La Cassazione è tornata ancora una volta a ribadire che i criteri restrittivi cui è subordinata l’applicabilità della cedolare secca ai canoni di locazione riguardano unicamente il locatore e la tipologia di immobile e non possono essere inventati ad arte dall’Agenzia delle Entrate al solo scopo di negare un diritto che la legge ha concesso a precise condizioni
La Cassazione è tornata ancora una volta a ribadire che i criteri restrittivi cui è subordinata l'applicabilità della cedolare secca ai canoni di locazione riguardano unicamente il locatore e la tipologia di immobile e non possono essere inventati ad arte dall'Agenzia delle Entrate al solo scopo di negare un diritto che la legge ha concesso a precise condizioni
La Corte di Cassazione ha finalmente detto una parola chiara su una delle querelle più annose – e paradossali – della fiscalità immobiliare italiana: è possibile applicare la cedolare secca anche se il conduttore è un’impresa o un ente, purché l’immobile sia abitativo e il locatore sia una persona fisica privata. E lo ha fatto con la sentenza n. 12076/2025) che suona come una lezione di diritto al Fisco, oltre che un invito a lasciar perdere l’interpretazione creativa delle norme.
Tutto nasce da un avviso di accertamento emesso nel 2016 a carico di un contribuente romano, reo – secondo l’Agenzia delle Entrate – di aver applicato la cedolare secca a un contratto di locazione abitativa stipulato con una fondazione che esercitava attività editoriale.
L’Agenzia ha sostenuto che la qualifica imprenditoriale del conduttore rendesse inapplicabile il regime della cedolare. Il contribuente ha impugnato l’accertamento, vincendo in primo e secondo grado. L’Agenzia non si è arresa, ed è salita in Cassazione. Ma ha perso ancora.
La Suprema Corte ha ribadito un concetto semplice, chiaro, lineare:
“La cedolare secca può essere applicata anche quando il conduttore conclude il contratto nell’esercizio della sua attività imprenditoriale o professionale. Ciò che conta è che il locatore sia una persona fisica privata, e che l’immobile sia abitativo e usato a fini abitativi.”
In altre parole, l’attività del conduttore non rileva. Quello che rileva è:
La natura del locatore: deve essere una persona fisica, che non agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione;
La destinazione dell’immobile: deve essere un’unità immobiliare abitativa, utilizzata effettivamente per scopi abitativi (anche se da dipendenti o collaboratori del conduttore).
Fine del dibattito. O quasi.
La sentenza in commento si aggiunge a una linea giurisprudenziale ormai consolidata (si vedano anche Cass. n. 12395/2024 e Cass. n. 12079/2025), che demolisce la tesi dell’Agenzia secondo cui l’opzione per la cedolare andrebbe esclusa ogni volta che il conduttore “fa impresa”.
Non solo: diverse CGT regionali (Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna) hanno confermato nel 2024 che la cedolare secca è compatibile con contratti conclusi da soggetti imprenditoriali, a condizione che l’uso dell’immobile sia residenziale e non commerciale.
Secondo il Fisco, il comma 6-bis dell’art. 3 del D.Lgs. 23/2011 – quello che limita la cedolare secca per immobili locati a enti non profit o cooperative, a condizione che siano sublocati a studenti o destinati ai Comuni – proverebbe che il legislatore voleva escludere gli “enti” dalla cedolare. Ma la Corte smentisce anche questo:
Quel comma non esclude affatto l’applicabilità del regime ai contratti con soggetti giuridici. Anzi, disciplina un caso speciale in cui la cedolare è ammessa persino se il contratto madre non è nemmeno abitativo, a patto che la sublocazione finale lo sia.
Continua imperterrita a sostenere la propria tesi, persino nel question time alla Camera del 26 marzo 2025, affermando che la sentenza 12395/2024 è “isolata”. Ma con la pronuncia 12076/2025 (e la gemella 12079/2025), l’isolamento comincia a diventare piuttosto affollato.
È tempo di aggiornare le circolari, o almeno di smettere di emettere avvisi fondati su argomentazioni smentite dalla giurisprudenza.
Chi possiede un immobile abitativo e lo loca come privato a un’impresa, a un ente o a un professionista, ha pieno diritto di optare per la cedolare secca, purché l’immobile sia effettivamente utilizzato a fini abitativi.
Questa interpretazione fa bene al diritto, alla logica e anche alla fiscalità, perché elimina un’ambiguità interpretativa che ha prodotto più contenziosi che gettito.
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