La disciplina del welfare viene trattata in misura e modalità molto diverse da un Contratto Collettivo Nazionale all’altro. Questa disparità di trattamento viene replicata in tutto e per tutto nei tre principali CCNL del settore odontoiatrico. La conoscenza di queste differenze può aiutare il dentista nella scelta del CCNL che meglio si attaglia alle sue specifiche esigenze
La gran parte dei dentisti è convinta che il confronto tra Contratti collettivi nazionali di settore costituisca un esercizio pressoché inutile perché da per scontato che siano in tutto molto simili.
Di fatto, si tratta di una convinzione errata. A differenziare i contratti collettivi contribuisce in misura determinante lo stile e la tradizione dei sindacati cofirmatari che è molto differente quando si prende in considerazione i sindacati maggiori e l’ambiente del cosiddetto sindacalismo autonomo.
Queste differenze si traducono in una modalità assai diversa di redigere i contratti; modalità diverse che sono anche foriere di significative differenze. Benché queste differenze interessino diverse aree della contrattazione collettiva, è proprio quando si prende in considerazione le misure del welfare che le stesse risultano più evidenti.
Per il datore di lavoro dentista, ovviamente, tali differenze possono tradursi in interessanti opportunità che possono essere colte in misura maggiore da quei dentisti che non sono iscritti ad alcuna associazione sindacale co-firmataria di un singolo CCNL e che quindi restano liberi di scegliere quello che meglio si adatta alla loro specifica situazione.
In questo articolo vi forniremo un concreto aiuto utile ad una scelta consapevole del CCNL che risulta più confacente ai vostri concreti bisogni.
Prima di entrare nel vivo dell’argomento, ci corre l’obbligo di avvertire il lettore che la lettura di questo articolo presuppone necessariamente anche quella dei tre precedenti di cui ai link seguenti, costituendo parte di un discorso più ampio e che stiamo portando avanti per tappe:
https://www.dentistamanager.it/contratto-collettivo-nazionale-studio-dentistico/
https://www.dentistamanager.it/fringe-benefit-dentista/
https://www.dentistamanager.it/welfare-nello-studio-dentistico/
Inoltre, dobbiamo avvertire il lettore del fatto che il confronto tra CCNL in vigore avrebbe dovuto coinvolgere anche quello co-firmato dalla principale associazione odontoiatrica e cioè da ANDI (CCNL Confprofessioni).
Tuttavia, non abbiamo ritenuto di includere pienamente nel confronto anche questo contratto, che se siamo pienamente consapevoli della sua importanza, in quanto lo stesso è scaduto da tempo e non è stato ancora rinnovato. Il che di per sé non sarebbe un grande problema sotto il profilo pratico, perché il contratto scaduto nel 2018 resta comunque in vigore – per esplicita disposizione contrattuale prevista al suo interno – e potrebbe essere quindi comunque analizzato insieme agli altri principali contratti collettivi di settore.
Tuttavia, questa procedura non ci sarebbe sembrata corretta in quanto, al momento in cui scriviamo queste righe, è in corso la discussione di un nuovo contratto collettivo che dovrebbe contenere rilevanti novità proprio in tema di welfare (e non solo di welfare), utili a contrastare gli effetti della crisi in corso (pandemica, bellica ed economica). Confrontare quindi con altri più recenti un contratto collettivo che è stato stilato nel 2015 e quindi in un’altra epoca non avrebbe avuto molto senso e sarebbe stato anche poco onesto.
Attendiamo quindi che il nuovo contratto venga emanato e solo dopo lo esamineremo, sia pur limitatamente ai temi di nostro interesse, limitandoci in questa sede ad evidenziare le questioni principali relative alle tematiche sensibili del CCNL Andi-Confprofessioni e dei relativi contratti di secondo livello, che sono fermi al 2014 e quindi ad una data precedente rispetto all’emanazione del CCNL, così come è facile dedurre consultando il sito della Confprofessioni.
Abbiamo quindi deciso di effettuare un confronto tra il CCNL co-firmato da AIO (Associazione Italiana Odontoiatri) e quello co-firmato dal SIASO (Sindacato italiano Assistenti di studio Odontoiatrico), dal SIOD (Sindacato italiano di Odontoiatria Democratica ) e da ANTAMOP (Associazione Nazionale soci e titolari ambulatori odontoiatrici e polispecialistici non appartenenti a grandi Gruppi Economici), descrivendo solo gli istituti principali del Contratto co-firmato da ANDI e cioè quello Confprofessioni
Prima di iniziare la trattazione vera e propria, dobbiamo ancora specificare che i tre contratti che ci accingiamo a confrontare sono stati scritti in tempi diversi e solo uno è formalmente in vigore.
Quello AIO è scaduto nel 2020 ed è stato adottato nel 2017. Quello SIOD-SIASO-ANTAMOP è stato sottoscritto nel 2020 e ha scadenza 2023. Quello Andi è stato redatto nel 2015 e formalmente è scaduto nel 2018. Benché tutti e tre siano ancora in vigore, uno formalmente e gli altri due per deroga apposita inserita nel Contratto, non si può non tenere conto del fatto che il secondo e il terzo sono stati scritti diversi anni prima e quindi sono anche per forza di cose non aggiornati, come può esserlo l’altro, alla situazione degli ultimi anni.
Un’ultima precisazione si impone in questa nota introduttiva a carattere metodologico: il confronto verrà effettuato sullo specifico tema del welfare e istituti collegati, non potendo certamente essere effettuato sull’intero perimetro di istituti contemplati in un Contratto Collettivo, ognuno dei quali consta di un centinaio di pagine e tratta un enorme numero di aspetti legati al rapporto di lavoro. Chi lo desidera può tuttavia cogliere l’occasione per esaminare i contratti in esame con una visuale più ampia.
Nei prossimi articoli che pubblicheremo in merito ad altri argomenti quali le tipologie contrattuali e i benefici per l’assunzione di nuovi dipendenti, daremo sempre evidenza del diverso modo di trattare ciascun argomento da parte dei tre contratti collettivi di riferimento per il settore odontoiatrico. In questo modo riusciremo comunque ad esaminare tutti e tre i contratti nazionali su una buona parte del loro contenuto, senza per questo appesantire troppo la trattazione.
Uno degli elementi che ricorrono nei contratti AIO e SIASO-SIOD-ANTAMOP è quello di operare una delega alla contrattazione di secondo livello in merito a diversi istituti, tra i quali anche il welfare. Tuttavia, è subito il caso di specificare che tale delega non ha affatto lo stesso peso e lo stesso contenuto, quando si passa da un contratto all’altro.
In particolare, il Contratto AIO dispone di attribuire alla contrattazione collettiva territoriale un buon numero di questioni attinenti alla formazione, all’apprendistato, ai livelli retributivi territoriali e al welfare, ponendo l’accento sul ruolo centrale che deve assumere l’Ente Bilaterale Ebilp nell’organizzazione di alcune di queste iniziative e nella convalida di altre. Il CCNL in parola prevede addirittura che tale intervento della contrattazione collettiva possa avvenire anche in deroga a quanto stabilito dal Contratto Nazionale per i livelli retributivi.
Anche il Contratto ANDI-Confprofessioni mette in risalto e presenta diverse mozioni programmatiche in merito alla Bilateralità e menziona anche la contrattazione di secondo livello. La delega di materie a quest’ultima è però molto più scarna rispetto ai casi precedenti.
La contrattazione di secondo livello, che può trovarsi sul sito della Confprofessioni al link Confprofessioni , oltre ad essere – come già ricordato – ferma al 2014, è anche unicamente finalizzata alla disciplina dei premi di risultato per diverse regioni (13 in tutto, al momento) e al loro contenuto.
Le disposizioni non presentano carattere tassativo; tuttavia, per ognuna di esse il contenuto è lo stesso, praticamente un copia ed incolla per tutte: nessun accenno alla possibilità di tramutare tali premi di produttività in prestazioni di welfare. Non pare giudizio affrettato quello di considerare la contrattazione di secondo livello in ambito Confprofessioni come un esercizio dovuto, eseguito senza troppo entusiasmo e con una articolazione descrittiva minima. Peraltro, come già in precedenza rilevato, questi contratti di secondo livello precedono il CCNL 2015 e quindi non vi può essere alcun dubbio sul fatto che non abbiano alcuna relazione con esso e tantomeno sul fatto che siano stati emanati al fine di dare a quest’ultimo concreta attuazione.
A parte queste evidenti differenze, resta il fatto che in tutti e tre i contratti collettivi nazionali e in particolare negli altri due contratti collettivi dell’area CONFSAL (Confederazione Nazionale Sindacati Autonomi) – e cioè quello AIO e quello SIOD-SIASO-ANTAMOP che ci apprestiamo ad esaminare -, appare evidente che i sindacati più importanti siano passati da un approccio di difesa granitica del CCNL, inteso come unica fonte della contrattualistica individuale ,ad uno più possibilista e flessibile, ponendo in essere una vera e propria strategia di contrattacco ai sindacati minori e meno rappresentativi. Approccio quest’ultimo, peraltro, antistorico oltre che superato dalle norme di settore, come in altra sede già evidenziato
Se la contrattazione collettiva di secondo livello e addirittura un regolamento aziendale (atto sicuramente negoziale, ma comunque più vicino ad una iniziativa individuale da parte del ddl) può regolare direttamente materie come il welfare aziendale o quello sostitutivo dei premi di risultato, per esplicita disposizione di legge, tanto vale prendere questa regola e farne un nuovo punto di forza. Nel fare questo, alcuni tra i sindacati maggiormente rappresentativi perdurano nel considerare il CCNL come centrale, ma utilizzano quello territoriale per disciplinare con una maggiore flessibilità aspetti importanti; quali, ad esempio, quelli retributivi, adattando la relativa disciplina alle diverse condizioni vigenti nel territorio. Si tratta di una questione di non poco conto in un paese diviso ed economicamente frastagliato come il Nostro.
In questo senso, il CCNL ANDI-Confprofessioni costituisce un caso a sé, avendo praticamente replicato lo stesso accordo in tutte le regioni per cui si è deciso di redigere una contrattualistica di secondo livello.
Così facendo, le sigle sindacali co-firmatarie riescono contestualmente anche a respingere l’attacco dei sindacati più piccoli e meno rappresentativi, ora dotandosi degli stessi loro strumenti, ora cercando di inglobare quei sindacati minori, perlomeno a livello di Confederazione, per rendere anche loro più forti e rappresentativi di quanto potrebbero essere se agissero da soli.
Tornando al tema principale, è in particolare nell’art. 12 che il CCNL AIO definisce meglio l’ambito di contrattazione riservato ai contratti collettivi di secondo livello, stabilendo anzitutto che la competenza è alternativa e che in tutte le materie riservate dal CCNL o direttamente dalla Legge alla contrattazione collettiva territoriale è quest’ultima a dover disporre secondo il principio del ne bis in idem; come anche che l’eventuale istituzione di premi di risultato e di welfare sostitutivo dei citati premi debba essere disciplinato da quest’ultima e che è compito dell’Ente Bilaterale EPAR – attraverso apposite commissioni costituite in capo ad esso – convalidare la citata contrattazione territoriale, in modo da renderla effettiva e cogente.
All’art. 14 è specificatamente previsto che le materie relative ai premi di risultato e al welfare sostitutivo degli stessi accede ai benefici fiscali in capo al lavoratore e al dipendente previsti per quelle specifiche materie e che non è consentito alla contrattazione territoriale disciplinare fattispecie diverse da quelle specificatamente delegate dal CCNL e che non accedono ai già menzionati benefici.
E nell’articolo 15 presenta una lunga serie di materie interamente delegate alla contrattazione territoriale, tra le quali tutte quelle che riguardano i premi di produzione e il welfare aziendale e sostitutivo.
Il Contratto SIASO-SIOD-ANTAMOP, invece, presenta intanto un campo di applicazione più vasto, perché non è semplicemente rivolto a disciplinare il rapporto di lavoro nel comparto professionale odontoiatrico, ma in tutte le professioni intellettuali, a prescindere dalla forma giuridica prescelta per l’esercizio di queste attività professionali (compresa quella imprenditoriale e societaria). Inoltre, lo stesso contratto si caratterizza per avere un contenuto più innovativo in merito alle tematiche di nostro più diretto interesse.
Tuttavia, nella parte generale relativa alla contrattazione di secondo livello (o territoriale), presenta una mozione di intenti del tutto simile a quella del Contratto AIO.
In particolare, l’art. 145 testualmente recita:
“Le Parti, in considerazione del fatto che l’intero Settore risulti, non solo, interessato da una complessiva ed organica riforma dello stesso, ma in relazione alla necessità di una nuova organizzazione socio – economica del Settore, ritengono fondamentale delineare un nuovo modello e/o sistema contrattuale dando pieno risalto e concretezza ed effettività alla contrattazione decentrata anche quale nuovo riferimento per le relazioni sindacali”.
Subito dopo, lo stesso articolo si premura di definire le materie delegate a tale contrattazione:
“Trattamenti retribuiti integrativi; – Formazione professionale; – Orario di lavoro; – Contratti a tempo determinato; – Accordi di produttività; – Lavoro parziale; – Apprendistato; – Tirocini formativi e di orientamento; – Sicurezza del lavoro; – Contratto di somministrazione; – Accordo in materia di formazione con Istituzioni e Università; – La stipulazione di accordo quadro a livello territoriale; – Pari opportunità; – Tutto quanto altro possa apportare modifiche in senso migliorativo rispetto alla contrattazione nazionale”.
IL CCNL in esame, poi, fornisce ampia dimostrazione di credere fortemente nel ruolo degli Enti Bilaterali, istituendone di nuovi anche a livello regionale:
“A livello regionale le Parti potranno dar vita a strumenti bilaterali quali: – Ente Bilaterale Regionale di Settore (E.BI.L.P. Regionale); – Commissioni Paritetiche Territoriali per la gestione dei licenziamenti individuali, – Referenti regionali e/o territoriali; – Organismi Paritetici Territoriali in materia di salute e sicurezza previsti dal D. Lgs. 81/0”.
Anche nell’ambito della Bilateralità generale e nazionale è confermato lo stesso approccio.
Con gli articoli 151 e ss. vengono istituti diversi enti bilaterali nazionali e territoriali, ognuno dei quali deputato a specifici compiti: con l’art. 150 l’Ente Nazionale Bilaterale di Settore E.bi.lp Nazionale; con il art. 151 gli Enti Bilaterali Territoriali di Settore – E.BI.LP Regionale; con l’art. 152 il Fondo Bilaterale di Assistenza Sanitaria Integrativa al SSN per il Settore Privato – SANI.S.P.
Il CCNL Confprofessioni-ANDI si muove con un approccio molto simile in tema di Bilateralità rispetto a quello AIO. Istituisce come Ente Bilaterale di riferimento EBIPRO e come Ente deputato all’erogazione di prestazioni sanitarie CADIPROF. Specifica anche la volontà programmatica di passare nel tempo anche ad istituire emanazioni territoriali di tali Enti. A differenza dei casi precedenti, tuttavia, gli Enti Bilaterali non sembrano avere alcun ruolo in relazione al welfare di produttività, neanche a livello consultivo.
Il Contratto AIO presenta articoli di nostro più diretto interesse a partire dal suo CAPO VIII- Retribuzione accessoria, agli articoli 102 e seg.
In particolare, con una formulazione invero assai scarna ed estremamente sintetica, che contraddice platealmente sul piano fattuale la mozione di intenti di cui si è già detto e che riguarda la presentazione generale degli istituti presente nella prima parte del CCNL, all’art. 102 si stabilisce che la retribuzione accessoria è demandata alla contrattazione di secondo livello. Tuttavia, già all’art. 103 ci si premura di specificare che gli strumenti di retribuzione accessoria devono, a pena di nullità, retribuire solo quegli aumenti di produttività conseguenti alla più efficiente organizzazione del lavoro derivante dalla flessibilità accordata ai lavoratori. Il che costituisce una forte limitazione alla delega accordata alla contrattazione territoriale.
A conferma di quanto appena affermato, negli articoli 105 e 106, si stabiliscono regole di trattamento relative ai ticket restaurant e alle indennità per trasporti urbani assolutamente ordinarie. Non vengono nemmeno contemplati i buoni pasto in modalità digitale, che pure presentano – come a tutti noto – un importo massimo giornaliero più alto. Di altri fringe benefit con disciplina fiscale speciale non si fa menzione alcuna.
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Per parte sua, il CCNL Confprofessioni-ANDI non detta alcuna norma specifica in merito, delegandola alla contrattazione di secondo livello. Quest’ultima, in merito al tema, presenta regole del tutto generiche e inutili allo scopo di chiarire questi specifici punti. Molto più spazio è riservato alle prestazioni di welfare in senso lato, da quelle erogate da Cadiprof per i trattamenti sanitari, alla previdenza complementare che costituisce il campo di azione di un altro Ente, FORTE. Tuttavia, molte delle norme in esame del CCNL hanno ancora carattere programmatico e non è dato sapere se, al momento in cui scriviamo queste righe, le pattuizioni contrattuali redatte nel 2015 abbiano nel frattempo trovato concreta attuazione, in tutto o almeno in parte.
Il CCNL SIOD-SIASO-ANTAMOP dedica al welfare aziendale una intera sezione, precisamente la Terza.
La costruzione di un sistema organico per l’erogazione di prestazioni di previdenza complementare è affidata all’Ente Bilaterale EBILP, mentre quelle relative alle erogazioni di prestazioni sanitarie integrative rispetto a quelle erogate dal SSN sono affidate all’Ente SANISP per i lavoratori dipendenti; per altro verso, le analoghe prestazioni da erogare nei confronti dei liberi professionisti, siano essi datori di lavoro o meno, sono gestite direttamente da EBILP, con un Fondo e una dotazione autonomi. Tutte le norme citate hanno tuttavia e ancora carattere programmatico.
Il Contratto prevede anche l’istituzione di un premio di risultato individuale, che non gode ovviamente delle stesse defiscalizzazioni e decontribuzioni di quello collettivo, essendo assimilato a tutte le altre voci retributive e quindi costituendo interamente reddito per il lavoratore. Si occupa di disciplinare tale premio l’art. 117 e ss. del citato CCNL:
“Con il presente articolo viene introdotto per la prima volta, come strumento contrattuale, il Premio di Risultato Individuale, che si contrappone al premio di risultato aziendale, legato quest’ultimo, agli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, così come previsto e disciplinato dalla Legge di Stabilità del 2016. Il Premio di Risultato Individuale, viceversa, è commisurato alla presenza ed alla condotta individuale di ogni lavoratore, mirando a creare un maggiore livello di partecipazione alla crescita comune del contesto lavorativo libero professionale. Il Premio di Risultato Individuale è previsto in aggiunta al welfare di cui dalla Legge di Stabilità del 2016. L’erogazione del Premio di Risultato Individuale non consente l’accesso ai benefici fiscali previsti per il premio di risultato aziendale la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienze ed innovazione”.
L’ammontare del premio viene commisurato ad una percentuale della retribuzione mensile e la percentuale cambia a seconda del numero di assenze del lavoratore (ma solo a quelle classificabili come assenza non giustificata, infortunio non sul lavoro, permessi e/o aspettative non retribuite, e periodi di congedo per formazione); il premio viene liquidato solo se lo stesso non ha ricevuto più di due sanzioni disciplinari l’anno.
Lo stesso CCNL, poi, prevede che una parte del P.R.I. e, precisamente, € 250,00 (duecentocinquanta/00) venga corrisposta dal datore di lavoro sotto forma di fringe benefit, con la formulazione di un Piano Individuale di Benessere ( c.d. P.I.B.). Tale Piano fornisce ad ogni singolo lavoratore e/o suo familiare la possibilità di chiedere l’erogazione di beni in servizi o natura, erogabili entro i limiti di cui all’Art. 51, comma 2 e 12 TUIR. Mentre la restante somma viene corrisposta dal datore di lavoro libero professionista al lavoratore sotto forma di retribuzione aggiuntiva. Sia la prima componente che la seconda vengono evidenziate poi entrambe in busta paga, con la dicitura P.R.I. – P.I.B.
Ovviamente la parte corrisposta sotto forma di fringe benefit godrà di tutte le forme di defiscalizzazione previste per le prestazioni ricomprese nel TUIR.
IL CCNL in parola, quindi, fornisce una concreta dimostrazione di come si possa utilizzare la funzione normativa che la Costituzione attribuisce alla contrattazione collettiva nazionale al fine di coniare anche nuovi strumenti che possano attribuire persino benefici fiscali che altrimenti non sarebbero concessi: in questo caso, trasformando, sia pur parzialmente, in fringe benefit con disciplina speciale – e quindi in esenzione di imposta ex art. 51 TUIR – i premi di risultato individuale che, nella loro forma classica (e cioè quella della retribuzione in denaro), sarebbero pienamente imponibili per il lavoratore e molto parzialmente deducibili per il ddl.
Il contratto prevede l’istituzione di una piattaforma digitale per la fruizione di questi benefit e anche un elenco molto articolato ed esaustivo degli stessi.
Passando ad altre misure di welfare, è interessante segnalare altri due istituti originali presenti in contratto e rubricati nell’art. 129 sotto al titolo:
“Conciliazione dei tempi di vita e lavoro”. Si tratta dell’introduzione, attraverso il sistema integrato della bilateralità, vale a dire attraverso il sistema di servizi E.B.I.L.P. – SANI.S.P., di una misura atta a garantire alle donne lavoratrici che, in costanza di lavoro, si apprestano a diventare madri, due nuovi istituti ossia l’“Assistenza Sanitaria Pediatrica di Prossimità” e il “Psicologo Post Partum”, oltre a prevedere ulteriori incentivi economici per i nascituri.
Ampio risalto viene poi concesso alla contrattazione collettiva decentrata.
L’art. 145 testualmente recita:
“1. Le Parti, in considerazione del fatto che l’intero Settore risulta, non solo, interessato da una complessiva ed organica riforma dello stesso, ma in relazione alla necessità di una nuova organizzazione socio – economica del Settore, ritiene fondamentale delineare un nuovo modello e/o sistema contrattuale dando pieno risalto e concretezza ed effettività alla contrattazione decentrata anche quale nuovo riferimento per le relazioni sindacali”.
E fino a qui potremmo concludere di trovarci di fronte alle solite mozioni programmatiche che possiamo trovare in tutti i CCNL. Ma l’articolo prosegue:
“2. A tal fine le Parti convengono di demandare alla contrattazione regionale, fatti salvi gli ordinamenti legislativi vigenti, le seguenti materie:
– Trattamenti retribuiti integrativi; – Formazione professionale; – Orario di lavoro; – Contratti a tempo determinato; – Accordi di produttività; – Lavoro parziale; – Apprendistato; – Tirocini formativi e di orientamento; – Sicurezza del lavoro; – Contratto di somministrazione; – Accordo in materia di formazione con Istituzioni e Università; – La stipulazione di accordo quadro a livello territoriale; – Pari opportunità; – Tutto quanto altro possa apportare modifiche in senso migliorativo rispetto alla contrattazione nazionale.
Le Parti ritengono che sempre a livello territoriale dovranno essere trattenute e gestite materie come il diritto di informazione ed il confronto con le Istituzioni regionali territoriali.
Per quanto attiene al diritto di informazione, le Parti firmatarie del presente contratto, entro una data concordata, si incontreranno per un esame congiunto sugli aspetti più rilevanti del Settore come su fabbisogni formativi e professionali, sulle iniziative legislative regionali in materia di attività professionale, sui processi di retribuzione, riorganizzazione, innovazione tecnologica e sui loro effetti socioeconomici nel territorio regionale in materia del lavoro.
In ordine al confronto con le Istituzioni regionali territoriali, le Parti potranno promuovere incontri con le Istituzioni territoriali alle quali sottoporre proposte e soluzioni per lo sviluppo del Settore.
A livello regionale le Parti potranno dar vita a strumenti bilaterali quali:
– Ente Bilaterale Regionale di Settore (E.BI.L.P. Regionale);
– Commissioni Paritetiche Territoriali per la gestione dei licenziamenti individuali,
– Referenti regionali e/o territoriali;
– Organismi Paritetici Territoriali in materia di salute e sicurezza previsti dal D. Lgs. 81/08.
Entro 9 mesi dall’entrata in vigore del presente contratto a livello regionale, anche tramite Federazioni o Associazioni aderenti e autorizzate delle OO.SS. firmatarie deve essere terminata la contrattazione regionale.
In mancanza della contrattazione decentrata si erogherà con la retribuzione del mese di ottobre 2021 i seguenti importi una tantum; Q, I, II, L: Euro 110,00; III Professional, III L: Euro 100,00; IV Professional, IV, V L: Euro 90,00”.
In altri termini, il contratto prevede adempimenti e tempi di attuazione precisi e relativamente ristretti e non una semplice e generica elencazione di temi da realizzare in un momento indeterminato. E prevede persino delle misure sostitutive a favore dei lavoratori in caso di ritardo nell’effettuazione di questi adempimenti.
La differenza rispetto a quanto abbiamo potuto vedere nel contratto ANDI -Confprofessioni appare evidente, così come è anche logicamente e storicamente spiegabile il motivo di tale differenza. Il Contratto di Confprofessioni è nato in seno ad alcuni sindacati storici che hanno vissuto gli anni più importanti del sindacalismo e precisamente i primi cinquant’anni di vita repubblicana. Chi ha letto i precedenti articoli sa bene come tale corrente maggioritaria abbia sempre visto nel contratto territoriale un figlio illegittimo della Contrattazione collettiva nazionale e un mezzo attraverso il quale sindacati minori premevano per guadagnare posizioni. La legge del 2013 che aveva ricollocato al centro della contrattazione, sia pur per alcune materie, quella territoriale, aveva fatto il resto.
I due contratti AIO E SIOD-SIASO-ANTAMOP sono invece entrambi figli del sindacalismo autonomo (Confsal è appunto la Confederazione che li raggruppa) e possiede un’impostazione, come anche una tradizione, completamente opposte. Utilizza ovviamente anche la contrattazione nazionale, ma non si fa problemi nell’utilizzare anche quella di secondo livello, anche al fondamentale scopo di meglio ritagliare alcuni istituti tipici alle mutevoli esigenze dei vari contesti territoriali.
Quello che tuttavia colpisce è che persino all’interno della stessa galassia Confsal esistano due contratti che danno un risalto ben diverso alla contrattazione collettiva territoriale, come anche al welfare in senso lato. Il che non fa che confermare quanto andiamo dicendo da tempo e cioè che il tempo impiegato nel confrontare i contratti collettivi disponibili non è certo sprecato, potendosi benissimo trovare articolazioni normative in un CCNL rispetto ad un altro più adatte – oltre che più convenienti – rispetto alla propria specifica situazione.
Ricorderete che invece la contrattazione collettiva nazionale della Confprofessioni riservava uno spazio davvero ristretto e puramente formale a quella decentrata e che quest’ultima consta di tredici contratti territoriali fermi al 2014 che costituiscono uno la copia dell’altro; e già questo particolare la dice lunga sull’effettiva considerazione che alcuni sindacati storici conservano in merito alla contrattazione decentrata e alla fiducia che vi ripongono come strumento utile ad adattare il Contratto nazionale alle situazioni territoriali.
Se dovessimo giudicare da quello che abbiamo visto e letto, non sarebbe difficile concludere che la loro inclusione negli strumenti utilizzabili costituisce un puro pro-forma, qualcosa di non troppo diverso da un atto dovuto, cui in realtà non si è affatto intenzionati a dare concreto ed effettivo seguito.
Come è facilmente intuibile, noi non siamo qui allo scopo di dare giudizi di valore ma semplicemente per indicare ai vari datori di lavoro in ambito odontoiatrico le diverse opportunità legate all’adozione di questo o quel contratto collettivo nazionale e/o territoriale, per un interesse che deve essere in primis quello proprio.
Un dentista titolare di studio può anche compiere lo sforzo di capire perché certi contratti collettivi sono scritti in un certo modo in luogo di un altro, ma questa consapevolezza non sposta di una virgola la doverosa ricerca che lo stesso dentista deve portare avanti al fine di conseguire unicamente i propri interessi: quelli cioè, in ordine sparso, suoi e della propria struttura sanitaria, come anche quelli dei propri dipendenti e familiari e dei propri pazienti.
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