La legge di Riforma della crisi d’impresa, dopo una lunga fase di elaborazione che ha visto la stessa formare l’oggetto di consistenti modifiche, è finalmente giunta alla sua formulazione definitiva e ha comportato l’introduzioni di rilevanti novità utili ad affrontare la crisi d’impresa nella sua fase prodromica e persino di risolverla con strumenti quali la moratoria e la ristrutturazione dei debiti quando la stessa presenta ragionevoli aspettative di essere risolta. La stessa Riforma, anche al fine di adeguarsi alla normativa comunitaria, ha inglobato anche il trattamento previlegiato della crisi del professionista. Anche al dentista e al medico che esercitano in modalità tradizionale è oggi possibile usufruire di procedure concorsuali e pre-concorsuali che possono permettere agli stessi di risolvere e superare la crisi con strumenti molti simili a quelli messi a disposizione del dentista imprenditore.
In questo articolo ci occuperemo di illustrare le principali novità legate a questa Riforma della crisi di impresa nella sua definitiva e ultima formulazione.
Già in passato ci eravamo occupati della Legge di Riforma e gli avevamo dedicato articoli e post.
Tale Riforma della crisi d’impresa è stata tuttavia significativamente modificata da ulteriori interventi normativi che si proponevano come scopo quello di adeguare la normativa interna sulla crisi alla Direttiva UE Insolvency.
Questo intervento riformatore della Riforma ha in qualche modo avvicinato la crisi d’impresa vera e propria a quella del consumatore e del professionista. Le vecchie procedure, pur previste dal nostro ordinamento, per l’esdebitazione del cittadino che non agisce in veste professionale o imprenditoriale – procedure mai utilizzate di fatto perché troppo complesse da applicare – sono state in qualche modo inglobate nella procedura della crisi d’impresa propriamente detta, con nuove soluzioni e istituti che in qualche modo si somigliano ma non sono del tutto identici.
L’elemento innovativo di base non è cambiato dalla prima all’ultima formulazione della Legge. Quello cioè di affrontare la crisi d’impresa nella sua fase prodromica, nel tentativo di evitare la chiusura definitiva dell’attività.
Ovviamente tutto questo nel caso in cui il soggetto economico si sia mosso in un quadro di diligenza e buona fede; da questo punto di vista nulla è cambiato rispetto alla vecchia normativa sul Fallimento, nel senso che chi pone in essere condotte penalmente rilevanti sia sotto il profilo della mala fede che della gestione sconsiderata delle risorse utili all’esercizio dell’attività non potrà neanche oggi sperare in un trattamento previlegiato e salvaguardante.
Il fulcro dell’intervento riformatore è ovviamente quello dedicato all’impresa. Ci occuperemo quindi subito di descrivere per sommi capi questa disciplina principale, salvo poi dedicarci al sommario esame di quella prevista per il professionista, tradizionalmente non soggetto alle procedure fallimentari e che oggi si ritrova invece beneficiato di nuove opportunità anche su questo fronte.
Il primo elemento è quello che si sostanzia nei nuovi obblighi previsti dall’ Art. 2086 codice civile. Tali obblighi non sono più tanto nuovi, visto che l’art. 375 Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza (D.Lgsvo 12 gennaio 2019, n. 14) li ha introdotti al secondo comma della norma codicistica di cui sopra nel 16 marzo del 2019. Tuttavia, dal punto di vista pratico e come se lo fossero, considerato che la norma è a tutt’oggi largamente sconosciuta e non applicata, perlomeno nell’ambito delle micro-imprese di nostro diretto interesse:
“L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Questa norma impone un nuovo obbligo non a tutti gli imprenditori, ma solo a quelli societari o collettivi. Di fatto, per quello che a noi più direttamente interessa, questo dettaglio poco conta visto che esclude dal campo di applicazione degli stessi solo l’imprenditore individuale, fattispecie assai residuale in ambito odontoiatrico (se non come puro strumento di passaggio facilitato alla forma societaria).
Per quello che più specificatamente concerne le srl, l’art. 2475 c.c. prevede, al primo comma novellato, che
“l’istituzione degli assetti di cui all’articolo 2086, secondo comma, c.c., spetta esclusivamente agli amministratori”.
Mentre, per le società di persone, è l’art. art. 2257 c.c. a stabilire, al primo comma, che la stessa spetta esclusivamente agli amministratori.
Il contenuto concreto di questi adeguati assetti è cambiato radicalmente dalla prima alla seconda versione della Riforma. Nella prima versione era stata prevista la redazione di indicatori e indici della crisi a cura del Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti per la segnalazione agli Organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI) con le cd procedure di allerta.
Nella seconda versione, che ha sostituito gli istituti previsti nella prima con la nuova procedura denominata “Composizione Negoziata della crisi di impresa”, si è provveduto a modificare radicalmente l’impostazione generale della prevenzione degli effetti della crisi di impresa. In particolare, l’art. 2 primo comma del D.Lgsvo 17/06/2022 n. 82 ha sostituito l’art. art. 3 del CCII, ora rubricato “adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa”, chiarendo
“i termini e le condizioni in presenza delle quali l’imprenditore deve attivarsi ricorrendo ad uno strumento di regolazione della crisi, menzionando, tra di essi, anche le esposizioni debitorie in presenza delle quali il successivo articolo 25 – novies prevede l’intervento dei creditori pubblici qualificati”.
In questa nuova veste, la Legge di riforma della crisi d’impresa non pone più una distinzione tra l’imprenditore individuale e quello collettivo. Nel senso che il primo deve porre in essere delle misure e il secondo degli assetti che devono comunque essere diretti a:
Il quarto comma del nuovo articolo 3 definisce poi i segnali che devono far scattare l’allarme e che sono:
La ratio di queste indicazioni appare chiara a chiunque abbia un minimo di esperienza di gestione di attività economiche: quando l’imprenditore arriva a pagare in ritardo dipendenti e banche, con tutti i rischi che ne conseguono anche in termini di segnalazione alla Centrale Rischi Interbancaria, significa che già in precedenza faceva fatica a pagare tutti gli altri creditori: in casi come questi, la presenza di una situazione di crisi finanziaria, almeno momentanea quando non grave o irreversibile, appare praticamente scontata e se non si corre subito ai ripari con i nuovi strumenti messi a disposizione della Riforma, l’esito della crisi stessa è praticamente certo.
L’art. 95 novies del CCII prevede, come già accennato, che i creditori pubblici qualificati, ovvero l’INPS, l’INAIL, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione sono tenuti a comunicare all’imprenditore l’esistenza di sforamenti di soglie di rilevanza degli adempimenti affinché lo stesso possa attivare autonomamente la Composizione Negoziata della Crisi (“CNC”).
Questi i casi in cui le segnalazioni sono obbligatorie:
Rispetto alla prima versione del CCII, tali segnalazioni hanno cambiato radicalmente natura: non è più prevista alcuna segnalazione da parte dei creditori pubblici agli OCRI, al PM o al Tribunale ma semplicemente una informativa di natura strettamente confidenziale all’imprenditore stesso, in modo da allargare il novero dei segnali premonitori della crisi allo stesso soggetto. Si da anche per scontato che tali segnali non debbano necessariamente indicare che esista una situazione di crisi.
In realtà, nella seconda versione della Riforma della crisi d’impresa si è tenuto a realizzare un sistema di allerta più semplificato e meno stringente per l’imprenditore, anche allo scopo di rendere quest’ultimo meno oneroso sotto il profilo economico e maggiormente esperibile anche per le piccole e per le micro-imprese.
Nello stesso spirito, si è provveduto a dotare l’imprenditore di una apposita piattaforma informatica utile a verificare la sostenibilità del debito e l’elaborazione dei piani di rateizzazione. Tale piattaforma è liberamente accessibile al seguente link
www.composizionenegoziata.camcom.it .
Si consiglia di entrare nel sito e dare un’occhiata alle informazioni e documenti presenti.
In una prospettiva più generale e sganciata dall’ambito di operatività degli istituti previsti dalla Riforma della crisi d’impresa, su cui pure ritorneremo, la predisposizione degli adeguati assetti organizzativi assume una importanza ancor più rafforzata rispetto a quella che lo stesso istituto possedeva nella prima versione del CCII.
Alla luce di quanto precede si fanno quindi sempre più stringenti e precisi gli obblighi posti a carico dell’amministrazione delle imprese, che sempre di più dovrà far ricorso a strumenti di gestione periodica calibrati nel livello di analisi e nella frequenza sulla base della dimensione dell’impresa, quali ad esempio:
Tali obblighi impattano direttamente sull’amministratore delle s.r.l. e richiedono appositi strumenti contabili che vadano ad aggiungersi ai sistemi di contabilità ordinaria e a quelli della contabilità direzionale (controllo di gestione interno) ma che non possono essere resi efficaci senza l’adozione dei primi.
In particolare, si deve ricordare che la contabilità analitica ordinaria non è in grado – perché orientata a ben altri scopi – a rendicontare fatti economici che non hanno avuto una manifestazione numeraria e cioè un correlato movimento di cassa. Si pensi ad esempio al monitoraggio della produzione, che costituisce con tutta probabilità il fatto economico più rilevante in ambito odontoiatrico e sanitario. Ne deriva che non si potrà efficacemente implementare adeguati assetti organizzativi in mancanza di un sistema di contabilità direzionale (controllo di gestione interno). Abbiamo quindi un motivo in più per richiedere ai dentisti, all’interno delle loro s.r.l., l’implementazione del controllo di gestione rispetto a tutti gli altri che in questi anni non abbiamo mai mancato di sottolineare.
Deve essere tuttavia chiaro che la predisposizione degli adeguati assetti organizzativi può servire al dentista imprenditore a presagire i segnali della crisi e ad intervenire su di essa con i mezzi di cui lo stesso può disporre come anche a gestire meglio e con maggiore serenità e consapevolezza la propria azienda anche in un’ottica previsionale breve (entro i dodici mesi).
Esistono tuttavia situazioni tali per cui i mezzi propri non bastano. Situazioni che si caratterizzano anche per il fatto che quando le stesse si manifestano diventa anche complicato, troppo oneroso quando non addirittura impossibile reperire risorse esterne provenienti dal canale bancario o finanziario.
Gli strumenti messi a disposizione della Riforma della crisi d’impresa nella sua ultima versione si propongono di trovare soluzioni proprio in queste situazioni. E lo fanno, come già rilevato, intanto mettendo a disposizione dell’imprenditore dei segnali esterni sull’avvicinarsi della soglia di pericolo (segnalazioni dei creditori pubblici) come anche degli strumenti esterni tesi a comprendere quale istituto, previsto dalla Riforma, meglio si adatti alla sua peculiare situazione.
Questi strumenti sono proprio quelli già descritti e presenti sul programma informatico di verifica della sostenibilità del debito http://www.composizionenegoziata.camcom.it/
Il programma informatico gratuito ivi contenuto permette infatti all’imprenditore di demandare allo stesso programma:
Attraverso lo stesso programma è possibile per l’imprenditore richiedere l’ausilio di un esperto indipendente utile alla negoziazione con i creditori e alla ricerca di soluzioni negoziate della crisi. Quest’ultima possibilità è proprio quella di accesso alla Composizione negoziata della crisi (“CNC”) che costituisce la novità più rilevante della seconda versione del CCII. Alla CNC possono aderire tutte le imprese, non essendo stati previsti requisiti di accesso dimensionali particolari. Si tratta di una procedura non concorsuale riservata ai soli imprenditori che si trovano in una situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne renda probabile la crisi o l’insolvenza e per i quali appare ragionevole conseguire, a determinate condizioni, il risanamento dell’impresa.
L’individuazione di tale soluzione è rimessa ad un esperto/mediatore la cui richiesta, che può essere avanzata solo dall’imprenditore, deve essere formulata al segretario generale della Camera di Commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa.
Al fine di incentivare l’imprenditore nell’utilizzo di tale procedura sono state previste delle misure premiali nell’ art. 25 bis CCII di cui parleremo più avanti. In ogni caso, l’art. 12 terzo comma del Codice prevede la non applicabilità dell’art. art. 38 dello stesso Codice, che attribuisce al PM il potere di presentare il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale (fallimento) in ogni caso in cui ha notizia dello stato di insolvenza nel corso delle trattative della Composizione della Crisi.
Sulla piattaforma informatica già citata sono poi disponibili:
La citata piattaforma è composta da due aree: una pubblica e accessibile a chiunque e l’altra riservata alle istanze formali che guidano, passo dopo passo, l’imprenditore nel percorso indicato dalla Legge di Riforma e regolamenti attuativi.
Attraverso la stessa piattaforma di cui sopra l’imprenditore può presentare l’apposita domanda on line per accedere alla CNC, corredata da idonea documentazione allegata.
Apposite regole disciplinano poteri e obblighi dell’esperto, la sua formazione ed elezione nell’ambito di un elenco riservato a professionisti con determinati requisiti e specifica formazione.
Una apposita commissione si occuperà di riscontrare la domanda di accesso alla procedura presentata dall’imprenditore e nominerà l’esperto. Quest’ultimo, una volta accettato l’incarico, provvederà ad esaminare la documentazione presentata e avvierà i colloqui con l’imprenditore e i suoi eventuali consulenti, colloqui volti a comprendere se esistono i presupposti per l’avvio di un valido percorso di ristrutturazione.
In mancanza di tali prospettive, l’esperto dovrà chiedere l’archiviazione della composizione negoziata permettendo all’imprenditore di utilizzare gli strumenti esistenti e previsti dal CCII per la soluzione della crisi (liquidazione giudiziale in primis).
Qualora invece l’esperto valuti la procedibilità del piano di risanamento, provvederà ad avviare le trattative con i creditori e a predisporre alla scadenza del termine previsto (180 gg. rinnovabili una sola volta per ulteriori 180gg) la relazione finale con l’indicazione dei motivi che hanno portato all’individuazione di un percorso di risoluzione della crisi.
Nel corso della procedura appena descritta, l’art. art. 18 CCII prevede che l’imprenditore possa chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza presentata con la piattaforma telematica, l’applicazione di misure protettive sul patrimonio che verrà pubblicata sul registro delle imprese unitamente alla nomina dell’esperto.
Dal giorno della pubblicazione non potrà nemmeno essere pronunciata la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza salvo che non sia il Tribunale a disporre la revoca delle misure protettive.
Per altro verso, i creditori nei cui confronti operano le misure protettive non potranno, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione e non potranno nemmeno anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di richiesta delle citate misure protettive.
L’imprenditore, in pendenza di procedura per la composizione negoziata, potrà continuare nel gestire la propria impresa ma risponde comunque, in sede civile e penale, nel caso in cui effettui pagamenti non coerenti con il piano di risanamento. L’imprenditore è comunque tenuto ad informare l’esperto in forma scritta del compimento di atti di straordinaria amministrazione o dell’esecuzione di pagamenti non coerenti con il piano di risanamento in essere. L’esperto può a sua volta segnalare per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo (Tribunale competente) le sue riserve nel merito. Se l’imprenditore insiste nelle sue decisioni nonostante il parere contrario dell’esperto, quest’ultimo può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese e segnalare il comportamento discordante dell’imprenditore al Giudice competente.
Il Tribunale può poi discrezionalmente autorizzare l’imprenditore a cedere l’azienda o parte di essa e/o a richiedere finanziamenti prededucibili ma sempre e solo al fine di rispettare la continuità aziendale e della migliore soddisfazione dei creditori.
Nel caso in cui le trattative con i creditori, anche grazie alla mediazione dell’esperto, dovessero andare a buon fine, l’art. art. 23 CCII prevede diverse ipotesi per scongiurare la crisi o l’insolvenza per le parti.
Queste ultime possono concludere:
In particolare, la convenzione di moratoria è quella che disciplina una dilazione della esigibilità dei crediti. L’art. 62 CCII permette l’applicazione di questa procedura non solo ai creditori bancari e finanziari (come art. 172 septies della vecchia Legge Fallimentare ma anche a tutti gli altri creditori accomunati da posizioni giuridiche ed interessi economici omogenei. Tale convenzione comporta la dilazione delle scadenze o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e non è soggeta ad omologa da parte dell’Organo di Controllo (Tribunale) perché interviene tra un imprenditore e i suoi creditori; tuttavia, la stessa è vincolante anche per i creditori non aderenti che appartengono alla medesima classe, se sono integrate le seguenti condizioni:
L’art. art. 23 secondo comma CCII prevede anche una possibilità alternativa per l’imprenditore: quella di domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti al 75% del loro valore, ridotta fino al 60% se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto.
L’imprenditore poi può comunque, anche in assenza di accordo con i creditori, utilizzare il piano attestato di risanamento con attestazione di un professionista indipendente oppure domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti; oppure, ancora, accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi disciplinate dal Codice. Per l’accesso a queste procedure è previsto un ulteriore incentivo costituito dalla riduzione alla metà delle sanzioni e degli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di accesso alla CNC.
Infine, l’imprenditore stesso può ancora accedere, dopo la conclusione delle trattative in seno alla CNC, al concordato semplificato liquidatorio.
Per chiudere l’argomento della CNC, va fatto un rapido cenno alle misure premiali previste art. 25 bis CCII, già in precedenza richiamate.
Tale articolo infatti prevede che a partire dalla data di accettazione dell’incarico da parte dell’esperto e sino alla conclusione delle trattative gli interessi che maturano sui debiti tributari sono ridotti alla misura legale mentre le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza sono ridotti della metà. Una volta pubblicata l’istanza sul registro delle imprese, poi, l’AdE concede, all’imprenditore che lo richiede, con istanza sottoscritta anche dall’esperto, la rateizzazione fino ad un massimo di 72 rate mensili. Tali benefici decadono in seguito di successiva apertura della liquidazione giudiziale o in caso di accertamento dello stato di insolvenza.
Si tratta di una delle più rilevanti novità nel nuovo impianto del CCII e disciplina la rapida cessione dell’azienda all’esito negativo delle negoziazioni in ambito CNC.
L’art. art. 25 sexies prevede che quando l’esperto, nella relazione finale, dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede e che le ipotizzate soluzioni negoziali non appaiono praticabili, l’imprenditore possa presentare, nei 60 gg successivi all’inserimento in piattaforma della relazione finale, con ricorso, una proposta di concordato per cessione di beni unitamente al piano di liquidazione ai documenti indicati nell’art. art. 39 del CCII, chiedendone l’omologazione.
La proposta può prevede la suddivisione dei creditori in classi al fine di permettere di offrire trattamenti differenziati tra gli stessi anche se questi ultimi non hanno diritto di voto. Il ricorso va presentato al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale, comunicato al PM e iscritto al Registro delle imprese ad opera della Cancelleria del Tribunale.
Queste le principali caratteristiche di questo nuovo istituto:
Una volta effettuate tutte le verifiche di cui sopra e sempre se ne ritiene integrate le condizioni, Il tribunale, con decreto, nomina un ausiliario, assegnando allo stesso un termine per la presentazione del suo parere e intima al debitore di informare i creditori tramite pec, fissando contestualmente la data dell’udienza per l’omologazione. I creditori stessi, in questa forma di concordato, non hanno alcun diritto di voto per l’accettazione della proposta, ma conservano il diritto di opporsi all’omologa del tribunale (anche se tale diritto, a fronte delle verifiche molto stringenti effettuate da parte del Tribunale prima di concedere l’omologazione, appare uno strumento alquanto poco utile in mancanza di comprovabili fatti nuovi e sconosciuti al Tribunale stesso). A questo punto, il giorno dell’udienza, il Tribunale omologa la proposta concordataria e nomina un liquidatore, il quale ultimo da esecuzione all’offerta.
Appare evidente che le procedure della CNC e del concordato liquidatorio semplificato si riferiscono a situazioni di crisi d’impresa reversibili e/o comunque risolvibili con il pagamento parziale, da parte del debitore, ai creditori stessi del debito maturato nei loro confronti.
Va subito specificato che queste non sono tutte le procedure previste dalla Legge di Riforma della crisi d’impresa e che ne esistono anche altre che non affrontiamo in questa sede per non appesantire la già pesante trattazione di questo articolo (piano attestato di risanamento con o senza omologazione, convenzioni di moratoria e altre).
Se non fosse possibile risolvere nemmeno in questo modo la crisi di impresa, non resterà che aderire alla procedura della liquidazione giudiziale (che è l’istituto che corrisponde alla vecchia procedura fallimentare), con tutte le conseguenze, civili e penali, della procedura stessa e che ricalcano in gran parte quelle previste dalla vecchia procedura concorsuale definitiva.
Niente del genere era possibile fare prima della nuova legge di Riforma della crisi d’impresa e in particolare non era possibile trattare con i creditori pubblici previlegiati al fine di ristrutturare i debiti con loro. Il che si traduceva inevitabilmente nel favorire la morte di molte aziende che si sarebbero potute altrimenti salvare, se solo fosse stato possibile intervenire per tempo sulla crisi in corso prima che fosse divenuta irreversibile e/o comunque alleggerendo la gestione, almeno in parte, dal carico debitorio che ne minava la stabilità in misura via via più grave fino alla definitiva sua conclusione.
Tuttavia, la contropartita rispetto a queste nuove e interessanti vie di fuga dalla crisi aziendale è rappresentata dalle nuove responsabilità che vengono posto direttamente in capo all’imprenditore.
Anche quest’ultimo deve entrare nella nuova filosofia che caratterizza la gestione della crisi d’impresa.
Per potersi attivare e quindi per poter presagire i segnali della crisi, quest’ultimo deve dotarsi di quegli adeguati assetti organizzativi in mancanza dei quali non potrebbe necessariamente accorgersi per tempo della nascita di una situazione patologica nella propria gestione. Inutile dire che in mancanza di questa dotazione, l’imprenditore rischia grosso; non direttamente, in mancanza di un qualche apparato sanzionatorio che colpisca la sua inerzia, ma indirettamente e cioè quando scatterà – magari ad opera del PM su segnalazione di qualche creditore – la dichiarazione dello stato di insolvenza e la conseguente procedura liquidatoria (cioè la vecchia procedura fallimentare). In questi casi, l’inerzia di cui sopra si traduce fatalmente – agli occhi dell’Organo Giudicante- in un aggravante molto seria delle sue responsabilità e questo proprio in funzione delle nuove possibilità di risolvere la crisi che la Riforma aveva posto a sua disposizione e che l’imprenditore ha completamente mancato di utilizzare per propria esclusiva colpa.
Quello che la Legge non ha imposto con un apposito apparato sanzionatorio (almeno nella seconda e definitiva versione della Legge di Riforma) sarà sicuramente aggiunto dalla Giurisprudenza e persino a piena ragione.
Ne deriva che chiunque agisca in veste imprenditoriale (s.r.l. odontoiatriche comprese) è tenuto a non sottovalutare questi nuovi obblighi. In caso contrario, potrebbe trovarsi a risponderne personalmente e in misura anche molto seria.
Ogni imprenditore dovrebbe quindi, una volta dotatosi degli adeguati assetti organizzativi utili a presagire i segnali della crisi, porsi alcune fondamentali domande che potremmo semplificare nel seguente elenco:
Nelle tre domande di cui sopra si esauriscono, a ben vedere, tutte le possibili articolazioni della crisi d’impresa in essere e l’imprenditore può trovare risposte alle stesse anche usufruendo delle procedure messe a disposizione nella piattaforma informatica già citata.
Con particolare riferimento al punto 2), appare evidente che le condizioni ivi ricordate attengono a situazioni in cui la gestione ha subito gli effetti di qualche evento esterno (ad esempio, la crisi da COVID 19) che ha comportato una flessione dei ricavi tale da non permettere la copertura integrale dei costi, persino considerando gli strumenti utili a realizzare le moratorie sui debiti a suo tempo varati da Leggi speciali.
In caso contrario, appare evidente che la gestione si è avviata a produrre strutturalmente perdite e che l’unica possibilità per l’imprenditore al fine di evitare guai peggiori sulla propria persona oltre che sulla propria impresa resta quella di valutare ben poche alternative nell’attuale quadro normativo e in particolare quelle appresso descritte:
L’imprenditore, oggi, non è più solo nell’affrontare questa situazione; e la migliore scelta che lo stesso possa effettuare è propria quella di usufruire di queste nuove possibilità, in un quadro di più generale correttezza e buona fede, onde evitare anche le conseguenze civili e penali legate alla sua inerzia nell’affrontare con la dovuta prontezza queste situazioni: le situazioni di crisi sono comunque difficili da fronteggiare per chi le attraversa, prima ancora sul piano psicologico che su quello economico; e non pare davvero il caso di dover aggiungere a questo pesante fardello anche quello che si può e si deve evitare.
Anche i creditori sono ovviamente interessati da queste novità normative e sotto un duplice profilo.
In una prospettiva interna alla eventuale situazione di crisi del proprio debitore – l’imprenditore, appunto – perché tutto quello che è a lui concesso – moratoria e ristrutturazione – si traduce comunque in un trattamento migliore delle loro ragioni creditorie rispetto a quanto accadeva con il quadro normativo precedente, laddove in qualunque caso di crisi non risolvibile con le risorse dell’imprenditore stesso l’esito era quasi sempre quello del fallimento e della perdita da parte degli stessi di qualunque soddisfazione – o della soddisfazione in misura risibile – delle loro ragioni creditorie.
Più in generale, perché gli effetti della Riforma migliorano anche la loro situazione, permettendogli di recuperare una parte molto più consistente dei loro crediti rispetto al passato, anche perché questa è proprio una delle condizioni inderogabili all’omologa, da parte del Tribunale, di qualunque accordo di moratoria o ristrutturazione dei loro crediti.
Per tutti i professionisti – odontoiatra e medico compresi – che agiscono non in veste imprenditoriale ma in quella professionale, la Legge di Riforma ha inglobato e potenziato il vecchio istituto della esdebitazione dei privati, adattandolo anche a questa fattispecie e concedendo quindi anche a queste figure di accedere a procedure nuove e semplificate per la risoluzione della crisi dello studio professionale. Si tratta dell’istituto della liquidazione controllata del debitore sovraindebitato (artt. 268/277 CCII) e di quella del concordato minore (art. 74 CCII).
Partiamo proprio da quest’ultima.
Il concordato minore può essere in continuità e quindi prevedere la prosecuzione dell’attività professionale utilizzando soltanto il patrimonio del debitore per il soddisfacimento – totale o parziale – dei creditori. Potrà quindi essere prevista l’omologazione da parte del Tribunale di un accordo di ristrutturazione dei debiti con il consenso di tutte le classi dei creditori e persino in presenza di classi dissenzienti.
Oppure può essere un concordato di tipo liquidatorio e che quindi non prevede la prosecuzione dell’attività del professionista; tuttavia in questo caso la sua ammissibilità è condizionata all’apporto di apprezzabili risorse esterne che permettano una soddisfazione delle ragioni creditorie comunque maggiore di quello che si sarebbe potuto ottenere con il solo patrimonio esistente. Si tratta comunque di una via che permette di ottenere l’esdebitazione per una parte dei debiti nel frattempo accumulati nella gestione professionale dell’attività.
In questo tipo di procedure interviene l’Organismo di composizione della crisi che deve valutare la diligenza del debitore e le cause dell’indebitamento per poter dare via libera alle stesse. L’OCC è costituito presso il Tribunale competente. Nella domanda per il concordato, il debitore deve allegare una serie di documenti, di natura contabile ed extra-contabile, molto simile a quella prevista per l’imprenditore. Anche in questo caso, all’accoglimento della domanda seguono i benefici per il debitore che bloccano le azioni esecutive e conservative da parte dei singoli creditori.
Per il resto, il concordato segue un iter molto simile a quello già descritto per le procedure dedicate all’impresa.
La liquidazione controllata si sostanzia invece in un iter molto simile a quello previsto dalla liquidazione giudiziale (simile al vecchio fallimento) delle imprese e può essere richiesta sia direttamente dal professionista debitore che dai suoi creditori quando l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati sia superiore o uguale ad € 50.000 ed esista comunque ed almeno un attivo da distribuire ai creditori.
Anche in questo caso, al professionista è concesso di ottenere l’effetto esdebitazione almeno per una parte dei propri debiti, con la contestuale chiusura della propria attività.
In una prospettiva più generale, se questa può costituire una buona notizia per il professionista, si deve tenere conto del fatto che la stessa cambia almeno in parte la prospettiva in capo ai creditori dei professionisti stessi. Questi ultimi infatti debbono abituarsi all’idea che la naturale distinzione tra professionisti e imprenditori, sotto il profilo della responsabilità patrimoniale, è ovviamente cambiata rispetto al passato. Anche il professionista è stato dotato di strumenti utili a rispondere in misura parziale dei propri crediti quando si manifestano i segni della crisi nella sua attività.
In conclusione, appare utile dedicare un cenno alla questione delle società tra professionisti. In quale delle procedure previste per l’impresa o per il professionista va inquadrata la sua situazione in caso di crisi?
Appare subito opportuno sottolineare che si tratta di una questione ancora aperta nel senso che una risposta definitiva ancora non c’è. La Giurisprudenza e in particolare il Tribunale di Forlì si è pronunciato a favore della seconda soluzione, in considerazione del carattere eminentemente professionale della stessa. In Dottrina, tuttavia, si sono presentate tesi discordanti sul punto.
Pare opportuno concludere schierandosi prudentemente con la posizione della Giurisprudenza, anche considerando il fatto che la stp non è una impresa: la disciplina della sua crisi pare trovare una più idonea collocazione nell’ambito delle procedure di esdebitazione dedicate al privato e al professionista e non in quelle dedicate alla soluzione della crisi d’impresa.
La Legge di Riforma della crisi d’impresa, nella sua definitiva versione, offre nuovi strumenti utili sia all’imprenditore che al professionista per gestire le situazioni di crisi in una fase prodromica e apre nuove possibilità di superare le stesse, contendendo gli effetti di un sovra-indebitamento.
Tali nuove opportunità comportano anche nuove esigenze di accrescere la consapevolezza dei fatti legati alla gestione e in particolare di mettere in opera strumenti di analisi previsionale che possono funzionare unicamente se correlati ad un buon controllo di gestione interno. Chi sceglie di privarsi di questi strumenti si sta automaticamente candidando a subire le conseguenze di questa inerzia sotto il profilo civile e penale in caso di crisi e/o comunque a non poter evitare la chiusura della propria attività anche quando la stessa poteva essere salvata.
Il controllo di gestione interno per tutti i dentisti e la predisposizione degli adeguati assetti organizzativi per i dentisti imprenditori appare essere, oggi più che mai, una implementazione indispensabile per la gestione delle fasi fisiologiche e patologiche legati all’attività odontoiatrica e sanitaria in genere.
Il tuo carrello è vuoto.
Benvenuto su www.dentistamanager.it.
Ti preghiamo di prendere nota e rispettare le informazioni di seguito riportate che regolano l'utilizzo del nostro sito e dei materiali pubblicati e a cui sono soggetti i servizi forniti; l’accesso alle pagine del sito web implica l’accettazione delle seguenti condizioni.
Diritto d’autore
Tutto il materiale pubblicato sul sito ed il sito stesso, compresi testi, illustrazioni, fotografie, progetti, cataloghi, grafici, loghi, icone di pulsanti, immagini, clip audio, software, contenuti del blog, articoli di approfondimento, strutturazione dei corsi (in generale, il "Contenuto" del sito), è coperto da diritto d'autore.
La legislazione italiana ed internazionale in materia di diritti d'autore e marchi tutela il contenuto e il sito in generale.
La riproduzione dei materiali contenuti all'interno del sito, con qualsiasi mezzo analogico o digitale, è vietata.
Sono consentite citazioni, purché accompagnate dalla citazione della fonte Dentista Manager S.r.l., compreso l'indirizzo www.dentistamanager.it
Sono consentiti i link da altri siti purché venga specificato che si tratta di link verso il sito www.dentistamanager.it