Gestire correttamente le non conformità nello studio odontoiatrico non è solo un dovere normativo, ma un’opportunità strategica per migliorare qualità, efficienza e sicurezza. In questo articolo, rivolto ai titolari di studio e amministratori di SRL odontoiatriche, scoprirai come riconoscere e analizzare le non conformità, come integrarle in un sistema qualità sostenibile e come trasformarle in leve di crescita concreta. Con esempi pratici, approccio operativo e strumenti semplici da applicare fin da subito, questo contenuto ti guiderà verso una gestione più consapevole e professionale dello studio.
Nel contesto odontoiatrico moderno, la qualità delle prestazioni e la sicurezza del paziente non sono più un’opzione, ma un obbligo professionale, etico e – sempre più spesso – normativo. In questo scenario, la gestione delle non conformità rappresenta uno strumento fondamentale per tenere sotto controllo i rischi e garantire standard elevati di efficienza e affidabilità.
Molti titolari di studio odontoiatrico, sia in forma individuale che societaria (SRL), associano il concetto di “non conformità” a un linguaggio burocratico, distante dalla pratica clinica quotidiana. In realtà, saper riconoscere e gestire in modo strutturato le situazioni in cui qualcosa non funziona come dovrebbe – sia a livello clinico che organizzativo – è ciò che distingue uno studio reattivo da uno realmente evoluto.
La gestione del rischio e la gestione della qualità sono oggi elementi centrali nella governance di ogni attività sanitaria. Ma non si tratta solo di adempimenti formali. Sono strumenti di leadership, crescita e posizionamento competitivo. In quest’ottica, la non conformità non va temuta, né nascosta: va compresa, tracciata, analizzata e corretta.
Questo articolo è rivolto a te, titolare di studio odontoiatrico o amministratore di una SRL del settore, che desideri:
migliorare l’organizzazione interna;
tutelare la tua struttura da rischi clinici, legali e reputazionali;
offrire ai tuoi pazienti un’esperienza affidabile e professionale;
trasformare ogni errore o criticità in un’occasione di miglioramento concreto.
Nei prossimi paragrafi affronteremo, con taglio pratico e operativo, tutto ciò che c’è da sapere sulla gestione delle non conformità: dalla definizione alla procedura, dagli strumenti di rilevazione ai benefici per la tua attività. Il tutto con un linguaggio semplice, esempi concreti e riferimenti alle normative di settore.
Quando si parla di non conformità all’interno di uno studio odontoiatrico, il pensiero va subito a qualcosa che non ha funzionato. Ed è proprio così. La non conformità è, in sostanza, tutto ciò che si discosta da quanto previsto: una procedura non rispettata, un passaggio saltato, un risultato che non corrisponde agli standard attesi. In termini tecnici, è il mancato soddisfacimento di un requisito, sia esso interno – come un protocollo operativo – o esterno, come una norma o una linea guida.
Nel quotidiano di uno studio odontoiatrico, le non conformità sono più frequenti di quanto si pensi. Alcune sono evidenti: uno strumento non sterilizzato correttamente, un errore nella gestione della cartella clinica, la mancata consegna di un preventivo firmato. Altre sono più sottili, ma non meno importanti: un paziente non richiamato per il controllo, un documento non archiviato, una comunicazione ambigua tra front office e clinica.
Spesso si tende a confondere la non conformità con l’errore umano. In realtà, la non conformità non è necessariamente il risultato di un errore. Più spesso è il sintomo di un processo debole, di una prassi non codificata, di una responsabilità mal distribuita. Per questo motivo, il suo riconoscimento ha un valore enorme: ci permette di individuare le fragilità prima che diventino problemi seri.
È importante anche distinguere tra non conformità, errore e rischio. Il rischio è la possibilità che qualcosa vada storto; l’errore è un’azione sbagliata, compiuta per disattenzione o per mancanza di conoscenza; la non conformità è il mancato rispetto di un requisito, indipendentemente dal fatto che abbia già prodotto un danno. Questa distinzione è fondamentale per affrontare la gestione della qualità con lucidità e metodo, evitando reazioni impulsive e focalizzandosi invece sul miglioramento dei processi.
Comprendere cosa sia una non conformità è il primo passo per iniziare a gestirla in modo efficace. Non si tratta di trovare un colpevole, ma di dare struttura all’organizzazione, prevenire i problemi e rafforzare la sicurezza delle prestazioni. E, come vedremo, questo approccio può diventare un vero e proprio vantaggio competitivo per lo studio.
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Per molti titolari di studio odontoiatrico, la non conformità è ancora vista come un fastidio, un ostacolo da affrontare solo quando qualcosa va storto. In realtà, adottare un approccio strutturato alla sua gestione rappresenta una leva strategica per migliorare la qualità, ridurre i rischi e rafforzare la credibilità dello studio.
Ogni volta che una procedura non viene rispettata, che un passaggio viene saltato o che un risultato non è conforme alle attese, il sistema sta lanciando un segnale. Sta indicando un punto debole, una vulnerabilità o un’occasione di miglioramento. Se si interviene in modo tempestivo, si può correggere il problema alla radice. Se si ignora, quel piccolo errore può trasformarsi in un rischio clinico, legale o reputazionale ben più grave.
La gestione delle non conformità consente di trasformare ogni criticità in un’occasione di crescita. Aiuta a tenere sotto controllo i processi chiave, a distribuire meglio le responsabilità, a snellire le attività quotidiane e, soprattutto, a tutelare pazienti e team.
Questo cambiamento di approccio non è solo tecnico, ma soprattutto culturale. Significa passare da una logica difensiva, basata sulla paura dell’errore, a una logica di miglioramento continuo. In questa prospettiva, la non conformità non è più un fallimento, ma una fonte di apprendimento. È un cambio di mentalità che richiede consapevolezza, formazione e metodo.
I benefici, nel medio-lungo periodo, sono evidenti: meno imprevisti, più efficienza, maggiore coesione nel team e un clima lavorativo più sereno. Inoltre, la percezione di uno studio attento alla qualità e alla sicurezza genera fiducia nei pazienti e rappresenta un elemento distintivo in un mercato sempre più competitivo.
La non conformità, quindi, non va temuta né nascosta. Va gestita, analizzata, documentata e soprattutto utilizzata per crescere. È uno strumento prezioso che ogni titolare consapevole dovrebbe integrare nella propria visione imprenditoriale.
Immagina, ad esempio, che una paziente arrivi in studio per una seduta d’igiene e, al momento dell’accoglienza, scopri che manca la cartella clinica aggiornata. L’igienista non ha indicazioni sull’ultimo trattamento, né sulle note cliniche lasciate dal medico. Questo piccolo episodio, se trattato come una semplice dimenticanza, verrà archiviato in fretta. Ma se invece viene registrato come non conformità, può aprire la strada a una riflessione più ampia: il processo di aggiornamento delle cartelle è chiaro? Le responsabilità sono ben definite? Il software è configurato correttamente? È previsto un controllo prima dell’appuntamento?
Analizzare il caso in modo oggettivo permette di individuare la vera causa e di correggere il sistema, magari introducendo una checklist di pre-visita o un alert automatico per il controllo dei dati clinici. In questo modo, un piccolo errore occasionale diventa l’occasione per migliorare l’intero processo, riducendo il rischio di ripeterlo in futuro e rafforzando la fiducia del paziente nella qualità dello studio.
Quando si parla di qualità e di gestione del rischio, si fa spesso l’errore di considerarli ambiti separati, come se appartenessero a logiche diverse: una più “burocratica”, legata a standard e certificazioni, e l’altra più “clinica”, legata alla sicurezza del paziente. In realtà, qualità e rischio sono due facce della stessa medaglia. Non può esserci vera qualità senza controllo del rischio, così come non è possibile ridurre il rischio se non si lavora sulla qualità dei processi.
In uno studio odontoiatrico, ogni attività – dalla prima telefonata del paziente alla consegna del preventivo, dalla sterilizzazione degli strumenti alla comunicazione del piano di cura – può essere vista come una catena di azioni. Se una di queste azioni è debole, imprecisa o lasciata al caso, si apre un varco attraverso cui possono passare errori, inefficienze o addirittura danni. La qualità serve proprio a progettare questi passaggi in modo chiaro, ripetibile, sicuro. Il rischio, invece, si manifesta quando quei passaggi non sono rispettati o non sono stati mai formalizzati.
L’approccio migliore per tenere sotto controllo questi aspetti è quello sistemico. Non basta correggere l’errore quando si verifica: è necessario intervenire sul processo che lo ha generato. Per farlo, serve un metodo. Il più diffuso e riconosciuto è il ciclo PDCA (Plan – Do – Check – Act), ovvero pianificare, agire, verificare e migliorare (vd. Ciclo di Deming). Applicato in ambito odontoiatrico, significa costruire procedure, formare il personale, osservare ciò che succede ogni giorno in studio, raccogliere i dati delle non conformità e usarli per migliorare continuamente.
Pensare in ottica di qualità e rischio non è un esercizio teorico, ma una scelta gestionale concreta. Significa evitare che piccoli problemi quotidiani degenerino in eventi critici, reclami, contenziosi o, peggio, danni al paziente. Ma significa anche costruire un’organizzazione più solida, dove ogni membro del team sa cosa fare, quando farlo e come farlo. In questo modo si lavora meglio, si riduce lo stress e si crea un ambiente più sereno e professionale.
Alla base di tutto c’è un concetto semplice, ma potente: la qualità si costruisce ogni giorno, il rischio si riduce un errore alla volta. È un percorso, non una destinazione. E ogni non conformità può rappresentare un passo avanti, se affrontata con metodo, visione e responsabilità.
Un esempio concreto può chiarire il senso di questo legame. Immagina che un paziente, dopo aver fissato un appuntamento online, si presenti in studio e scopra che non è stato inserito correttamente nel gestionale. Il personale alla reception, colto di sorpresa, lo fa attendere e riorganizza in fretta il piano della giornata. Il paziente si spazientisce, il team si stressa e l’efficienza operativa ne risente. In questo caso, non c’è stato un errore clinico, ma una falla nel processo di comunicazione tra il sistema di prenotazione e il calendario interno. Una piccola non conformità informatica o procedurale ha generato un rischio relazionale e un impatto organizzativo.
Se si interviene solo per sistemare “l’incidente”, si rischia di ripeterlo. Ma se lo si analizza come una non conformità, si può migliorare il flusso tra prenotazione online e agenda, magari prevedendo un controllo automatico o un alert di conferma per il personale. Così, una semplice criticità diventa l’occasione per rafforzare la qualità percepita e prevenire disservizi futuri.
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Il primo passo per poter gestire correttamente una non conformità è saperla individuare. Potrebbe sembrare banale, ma nella quotidianità di uno studio odontoiatrico molte criticità passano inosservate, oppure vengono considerate inevitabili. È proprio questa abitudine al “si è sempre fatto così” che impedisce spesso di riconoscere i segnali deboli, quelli che precedono gli errori più gravi.
Individuare una non conformità significa sviluppare la capacità di osservare i processi con uno sguardo più ampio, meno condizionato dalla routine. Significa porsi delle domande: ciò che facciamo è coerente con quanto previsto? Stiamo rispettando tempi, modalità e responsabilità? Il risultato ottenuto corrisponde a ciò che ci aspettavamo?
Per allenare questa sensibilità serve un mix di strumenti e atteggiamento mentale. Tra gli strumenti più utili ci sono i controlli interni, le checklist, le verifiche incrociate tra ruoli diversi e anche i feedback – sia interni che da parte dei pazienti. Ogni segnalazione, anche se inizialmente fastidiosa, può contenere un elemento utile a far emergere una criticità nascosta.
L’aspetto culturale è altrettanto importante. Uno studio che promuove una cultura della trasparenza e del miglioramento continuo sarà naturalmente più incline a segnalare e discutere le non conformità. Al contrario, in un ambiente dove si ha paura di sbagliare o di essere giudicati, molte informazioni utili restano sepolte. È responsabilità del titolare creare un clima in cui l’errore non è un colpevole da trovare, ma un’occasione da sfruttare.
Un esempio semplice ma frequente può aiutare a comprendere. Supponiamo che, da qualche tempo, aumentino i casi di pazienti che si presentano senza aver compilato il consenso informato. Il team recupera i documenti al volo, li fa firmare in fretta, e tutto sembra rientrare. Ma se questa situazione si ripete, è il segnale che qualcosa non funziona nel flusso informativo pre-visita. Forse il promemoria automatico non invia l’allegato giusto. Forse il paziente non riceve istruzioni chiare al momento della prenotazione. Forse nessuno verifica il materiale prima dell’appuntamento. La non conformità non è la firma mancata, ma il processo che non garantisce il rispetto di un obbligo fondamentale.
Individuare questi segnali richiede attenzione, ma non necessariamente più tempo. Spesso basta creare dei momenti strutturati di verifica, come brevi riunioni settimanali, o introdurre delle procedure semplici che aiutino il personale a rilevare eventuali scostamenti rispetto allo standard. La qualità non si costruisce con il controllo ossessivo, ma con l’abitudine a guardare ciò che succede con occhi critici e costruttivi.
Rilevare una non conformità è solo il primo passo. Il vero valore emerge nel modo in cui viene gestita. È qui che si misura il livello di maturità organizzativa dello studio: nella capacità di reagire con metodo, senza improvvisazioni, e di trasformare un episodio critico in un miglioramento reale e duraturo.
Quando si intercetta una non conformità, la prima cosa da fare è documentarla, anche in modo semplice. Non serve un sistema complesso: un modulo cartaceo, un file condiviso, una nota in un registro digitale. L’importante è che resti traccia dell’accaduto, con una breve descrizione del fatto, la data, le persone coinvolte e, se possibile, l’impatto riscontrato. Questo aiuta a evitare che l’episodio venga dimenticato o sottovalutato e permette di monitorare se si tratta di un caso isolato o di una recidiva.
Il secondo passo è l’analisi della causa. Spesso ci si ferma al sintomo visibile – un appuntamento saltato, un paziente insoddisfatto, un errore nella fattura – ma il vero nodo è più in profondità. Per arrivarci, è utile porsi la domanda “perché?” più volte. È il principio del metodo delle “5 Whys”, che aiuta a risalire alla causa originaria. Questo tipo di riflessione, se fatta con il team, stimola il coinvolgimento e aumenta la consapevolezza di tutti.
Una volta compresa la causa, è il momento di scegliere un’azione correttiva, cioè un intervento mirato a risolvere il problema alla radice, non solo a “tappare il buco”. L’azione correttiva può essere un cambiamento di procedura, una nuova istruzione operativa, una formazione specifica, o l’introduzione di uno strumento di controllo.
In certi casi, può essere utile anche un’azione preventiva, cioè un intervento che mira a evitare che una non conformità si presenti in altri ambiti simili. Ad esempio, se si è verificato un errore nella compilazione della cartella parodontale, e si scopre che il software non obbliga a compilare tutti i campi, l’azione correttiva potrebbe riguardare quel singolo caso. Ma quella preventiva potrebbe essere una revisione più ampia del sistema di compilazione, estesa anche ad altre sezioni cliniche.
Facciamo un esempio concreto. Supponiamo che, durante un controllo interno, emerga che i protocolli di igienizzazione delle superfici tra un paziente e l’altro non vengono sempre rispettati nei tempi previsti. Si scopre che nei momenti di punta lo staff salta qualche passaggio per non far aspettare i pazienti. L’errore non è imputabile a una persona, ma a un’organizzazione che non prevede margini reali nei tempi di lavoro. Documentare la non conformità, discuterla insieme e decidere una rimodulazione dei tempi agenda è un’azione correttiva concreta. Introdurre un indicatore di controllo settimanale sul rispetto delle sanificazioni, invece, può essere l’azione preventiva che aiuta a stabilizzare il cambiamento.
Infine, ogni azione andrebbe verificata nel tempo. Ha funzionato? Il problema si è ripresentato? Il cambiamento è stato realmente applicato? Solo così si evita che tutto si riduca a un buon proposito non seguito da risultati.
Gestire le non conformità non significa punire, ma investire nella crescita dello studio. Significa scegliere di affrontare le criticità in modo maturo, tracciabile e condiviso, per ridurre i rischi e rafforzare l’identità professionale dello studio.
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Uno degli errori più comuni è considerare la gestione delle non conformità come un’attività separata, da attivare solo in caso di problema. In realtà, perché sia efficace, questo processo va integrato stabilmente nel sistema qualità dello studio, diventando parte della normale operatività e non una risposta eccezionale a situazioni critiche.
Non serve costruire un sistema rigido o eccessivamente formale. Al contrario, ciò che funziona meglio in uno studio odontoiatrico – sia esso di piccole dimensioni o strutturato in forma di SRL – è una procedura chiara, essenziale e sostenibile. L’obiettivo è che ogni membro del team sappia come comportarsi in caso di anomalia, dove registrare l’evento, a chi segnalarlo, e come viene gestita la situazione nei giorni successivi.
Il primo passo è avere un documento semplice che descriva il processo di gestione delle non conformità: chi può segnalarle, dove vanno registrate, chi le analizza, come si decide l’azione correttiva e chi verifica l’efficacia dell’intervento. Questo documento può essere una procedura interna allegata al manuale della qualità, ma anche una scheda autonoma inserita nel gestionale o nel sistema condiviso di studio.
È utile, inoltre, avere un registro aggiornato delle non conformità, che consenta di tenere traccia degli eventi nel tempo. Questo strumento diventa prezioso per individuare pattern ricorrenti, valutare le aree più fragili dell’organizzazione e pianificare interventi più ampi. Non serve un software complesso: anche un file Excel ben strutturato può essere sufficiente, purché accessibile e aggiornato.
L’integrazione con altri strumenti di gestione – come il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), eventuali procedure ISO o un Modello Organizzativo 231 – permette di creare un sistema coerente, in cui ogni elemento dialoga con gli altri. Le non conformità, in questo contesto, non sono solo incidenti da segnalare, ma diventano indicatori reali di quanto un sistema sia efficiente, sicuro e conforme alle normative.
Facciamo un esempio concreto. Uno studio accreditato ISO 9001 nota, durante un audit interno, che il numero di pazienti che non rispettano gli appuntamenti è in aumento. L’analisi delle non conformità registrate evidenzia che molti di questi pazienti non ricevono alcuna conferma dell’orario da parte dello studio. Si scopre che il sistema automatico di messaggistica è stato disattivato dopo un aggiornamento software e nessuno se n’era accorto. Questa scoperta, nata da un evento apparentemente “di routine”, consente di ripristinare il servizio, aggiornare la checklist di verifica settimanale e ridurre drasticamente i no-show nei mesi successivi.
Integrare la gestione delle non conformità nel sistema qualità non richiede grandi risorse, ma richiede costanza, chiarezza nei ruoli e un minimo di metodo. Ed è proprio questa integrazione che consente allo studio di evolvere: da struttura che reagisce ai problemi, a organizzazione che impara da ogni evento e cresce in modo consapevole.
Quando si parla di gestione della qualità e delle non conformità, è facile pensare che si tratti di attività pensate per “grandi strutture”, o che richiedano troppo tempo rispetto alla vita frenetica di uno studio dentistico. In realtà, i vantaggi pratici per il titolare di studio sono numerosi, immediati e spesso sottovalutati. Non si tratta solo di rispetto delle norme, ma di una vera e propria leva per lavorare meglio, con più controllo e meno imprevisti.
Il primo beneficio è la riduzione dei rischi legali e professionali. Ogni volta che si documenta una non conformità e si interviene in modo tracciabile, si sta rafforzando la tutela medico-legale dello studio. In caso di reclami, contestazioni o ispezioni, poter dimostrare di aver gestito le criticità in modo sistematico fa una grande differenza. È una forma di copertura preventiva che non ha costi aggiuntivi, ma che può evitare problemi molto seri.
C’è poi un aspetto organizzativo. Integrare la gestione delle non conformità significa avere processi più stabili, ruoli più chiari e procedure che funzionano. Questo si traduce in meno errori, meno confusione e meno stress per il titolare, che non deve più intervenire in emergenza per risolvere ogni piccolo problema. Il tempo guadagnato può essere reinvestito in attività ad alto valore: strategia, comunicazione, sviluppo del team.
Un ulteriore vantaggio, spesso trascurato, è il miglioramento del clima interno. Quando il personale percepisce che c’è un sistema equo e costruttivo per gestire gli errori, si sente più sicuro, più coinvolto e più propenso a segnalare criticità. Questo rafforza la fiducia reciproca e riduce la tensione, soprattutto nei momenti di pressione. La cultura della qualità non si impone dall’alto: si costruisce giorno dopo giorno, creando un ambiente in cui tutti sanno che il miglioramento è possibile.
Anche l’immagine dello studio ne beneficia. I pazienti non sono in grado di valutare direttamente la qualità clinica, ma sono molto sensibili a tutto ciò che riguarda l’organizzazione, la puntualità, la chiarezza delle comunicazioni e la sensazione di ordine e sicurezza. Uno studio che lavora con metodo, che risolve i problemi in modo professionale e che sa chiedere scusa quando serve, viene percepito come serio, affidabile e moderno. E questo impatta direttamente sulla fidelizzazione e sul passaparola.
Un esempio concreto? Uno studio in forma di SRL nota che, negli ultimi mesi, aumentano le lamentele legate ai tempi di attesa telefonici. Il centralino è sempre occupato, le richieste si accumulano e il personale è sotto pressione. Invece di rispondere in modo reattivo, il titolare decide di analizzare il problema come una non conformità strutturale. Raccoglie i dati, coinvolge il team e scopre che il picco di chiamate coincide con l’orario di consegna dei preventivi. L’azione correttiva consiste nell’introdurre un canale WhatsApp Business con risposte predefinite per gestire alcune richieste frequenti. Dopo un mese, il numero di chiamate si riduce del 40%, le segnalazioni scompaiono e il personale lavora con più serenità. Un risultato concreto, ottenuto grazie a un approccio semplice ma strutturato.
In sintesi, investire nella gestione delle non conformità non è una perdita di tempo, ma un modo per governare meglio lo studio, tutelare la propria figura professionale e offrire un servizio sempre più solido, apprezzato e sostenibile nel tempo.
La gestione delle non conformità non è un tecnicismo riservato agli auditor o ai consulenti. È uno strumento concreto, quotidiano, che può fare la differenza tra uno studio che rincorre i problemi e uno studio che li anticipa, li analizza e ne trae valore.
Abbiamo visto come ogni anomalia – anche la più piccola – sia in realtà una occasione per migliorare. A patto di saperla riconoscere, registrare, analizzare e affrontare con metodo. Questo richiede visione imprenditoriale, ma anche una cultura interna aperta al cambiamento, in cui l’errore non è un fallimento ma un punto di partenza.
Il legame tra qualità e rischio è stretto: più è alto il livello di attenzione ai processi, minore sarà l’esposizione a criticità legali, operative o relazionali. Per il titolare, significa lavorare con maggiore serenità, poter delegare con più fiducia e guidare lo studio verso un livello di efficienza sostenibile, in cui tutto funziona con meno sforzo e più coerenza.
Chi introduce un sistema semplice per la gestione delle non conformità – anche in uno studio piccolo – si accorgerà rapidamente dei benefici: più chiarezza nei ruoli, meno dispersioni, meno conflitti, più fiducia. E soprattutto, una maggiore capacità di rispondere alle sfide del mercato in modo strutturato e professionale.
Il consiglio, a questo punto, è uno solo: iniziare subito, anche con poco. Può bastare un registro condiviso, una breve procedura scritta e un incontro mensile per analizzare insieme le segnalazioni. Il resto verrà con il tempo, perché un’organizzazione che impara dai propri errori cresce da sola, un passo alla volta.
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