Un altro mondo è possibile: la nuova disciplina delle Srl-PMI, i diritti di voto non proporzionali, la stp e noi La conoscenza rende liberi: mai tale […]
La conoscenza rende liberi: mai tale motto potrebbe apparire come realistico se si pensa a quali innovazioni sono state introdotte nell’Ordinamento Giuridico italiano negli ultimi anni.
Per avere un quadro più chiaro sia pur in sintesi Vi consiglio di leggere, prima ancora di questo post, l’articolo di cui al link in calce. Non mi interessa raccontarvi i fondamenti scolastici della faccenda visto che li potete trovare ben descritti su molti articoli in internet: vi basta digitare su google la parola chiave: Srl-PMI oltre che leggere l’articolo allegato.
A me interessa invece andare subito al sodo e calare queste normative e le loro potenzialità nel nostro specifico contesto.
Se vi dicessi che esiste la possibilità di creare società a responsabilità limitata in cui alcune quote (o particolari categorie di quote) possono avere diritti particolari e non proporzionali al valore della quota, cosa mi direste? Probabilmente che il caldo agostano mi ha dato alla testa. E se vi dicessi che è possibile, per il tramite di questi strumenti, creare una distinzione tra i soci di una srl che amministrano e gestiscono la società, votando nelle assemblee, e tutti gli altri che invece mantengono solo un diritto all’utile (quando distribuito)? Probabilmente, pensereste la stessa cosa.
Ebbene, ritengo che non esista migliore dimostrazione sul fatto che il vero intento dei soliti noti, nel momento in cui pretendono di imporre un modello sub-ottimale quale quello della STP, sia esclusivamente quello di imporre l’iscrizione all’Ordine come forma di controllo della società e dei soci.
Il resto – e cioè tutte le disquisizione sul controllo e sul potere di voto riservato ai professionisti – è pura cortina fumogena; non costituisce né può costituire il vero motivo per cui si spinge in direzione obbligata e contraria al buon senso, perché si potrebbe benissimo realizzare gli stessi obiettivi anche con una srl pura (magari nella forma di PMI ma persino in forma ordinaria) senza nel contempo rinunciare – come accade nel modello STP – a tutte le altre prerogative concesse dalla Srl pura.
È il controllo dell’Ordine quello che interessa davvero i soliti noti. Controllo, sia detto per inciso, che in qualche caso sarà pure virtuoso (non tutti gli esponenti ordinistici si comportano nello stesso modo, per fortuna) ma in tanti altri virtuoso proprio non è.
Al di là di questo, ritengo ammissibile il controllo ordinistico sui professionisti iscritti all’Albo e non certo sulle loro proprietà (tra cui le società), non foss’altro perché è questo la natura di tale controllo. Non esiste a quanto ne sappia alcuna legge o regolamento (a parte quelli che disciplinano la STP, ovviamente, che però non è una società commerciale ma una forma evoluta di associazione professionale) che assegni agli Ordini il potere di controllare o rendere inoperante la proprietà privata di un professionista. L’Ordine può e deve poter sospendere o radiare un professionista, non il suo studio professionale. Che quello poi si fermi in conseguenza dell’impossibilità di lavorare del professionista radiato costituisce una conseguenza indiretta. Non si vede a quale titolo dovrebbero valere criteri diversi se la struttura sanitaria è complessa invece che semplice. Evidentemente, chi spinge in quella direzione vuole un controllo diretto e pervasivo non solo sui professionisti ma anche sulla loro intera attività e proprietà professionale, con la scusa di volersi assicurare la possibilità di controllare solo gli aspetti deontologici.
In ogni caso e per quello che a noi più interessa è subito il caso di chiarire come e perché tutti gli altri elementi che la narrazione dei soliti noti indica come importanti per la STP possono benissimo essere realizzati attraverso una srl ordinaria, che acquisti anche la qualifica di PMI e persino limitandosi ad avvalersi delle prerogative concesse a quest’ultima dal Cod. Civ. in merito alla attribuzione di particolari diritti non proporzionali a determinate quote e quindi a determinati soci.
Senza per questo dover necessariamente perdere la possibilità di attrarre capitali dall’esterno, capitali che possono essere sia di soci conosciuti al nucleo forte della società (magari composto da medici e/o odontoiatri) come anche sconosciuti agli stessi (raccolta del risparmio tramite le piattaforme regolamentate e controllate dalla Consob dell’equity crowdfunding ). Si legga a questo proposito: https://www.economyup.it/innovazione/equity-crowdfunding-che-cose-come-funziona-e-tutte-le-piattaforme-per-startup-e-pmi/
Mi interessa proiettarvi in questa nuova dimensione cercando di spiegarvi il razionale di queste scelte legislative, le quali aprono mondi nuovi che si possono cogliere senza per questo dover rinunciare a tutte le altre opportunità.
Il mercato delle aziende in Italia presenta infatti un numero molto alto di piccole e medie imprese che dipendono in misura predominante dal canale bancario. Sarebbe molto interessante spiegarvi le ragioni storiche per cui accade questo. Per farvela breve, son oltre cento anni che le banche la fanno da padrone e hanno impedito con ogni mezzo lo sviluppo di un mercato finanziario vero e proprio, un mercato cioè in cui non solo le banche ma anche altri intermediari (quali i mercati quotati di borsa o banche d’affari, banche di investimento etc.) possono far confluire capitali di rischio o di debito alle imprese che ne abbisognano.
Persino le grandi innovazioni che hanno caratterizzato lo sviluppo e la normativa degli ultimi decenni sono riuscite ad incidere in misura relativamente lieve su questa situazione. Le banche non l’hanno contrastata più di tanto perché perfettamente consapevoli della natura del mercato interno, popolato da pochissimi grandi player e letteralmente gremito di piccoli e medi operatori imprese che il mercato dei capitali quotati lo frequenta poco e nulla.
A ingentilire questo fosco quadro, si sono intromesse le innovazioni dal basso, quelle cioè legato ad internet e che coinvolgono direttamente i piccoli investitori che in altri termini hanno scavalcato le forme di intermediazione finanziaria tradizionale: un esempio è quello delle piattaforme di crowdfunding, che hanno permesso a piccoli investitori e risparmiatori di finanziare direttamente progetti di vario genere anche con piccole somme, evitando di avvalersi delle forme di intermediazione finanziaria tradizionali.
Le normative sulla Srl-PMI sono tutte pienamente spiegabili proprio guardando a questo contesto e si propongono come principale obiettivo di fornire anche alle srl degli utili strumenti per la ricerca e l’acquisizione di capitali propri e di debito anche al di fuori del canale bancario.
Per raggiungere questo obiettivo, già il codice civile del post riforma delle società aveva concesso la possibilità di attribuire particolari diritti non proporzionali alle quote ad alcuni soci rispetto ad altri, sia per quanto riguarda i diritti al dividendo, che per quello del voto. Era quindi possibile attribuire a particolari soci prerogative particolari quanto alla distribuzione degli utili o al diritto di voto in misura non proporzionale alla relativa quota.
Il che concretamente significa che un finanziatore esterno potrebbe ad esempio detenere il 70% delle quote della società e avere diritti di voto pari al 30%, oltre che avere contestualmente diritti a percepire il dividendo in misura dell’80% del capitale della società. Una possibilità di questo genere permetterebbe a lui di percepire una remunerazione del capitale investito (essendo lui un socio finanziario, potrebbe non essere minimamente interessato alla gestione della società, esattamente come accade per i piccoli risparmiatori che acquistano le azioni di una società quotata ) e ai soci gestori ( quali potrebbero essere nel nostro caso i soci medici e/o odontoiatri ) permetterebbe di acquisire capitali esterni senza per questo dover rinunciare alla gestione in proprio della società stessa e al controllo dell’Assemblea.
Con la disciplina delle Srl-PMI, nella formulazione post 2017, si arriva a compiere un passo in più.
Infatti, i limiti principali insiti nel modello dei diritti non proporzionali da codice civile sono:
E’ chiaro che il superamento di questi limiti, insiti nel sistema disegnato dal Codice Civile, amplia le possibilità di reperimento di capitali sul mercato, perché è ora possibile emettere una particolare categoria di quote dotate di particolari diritti che escludono quello di voto e che restano tali anche nel caso di cessione delle quote e possono per di più essere utilizzate per pescare capitali nelle piattaforme di equity crowdfunding.
Queste piattaforme sono in pieno sviluppo e sono cresciute persino nel corso della crisi da Covid-19. E’ facile prevedere che con il tempo vi confluiranno capitali sempre più ingenti e che quindi si allargheranno le possibilità di accedere a questo canale di reperimento del capitale anche per i piccoli imprenditori odontoiatri e medici. Naturalmente, non tutti i progetti potranno essere interessanti per gli investitori, ma una società odontoiatrica bene gestita potrebbe benissimo essere interessante per tali investitori in un’ottica di diversificazione di portafoglio. Ricordiamo che attraverso queste piattaforme possono essere investiti nella vostra società anche piccoli capitali da molti investitori (magari molti investitori che messi insieme trasferiscono alla società un capitale complessivo che piccolo non è) e che gli stessi potrebbero avere nel proprio portafoglio piccole porzioni di società che non presentano grandi rendimenti ma una certa stabilità nel tempo degli stessi.
Tutto ciò – dal punto di vista del medico o dell’odontoiatra socio – senza rinunciare minimamente a tutte le altre prerogative concesse da una Srl ordinaria.
E’ altrettanto chiaro che la possibilità di avvalersi di tali prerogative potrebbe permettere anche ad un giovane odontoiatria sia di costituire una società con soci esterni a lui noti e i loro capitali mantenendo il controllo della stessa e la possibilità di gestirla senza intromissione esterne, come anche di collocare sul mercato quote di categoria speciale, facendosi aiutare alla realizzazione del proprio progetto da risparmiatori vari a lui sconosciuti.
O ancora, potrebbe permettere a odontoiatri e medici non più giovani di reperire sul mercato i capitali utili allo sviluppo e ampiamento di una struttura sanitaria già esistente gestita attraverso la srl, evitando di avvalersi del canale bancario, in tutto o in parte, e mantenendo il pieno controllo della società.
Una soluzione del genere potrebbe anche piacere a molti esponenti ordinistici che ritengono importante che sia il medico o l’odontoiatra a gestire la società per evitare pericolose fughe in avanti, senza per questo dover e voler pretendere di controllare non solo il citato medico ma anche la sua proprietà privata.
Si tratterebbe, in una visuale laica e intellettualmente onesta, dell’uovo di Colombo, perché attraverso tale soluzione si riuscirebbe a compendiare gli imperativi deontologici con le legittime aspettative del socio odontoiatra, che non dovrebbe sacrificare sull’altare del controllo ordinistico “rafforzato” – come accade nel modello stp – tutte le ulteriori prerogative che la srl ordinaria mette a sua disposizione.
Il presente articolo si propone tra le altre cose di fornire uno spunto di riflessione. Un piccolo seme, nella speranza che possa germogliare, nell’interesse di tutti.
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