicuramente è inferiore a quella ordinaria pari al 27,9%. Tuttavia, per poter esprimere un definitivo giudizio sulla misura della convenienza, dobbiamo attendere un decreto attuativo che definisca la misura del coefficiente di incremento della differenza tra magazzino reale e quello contabile sovrastimato. Diamo per scontato che tale misura sarà ovviamente tale da rendere conveniente l’operazione: semplicemente, non sappiamo ancora quale effettivamente sarà tale misura.
L’ipotesi contraria, quella dell’incremento del magazzino, prevede un carico fiscale inferiore al caso precedente per motivi che a questo punto appaiono del tutto intuibili: tale operazione, infatti, deriva da una passata mancata contabilizzazione di acquisti e/o dalla volontà di ridurre il reddito imponibile e non potrà che produrre, per diretta conseguenza dell’aumento del magazzino che ne deriva, maggiore iva dovuta e maggiori imposte sul reddito nel momento in cui la merce verrà venduta.
Sia come sia, l’aliquota dell’imposta sostitutiva è sempre in ragione del 18% ed è calcolata su una base imponibile che coincide con la mera differenza di magazzino, senza applicare alcun coefficiente di incremento.
Concludiamo questa breve illustrazione della misura in parola specificando che il suo ambito di applicazione è esclusivamente quello dei redditi di impresa e non anche quello dei redditi di lavoro autonomo.
Ne deriva che ne sono esclusi i dentisti professionisti e sono inclusi quei dentisti che operano in forma imprenditoriale (attraverso imprese individuali e societarie oppure attraverso società tra professionisti).
L’art. 1, commi 52 – 53 della Legge Bilancio 2024 ha previsto l’ennesima riapertura dei termini per la rivalutazione ai fini fiscali del valore di acquisto di terreni edificabili e agricoli e di partecipazioni societarie.
Per il 2024 l’aliquota agevolata rimane quella in vigore per l’anno precedente, che resta determinata nella misura del 16%.
Tale possibilità è concessa ai soggetti che non agiscono in regime di impresa, arte o professione e cioè alle persone fisiche private, alle società semplici e agli enti non commerciali. La formulazione della norma non deve confondere i dentisti, i quali, quando rivalutano partecipazioni in società lo fanno in qualità di privati (considerato che il soggetto imprenditore è la società e non i suoi soci); e quando agiscono in qualità di professionisti, gli unici terreni che semmai possono essere esclusi dalla misura sono quelli fabbricabili, ma solo nel caso in cui siano utilizzati per la costruzione dell’immobile strumentale alla struttura sanitaria.
Il meccanismo resta quello di sempre: viene concesso di rivalutare ai fini fiscali il costo di acquisto rispetto a quello storico reale a fronte del pagamento dell’imposta in misura agevolata, calcolata sulla differenza tra i due valori di cui sopra.
I beni devono essere posseduti alla data del 1 gennaio 2024 per poter rientrare nell’agevolazione. Il termine fissato per la perizia e per il versamento della imposta dovuta (o almeno della prima rata, in caso di rateizzazione) è il 1 luglio 2024.
Non ci sono altre novità rilevanti in merito a questa misura che è stata rinnovata più volta a partire dal 2001. A parte segnalare che il Governo ha inteso inserire nella Legge Delega di Riforma fiscale una specifica misura tesa a rendere la rivalutazione agevolata a fini fiscali una misura strutturale del nostro Ordinamento.
Alcuni dentisti pongono in essere altre attività economiche e imprenditoriali , qualche volta direttamente o in alcuni casi all’interno dei gruppi societari controllati da una holding: tra queste attività quella delle locazioni brevi e del bed and breakfast ricorre con una certa frequenza. E sono proprio questi i dentisti che potrebbero avere interesse per questa misura, contenuta nella Legge Bilancio 2024.
Il motivo di questo interesse è legato alle novità introdotte con la Legge Bilancio 2024 e del DL 145/2023 convertito nella Legge 191/2023.
Queste novità incidono, oltre che sulla disciplina degli affitti brevi, anche sulla valutazione di convenienza tra l’operare in ambito turistico con un’organizzazione imprenditoriale vera e propria oppure con una attività di tipo privato e sostanzialmente occasionale. E in questo senso possono interessare anche i dentisti di cui sopra.
Si deve ricordare che per l’art. 4 del DL 50/2017, norma che ha introdotto la disciplina dei cosiddetti affitti brevi, questi ultimi sono concepibili in quei casi in cui vengono stipulati contratti di locazione aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 gg. e che comprendono anche servizi di fornitura di biancheria, di pulizia dei locali e di messa a disposizione di connessioni wi-fi.
Tale forma di attività si differenzia nettamente da quella – pur simile – di bed and breakfast, che prevede il rispetto di norme regionali oltre che nazionali e che normalmente rimanda ad una gestione di tipo imprenditoriale dell’attività.
Il regime fiscale originariamente previsto per gli affitti brevi prevedeva due opzioni alternative: la prima era quella di una tassazione ordinaria sul reddito, con l’assoggettamento ad IRPEF ridotta forfettariamente in misura di una percentuale del 5% (con eccezioni legate al territorio che potevano arrivare al 25% e persino al 35% in determinati casi) e/o persino applicata alla sola rendita catastale rivalutata.
La seconda era quella della cedolare secca con aliquota al 21%.
La Riforma prodotta con le due leggi già citate ha modificato questo regime agevolato introducendo alcune significative novità. E’ stato anzitutto introdotto con la Legge n. 191 del 2023 il Codice identificativo nazionale che dovrà essere assegnato tramite apposita procedura automatizzata ad iniziativa del Ministero del Turismo a tutte le unità immobiliari ad uso abitativo che sono utilizzate per essere concesse in locazione per finalità di natura turistica e quindi anche a quelle destinate alle locazioni brevi. Si arriverà quindi, una volta giunti a regime, alla creazione di una vera e propria banca dati nazionale di questo tipo di immobili.
La Legge Bilancio 2024 ha invece previsto:
La legge Bilancio introduce quindi una significativa novità alla disciplina degli affitti brevi, tesa a scongiurare un utilizzo malizioso e strumentale di questa forma contrattuale. Quando gli immobili sono più di quattro, non si può parlare più di attività occasionale di natura privata ma scatta in automatico la presunzione di imprenditorialità dell’attività. Il che comporta l’obbligo di apertura della partita iva, l’apertura della posizione previdenziale e la automatica fuoriuscita dal regime della cedolare secca.
Il privato potrà quindi utilizzare non più di quattro immobili e nel caso in cui avrà optato per la cedolare secca pagherà l’aliquota ridotta del 21% solo per il primo di questi immobili mentre per gli altri si vedrà applicare la nuova aliquota sostitutiva del 26%.
Come è facilmente intuibile, queste novità impattano inevitabilmente nella valutazione di convenienza tra attività di tipo turistico di natura privata e attività di natura imprenditoriale e limitano di molto la possibilità di restare nel mezzo tra le due al fine di conseguire vantaggi fiscali e semplificazioni burocratiche.
L’art. 1, commi da 94 a 98 della Legge 2013 del 2023 (Legge Bilancio 2024) introduce:
Quest’ultima misura è quella di maggiore impatto sul sistema anche se in pochi ne hanno parlato. Peraltro, mancano ancora importanti criteri interpretativi da parte dell’AdE, utili a capire se persino in presenza di rateizzazioni accettate o rottamazioni con puntuale pagamento delle rate già scadute vale comunque il blocco della possibilità di usufruire della possibilità di accedere alla compensazione.
Si specifica che il blocco riguarda indiscriminatamente qualunque tipo di credito di imposta, compresi quelli della famiglia 4.0 e del bonus sud. A partire da 2024, questo comporta che gli interessati con debiti con l’erario scaduti superiori a 100.000 € perderanno la possibilità di usufruire dei relativi benefici, dato che per gli stessi è possibile fruirne solo tramite compensazione con altri tributi.
Il divieto di compensazione viene poi esteso anche alle partite iva che presentano profili di rischio per sistematico inadempimento alle obbligazioni tributarie e per i quali è prevista la cessazione d’ufficio della partita iva.
La legge di Bilancio introduce l’obbligo per tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese, entro il 31 dicembre 2024, di stipulare contratti assicurativi a copertura dei danni a terreni e fabbricati, impianti e macchinari ed attrezzature industriali e commerciali, direttamente causati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatesi nel territorio nazionale quali sismi, alluvioni, frane, innondazioni ed esondazioni.
Uniche escluse sono le imprese agricole che hanno una copertura da questi rischi ad hoc e/o quelle i cui immobili sono gravati da abuso edilizio o costruiti in carenza delle autorizzazioni previste.
Ne deriva che tutte le imprese individuali e societarie che gestiscono ambulatori e/o attività di mezzi o di consulenza di natura odontoiatrica o comunque al servizio di una attività odontoiatrica effettuata in forma professionale sono tenute a stipulare questo tipo di polizze entro la fine del 2024.
Resta dubbio se possano considerarsi incluse nell’obbligo anche le stp ma la conclusione più probabile resta quella di ritenerle escluse.
L’art. 1, comma 249 della Legge 213 del 2023 (Legge di Bilancio 2024) modifica la disposizione di copertura del credito di imposta per investimenti nella ZES unica del Mezzogiorno, in modo da specificare il tetto di spesa autorizzato per il credito pari a 1.800 milioni di euro per l’anno 2024.
Il finanziamento del tetto di spesa avviene ora con fondi statali e non più con le risorse provenienti dal bilancio UE, il che ne dovrebbe facilitare e snellire la copertura, anche se manca ancora il decreto attuativo.
Il beneficio non riguarda più i singoli cespiti ma i cosiddetti progetti di investimento iniziale di cui all’art. 2, punti da 49 a 51, del Regolamento UE n. 651 del 2014. Occorrerà quindi avere un programma d’intervento organico e funzionale da ammettere al beneficio e non più l’elenco di qualche attrezzatura.
I dettagli applicativi sono ancora tutti da scrivere e troveranno la loro elencazione e analisi nel citato decreto attuativo.
L’art. 1, comma 256 della Legge Bilancio 2024, rifinanzia poi, anche per l’anno 2024, la Nuova Sabatini con ulteriori 100 milioni di euro. Come è noto, tale misura, istituita originariamente dall’art. 2 del DL 21 giugno 2013, n. 69, più volte rifinanziata e potenziata, consente l’accesso a finanziamento agevolati – che possono essere anche assistiti dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino all’80% – ed un contributo statale in conto impianti per gli investimenti in questione, parametrato ad un tasso di interesse annuo convenzionalmente assunto.
I commi 16, 17 e 18 dell’art. 1 Legge Bilancio 2024, al fine di ridurre la pressione fiscale e aumentare il potere di acquisto dei lavoratori, sono intervenuti con le seguenti misure:
Con riferimento diretto al punto 1), si parla di incrementare la soglia di esenzione di quei redditi in natura di cui all’ art. 51, comma 3 TUIR (beni e servizi di modico valore) dalla misura standard di euro 258,23 a quella speciale di euro 1.000 per tutto l’anno 2024 (si veda anche https://www.dentistamanager.it/fringe-benefit-dentista/ ).
Tale importo di esenzione aumenta ad euro 2.000 per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.
La soglia di esenzione ricomprende anche le somme erogate e rimborsate al lavoratore dal proprio ddl per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale oltre che quelle legate al contratto di locazione della prima casa o al sostenimento degli interessi sul mutuo relativo sempre alla prima casa.
La soglia di esenzione vale anche ai fini previdenziali e non solo a quelli tributari.
La misura è immediatamente operativa e non richiede alcun decreto attuativo. Può essere utilizzata indifferentemente da tutti i dentisti, a prescindere dalla forma di esercizio dell’attività. Quindi sia dentisti professionisti che dentisti che operano attraverso imprese individuali e/o società di qualunque genere (stp comprese).
Ricordiamo che questo tipo di benefit esente risulta particolarmente interessante per alcune sue peculiari caratteristiche:
Sembrerebbe potersi applicare a questa nuova misura le conclusioni già raggiunte per il 2023 nella Circolare AdE 23/2023:
La riduzione del cuneo fiscale è attuata attraverso due strumenti:
In particolare, il comma 15 dell’art. 1, Legge Bilancio 2024 introduce per l’anno 2024 un esonero dei contributi previdenziali per la parte a carico dei lavoratori dipendenti pubblici e privati già previsto per gli anni 2022 e 2023. Tale esonero è pari al 6% se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di euro 2.692 al mese e al 7% se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di euro 1.923.
In ambedue i casi la retribuzione mensile viene parametrata alle tredici mensilità su base mensile e i suddetti limiti di importo vengono considerati al netto del rateo di tredicesima. La circolare INPS n. 7 del 24 gennaio 2023 ha specificato che i limiti suindicati vanno riferiti alla retribuzione imponibile nel suo complesso.
Per quanto più specificatamente riguarda il punto 2), va ricordato che l’art. 1, commi 180-182 della Legge Bilancio 2024, per i periodi di paga che vanno dal 1 gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 ha riconosciuto un esonero del 100% dei contributi previdenziali (IVS) a carico delle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di tremila euro, riparametrato su base mensile. Per il solo 2024, tale misura vale anche per le lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, fino al mese di compimento del decimo annuo di età del figlio più piccolo.
In entrambi i casi è comunque escluso dall’ambito di applicazione della misura il lavoro domestico.
I commi da 191 a 193 prevedono poi un ulteriore sgravio contributivo totale fino al 2026 in favore dei datori di lavoro privati che assumono donne disoccupate, vittime di violenza, beneficiarie del reddito di libertà. Lo sgravio è previsto fino ad un massimo di 8.000 € annui per la durata di 24 mesi (per i contratti a tempo indeterminato), di 12 mesi (per i contratti di lavoro a tempo determinato) e di 18 mesi (per le trasformazioni di contratti a tempo determinato in tempo indeterminato).
L’art. 4 del D. Lgsvo n. 216 del 2023 ha introdotto la maggior deduzione, in ragione del 20%, del costo delle nuove assunzioni a tempo indeterminato da parte di imprese e professionisti (e quindi si tratta di una misura che interessa qualunque dentista che abbia dipendenti). La super-deduzione rileva solo con riferimento all’imposta sui redditi (IRPEF O IRES) e non con riferimento all’IRAP.
Tra le condizioni di accesso rilevano le seguenti:
Per finanziare la misura in discorso e trovare i fondi, il Governo ha provveduto a mandare in pensione l’Ace che quindi non è più operativa per il 2024.
Si tratta di una novità prevista per i titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo residenti nel territorio dello Stato di minori dimensioni, da introdurre, in via sperimentale, per il biennio 2024-2025. Non pare potersi mettere in dubbio che tale regime innovativo possa applicarsi a qualunque dentista, a prescindere dalla forma di esercizio con cui esercita la propria attività tipica.
Il sistema innovativo in discorso prevede che l’AdE possa formulare una proposta per la definizione biennale della misura del reddito rilevante ai fini delle imposte dei redditi e del valore della produzione netta rilevante ai fini IRAP.
Se il contribuente accetta la proposta, la misura del reddito concordata impegna lo stesso per un biennio a dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni relative ai periodi di imposta coinvolti nel concordato.
Appare evidente che tale forma di determinazione del reddito imponibile possa interessare quei dentisti che registrano una dinamica di sensibile crescita dei principali indicatori economici che contraddistinguono la sua attività; solo in quest’ultimo caso, un sistema quale quello appena descritto può comportare qualche vantaggio di natura fiscale. Il contribuente generico, tuttavia, resta libero di versare volontariamente i contributi aggiuntivi che sarebbero stati versati qualora l’imponibile fosse stato determinato nella modalità tradizionale.
Si specifica che al momento non è dato sapere se tale ultima misura sia applicabile anche al dentista (in quanto la norma si riferisce all’INPS e occorre vedere se le altre Casse private si adegueranno a questo precetto o meno). Poiché poi la misura parla specificatamente di versamenti in eccesso, pare potersi escludere nella maniera più categorica che identico principio possa valere qualora il reddito effettivo fosse minore di quello concordato. In questo caso, infatti, va comunque versato il contributo in base al reddito concordato e non in base a quello realmente conseguito.
Si fa notare che almeno a giudicare da quanto trapela in merito ai lavori preparatori del decreto attuativo, parrebbe proprio che la Montagna si appresti a partorire il topolino. Infatti, già si parla di introdurre un tetto massimo di variazione tra reddito concordato e quello effettivo in ragione di un 10%.
Se poi si considera che nell’ambito di applicazione del beneficio rientrano esclusivamente i contribuenti che:
Potremmo dire di più in merito a questa misura. Tuttavia preferiamo rimandare un’analisi più puntuale della stessa ad un momento più propizio e cioè quello in cui sarà definitivamente approvato il testo definitivo del decreto attuativo.
Ricordiamo solo in questa sede che la misura si applica anche ai soggetti Ires e a quelli che conseguono redditi di impresa nel regime della trasparenza e che quindi imputano quei redditi direttamente ai soci.
La Legge di Bilancio 2024 non contiene norme particolarmente significative a vantaggio di imprese e professionisti, perlomeno se poste a confronto con quelle pur contenute nelle Leggi di Bilancio di anni precedenti. Tuttavia, esistono al suo interno alcune norme che sono perfettamente in grado di impattare in misura significativa sull’operatività degli stessi. Ci riferiamo in particolare alle norme relative al blocco delle compensazioni come più in generale a tutte quelle che rimandano ad un rapporto sano con gli obblighi tributari e previdenziali. Sembra di poter concludere che i tempi sono sempre più maturi per la sistemazione di eventuali debiti tributari e previdenziali relativi ad esercizi passati. La mancata attuazione di questo precetto pare condurre aziende e professionisti su una strada che appare sempre più senza ritorno.
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