Il contrasto tra professione ed economia è un falso problema. Semplicemente perché il medico o l’odontoiatra – così come qualunque altro professionista nel momento in cui si relaziona con il proprio paziente – non può avere altra strada che quella di decidere quella che lui ritiene la migliore soluzione per lui.
Il contrasto tra professione ed economia è un falso problema. Semplicemente perché il medico o l'odontoiatra - così come qualunque altro professionista nel momento in cui si relaziona con il proprio paziente - non può avere altra strada che quella di decidere quella che lui ritiene la migliore soluzione per lui.
Ogni tanto capita di imbattersi in discussioni tra dentisti in merito al presunto insanabile contrasto tra profili deontologici e sostenibilità economica dello studio o dell’attività odontoiatrica in genere.
L’occasione può essere fornita dalla lettura di qualche testo o di qualche post che tratta di materie extra-cliniche.
Esiste inoltre qualche inguaribile pregiudizio sul tema.
Il punto vero è uno e uno solo e ne abbiamo scritto tante volte.
Non esiste alcun conflitto semplicemente perché il medico o l’odontoiatra – così come qualunque altro professionista nel momento in cui si relaziona con il proprio paziente – non può avere altra strada che quella di decidere quella che lui ritiene la migliore soluzione.
Non ha alcuna importanza ai fini del discorso che stiamo affrontando se qualche dentista si discosta da tale regola aurea per inseguire il facile profitto. Perché nel momento in cui lo fa, costui dimostra di non aver capito cosa significa essere un professionista e quale forte plus è legato a quel peculiare modo di esercitare l’attività.
Solo nella professione è o dovrebbe essere possibile instaurare un rapporto particolarissimo con il proprio paziente, basato sulla possibilità concreta di personalizzare la soluzione alle sue richieste. Ne deriva che qualunque soluzione proposta che non sia quella ritenuta ideale, si pone immediatamente in netto contrasto con la natura del rapporto.
E non solo sotto il profilo etico e deontologico ma anche e soprattutto – volendo anticipare la conclusione – su quello puramente economico.
L’economia del professionista è infatti cosa diversa da quella di altri soggetti economici.
Se il punto di partenza non può che essere quello di scegliere sempre la migliore soluzione nell’interesse primario del paziente, come si raggiunge la stabilità economica del professionista o dello studio ? Esiste un contrasto oppure un rapporto armonico tra la dimensione clinica, quella etica e deontologica e quella economica ? I pregiudizi sul conflitto insanabile tra queste dimensioni sono fondati o sono solo strumentali ?
Le risposte dipendono dai presupposti sui quali ciascun professionista basa la propria attività e persino sul contesto storico nel quale ha svolto la parte temporalmente più rilevante della propria storia professionale.
Tuttavia in linea di principio l’armonizzazione è relativamente facile da concepire.
Cosa deve fare un dentista per raggiungere la sostenibilità partendo dal basilare presupposto di cui sopra?
In primis creare le condizioni per individuare la migliore soluzione alla situazione del proprio paziente. Quindi studiare, studiare e studiare e sperimentare, sperimentare e ancora sperimentare. Non si diventa bravi per il solo fatto di avere una laurea se una volta conseguita quella si ferma l’apprendimento. Non ci si può definire capaci se si cura pochi pazienti.
Quindi riempire lo studio si pone come necessità in primis sotto il profilo clinico. Chi ha le poltrone vuote e si definisce capace e deontologico inganna prima di tutto sé stesso prima ancora degli altri.
Insomma, se la fortuna ti ha regalato la possibilità di riempire lo studio senza fare nulla semplicemente perché i dentisti sono pochi, come accadeva in decenni passati, hai un gioco relativamente facile. Altrimenti ti attivi per colmare il gap con il marketing e più precisamente con un marketing che oltre ad essere di buon gusto e deontologicamente inattaccabile è anche l’unico che realmente funziona nel nostro ambito. E cioè quello di contenuti.
Devi poi essere in grado di praticare tariffe in linea con il mercato e con la copertura dei costi e con il conseguimento di congrui margini e di articolare una organizzazione per processi che eviti diseconomie di scopo e inefficienze varie che possano di fatto far saltare l’equilibrio necessario tra ricavi, margini e costi.
Tutto ciò che dunque da professionista devi fare, proprio perché eserciti una attività non occasionalmente ma con continuità e quindi in modo appunto professionale, è creare i presupposti perché quella regola aurea possa e debba sempre essere rispettata.
Detta in soldoni, devi quindi avere tanti pazienti che pagano regolarmente tariffe congrue per terapie idonee e per questa via devi rendere del tutto realizzabile scegliere il meglio per ciascuno di essi.
E questo è vero sotto un duplice profilo.
Perché hai reso possibile saperlo e poterlo fare. Tra scelta clinica, deontologica ed economica non esiste alcuna cesura. Una consegue o è legata strettamente all’altra.
Perché allora leggiamo spesso interpretazioni diametralmente opposte rispetto a quella appena descritta?
Le ragioni sono diverse e conviene farci un salto ogni tanto per pulire il cervello dal rumore di fondo ed essere pronti alle consapevoli e più opportune condotte:
Quali sentimenti nutra il sottoscritto nei confronti di questa schiuma è noto, ma quello che è importante è che ci sia una crescente porzione di dentisti pronti ad abbandonare questi falsi difensori della professione e le loro strampalate ed ipocrite teorie utili esclusivamente alla preservazione di un sistema.
Un sistema – sia detto per inciso – in gran parte basato sulla mediocrità imperante, su rapporti di tipo mafioso, sull’esercizio del potere fine a sé stesso in cui il dentista gioca quasi sempre il ruolo di vacca da mungere.
Nulla è più lontano dalla reale difesa della professione oltre che dagli interessi del paziente (perfettamente coincidenti con quelli del dentista in una visuale virtuosa) che l’azione politica e sindacale di questa gente.
Non lo sono certo le condotte alternative suggerite per sostenere gli studi, combattere abusivi e prestanome, esercitare il potere sanzionatorio, pianificare la fiscalità, etc. etc. E basta osservare il reale per capirlo.
Sul fatto che poi il contrasto tra professione ed economia sia un falso problema si staglia una ulteriore e definitiva conferma: non è dato in natura concepire un medico che si lasci andare all’azzardo morale senza che lo stesso medico possa esserne allegramente consapevole. Il puzzo del compromesso morale non vive incastonato nei libri e nelle pratiche della scienza economica ma nell’animo nauseabondo e corrotto di alcune persone. Dalle quali sarebbe opportuno stare lontani.
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