Le società ricorrenti contro il contributo dello 0,5% sul fatturato delle società odontoiatriche sono arrivate alla sentenza di secondo grado. Il giudice della corte d’Appello respinge il ricorso con la motivazione che i ricorrenti non hanno alcun motivo di doglianza, posto che l’Ente non ha chiesto il pagamento del contributo. Prima ancora di entrare nel merito, dunque, la partita sembra già chiudersi. Alla luce di questa disposizione è molto probabile che le società decidano di non pagare, in attesa che tale richiesta di pagamento venga formalizzata ufficialmente.
Difetta un interesse ad agire, attuale e concreto non avendo presentato l’Enpam alcuna effettiva richiesta di pagamento, tantomeno di sanzioni, non risultando neppure individuato il regime sanzionatorio applicabile alla fattispecie. Invero, la lettera di risposta alla diffida inviata dall’Enpam non contiene alcuna pretesa contributiva, limitandosi ad illustrare la disciplina normativa ed il generico termine di legge per la comunicazione del fatturato imponibile (relativo alle sole prestazioni odontoiatriche) e per il pagamento del contributo, fissato al “30 settembre di ogni anno”. Neppure viene individuato il regime sanzionatorio applicabile in caso di ritardo od omissione, richiamando genericamente la risposta in esame il regime di cui all’art. 116, commi 8 e ss. della legge 388/2000, senza nulla specificare sull’applicabilità della lett. a) o b) della suddetta norma. Nessun accertamento risulta essere stato effettuato dall’Enpam sull’esistenza di un imponibile contributivo e sulla conseguente irregolarità della società odierna appellante. L’invio di generici chiarimenti a riscontro di una diffida della società non è idoneo a fondare la sussistenza di un interesse ad agire attuale e concreto al momento del deposito degli originari ricorsi introduttivi, né può ritenersi che tale interesse possa insorgere in corso di causa in relazione alle concrete vicende processuali. Appaiono dunque pienamente condivisibili le argomentazioni del giudice di prime cure secondo cui, in carenza di alcuna concreta richiesta di pagamento da parte dell’Enpam, non è ravvisabile alcun interesse ad agire. Tale carenza di interesse deve essere rilevata anche in relazione alle questioni di legittimità costituzionale prospettate in via principale. Invero, in assenza di una richiesta di pagamento, la società appellante non ha alcun concreto ed effettivo interesse all’accertamento della incostituzionalità dell’art. 1 comma 442, L. 205/2017, non essendo mai stato adottato alcun atto impositivo da parte dall’ente previdenziale. Peraltro, è incontroverso che nessun atto applicativo dell’art. 1, comma 442, l. 205/2017 è stato inviato dall’Enpam alla società appellante, né la stessa è stata mai individuata quale obbligata al versamento del contributo in esame.
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