Il regime agevolato dei dividendi nella srl odontoiatrica (e nella srp-srl) costituisce una delle principali motivazioni che giustifica il ricorso alle società di capitali per l’esercizio dell’attività sanitaria odontoiatrica. Si tratta, tuttavia, di un regime assai articolato che prevede, al fine di trarre il massimo vantaggio per il dentista, di non distribuire il dividendo quando partecipa direttamente la società o di distribuirlo a vantaggio di un’altra società quando la partecipa indirettamente attraverso una holding odontoiatrica o un’altra società. Fondamentale è la conoscenza di alcune presunzioni giuridiche quali quelle che caratterizzano le società a ristretta compagine societaria onde evitare che l’Amministrazione finanziaria possa annullare, con atti impositivi di vario genere, questi importanti vantaggi.
La gestione dei dividendi nella srl odontoiatrica (e nella stp-srl) costituisce uno dei temi critici la cui comprensione appare determinante per il dentista che decide di valutare una eventuale trasformazione della forma giuridica della propria attività.
Il passaggio da studio ad ambulatorio gestito da una srl odontoiatrica, infatti, quando ricorrono le condizioni che ne giustifichino l’effettuazione, trova la sua fondamentale ragione proprio nel fatto che la mancata distribuzione dei dividendi consenta di contenere il carico fiscale complessivo sopportato dal dentista per effetto della propria attività sanitaria. Circostanza quest’ultima del tutto esclusa quando il professionista opera in quanto tale, proprio perchè, sotto il profilo fiscale, quest’ultimo viene tassato per trasparenza sull’intero reddito da lui prodotto e cioè in base alla differenza tra i compensi percepiti e le spese deducibili.
Il professionista, con la trasformazione in società di gestione di ambulatorio del proprio studio professionale, ottiene anzitutto la possibilità di pagare imposte marginali solo sul reddito effettivamente estratto dalla società per i propri bisogni personali, mentre la parte di reddito che rimane nella società può essere lasciato alla tassazione piatta che è riservata ai redditi delle società di capitali (IRES + IRAP).
Se tutto questo è certamente vero in generale, è appena il caso di far notare che una conoscenza maggiormente approfondita delle modalità di tassazione degli utili della società risulta essere utile ad evitare che un uso troppo disinvolto di questi meccanismi possa comportare contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria, come più in generale una gestione sub-ottimale di questa importante porzione del reddito prodotto dalla struttura sanitaria organizzata e gestita in forma societaria.
In questo articolo ci interessa esaminare con maggiore grado di dettaglio queste questioni, in modo tale da rendere il dentista maggiormente attento e consapevole in merito a queste potenziali criticità.
Il caso che ricorre con maggiore frequenza è quello di un dentista che costituisce una srl odontoiatrica o una stp-srl operando al suo interno in qualità di operatore sanitario, con un contratto di collaborazione o di lavoro dipendente; oppure con un contratto di conferimento di servizi o, ancora, con altro genere di incarico per prestazioni accessorie.
Ai fini del discorso che stiamo portando avanti ha poca importanza se tali rapporti siano o meno caratterizzati da una controprestazione a titolo gratuito o oneroso, anche se nella gran parte dei casi avremo quasi sempre una controprestazione in denaro. Il dentista, in altri termini, preferirà sempre farsi remunerare per i servizi resi alla società. Quasi sempre deciderà anche di non farsi remunerare per il proprio incarico di amministratore, non avendo verosimilmente grandi vantaggi nel comportarsi diversamente (fa eccezione il caso delle stp-srl con medici privi di partita iva che non è comunque molto frequente).
Quello che a noi tuttavia interessa evidenziare in questa sede è che il dentista deterrà le quote di queste società in qualità di persona fisica nella stragrande maggioranza dei casi e non in qualità di imprenditore. Per la semplice ragione che un dentista che opera come tale non è un imprenditore ma un professionista e quand’anche lo fosse, magari per effetto di un’altra attività parallela di natura non sanitaria, non deterrebbe certo le quote in quanto tale ma come farebbe qualsiasi altro cittadino che imprenditore non è.
Il soggetto imprenditore, semmai, è la società e non il socio di quest’ultima e il dentista diviene imprenditore attraverso una persona giuridica e non direttamente e – per così dire – in nome e per conto della società stessa.
Ne deriva che il regime fiscale dei dividendi da lui eventualmente percepiti è quello delle persone fisiche e non quello degli imprenditori.
Secondo l’art. 47 del TUIR e l’art. 27, comma 1 del DPR 600/1973, è previsto che a decorrere dagli utili distribuiti dal 1 gennaio 2018 sia applicata, ad opera della società partecipata dalla persona fisica, una ritenuta a titolo di imposta pari al 26%. Questo regime fiscale che viene spesso citato – persino da addetti ai lavori quali taluni commercialisti – per scoraggiare in ogni caso i dentisti dal costituire una srl odontoiatria per la gestione della propria struttura sanitaria costituisce semplicemente un atto dovuto da parte del Legislatore tributario e serve a ristabilire una doverosa par condicio tra le diverse forme di esercizio di un’attività e le relative forme di determinazione del reddito. Appare ovvio che se due persone che esercitano in diversa forma la propria attività percepiscono lo stesso reddito devono essere tassate nella stessa identica maniera. Il che, nel caso del professionista, accade secondo il meccanismo della trasparenza. Mentre nel caso della società accade con l’applicazione al reddito prodotto dalla stessa della tassazione IRES e poi dell’imposta sui dividendi di cui sopra. Il risultato dei due metodi deve portare a risultati in termini di tassazione molto simili per intuibili ragioni di equità.
Tuttavia – ed è proprio questo il punto che spesso sfugge all’analisi – ciò è vero solo a patto di operare un confronto tra modalità di percezione molto simili e cioè quando il dentista decide di portare a casa – e quindi di rigirare sul proprio conto corrente personale – anche gli utili della società che avanzano dopo che la stessa ha coperto tutti i costi (compresi quelli relativi alla propria opera per conto della società stessa). Non accade invece quando il dentista decide di lasciare quegli utili nella srl odontoiatrica. In quest’ultimo caso, infatti, il reddito prodotto dalla società sarà sottoposto unicamente alla imposta sul reddito delle società (IRES) la quale ultima, a differenza dell’IRPEF, non è un’imposta progressiva con aliquota media crescente all’aumentare del reddito bensì un’imposta proporzionale con un’aliquota piatta sempre pari al 24%.
Appare evidente che nella stragrande maggioranza dei casi il dentista non avrà alcuna convenienza nel distribuire gli utili perchè questo comporterebbe la stessa pressione fiscale che avrebbe subito se avesse operato in qualità di professionista. Tuttavia, quando gli utili dello studio superano certi livelli di partenza (dai 100 mila euro in sù nel caso dello studio monocratico) e il professionista è capace di risparmiarne una parte, la convenienza della srl odontoiatrica diviene via via più significativa sotto il profilo fiscale proprio quando il dentista opta per non distribuire i dividendi.
In realtà, la convenienza della srl odontoiatrica e della stp-srl resta tale anche quando il dentista decida di distribuire sporadicamente i dividendi, esattamente come quando decida di distribuirli parzialmente. Ovviamente, si tratterà di una convenienza meno piena rispetto al caso fino ad ora esaminato.
Per completezza, dobbiamo anche aggiungere che la ritenuta del 26% sui dividendi distribuiti a partire dal 2018 non distingue tra partecipazioni qualificate e non qualificate, situazioni che vengono trattate nella stessa identica maniera sotto il profilo dell’imposizione.
Le partecipazioni sono qualificate quando rappresentano complessivamente una percentuale dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria in misura superiore al 2% o al 20%, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio sociale superiore al 5% o al 25%, a seconda che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentari o altre partecipazioni. Ovviamente, nel caso della srl odontoiatrica e della stp-srl, non siamo praticamente mai in presenza di società con titoli quotati nei mercati di borsa. Avremo quindi partecipazioni qualificate in tutti i casi in cui la partecipazione è superiore al 2% dei diritti di voto o al 5% del patrimonio sociale.
Si deve ricordare che se questa distinzione risulta ininfluente per comprendere il regime di tassazione dei dividendi prodotti dalla srl odontoiatrica a partire dal 2018, resta invece determinante per comprendere il regime che attiene ai dividendi prodotti dalla srl odontoiatrica prima del 2018.
In quest’ultimo caso, i dividendi delle partecipazioni qualificate, quando distribuiti, concorrono alla determinazione della base imponibile IRPEF del socio che quelle partecipazioni detiene in ragione di:
Da ultimo, è opportuno ricordare che la società partecipata dal socio opererà ai fini dell’imposta sui dividendi quale sostituto di imposta nei confronti del socio trattenendo l’imposta del 26% sull’utile da distribuire e la verserà all’Erario con modello F24, utilizzando il codice tributo “1035”, entro il 16 del mese successivo a ciascun trimestre solare in cui la stessa è stata operata. Il socio quotista, per suo conto, riceverà il dividendo al netto della citata ritenuta.
Il caso in esame può interessare qualche dentista che detiene partecipazioni all’estero di società con attività di natura sanitaria o partecipazioni in altro tipo di società di capitali. Generalmente, tali tipi di partecipazioni vengono detenute indirettamente attraverso una società holding, domiciliata in Italia o all’estero; tuttavia, non si può certo escludere casi in cui sia il dentista a detenere direttamente quelle partecipazioni.
In quest’ultimo caso, i dividendi di fonte estera seguono in linea di massima lo stesso principio già descritto, con la sola differenza che sarà il dentista a dover autoliquidare l’imposta del 26%, indicando tale importo nel quadro RM della dichiarazione dei redditi, considerando come base imponibile il dividendo stesso al lordo delle ritenute operate nello Stato estero.
Si deve infatti considerare che il Diritto Tributario Internazionale è caratterizzato da alcuni principi di base comuni che riguardano la gran parte dei contribuenti domiciliati nei diversi Paesi. Il primo di questi principi è quello per cui il reddito viene tassato dove è prodotto. Il secondo di questi principi è quello per cui chi è domiciliato fiscalmente in un Paese vedrà tassato il reddito prodotto sia in quel Paese che in tutto il Mondo.
Ne deriva che il reddito prodotto da un cittadino italiano fiscalmente residente in Italia in uno stato estero sarà oggetto di una doppia tassazione operata sia dall’Italia che dallo Stato estero ove quel reddito viene prodotto.
Al fine di rendere meno onerosa tale doppia tassazione, sono previsti dei meccanismi utili a evitare, almeno parzialmente, la gravosità di questa doppia imposizione e che sono dettati anche dalla legislazione tributaria nazionale o dagli accordi bilaterali tra coppie di Paesi. La regola del Diritto interno vede prevalere l’applicazione di questi ultimi in tutti quei casi in cui gli stessi prevedono regole di maggiore beneficio a favore del contribuente rispetto a quelle previste dal Diritto Tributario interno.
Per completezza, si deve anche ricordare che in tutti quei casi in cui, nella riscossione del dividendo estero, interviene un soggetto residente in Italia in qualità di intermediario (ad es. una banca o una fiduciaria), sarà quest’ultimo, in qualità di sostituto di imposta, ad operare la ritenuta del 26% al netto di quelle operate all’estero (principio del netto frontiera).
In tutti quei casi in cui il dentista detenga partecipazioni in società residenti in un cosiddetto paradiso fiscale e cioè in uno stato estero in cui vige un regime fiscale previlegiato, interviene l’art. 47 del TUIR a disporre la concorrenza integrale alla formazione del reddito del socio ai fini IRPEF di tali utili da partecipazione, salvo il caso il cui il contribuente non sia in grado di dimostrare, anche a seguito di interpello probatorio, la seconda esimente prevista dal citato articolo e cioè che dalla partecipazione in quella società non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a fiscalità previlegiata. In quest’ultimo caso, si potrà tornare all’applicazione del regime ordinario per i dividendi da società estera di cui al paragrafo precedente.
In realtà, esiste anche una seconda e più importante eccezione alla regola particolarmente penalizzante dei dividendi distribuiti da società black list: si tratta del caso in cui la partecipazione sia detenuta in una società residente in uno Stato a fiscalità previlegiata ma che svolge un’attività economica effettiva – con impiego di personale, attrezzature, locali (primo esimente art. art. 47 bis comma 2, lettera a) del TUIR).
A queste condizioni, il contribuente dentista potrà beneficiare di un credito di imposta (ex art. 165 TUIR) pari alle imposte assolte dalla partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in misura proporzionale agli utili conseguiti e nei limiti dell’imposta prevista in Italia su quel reddito.
Abbiamo trattato il caso dei dividendi da società black list per pure esigenze di completezza. A ben vedere appare assai improbabile che un dentista possa pensare di domiciliare una srl odontoiatrica in un Paese di quel tipo; tantomeno appare probabile che il citato dentista possa pensare di farlo detenendo direttamente quelle quote invece che per il tramite di un’altra società holding o di un trust. In ogni caso, per quanto improbabile non possiamo considerarlo neppure impossibile e per questo abbiamo trattato anche questo caso.
Questo caso è di sicuro molto più interessante dei precedenti per il dentista comune.
Accade infatti abbastanza spesso che il dentista, una volta passato alla srl odontoiatrica o alla stp-srl per la gestione della propria attività tipica, intraprenda una strada di sensibile sviluppo della attività stessa con conseguente incremento dell’utile prodotto dalla società.
In casi come questi, tutte le strategie di estrazione previlegiata del reddito dalla società, utilizzando gli strumenti messi a disposizione dal nostro ordinamento giuridico (royalties sul marchio, TFM, rimborsi spese degli amministratori, canoni di affitto dell’immobile strumentale, auto aziendale ad uso promiscuo, etc. etc.) non risultano sufficienti ad evitare l’accantonamento a riserva di importanti volumi di utili prodotti ormai strutturalmente dalla gestione per ogni esercizio contabile.
In casi come questi, il dentista inizia a valutare nuove opzioni quali la costituzione di una società holding, argomento di cui ci siamo occupati a più riprese anche in questo blog e al quale abbiamo anche dedicato un’opera monografica e un corso di formazione specifico.
Tra i motivi per i quali può risultare conveniente, in presenza di utili rilevanti e strutturali prodotti dalla srl odontoiatrica, la costituzione di una holding rientra certamente il regime agevolato di tassazione degli utili quando a percepirli non è più un soggetto persona fisica bensì un soggetto persona giuridica.
Una holding, infatti, non è altro che una società che detiene le quote di un’altra società e che quindi ne diventa socia. Ovviamente la holding sarà a sua volta partecipata dal dentista che quindi si ritroverà a partecipare o a controllare anche la srl odontoiatrica controllata a sua volta da quest’ultima, sia pur indirettamente.
Tale regime agevolato è quello previsto dall’art. 89 del TUIR. Quest’ultimo prevede che i dividendi percepiti da soggetti IRES (società di capitali e trust) concorrono alla formazione della base imponibile come reddito di impresa nella misura del 5% dell’importo riconosciuto.
Questo significa concretamente che quando il socio di una società di capitali è un’altra società di capitali, nel caso in cui la prima distribuisca utili alla seconda, non si applicherà più l’imposta sui dividendi al 26% ma un ben diverso regime che vede applicare l’IRES (24%) al 5% dell’ammontare di quegli utili. Ciò equivale a dire che sull’importo del dividendo viene applicata una imposta con aliquota pari al 1,2%.
1,2% versus 26% !!!
Un altro modo utile a descrivere tale regime agevolato è quello di considerare l’area dell’esenzione da imposta che interessa ben il 95% degli utili distribuiti. Una ragione che spiega molto bene uno dei motivi principali per cui il dentista, in presenza di utili rilevanti della sua srl odontoiatrica, costituisce molto spesso una holding.
L’esenzione al 95% e il regime appena descritto si applicano anche nel caso in cui la società partecipata non sia residente in Italia bensì in un Paese appartenente all’Unione Europea; e persino in un Paese extra-UE se quest’ultimo non appartiene a quei paesi con regimi di fiscalità previlegiata. Il che spiega molto meglio di tanti discorsi il motivo per il quale il dentista non deterrà quasi mai direttamente le quote di una srl odontoiatrica che sia residente all’estero e in particolare in un Paese UE. La differenza tra il trattamento fiscale dei dividendi distribuiti nell’uno e nell’altro caso appare chiara e netta.
Solo quando il dentista detiene tali quote per il tramite di un’altra società potrà beneficiare dell’esenzione al 95% da imposta su quei dividendi.
E’ vero che in quest’ultimo caso tali risorse entrano nel patrimonio della società e non nel suo ma è altrettanto innegabile che spesso questo è proprio l’effetto ricercato dal dentista che magari vuole utilizzare quelle risorse per alimentare altri business e perchè comunque il gruppo societario offre altri strumenti (quali la società semplice di puro godimento, il trust, etc.) utili a permettergli di godere di beni e servizi a titolo personale pur in mancanza di intestazione diretta di tali beni e servizi.
Nel caso in cui la società partecipata sia residente in Paesi extra-UE a fiscalità previlegiata, l’utile percepito non beneficerà di alcuna esenzione e concorrerà interamente alla formazione del reddito ai fini IRES della società partecipante in tutti i casi un cui la partecipazione di quest’ultima sia anche una partecipazione di controllo (persino quando indiretto).
Anche in questo caso vale la seconda esimente già descritta a giustificare la mancata applicazione di questa regola: e cioè quando si riesce a dimostrare, anche per il tramite di interpello probatorio, che da questa partecipazione non sia conseguito l’effetto di localizzare i redditi in paradisi fiscali. Nel caso di accoglimento, i relativi redditi torneranno a beneficiare dell’esenzione al 95%.
E vale a maggior ragione anche la prima esimente. Quindi quando il soggetto societario partecipante riesce a dimostrare che la società controllata nel paese estero svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali), i dividendi verranno tassati solo in ragione del 50% dell’ammontare percepito e al soggetto controllante residente spetterà un credito di imposta in ragione delle imposte assolte dall’impresa estera sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione alla quota imponibile degli utili conseguiti e nei limiti dell’imposta italiana relativa a tali utili.
Inutile aggiungere che la esimente di cui sopra potrà essere invocata da soggetti economicamente molto forti e organizzati il che esclude verosimilmente il caso del dentista.
E’ importante ricordare che, in tema di distribuzione degli utili, l’art. art. 47 del TUIR stabilisce che:
Indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riser1ve diverse da quelle del comma 5 per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta.
In altri termini, se il dentista accantona utili a riserva senza mai distribuirli non può aggirare la tassazione dei dividendi distribuendo quelle riserve anziché gli utili. La presunzione non opera (Circolare 26/e AdE 2004) se accanto a riserve di capitale vi siano solo riserve di utili indisponibili quali appunto quelli accantonati a riserva legale. La finalità della norma è evidentemente quella di evitare che, attraverso la distribuzione delle riserve di capitale, il socio possa differire, anche indefinitamente, la tassazione personale dei dividendi.
Con il DM 26 maggio 2017 è stata prevista una presunzione assoluta non suscettibile di prova contraria (presunzione iuris et de iure) in merito alla prioritaria distribuzione di utili formatesi in esercizi più remoti, a prescindere da quanto riportato nel verbale assembleare relativo alla destinazione delle somme.
Si considerano quindi prima distribuiti gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 e poi quelli prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016. Infine, tutti gli altri successivi a quest’ultima data.
Fino ad ora abbiamo considerato le società di capitali e in particolare le srl odontoiatriche e le stp-srl come soggetti giuridici dotati di autonoma soggettività tributaria in forza della quale gli utili societari concorrono alla formazione del reddito imponibile dei soci solo quando effettivamente distribuiti e quindi percepiti secondo il principio di cassa.
Da diverso tempo, tuttavia, tale principio è stato messo fortemente in discussione e con la presunzione di distribuzione degli utili extra-contabili è stato addirittura stravolto.
Secondo la Giurisprudenza della Cassazione, risulta infatti essere legittima la presunzione più volte invocata dalla Amministrazione Finanziaria di attribuzione pro quota degli utili extra-contabili accertati in capo alla società anche nel caso delle società di capitali e in particolare di quelle a ristretta compagine.
E’ appena il caso di specificare che con la locuzione “ristretta base societaria” si intende comunemente quella compagine sociale che è composta da un numero ristretto di soci, spesso legati da specifici vincoli, come possono essere quelli aventi natura familiare. Tuttavia non esiste nè sotto il profilo civilistico che sotto quello tributario alcuna definizione giuridica di società a ristretta base societaria. La presunzione giuridica legata a questa concezione è nata ad opera della prassi amministrativa AdE ed è stata poi suffragata dalla Giurisprudenza di merito.
Si tratta, in realtà, di una presunzione semplice e non assoluta.
Una presunzione che quindi ammette la prova contraria ma che si giustifica in base alla probabile complicità che è ragionevole presumere tra un ristretto gruppo di persone che partecipa al capitale e alle decisioni di una società.
La prova contraria ammessa è ovviamente quella negativa: i soci devono essere quindi in grado di dimostrare di non aver incassato i presunti utili extra-contabili accertati con l’atto impositivo notificato alla società, magari attestando il reimpiego di quelle somme da parte delle società stesse. In assenza di questa prova contraria, l’Amministrazione finanziaria si ritiene sollevata da qualsiasi dovere di dimostrazione di ulteriori elementi a fondamento della propria pretesa.
Appare evidente come questa costituisca la criticità più rilevante per il dentista e le società o i gruppi societari che lo stesso costituisce. Ed infatti viene spesso citato da taluni commercialisti come principale motivazione utile ad escludere la convenienza delle società a responsabilità limitata per il dentista in ogni possibile caso.
E’ appena il caso di esaminare meglio questa fattispecie, in modo tale da destituire di fondamento tale motivazione nel momento in cui viene portata avanti indiscriminatamente – e spesso persino per ignoranza o mancanza di approfondimento e aggiornamento – come elemento scoraggiante per il dentista che ambisce alla dimensione societaria.
Intanto va subito specificato che la presunzione in parola non opera quando vengano contestati costi indeducibili ma solo nel caso in cui la rettifica del reddito riguardi costi fittizi. Solo in quest’ultimo caso, infatti, si produce l’occultamento di un profitto che viene distribuito ai soci (o che si possa presumere lo sia stato). Così si è pronunciata, ad esempio, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia (sentenza CGT n. 2 del 5 gennaio 2023).
La Cassazione ritiene poi valida la presunzione anche nei casi in cui la società dichiari perdite, proprio perchè, se esistono somme occultate per ricavi in nero o costi fittizi, le stesse non transitano certo nella contabilità della società con la conseguenza che possono certamente essere considerate a destinazione univoca ai soci. E persino quando esistano strutture societarie intermedie tra le società contestate e i soci persone fisiche (ad es. con l’Ordinanza n. 27049 del 2019 ).
In ultima analisi e al di là di altre considerazioni, l’utilizzo di prassi rientranti nel perimetro del nero non solo sono da considerarsi poco commendevoli e suscettibili di reato ma persino quali prassi contrarie allo scopo per le quali sono poste in essere. Non sono solo illecite ma prima ancora sono stupide e autolesionistiche.
I dividendi delle srl odontoiatriche e delle società di capitali costituiscono un tema fondamentale per giustificare l’utilizzo della srl odontoiatrica e della stp-srl da parte del dentista e per paradosso questo è vero proprio in forza della possibilità che la società di capitale offre di non distribuirli.
Tuttavia il tema merita un approfondimento quale quello che abbiamo tentato in questo articolo al fondamentale fine di non dissipare gli oggettivi vantaggi che alla prassi della mancata distribuzione dei dividendi sono legati. In particolare, vanno evitati comportamenti tesi ad occultare ricavi e a simulare costi che possono essere la facile via attraverso la quale riportare la tassazione degli utili al punto di partenza e cioè al sistema di tassazione particolarmente penalizzante che interessa i redditi del professionista. Persino con l’applicazione degli interessi e delle sanzioni previste dalla Legge.
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