La redditività dell’azienda odontoiatrica costituisce il naturale presupposto per la preservazione della salute dell’azienda e per permettere alla stessa di continuare ad erogare prestazioni di qualità nel tempo. Esistono diversi modi per valutare l’effettiva congruità di tale redditività a disposizione degli operatori ed è nel primario interesse del dentista capirne il razionale e darsi da fare per metterli in pratica.
Torneremo più avanti a specificare i termini e le misure di questa congruità, utilizzando alcuni fondamentali indicatori di bilancio. Tuttavia, fin da ora è il caso di specificare che la costruzione di una struttura sanitaria che abbia come obiettivo la formazione sistematica di un’utile di bilancio serve anche a costituire i presupposti per una proficua cessione dell’attività con un corrispettivo per tale cessione che possa considerarsi congruo agli occhi del suo fondatore. Da che parte si comincia nel costruire un’azienda lucrativa ? Dalla fissazione delle tariffe, attuata tramite gli strumenti della contabilità direzionale e del controllo di gestione. Ogni tariffa per ciascuna prestazione inclusa nel tariffario deve assicurare un congruo margine dopo aver coperto interamente i costi per produrla. Solo dopo aver compiuto tale fondamentale operazione si può essere certi che la gestione produca sempre un margine positivo, a prescindere dal mix di produzione di tali prestazioni. Condizione importante e imprescindibile per assicurare il conseguimento del margine, per la semplice ragione che il mix di produzione non può essere mai precisamente controllabile senza sconfinare nell’azzardo morale e quindi sarà sempre fatalmente diverso da un anno all’altro. Come si verifica che il margine effettivamente conseguito sia congruo ? Utilizzando gli strumenti della contabilità analitica e il bilancio oltre che l’analisi per indici. Del controllo di gestione abbiamo già parlato a sufficienza in molti post e articoli dedicati: https://www.dentistamanager.it/la-stretta-relazione-tra-controllo-di-gestione-e-il-bilancio-di-esercizio/ Costi Variabili nello Studio Dentistico | Dentista Manager I Costi Fissi nello studio dentistico | Dentista Manager e in molti altri, tutti a vostra disposizione in questo blog, nella sezione “Articoli” e in quella “Pillole”. Di tutto il resto parleremo ora.In ultima analisi, il lucro non solo non è in contrasto con il modello di gestione di una azienda sanitaria sana, ma ne costituisce addirittura il presupposto fondante.
Tra i costi di produzione utili alla formazione di questo margine si considerano anche le quote di competenza del periodo preso in considerazione per la formazione del singolo bilancio; quote utili ad ammortizzare il costo dei beni ad utilizzo pluriennale. Quando si compra questo tipo di beni – quali ad es. i riuniti odontoiatrici, i radiografici o gli strumenti per la sterilizzazione dello strumentario odontoiatrico – si è tenuti a frazionare il costo su vari anni contabili e nel conto economico confluisce solo la parte di costo ritenuta di competenza del singolo esercizio, altrimenti detta quota di ammortamento. La caratteristica precipua del meccanismo sovra descritto è quella per cui il periodo pluriennale utile all’ammortamento viene definito dal Legislatore. Una volta ammortizzato, il costo non sarà più evidenziato in bilancio e non contribuirà a incrementare i costi per la produzione e ad assottigliare il reddito a valle del MOL. Ovviamente, questo effetto del citato meccanismo contabile è potenzialmente in grado di sporcare i confronti tra due gestioni di cui una abbia interamente già ammortizzato i beni pluriennali a differenza dell’altra. Anche per questo motivo, all’utilizzo del MOL si preferisce quello del EBITDA, il quale, a differenza del primo, non tiene conto delle quote di ammortamento nel conteggiare i costi di produzione utili alla formazione del margine della gestione caratteristica. Tuttavia, in un caso come nell’altro, l’obiettivo dei due margini è comune: e precisamente è quello di indagare come la gestione caratteristica influisca nella produzione dell’utile. Questa porzione della gestione infatti è normalmente quella più importante: ci dice come l’azienda riesca ad esercitare la propria attività tipica e principale, paragonando i costi relativi alla produzione dei servizi sanitari con i relativi ricavi. Non confluiscono nel conteggio gli elementi tipici della gestione extra-caratteristica, a sua volta composta da quella straordinaria e da quella finanziaria. All’interno di questa – quella extra-caratteristica, appunto – confluiranno i costi e ricavi di natura straordinaria e gli oneri (ed eventualmente anche i proventi) di natura prettamente finanziaria. Per costi e ricavi di natura straordinaria intendiamo quelli che si sopportano una tantum, per fatti eccezionali ed estranei alla gestione corrente: si pensi ad un risarcimento dovuto a seguito di un contenzioso conclusosi a favore dell’impresa o ad un ricavo conseguente alla cessione di un bene normalmente utilizzato per l’attività (la cessione sul mercato dell’usato di un riunito, ad esempio). Per costi di natura finanziaria intendiamo le rate dei finanziamenti (comprensive di quote per capitali ed interessi), gli interessi e altri oneri pagati alla banca per il fido di conto corrente et similia. Inutile aggiungere che, nella gran parte dei casi, parleremo di costi di natura finanziaria e straordinaria e molto più raramente di ricavi straordinari e proventi finanziari (questi ultimi si potrebbero ottenere, ad esempio, dall’investimento di parte del patrimonio a riserva in strumenti finanziari di vario genere). Il che significa, in ultima analisi, che il margine della gestione caratteristica si troverà ad essere ulteriormente decurtato dal fatto di dover coprire altri costi, fino ad arrivare alla formazione un nuovo margine, che è il RO o EBIT (Reddito Operativo), altrimenti detto Utile lordo o Utile prima delle imposte. Una volta pagate le quali, potremo finalmente giungere all’utile netto. Lo schema del conto economico riclassificato è riassumibile come d’appresso:Il margine della gestione caratteristica – altrimenti detto MOL o Margine Operativo Lordo – si ottiene dalla differenza tra i ricavi della produzione delle prestazioni e i costi della produzione stessa.
Una prima differenza tra il RO (O EBIT) calcolato con i metodi analitici della contabilità direzionale e del controllo di gestione interno e questo, ottenuto attraverso la rendicontazione dei costi e ricavi effettivamente sostenuti e conseguiti è che nel primo caso si trattava di una redditività teorica mentre in questo caso si tratta di una redditività effettiva e realmente conseguita. Inoltre, il bilancio contiene anche altre fondamentali informazioni che con la contabilità direzionale non erano minimamente riscontrabili: in particolare, ponendo a rapporto grandezze economiche del Conto Economico con quelle contenute nello Stato Patrimoniale.Ricavi di competenza per la produzione di prestazioni sanitarie
– Costi di competenza per la produzione di prestazioni sanitarie
= MOL (-quote di ammortamento = EBITDA)
– costi gestione straordinaria
– oneri finanziari
= RO
– Imposte sul reddito
= Utile Netto
Questo indice ci presenta la redditività dell’azienda rispetto al fatturato ed è il primo fondamentale quoziente utilizzato per indagare sulla congruità del reddito. Tale congruità viene valutata normalmente rispetto alle aziende dello stesso settore. Ad es. le migliori aziende odontoiatriche conseguono un ROS vicino al 25%. Tale valutazione di congruità non risulta tuttavia sufficiente a chiudere la partita. Occorre utilizzare anche altri due indici:ROS (Return on sales) = Reddito operativo/Ricavi di competenza
laddove per Patrimonio netto intendiamo la somma dei capitali iniziali messi a disposizione dal dentista e degli utili meno le perdite di precedenti gestioni. D’altra parte, è agevole comprendere che, se l’imprenditore ha posto a riserva gli utili prodotti dalla gestione, è come se avesse incrementato il valore dei capitali iniziali posti a disposizione della gestione di propria tasca. Come è facile intuire, la valutazione di congruità del reddito, quando posta sotto questa angolazione, potrebbe restituire un giudizio completamente opposto rispetto a quello ottenuto con il primo quoziente. Potrebbe quindi darsi benissimo che un ROS ritenuto buono o ottimo non sia accompagnato da un ROE altrettanto positivo, perché tutto dipende dal volume di capitali investiti direttamente dal dentista nella sua attività. Poniamo il caso che il dentista abbia un ambulatorio o uno studio che fatturano € 1.000.000 l’anno, con un ROS pari al 15%. La gestione produce quindi un reddito in valore assoluto pari ad € 150.000. Se il patrimonio netto fosse pari ad € 200.000, il ROE sarebbe uguale al 75%, un valore più che ottimale. Ma se il patrimonio netto fosse pari ad € 1.000.000, il ROE non restituirebbe un giudizio altrettanto positivo: sarebbe pari infatti al 15% ( comunque ottimo, ma ben diverso dal precedente ). La valutazione di congruità rispetto al patrimonio netto costituisce uno dei primi parametri che il mercato esterno considera nella valutazione delle aziende. C’è poi un terzo indicatore che non riguarda tanto il dentista ma aziende di grande o grandissima dimensione:ROE (Return on equity) = Reddito Netto/Patrimonio netto
Ove per capitale investito intendiamo la somma di patrimonio netto e capitale preso a prestito. Quest’ultimo indice è quello preso a riferimento dalle banche e finanziarie nel momento in cui devono decidere se finanziare e a quale prezzo (tasso di interesse e altri oneri) la singola azienda. Normalmente, i dentisti ricorrono con grande parsimonia al debito. Alcuni tuttavia sono costretti a derogare a questa regola prudenziale per necessità. Ad esempio quando devono investire somme rilevanti per la costruzione o l’ampliamento di una grande struttura sanitaria. Inutile dire che il reddito netto prodotto dalla gestione deve essere in grado di remunerare degnamente anche questo margine. Poniamo il caso che lo stesso dentista di cui all’esempio precedente abbia investito non solo di tasca propria € 200.000 ma che se ne sia fatto prestare altri 500.000 dalla propria banca. IL ROI sarebbe pari a 150.000/ (200.000+500.00)= 150.000/700.000 = 21,42%. Un ottimo risultato anche sotto questo profilo che configura una situazione ottimale, perché il reddito prodotto dal dentista in questione non solo risulta congruo rispetto alla redditività media di settore ma anche rispetto ai capitali investiti nell’attività.ROI (Return on investment) = Reddito Netto/Capitale investito
E la questione non cambierebbe persino se il dentista avesse fatto finta di essere un cattivo imprenditore, creando costi fittizi e/o gonfiati al solo scopo di estrarre tutti i redditi prodotti dall’attività (cosa che potrebbe peraltro fare solo se esercitasse attraverso una società). Per arrivare a questi risultati, occorre lavorare dentro la struttura con il controllo di gestione e fissare tariffe congrue al conseguimento di una margine positivo e congruo. Uno dei modi per capirlo e quello di verificare dal conto economico se sono rispettati i seguenti range di incidenza dei costi rispetto alla produzione:Ovviamente, il giudizio sarebbe diametralmente opposto se, come spesso capita, il dentista non avesse conseguito alcuna redditività nella propria gestione.
Tutte le volte in cui si uscirà in misura marcata da questi range si farà sempre molto fatica a produrre una redditività tale da poter essere considerata congrua da tutti gli operatori che a vario titolo possono venire in contatto con l’azienda odontoiatrica per i più diversi scopi. Il che – sia detto per inciso – non fa e non farà mai l’interesse del dentista.materiale odontoiatrico tra il 6% e il 9%
costi variabili laboratorio tra il 10% e il 18%
collaboratori non oltre il 35%
costi fissi tra il 20% e il 30%
utile prima delle imposte tra il 29% e il 8%
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