Un sintetico vademecum che consente al titolare di studio dentistico di comprendere gli obblighi legati al Green Pass ed individuare le principali azioni da intraprendere entro il 15 ottobre. [Con aggiornamento alla legge 165 del 19/11/2021]
La questione del Green Pass è solo l’ultima delle novità che la vicenda Covid ha portato nei nostri Studi.
In questo articolo proviamo a stilare un breve vademecum che ci aiuti ad ottemperare anche a questo ennesimo adempimento da una parte rispettando i criteri fissati dal legislatore, dall’altra cercando di non appesantire ulteriormente il nostro assetto organizzativo già complesso.
Si troveranno avvantaggiati, in questo senso, gli studi che hanno fatto proprio il principio generale di organizzazione per processi che da tempo andiamo promuovendo su questo blog.
A titolo di premessa, ricordiamo che l’obbligo del Green Pass ha una propria collocazione giuridica ed operativa del tutto svincolata dagli altri obblighi che permangono in capo agli studi circa il contenimento del rischio biologico in generale e quello da Covid in particolare (biohazard).
Partiamo dunque con ordine e, prima di esaminare il contenuto della nuova Legge, vediamo insieme cosa è il Green Pass.
Il Green Pass è una certificazione, in formato digitale e stampabile, emessa dalla piattaforma nazionale del Ministero della Salute.
Tale certificazione attesta una delle seguenti condizioni del soggetto che lo esibisce:
Dunque il Green Pass si manifesta materialmente sempre nello stesso modo (tipicamente attraverso un QR code stampato o visualizzato su supporto digitale), ma sottintende condizioni anche molto diverse tra di loro che hanno in comune solo una precisa indicazione di ordine epidemiologico.
Dal momento che il Green Pass non fornisce esplicitamente indicazioni di appartenenza del soggetto ad una delle tre categorie precedenti, secondo il Garante non è lesivo del diritto alla privacy, ma assolve alla funzione di ridurre il rischio biologico all’interno dei luoghi di lavoro.
La norma di riferimento è quella pubblicata nel Decreto Legge del 21 settembre 2021, n. 127 . In particolare all’art. 3, comma 1, si legge quanto segue:
Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2.
E’ dunque chiaro che l’obbligo riguarda gli studi dentistici in generale ed i lavoratori, indipendente dal loro ruolo o funzione: titolari, dipendenti, collaboratori, consulenti, igienisti, Aso, infermieri, ecc. Non sembrano possibili esclusioni di sorta.
E’ importante notare come l’obbligo limiti l’accesso al luogo di lavoro e non la natura del rapporto lavorativo in se stessa. Pertanto è ragionevole sostenere che il lavoratore che operi a distanza o in remoto (dunque non abbia accesso al luogo di lavoro) possa ritenersi esentato dall’obbligo di esibire il Green Pass (la certificazione verde Covid di cui parla il legislatore).
Non è da escludere che in uno Studio dentistico possano trovare collocazione lavoratori a distanza, se pensiamo per esempio a chi opera nell’ambito contabile e amministrativo (come per esempio il dental office manager) oppure in quello del marketing (marketing manager, video maker o social media manager).
Tuttavia l’obbligo del Green Pass viene esteso, per effetto, del comma 2 dello stesso articolo, ad una platea più estesa di lavoratori rispetto a quelli tipici dello studio dentistico. Infatti la norma precisa che:
La disposizione si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.
Per questo motivo dovranno esibire il Green Pass anche eventuali frequentatori dello studio a vario titolo, tirocinanti (odontoiatri o Aso), lavoratori dipendenti di altre aziende, per esempio: imprese di pulizia, manutentori, consulenti, fornitori, rappresentanti.
Ragionando per esclusione diventa più facile dire che: tutti quelli che entrano all’interno dello studio devono esibire il green pass ad eccezione dei pazienti.
Su questo punto i media ed i social network hanno alimentato parecchia confusione, ma è bene precisare che i pazienti sono esclusi dall’obbligo. Del resto non si vede come il legislatore potesse pretendere che un paziente debba esibire un certificato nel quale si attesti che è sano prima di poter accedere alle cure di cui ha bisogno. Nè si sarebbe potuto ipotizzare l’obbligo per un medico (o dentista) di discriminare il paziente in ragione del suo stato di salute o della sua capacità di dimostrarlo.
Ad ogni buon conto, sul punto si è espressa tempestivamente e molto chiaramente anche la FNOMCeO con la Comunicazione n.199 del 8/10/2021 della quale riportiamo il passaggio conclusivo:
può pacificamente affermarsi che le strutture sanitarie non potranno richiedere l’esibizione del green pass in fase di accettazione del paziente, a meno che non vi sia una specifica previsione normativa che le autorizzi a farlo. Stesso discorso vale per gli studi professionali medici e odontoiatrici. L’esibizione di certificazioni vaccinali o di esiti di tamponi da parte dei pazienti non rientra fra le misure obbligatoriamente previste dalla legge statale. Attualmente, infatti, nel Decreto Riaperture (d.l. n. 52/2021), si fa esplicito riferimento solo alle RSA, che quindi sono le uniche strutture sanitarie legittimate, fin dal primo giorno di applicazione della certificazione, a subordinare l’ingresso in struttura all’esibizione dello stesso.
Il comma 3, precisa che sono esclusi dall’obbligo di esibire il green pass anche
i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
Questo significa che all’interno dello studio dentistico potranno essere presenti alcuni lavoratori in possesso di Green Pass valido e altri che non ne sono in possesso perchè esclusi dalla campagna vaccinale. Pensiamo, per esempio, ai soggetti che hanno controindicazioni alla somministrazione del vaccino.
Il compito di richiedere l’esibizione del Green Pass ai soggetti sopra indicati spetta al datore di lavoro , come specificato dal comma 4:
I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2. Per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.
Nel caso di studi tradizionali il datore di lavoro si identifica banalmente con il dentista titolare di studio cui è stata rilasciata l’autorizzazione all’esercizio. Nel caso di Srl Odontoiatrica o comunque società odontoiatriche, il datore di lavoro si incarna nel suo legale rappresentante.
In buona sostanza possiamo ricavare le seguenti indicazioni operative per quanto riguarda gli studi dentistici:
In questo secondo caso ricordiamo che sarà opportuno e necessario provvedere alla integrazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenti DUVRI, entro il 15 ottobre, con un addendum specifico che descriva questo tipo di rischio.
Quando si tratta di fornitori o lavoratori esterni, poichè il dentista non può conoscere tutti personalmente, è consentito di richiedere, oltre alla esibizione del Green Pass, anche quella di un documento di identità.
Nello studio dentistico, quasi sempre, lo stesso datore di lavoro è anch’egli lavoratore (ancorché libero professionista). In questo caso, non potendo essere controllore di se stesso, è ragionevole pensare che debba ricorrere a incaricato diverso da se stesso, come specificato dalla norma stessa (vd oltre).
L’obbligo di esibire il Green Pass ha due indicazioni temporali importanti.
La prima fa riferimento al periodo di validità dell’obbligo che è chiaramente compreso tra il 15 ottobre 2021 ed il 31 dicembre 2021. Non si può escludere, ovviamente, che tale termine non sarà prolungato dal momento che è agganciato al termine del periodo di emergenza stabilito dal governo nei decreti precedenti. E’ abbastanza probabile, al contrario, che il termine possa essere anticipato.
La seconda si riferisce al momento della giornata in cui l’esibizione deve essere fatta. Già nel primo comma si menziona l’accesso al luogo di lavoro, ma il riferimento si fa più esplicito nel comma 5 che citiamo di seguito.
A questo punto il legislatore dedica il comma 5, che recita:
I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2.
In sostanza è lo stesso datore di lavoro che descrive le modalità con cui effettuare i controlli. Entro il 15 ottobre deve dunque aver formalizzato processi e/o protocolli idonei alla verifica dei Green Pass, identificando eventuali strumenti. In questo senso la norma lascia un grado di libertà di azione abbastanza ridotto, sia quando dice che il controllo avvenga al momento dell’accesso, sia quando richiama il DL 22 aprile 2021, n. 52 e, implicitamente, il successivo DPCM 10 settembre 2021.
Quest’ultimo infatti introduce una sere di limitazioni alla verifica del Green Pass affinché la stessa avvenga nei limiti previsti dalla Legge in tema di data protection (GDPR).
Per quanto riguarda gli strumenti e le applicazioni informatiche utili ad effettuare i controlli è arrivato un chiarimento dal DPCM del 12 ottobre che riguarda esplicitamente la pubblica amministrazione ma che per analogia può essere adottato anche dagli studi privati. Il testo dice:
Il controllo potrà avvenire all’accesso, evitando ritardi e code durante le procedure di ingresso, o successivamente, a tappeto o su un campione quotidianamente non inferiore al 20% del personale in servizio, assicurando la rotazione e quindi il controllo di tutto il personale.
Per le verifiche, sarà possibile usare l’applicazione gratuita Verifica C-19. Inoltre, saranno fornite alle amministrazioni applicazioni e piattaforme volte a facilitare il controllo automatizzato, sul modello di quanto avvenuto per scuole e università.
Pare poi che, oltre all’app VerificaC19, saranno rese disponibili per i datori di lavoro anche privati specifiche funzionalità che consentono una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni.
L’opzione del campione significativo risolve il problema degli ingressi differenziati del personale dipendente, degli accompagnatori, dei fornitori e dei collaboratori nello studio dentistico, che non è una fabbrica con turni di lavoro cristallizzati. In assenza di campionatura, in molti studi, una risorsa dovrebbe essere destinata costantemente al controllo delle entrate in funzione dei Green Pass.
Per quanto riguarda le informazione di nostro interesse, il DPCM in questione chiarisce anche che:
Tali verifiche potranno avvenire attraverso l’integrazione del sistema di lettura e verifica del QR code del certificato verde nei sistemi di controllo agli accessi fisici, inclusi quelli di rilevazione delle presenze.
Questo significa che chi di noi gestisce gli accessi del personale mediante badge elettronico potrebbe integrare le apparecchiature con sistemi di rilevazione del green pass.
Il tema della privacy e quello del Green Pass si intrecciano in modo complicato per effetto di diverse normative che si sovrappongono e, soprattutto, per i diversi diritti che tutelano (tutti di importanza fondamentale). Semplificando al massimo è necessario che il controllo del Green Pass da parte del datore di lavoro sul proprio dipendente non leda il suo diritto alla riservatezza dei dati personali e sensibili.
Per questo motivo abbiamo affidato il commento di questo delicato passaggio ad un esperto legale, il dott. Francesco Curtarelli che, in esclusiva per Dentista Manager, ha realizzato la lezione nel video seguente.
All’interno del video viene anche trattata la questione degli accompagnatori dei pazienti per i quali il legislatore non ha previsto nessuna indicazione specifica. In questo senso pertanto pare opportuno rifarsi a fonti normative precedenti in ambito Covid oppure a quelle generiche.
In particolare, poichè la semplice esibizione del green pass non è lesiva del diritto alla riservatezza dei dati, pare opportuno e logico (per quelli che sono gli intenti della legge stessa) richiedere l’esibizione del Green Pass anche agli accompagnatori dei pazienti, posto che un rifiuto in questo seno (o l’esibizione di un documento non valido) ci consentirebbe di non ammettere l’eventuale accompagnatore fornendo comunque l’assistenza necessaria al paziente che richiede le cure.
Un caso particolare è quello del paziente minore o disabile, per il quale la presenza dell’accompagnatore all’interno dello studio potrebbe essere utile o necessaria o obbligatoria. In questi casi, nel silenzio della norma in esame, sembra ragionevole far prevalere l’interesse delle cure del paziente rispetto a quello della sicurezza sui luoghi di lavoro (e conseguentemente ammettere l’accompagnatore in deroga alla procedura precedente).
La Legge di conversione n. 165 del 19 novembre 2021, modifica e approva il Decreto Legge n. 127/2021, recante
Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening.
Vengono adottate alcune semplificazioni, che alla luce di alcune cervellotiche restrizioni precedente, appaiono quanto mai opportune. Di seguito indichiamo le principali di nostro interesse.
Il dovere di segnalare eventuali irregolarità del Green Pass incombe sempre sul datore di lavoro e/o sugli eventuali incaricati, secondo quanto descritto in precedenza.
In particolare nelle FAQ la Presidenza del Consiglio dei Ministri scrive:
Il lavoratore, pubblico o privato, è considerato assente ingiustificato, senza diritto allo stipendio, fino alla presentazione del green pass; nel caso di aziende con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta.
Il datore di lavoro deve poi effettuare una segnalazione alla Prefettura ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa.
Il controllo, tuttavia, può essere effettuato anche dagli enti esterni preposti: in particolare Asl e Ispettorato del Lavoro. Gli accertamenti possono essere condotti dal personale ispettivo dell’azienda sanitaria locale e – nella sfera di competenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – dell’Ispettorato nazionale del lavoro competente per territorio. Inoltre, possono verificare l’osservanza del 127/2021 le Forze di polizia, il personale di polizia municipale dotato della qualifica di agente di P.S. e, ove occorra, le Forze armate.
La segnalazione deve essere inviata al Prefetto e deve limitarsi ad una informativa su quanto è stato accertato.
Le sanzioni previste dal legislatore per i lavoratori sembrano avere un intento persuasivo piuttosto che punitivo.
I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso
al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
In altre parole: il datore di lavoro respinge dunque il lavoratore privo di Green Pass valido e ha facoltà (non obbligo) di non retribuirlo. Non è ammesso il licenziamento o l’interruzione, in generale, del rapporto di lavoro.
Per le realtà con meno di 15 dipendenti (condizione che riguarda la stragrande maggioranza degli studi dentistici) è prevista la sostituzione del lavoratore interdetto all’accesso nelle modalità di seguito descritte:
dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.
Posto che contratti temporanei di lavoro sono leciti e disponibili in qualsiasi momento, questo specifico passaggio appare davvero poco chiaro e ragionevole in un provvedimento che, per il resto, è puntuale.
In ogni caso il lavoratore sprovvisto di Green Pass valido è da considerarsi assente ingiustificato. Questo comporta la perdita della retribuzione per tutte le giornate in cui il lavoratore non sia in grado di esibirlo: gli effetti impattano anche sulla retribuzione indiretta e differita, compresa la maturazione del Tfr. Ciò determina anche la mancata copertura ai fini pensionistici nonché una serie di altre conseguenze: si pensi all’esclusione dei giorni di assenza dal perimetro di quelli utili ai fini delle detrazioni fiscali o del trattamento integrativo oppure al riproporzionamento dell’eventuale spettanza di permessi ex legge 104/1992 così come dell’assegno nucleo familiare.
Il dentista che non ottemperi alle disposizioni sul Green Pass dei lavoratori, può incorrere in sanzioni diverse a seconda delle varie circostanze. Rifacendoci al testo del DECRETO-LEGGE 25 marzo 2020, n. 19 ricordiamo le seguenti ipotesi di ordine civilistico e penale:
Oltre a ciò è bene ricordare che in capo al datore di lavoro in quanto dentista ricado anche altri obblighi, tra i quali, per la gravità delle conseguenze che comporta, vale la pena ricordare anche l’obbligo vaccinale che costituisce requisito essenziale per lo svolgimento della professione.
Il quadro sembra invece molto più morbido dopo la pubblicazione delle FAQ sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri dove si afferma che:
Il datore di lavoro che non controlla il rispetto delle regole sul green pass rischia una sanzione amministrativa che va da 400 a 1.000 euro.
E’ del tutto evidente che ogni titolare di studio dentistico (se dentista, regolarmente vaccinato) dovrà provvedere entro il termine del 15 ottobre 2021 e almeno fino al 31 dicembre 2021 ai seguenti provvedimenti di natura organizzativa:
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