Capita raramente che in questo blog si commenti norme non ancora approvate ed è alquanto strano che si debba fare eccezione per la seconda volta a questa regola con due pillole pubblicate consecutivamente. Si tratta, anche in questo caso, di una norma molto importante che l’intero settore aspetta e che in realtà non interessa tanto e soltanto l’ambiente odontoiatrico quanto l’intero comparto professionale, nelle sue diverse estrinsecazioni.
In particolare, interessa il mondo della professione protetta che per la gran parte non può utilizzare forme societarie diverse dalla stp per l’esercizio della attività e che per questo motivo risente di innumerevoli svantaggi in termini di trattamento fiscale rispetto al comparto delle imprese.
Questo gap in termini di competitività fiscale tra professione e impresa è particolarmente avvertito nei processi di riorganizzazione e passaggio generazionale.
Dopo anni di proposte di legge non andate a buon fine, nell’agosto del 2023 il Legislatore ha inteso riformare la materia con la Legge n. 111 del 9 agosto 2023 (c.d. Delega al Governo per la riforma fiscale) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 14 agosto 2023 ed entrata in vigore il 29 agosto 2023 (il Governo aveva 24 mesi di tempo, dall’entrata in vigore della legge, per l’approvazione dei vari decreti attuativi).
In questa Legge quadro era contenuta anche una norma che prevede “la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti” (evidenziazioni nostre).
Con Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri n. 79 del 30 aprile 2024, il Governo informava di aver emanato un Decreto Legislativo attuativo della Legge Delega, il quale introduce il principio di neutralità fiscale con riferimento a “operazioni straordinarie concernenti i conferimenti, trasformazioni, fusioni e scissioni relativi a società tra professionisti; apporti in associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società semplici; apporti delle posizioni partecipative nelle associazioni professionali o società semplici in altre associazioni o società costituite per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società tra professionisti.”
Attenzione al passaggio implicito operato dal Governo nel momento in cui traduce in norme operative il precetto della Legge Delega originaria.
Il principio di neutralità fiscale, infatti, passa da essere considerato come il principio cardine per qualunque professionista, a prescindere dalla forma iniziale e finale di esercizio della sua attività, ad una opzione valida solo nel rispetto di alcune condizioni che all’atto pratico possiamo sintetizzare come nell’elenco seguente:
-
il professionista parte da studio monocratico o associato e lo fa confluire in una società tra professionisti;
-
il professionista parte da uno studio associato e lo trasforma in una società per l’esercizio della propria attività diversa dalle società tra professionisti.
Chi resterebbe fuori ?
Ovviamente il professionista che opera con uno studio monocratico ed intende costituire una società per l’esercizio della propria attività diversa dalla società tra professionisti: ad esempio, una srl odontoiatrica.
Ora, chi ci segue da tempo sa bene che il fatto di non poter utilizzare la neutralità fiscale nei passaggi da studio mono (o associato) a srl odontoiatrica è un falso problema nella gran parte dei casi. Il reddito del professionista, generato dalla componente tipica degli immateriali (id est il valore del pacchetto pazienti, per intenderci), per la gran parte è costituito dalla remunerazione implicita dei compensi del titolare. Poichè quest’ultima confluisce naturalmente nel reddito professionale, tutto quello che va fatto, in sede di redazione della perizia preliminare alla cessione o al conferimento, è di effettuare una normalizzazione di quel reddito per la parte relativa ai compensi del titolare. Questa operazione ridurrà in misura più o meno significativa la base di calcolo dell’imposta fino a rendere il relativo esborso, dovuto per imposte sul reddito, meno rilevante.
Tuttavia, ciò nulla toglie al fatto che il decreto limita il campo di applicazione della Legge Delega in misura maggiore di quanto lasciava suggerire quest’ultima. La legge Delega, infatti, prevedeva la “neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti”. L’esclusione delle srl come società di arrivo quando la struttura di partenza è uno studio monocratico non appare minimamente appartenere alla sua ratio.
Tuttavia la questione è più complessa e ci conviene esaminarla nella sua interezza prima di suggerire quali orizzonti di operatività potrebbero generarsi se questo decreto fosse approvato così come è al momento.
Da qualche settimana, infatti, circola sul web una bozza del Decreto che al momento è all’esame del Parlamento e che contiene delle inaspettate sorprese nell’ambito del regime dei redditi di lavoro autonomo.
E in particolare l’introduzione del nuovo articolo 54-sexies del Tuir (in merito alle Spese relative a beni ed elementi immateriali). Il quale prevede che “le quote di ammortamento del costo di acquisizione della clientela e di elementi immateriali relativi alla denominazione o ad altri elementi distintivi dell’attività artistica o professionale sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del costo.”.
Ad oggi, cosa prevede l’attuale disciplina fiscale sulla deducibilità del costo di acquisizione della clientela di uno studio professionale? Come è noto, è stata la c.d. Legge Bersani-Visco a introdurre il comma 1, quater all’articolo 54 del TUIR. Tale norma ha fatto rientrare tra i redditi di natura professionale anche i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela professionale. In questo sistema, quando il professionista cede lo studio dichiara quanto percepito per la cessione della clientela come reddito da lavoro autonomo (criterio di cassa), mentre il professionista acquirente può dedursi il costo sostenuto per l’acquisizione, equiparato a una prestazione professionale (criterio di cassa), per intero, in uno o più anni a seconda della tempistica dell’incasso. Se quindi paga cinque rate annuali da 50.000 € per un corrispettivo totale di cessione di 250.000 €, potrà dedurre ogni anno 50.000€ dal proprio reddito professionale.
Se dovesse passare il decreto nella attuale formulazione, il professionista acquirente potrebbe dedurre invece solo un diciottesimo del costo sostenuto per ciascun anno di imposta, vedendosi costretto a portare il costo in ammortamento per diciotto anni, a prescindere dalla tempistica con cui paga tale corrispettivo.
A completare il quadro assai poco roseo di cui sopra interviene la precisazione relativa al regime temporale di applicazione delle nuove misure. L’applicazione è prevista a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto attuativo. E allora, come andranno gestite le operazioni avvenute antecedentemente all’entrata in vigore? Avranno valore retroattivo e quindi saranno valide anche per le operazioni già definite?
Prima di proseguire, ci conviene fermarci e fare il punto evitando di inseguire improbabili fantasmi.
Se il decreto fosse pubblicato così com’è, quali sarebbero i professionisti penalizzati ?
Unicamente coloro che si limitano a vendere studi ad altri professionisti oppure coloro che si uniscono tra professionisti per il tramite di uno studio associato.
Non certo coloro che cedono i propri beni materiali e immateriali, relativi alla propria attività, tramite studio mono o associato, ad una società tra professionisti.
In quest’ultimo caso, infatti, colei che paga gli immateriali è una società che rientra nel regime dei redditi di impresa. Quest’ultima deduce il costo secondo regole ben diverse da quelle imposte ai professionisti dall’art. 54 TUIR (eventualmente) novellato dal decreto in discussione.
Lo stesso discorso varrebbe (in parte) se la società di arrivo fosse una srl odontoiatrica.
Non potremmo infatti in questo caso evitare il pagamento delle imposte sulla cessione e conferimento alla società sul professionista cedente, ma di sicuro la società acquirente si ritroverebbe nella stessa situazione della stp, applicando i principi del reddito di impresa.
E allora se i salvati li abbiamo già trovati, chi saranno i sommersi ?
E’ presto detto e sono certo che la cosa non stupirà molti dei dentisti che leggono queste righe: i sommersi saranno i professionisti che si ostinano ad utilizzare lo studio come forma di esercizio ideale persino quando non si limitano a gestire una piccola attività odontoiatrica ma quando si preparano a riorganizzare o a vendere il proprio studio ai propri colleghi.
In buona sostanza, se questo Decreto passerà nell’attuale formulazione, avremo l’ennesima dimostrazione di un trend in atto chiaro e netto e in merito al quale anche il Legislatore mostra di avere le idee molto chiare: chi vuole riorganizzare lo studio per renderlo più efficiente e resiliente anche sotto il profilo fiscale; chi tende ad unire le forze con altri colleghi, così come chi vuole effettuare un passaggio generazionale del proprio studio ai propri eredi o ad altri colleghi non può guardare ad altre soluzioni che a quelle societarie.