Il welfare aziendale, nella sua forma di welfare di produttività, deve essere legato agli incrementi di performance dell’azienda e non può mai tramutarsi in un premio alle performance individuali del singolo lavoratore. A ribadirlo, per l’ennesima volta, è l’Agenzia delle Entrate, nella Risposta ad Interpello n. 77 del 20 marzo 2025. Su questa nozione di premialità si è detto molto da parte degli operatori e della Dottrina e sono state anche manifestate posizione fortemente critiche. Al momento però non pare esista una possibilità di ripensamento se non quella che potrebbe essere suffragata da una Riforma normativa dell’istituto.
Il welfare aziendale, nella sua forma di welfare di produttività, deve essere legato agli incrementi di performance dell'azienda e non può mai tramutarsi in un premio alle performance individuali del singolo lavoratore. A ribadirlo, per l'ennesima volta, è l'Agenzia delle Entrate, nella Risposta ad Interpello n. 77 del 20 marzo 2025. Su questa nozione di premialità si è detto molto da parte degli operatori e della Dottrina e sono state anche manifestate posizione fortemente critiche. Al momento però non pare esista una possibilità di ripensamento se non quella che potrebbe essere suffragata da una Riforma normativa dell'istituto.
Con l’interpello n. 77 del 20 marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate ha rimesso i puntini sulle “i”: niente scorciatoie fiscali, nemmeno con le migliori intenzioni. Stavolta il caso riguardava un’azienda del settore energetico che voleva convertire i bonus MBO (Management by Objectives) dei propri dipendenti in benefit aziendali esenti da imposte. Ma la risposta è stata netta: non si può.
Il punto chiave è che esistono due strade per il welfare aziendale:
Il welfare di produttività deve essere rigorosamente agganciato alle prestazioni collettive, intese come quelle dell’azienda, e mai a quelle del singolo lavoratore. Gli incrementi di fatturato, di produttività, di innovazione sono e devono restare quelle dell’azienda.
Quello che non è previsto è il terzo binario, cioè la possibilità di sostituire parti della retribuzione con welfare aziendale fuori dai casi normati. Se manca l’aggancio alla contrattazione di secondo livello e alle condizioni di legge, ogni forma di benefit – anche se camuffata da “iniziativa sociale” – resta retribuzione e come tale va tassata.
Nel caso analizzato, l’azienda voleva permettere ai dipendenti di convertire parte del premio MBO in voucher, rimborsi scolastici, fondi pensione, palestre, trasporto pubblico e via dicendo. Il piano riguardava solo una parte dei lavoratori, era legato a obiettivi individuali e i benefit erano scelti dal singolo. Tutti elementi che, secondo l’Agenzia, fanno scattare l’allarme: qui non si parla più di welfare, ma di retribuzione in natura, da tassare in base alle regole generali.
E non basta dire che l’obiettivo è la “fidelizzazione” o che c’è una lettera firmata con l’accordo del lavoratore. Il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente – sancito dall’art. 51 del TUIR – non ammette eccezioni creative: tutto ciò che deriva dal rapporto di lavoro, che sia in euro o in buoni carburante, è reddito, salvo specifiche esclusioni previste dalla legge.
Non è la prima volta che l’Agenzia chiarisce la materia. Già nel 2020, con la risoluzione 55/E, si era ribadito che il welfare aziendale non può essere usato per incentivare le performance individuali. E la circolare 28/E del 2016 aveva già spiegato che l’agevolazione si applica solo ai piani nati come obbligo di erogazione di beni e servizi, non come sostituzione di retribuzione.
Il messaggio che arriva con l’interpello 77/2025 è chiaro: chi vuole usare il welfare per abbattere il costo fiscale della retribuzione deve restare dentro le regole. Niente piani “ibridi”, niente scorciatoie. Solo due vie legittime: la detassazione dei premi di risultato (quando prevista) e il welfare “on top” per tutti, svincolato dalla performance.
Il consiglio per le aziende – studi dentistici compresi – è di fare un check accurato dei propri piani di welfare: a chi si rivolgono? Qual è la fonte contrattuale? Sono legati alla prestazione individuale? Se anche una sola risposta è sbagliata, il piano rischia di essere un boomerang fiscale.
Per chi vuole davvero fare welfare (e non solo abbassare il cuneo), la strada esiste ed è pure virtuosa. Ma va percorsa con consapevolezza. Per tutto il resto… c’è la busta paga ordinaria.
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