Si è da pochi giorni concluso l’ennesimo tentativo di riformare il mercato odontoiatrico a colpi di emendamenti. Tuttavia il testo di questo provvedimento era così iniquo e incoerente che vale davvero la pena di leggerlo e di commentarlo, nella speranza che alla prossima occasione la stesura venga ragionata come si deve. In estrema sintesi questo emendamento, se approvato, avrebbe colpito soltanto i professionisti che si sono costituiti in società e non le Catene contro cui, ufficialmente, era diretto. Per fortuna il demagogico consenso con cui è stato presentato non era sufficiente a garantire la sua approvazione.
Ragioni di opportunità mi hanno indotto a pubblicare questo articolo solo dopo che la Commissione parlamentare ha già dichiarato inammissibile l’emendamento presentato dall’On. Endrizzi in Commissione Sanità del Senato contro le Catene.
Mi riferisco precisamente all’Emendamento A.S. 1586 art. 55, avente per oggetto “Esercizio dell’attività odontoiatrica”. Se non lo avete ancora letto, consiglio vivamente di farlo perchè merita attenzione. Si tratta di poche righe.
Passato qualche giorno, a bocce ferme, spero che le mie considerazioni abbiano ancora maggior valore, visto che non ci sono interessi di parte da difendere.
Il testo si compone di due parti:
Ebbene, nel suo complesso, il documento contiene errori di valutazione così gravi, grossolane approssimazioni e vizi di prospettiva sull’attuale situazione odontoiatrica che verrebbe spontaneo a chiunque (del settore) considerarlo distorto e strumentale.
Probabilmente nessuno dei concetti espressi nella Nota di accompagnamento all’emendamento corrisponde al vero e di seguito ne esporrò i motivi nel modo più circostanziato possibile.
Siano poi le associazioni di categoria, i sindacati e la comunità dei colleghi odontoiatri a valutare se gli argomenti seguenti siano meritevoli di una considerazione per il futuro. Laddove si dovesse riprendere in mano una proposta analoga, magari si potrebbe farlo in modo più equo ed efficace.
Il comma 1 del testo recita testualmente:
A partire dal 1 gennaio 2022 l’esercizio dell’attività odontoiatrica in forma societaria è consentito esclusivamente ai modelli societari che assumono la veste e forma di società tra professionisti iscritte al relativo Albo professionale.
Segue il comma 2:
Il Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze, entro il 31 dicembre 2020, emana un decreto per definire la destinazione del maggior gettito derivante ad interventi che agevolino l’accesso alle cure odontoiatriche alle fasce di reddito meno abbienti, con particolare attenzione ai minori, alle famiglie monoreddito con figli, alle famiglie numerose, agli anziani e in genere alle categorie deboli.
Sinteticamente chiude il comma 3:
Ogni disposizione contraria alla disciplina di cui al precedente comma è abrogata.
Se l’Emendamento fosse tutto in queste parole, ogni valutazione esterna sarebbe semplicemente una opinione, del tipo: sono favorevole o sono contrario. Sarebbe una questione soggettiva e come tale da confinare al dibattito politico ed alla semplice approvazione delle maggioranze richieste.
Tuttavia c’è una prima considerazione oggettiva, di cui dovremo tenere conto: in tutto il testo dell’emendamento proposto non compare MAI la parola Catene e tanto meno le parole low cost.
E’ importante, perchè come da prassi, le Note esplicative chiariscono le vere intenzioni del legislatore e contestualmente i presupposti sulla base dei quali il provvedimento si renderebbe necessario. In questa spiegazione la parola Catene invece è ricorrente, così come il principio del low cost.
Come si spiega questa differenza?
La mia opinione è che la parola Catene (o un suo succedaneo verbale) nell’emendamento non compare proprio perchè le catene sono solo il pretesto demagogico che accompagna l’emendamento sul piano mediatico, mentre il vero obiettivo da colpire era un altro (le srl odontoiatriche, appunto).
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Le Note iniziano così:
Carissimi, qui allegato il testo di mio emendamento per modificare gli assetti societari delle attuali catene di cliniche odontoiatriche.
Il primo rilievo grave è che si sta confondendo una parte con il tutto. E’ una banale questione logica di insiemistica.
Se tutte le catene low cost sono Srl Odontoiatriche, non è detto che tutte le Srl Odontoiatriche siano catene low cost.
La mia per esempio non lo è.
Di conseguenza: se il legislatore ritiene che tutte le Catene low cost sono brutte/cattive e le vuole eliminare (vd. modificare) non può selezionarle con il criterio della Srl odontoiatrica, altrimenti fa del male a soggetti che non c’entrano niente e non sono brutti/cattivi.
Nell’insiemistica si dice che: esiste un insieme molto grande di Srl Odontoiatriche all’interno del quale si trovano sia i brutti-cattivi che i belli-buoni.
Vogliamo guardare i numeri che compongono l’insieme?
E’ importante, perché se nell’insieme grande delle Srl Odontoiatriche ci fossero 100 brutti/cattivi e 10 belli/buoni, il sacrificio di questi ultimi potrebbe anche essere accettabile in funzione di una soluzione rapida ed efficace del problema presunto.
Ma la vera sorpresa è che i rapporti numerici all’interno dell’insieme sono esattamente l’opposto: si parla di circa 5.000-6.000 belli/buoni contro 500-600 brutti/cattivi.
E qui, la natura sospettosa dell’italiano che c’è in me emerge in modo prepotente. Possibile che il legislatore non lo sapesse? Possibile che i suoi consulenti (o la lobbie che lo sostiene) non glielo abbiano detto? Mmmmmh, dubito fortemente.
Sono più propenso a pensare che sotto le mentite spoglie di un Catone moralizzatore del mercato, in realtà il vero nemico che si voleva colpire non fossero le Catene ma proprio la rappresentanza numericamente più importante dell’insieme, ovvero quelle migliaia di dentisti che si sono costituiti in Srl odontoiatrica senza dare luogo ad alcuna catena.
C’è differenza tra l’errore di buttare via il bambino con l’acqua sporca e l’intenzione di buttare via l’acqua sporca con il bambino dentro? Certo, la stessa differenza tra chi è in buona fede e chi non lo è.
Ora, indipendentemente da ogni valutazione inerente il libero mercato e la concorrenza (per i quali ci sono interlocutori istituzionali dedicati), quando si scrive che l’obbligo di passaggio da società in genere ad Stp nasce dalla volontà di opporsi alle catene, si esprime un concetto sbagliato perchè la stragrande maggioranza dei soggetti che si colpisce non sono le catene ma i professionisti.
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La Nota prosegue poi con questa affermazione:
Vale appena ricordare la ratio: l’ingresso delle attuali catene odontoiatriche nel mercato si è dimostrato fallimentare: anziché determinare un aumento della concorrenza, hanno di fatto ucciso una quantità di piccoli e medi ambulatori, riducendo quindi il numero di punti di offerta di servizi odontoiatrici, concentrando l’offerta in pochi player, a danno del tessuto professionale/imprenditoriale legato al territorio, ma anche dei consumatori.
I fatti dicono esattamente il contrario e sono dati dell’Agenzia delle Entrate, quindi certamente indipendenti rispetto a questa discussione.
Guardiamo i dati derivanti dagli studi di settore e scopriamo che nel 2017:
Rispetto all’anno precedente:
Ora, facendo il dentista mi rendo conto in prima persona che la ricchezza è un’altra cosa, ma dire che il mercato odontoiatrico è in contrazione è falso. Dire poi che è in contrazione per colpa delle catene non solo è falso, ma strumentale.
E’ anche falso, per tabulas, sostenere che le catene hanno “ucciso (sic!) una quantità di piccoli e medi ambulatori”: dati alla mano la concorrenza è in continuo aumento. Empiricamente, qualsiasi dentista lo sa.
Se, invece, ci fosse preoccupazione per la concentrazione di prestazioni nelle mani delle catene, sappiamo anche che cresce il numero di odontoiatri con partita iva (sia collaboratori che studi mono professionali), segnando nel 2017 un totale di 36.567 unità con un incremento di 260 unità rispetto al 2016 (pur escludendo tutti i giovani in regime forfettario che sono in netto aumento rispetto al passato).
E ancora: al 31 dicembre 2017 la FNOMCeO ha indicato un aumento di nuovi iscritti (considerando la differenza tra i nuovi iscritti ed i cancellati) di 887 unità.
Infine, se il legislatore fosse preoccupato per la possibilità da parte dei pazienti di trovare dentisti a sufficienza nel Paese, anche in questo caso possiamo stare tranquilli. L’Eurostat, un anno fa circa, censiva ben 78 odontoiatri ogni 100mila abitanti in Italia, contro i 75 della Spagna, i 64 della Francia e i 53 del Regno Unito.
In questo Paese c’è una pletora incredibile di odontoiatri e di studi dentistici diffusi capillarmente sul territorio nazionale.
Se c’è una emergenza territoriale non è certo quella del servizio odontoiatrico privato (catene, società o studi semplici che siano), quanto piuttosto la completa assenza del servizio pubblico (di cui il legislatore dovrebbe preoccuparsi).
Ma ci sono cose ancora più gravi e pericolose nella Nota, che affrontiamo seguendo la lettura del testo.
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Nel passaggio che segue l’On. Endrizzi scrive che l’ingresso delle Catene sul mercato ha generato alcuni fenomeni negativi, tra i quali, cito testualmente:
- pratiche sanitarie scorrette, come diagnosi false ed esecuzione di cure non necessarie, facilitate rendendo impersonale la prestazione professionale sanitaria, applicata sì da un medico, ma venduta da una società della finanza
- utilizzo di materiali non biocompatibili o tecniche inadatte, dettate unicamente dal maggior margine remunerativo
- pratiche commerciali scorrette, come l’obbligo di avvalersi per il pagamento di società finanziarie che anticipano le somme alle cliniche, ponendole in posizione di vantaggi in caso di contenzioso
Sono sbalordito.
Sostenere che all’interno di una struttura sanitaria regolarmente autorizzata si facciano diagnosi false e si eseguano cure non necessarie è un fatto penalmente rilevabile. Ancora più grave è la generalizzazione con la quale si sostiene l’accusa, senza alcuna osservazione circostanziale, senza alcun riferimento specifico ad eventi accaduti, senza prove, in modo indiscriminato.
Il legislatore parla anche di utilizzo di materiali non biocompatibili o di tecniche inadatte: giudizi che forse solo un medico potrebbe esprimere (e non credo che l’On. Endrizzi sia un medico). Come fa dunque a sostenere questa tesi? E’ possibile che questa idea non sia stata formulata in piena autonomia? E’ possibile che egli l’abbia accettata preconfezionata e che non si sia reso conto della gravità delle accuse?
Neppure il mio evidente conflitto di interesse nei confronti delle Catene (sono miei competitors) potrebbe mai portarmi a dire che i dentisti che vi lavorano eseguono prestazioni lesive o mutilanti nei confronti dei pazienti che prendono in cura (senza avere le prove di quello che dico). Sicuramente sarei molto più cauto nel diffondere queste affermazioni in un documento pubblico del tenore e con la copertura mediatica di quello che stiamo esaminando.
Vale la pena sottolineare che le diagnosi false, le cure non necessarie, i materiali non biocompatibili o le tecniche inadatte sarebbero già accuse pesanti da sole; ma aggiungendo che ciò verrebbe fatto al solo scopo di ottenere maggiore profitto si assegna alle Catene una finalità criminosa ancor più precisa.
Nella malaugurata ipotesi, poi, che si volesse ricomprendere tra i destinatari del presente provvedimento anche i dentisti veri e propri che si sono costituiti in società (ovvero nell’ipotesi che lei accomuni con il termine di Catene anche le società costituite dai professionisti), il numero delle persone diffamate da queste affermazioni cresce di uno zero prima della virgola (come già detto sopra).
Per non parlare di tutti i Direttori Sanitari e tutti i colleghi che ogni giorno lavorano all’interno delle Catene: coinvolgendo anch’essi nel progetto criminoso si potrebbe tranquillamente parlare di associazione a delinquere per ciascuna di queste strutture.
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Con il passaggio successivo del testo lo scenario cambia improvvisamente: non si fa più generico appello contro la delinquenza criminale delle Catene e dei dentisti che lavorano all’interno di esse.
Non si fa più neppure demagogico appello al bisogno di cure dei pazienti, quelli che il legislatore chiama volgarmente consumatori (tradendo una scarsissima compliance con i valori di cui si immagina portatore). Egli dovrebbe sapere che un interprete autentico dei bisogni della popolazione non si permetterebbe mai di chiamare consumatore un malato.
Nel tentativo infatti di inserire a pieno diritto un emendamento (sociale?) all’interno di un provvedimento legislativo che ha solo contenuti economici, si avanza la tesi strampalata del danno erariale.
Precisamente si legge:
Sul piano erariale la pertinenza in una legge di bilancio è assolutamente giustificata: le srl anziché IRPEF, pagano IRES con aliquote molto inferiori, dalla quali peraltro possono dedurre una quantità di spese che non sono deducibili dai professionisti; l’imponibile bvine [sic!] peraltro ulteriormente abbassato per quelle società multinazionali che possono scalare le royalties alla “casa madre”, determinando complessivamente perdite erariali rispetto alle Società tra Professionisti, di decine di milioni di euro l’anno.
Le assurdità contenute in queste frasi (al netto di refusi che ne rendono solo intuibile il senso compiuto) dovrebbero darci una misura delle persone che hanno indotto il senatore a questa iniziativa. Partiamo dalla perla: “le srl anziché IRPEF, pagano IRES con aliquote molto inferiori.”
In primo luogo, stiamo parlando di Catene (nel senso di una ben identificata attività di impresa) oppure stiamo parlando di Srl (nel senso di una ben identificata forma giuridica)? Oppure stiamo facendo confusione pensando che una cosa equivalga l’altra?
Se l’obiettivo è eliminare le Catene è inappropriato parlare di Ires o di Irpef dal momento che una Catena potrebbe essere costituita anche con forme giuridiche diverse dalla Srl o dalla Spa: per esempio le società di persone (che non pagano Ires) e perfino quelle famose cooperative tanto care alla terra di provenienza del Senatore Endrizzi.
Se invece l’obiettivo è eliminare le Srl odontoiatriche, oltre alla ingiusta eliminazione di Srl che Catene non sono, sarebbe il caso di considerare anche tutte le Srl che producono sedie, farmaci o giocattoli: anche queste, secondo il ragionamento del legislatore, starebbero contribuendo al danno erariale, dal momento che pagano l’Irpef al posto dell’Ires.
Dobbiamo pensare che l’emendamento proposto dall’On. Endrizzi è solo il primo passo verso l’abolizione dall’ordinamento giuridico italiano di tutte le società di capitale che, generando gettiti diversi grazie all’Ires, producono un danno erariale? Oppure è stata presa la mira solo su quelle del comparto odontoiatrico? E, nel caso, perchè?
E ancora.
E’ vero che le Srl pagano l’Ires invece dell’Irpef, ma è il legislatore ad averlo stabilito. E’ vero anche che hanno costi deducibili diversi, ma anche questo lo stabilisce il Tuir. Ora, se il legislatore ha cambiato idea sull’Ires perchè non riforma il Tuir invece di eliminare dal mercato i soggetti che la applicano?
Un parallelo potrebbe essere utile a capire quanto sia sbagliata la logica.
I disabili acquistano alcuni beni con IVA agevolata al 4% rispetto al 22% ordinario. Cosa penserebbe la gente di un emendamento che, essendo contrario a questa agevolazione, invece di riformare l’Iva eliminasse i disabili? (non dico li eliminasse fisicamente, ma magari li eliminasse come categoria riconosciuta).
E ancora.
Il soggetto della frase è “Le Srl“. L’estensore del testo si è reso conto che nelle note si parla di Srl mentre nell’emendamento si parla di società in generale? (“A partire dal 1 gennaio 2022 l’esercizio dell’attività odontoiatrica in forma societaria è consentito esclusivamente ai modelli societari che assumono la veste e forma di società tra professionisti iscritte al relativo Albo professionale”).
Senza rendersene conto elimina per legge tutte le società (comprese quelle che pagano l’Irpef) e nella nota si giustifica dicendo che chi paga l’Ires produce danno erariale. Temo sinceramente che non si faccia solo confusione tra Catene e Società in generale, ma anche tra un tipo di società e l’altra. Forse questo accade perchè qualcuno ignora che alcune società pagano Irpef ed altre pagano l’Ires.
Abbiamo una prova evidente di questa confusione quando si risolve il danno erariale obbligando le società (in generale) a trasformarsi tutte in Stp: ma lo sa il legislatore che anche le Stp possono essere Srl e che in questo caso pagherebbero ancora l’Ires che si voleva rimuovere? A nessuno è venuto il sospetto che passando da Srl a Stp-Srl il danno erariale (casomai ce ne fosse uno davvero) rimarrebbe lo stesso (dato che la convenienza fiscale rimane la stessa)?
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Riassumo qui le domande che vorrei porre al legislatore:
Se l’emendamento fosse stato inopinatamente accolto tutte le Srl coinvolte si sarebbero convertire in Srl Stp, conservando i vantaggi fiscali sopra denunciati come danno erariale: sarebbe stato un risultato neutro con buona pace della ragione per cui tale emendamento avrebbe motivo di dimorare all’interno della Legge di Bilancio.
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L’emendamento presentava poi una discriminazione importante tra società odontoiatriche e società mediche.
Il fatto che non siano state incluse le società mediche tra i destinatari del provvedimento tradisce, ancora una volta, finalità diverse da quelle dichiarate.
Forse che le società mediche non rispondano alle stesse logiche di profitto denunciate? Forse non è presente la spersonalizzazione del rapporto con il paziente? Forse non sono in gran parte possedute da grossi gruppi finanziari estranei alla professione? Forse non asserviscono il medico ad un ruolo subalterno e non impongono diagnosi inesistenti, cure non necessarie, materiali non biocompatibili e tecniche inadatte?
Forse le società mediche non pagano Ires al posto di Irpef? Forse non deducono costi in misura maggiore rispetto ai professionisti? Forse non sono in grado di generare danno erariale mille volte superiore al supposto danno erariale delle società odontoiatriche?
Nessuno ha pensato che per le società mediche che gestiscono filiere di ospedali, cliniche, poliambulatori, centri diagnostici, centri prelievi e anche tanta odontoiatria privata, sarà più difficile adottare la forma societaria della Stp (di persone o di capitali che sia) e quindi più difficilmente potrebbero aggirare il nuovo divieto con società di comodo come la Stp? (in questo caso il recupero erariale sarebbe quasi certo, a differenza delle società odontoiatriche).
Forse il paziente o malato (non il consumatore) in ambito medico non deve avere tutte le garanzie che impropriamente sono state invocate per le cure odontoiatriche?
No, niente.
In questo caso tutto tace, come già nel caso denunciato del prelievo forzoso dello 0.5 % Enpam, cui abbiamo destinato un altro articolo.
Esiste una valida ragione per escludere dal provvedimento le società mediche in generale rispetto a quelle odontoiatriche? Non è possibile che ci sia una volontà politica di abbattere le srl odontoiatriche senza avere alcuna buona ragione per farlo?
La risposta è semplice: non c’è nulla che stia in piedi nell’emendamento presentato e bocciato. Le premesse sono sbagliate, la proposta è assurda sia nel metodo che nella forma, le conseguenze sono semplicemente punitive e restauratrici.
In tutto questo per le catene vere e proprie non sarebbe cambiato nulla: probabilmente avrebbero virato verso autorizzazioni da poli-specialistico (non coinvolte dal provvedimento) e avrebbero lasciato i soli odontoiatri nel fango della nuova legge. Ma avevano anche altre soluzioni che non sta certo a me spiegare in questa sede.
E’ sulla restaurazione dei poteri, piuttosto, che si sta giocando la vera partita e non sul danno erariale o sulla tutela degli interessi del paziente (che il legislatore chiama consumatore). Per chi non se ne fosse reso conto, mi permetto di illustrare i contorni della partita che i professionisti stanno giocando sia in casa che in trasferta. Ognuno poi deciderà se e come farne parte, ma almeno senza le ipocrisie e le mistificazioni che abbiamo appena analizzato.
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Sono medico da quasi 30 anni e ho fatto in tempo ad avere un piede nella professione come era concepita negli anni 90 del secolo scorso e l’altro nella situazione attuale.
I processi di liberalizzazione selvaggia hanno davvero portato il capitale nel nostro settore e, in molti casi hanno trasformato la sanità in un vero e proprio mercato, alla stregua di tutti gli altri.
Non è un lapsus quello con cui il legislatore ha scambiato la parole paziente o malato con quella di consumatore. La società laica cui egli appartiene ha scardinato (anche attraverso le riforme normative e il consenso democratico) il vecchio mondo delle corporazioni e dei privilegi. Con il suo equivoco lessicale (il legislatore!) tradisce il sentimento comune alla maggioranza della popolazione che vede di buon occhio l’abbattimento della casta e delle rendite di posizione.
Sono arrivati così l’abolizione del divieto pubblicitario, l’abolizione del tariffario minimo obbligatorio, la revisione sistematica dei codici deontologici, gli interventi delle authority per il mercato e la concorrenza, i condizionamenti dell’Unione europea, la pletora odontoiatrica, le lauree all’estero, la libera circolazione dei professionisti in are UE.
Nel nostro ambito, l’odontoiatria, le spinte liberiste hanno conquistato molto più terreno che in qualsiasi altro: farmacie, taxi, notai, ecc. Tutto ciò ha messo in grande difficoltà le nostre istituzioni, segnatamente l’Ordine professionale.
Gli Ordini si sono visti sempre più sviliti e svuotati di potere, ma soprattutto depredati di competenze che un tempo erano loro propri e specifici. In tutto questo il progressivo passaggio degli Odontoiatri verso forme più evolute e giuridicamente lecite di gestione degli studi (in particolare la Srl Odontoiatrica) ha spostato lentamente il fulcro delle attività dagli Ordini alle Camere di Commercio.
Oggi il 10% dei dentisti è organizzato con qualche forma di Società ed il numero è in continuo aumento.
Questo è il vero obiettivo nascosto dietro lo spauracchio delle catene ed è per questo che un provvedimento equilibrato ed efficace, che si sarebbe potuto fare con poche semplici parole, è divenuto un pasticcio lessicale, giuridico e fiscale senza possibilità di approvazione.
Se gli intenti fossero stati chiari anche la soluzione sarebbe stata chiara e, magari, l’emendamento domani sarebbe diventato legge.
Io sarei il primo a sostenere la Restaurazione totale del potere ordinistico, del rapporto fiduciario, dell’eccellenza clinica come driver principale, del bando alle multinazionali, del decoro nei comportamenti e nelle comunicazioni promozionali, ecc. Sarebbe solo mio interesse farlo e sarei disponibile a dare il mio contributo in questa direzione.
Ma non accetterei mai di lastricare le vie dell’inferno con sole buone intenzioni.
Confondere il capitale con le società di capitale, le catene con le Srl Odontoiatriche, la deontologia con l’astensione dalla competizione, non solo produce ricette sbagliate, ma anche inaccettabili per le commissioni parlamentari, per il Garante, per l’unione europea e, se conta qualcosa, anche per la comunità dei professionisti che operano secondo le leggi vigenti.
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