Si tratta della domanda delle cento pistole, alla quale ci siamo mostrati sempre riottosi nel rispondere in maniera netta. Non si tratta di timore di esporci […]
Si tratta della domanda delle cento pistole, alla quale ci siamo mostrati sempre riottosi nel rispondere in maniera netta.
Non si tratta di timore di esporci ma di semplice serietà e coscienza professionale.
Le variabili in gioco sono davvero tante e persino noi, che abbiamo a che fare con queste valutazioni tutti i giorni, ci poniamo spesso delle domande complicate, per rispondere alle quali occorre esperienza, oltre che profonde conoscenze delle molte questioni in gioco.
A complicare il quadro già complesso di suo ci si mette anche il fatto che le variabili di cui sopra sono di genere sicuramente quantitativo ma anche qualitativo.
Pesa in particolare nella scelta la valutazione delle caratteristiche del professionista o dei professionisti coinvolti: il suo/loro tratto caratteriale, la voglia di mettersi in gioco, la presenza di eredi dentisti, la sua/loro disponibilità ad imparare modi nuovi di gestire se non tutto lo studio almeno il suo aspetto contabile.
Quasi non bastasse, ci si mette anche il profilo normativo.
La Srl di gestione dell’ambulatorio non è ammessa in tutte le Regioni d’Italia e in altre subisce la concorrenza della Stp, laddove viene permesso di trattarla sotto il profilo autorizzativo come uno studio e non come un ambulatorio.
Appare chiaro che il giudizio sulla fattibilità e convenienza della trasformazione in Srl o in Srl-Stp viene fortemente condizionato da queste variabili di contesto territoriale. E neanche mancano le complicazioni dettate dalla normativa catastale e soprattutto urbanistica (anche quest’ultima sottoposta ai vincoli e alle regole della normativa regionale e comunale), che varia da Regione a Regione e spesso da Comune a Comune. La costituzione di un ambulatorio comporta sempre la necessità di utilizzare un immobile a destinazione urbanistica e catastale non abitativa, mentre in alcune regioni d’Italia lo studio può essere allocato anche in un immobile abitativo. In alcuni casi si può risolvere il problema optando per la soluzione Srl-Stp, ma questo non è sempre permesso in altre regioni, perchè queste continuano a trattare anche la Stp come un ambulatorio sotto il profilo autorizzativo e quindi si ripresentano gli stessi problemi della Srl ordinaria.
C’è poi il problema dei requisiti minimi – normalmente più stringenti per l’ambulatorio rispetto allo studio – e delle barriere architettoniche. In sintesi, esistono casi in cui lo studio non può essere trasformato in ambulatorio e persino in Srl-Stp senza prima cambiare locale, operazione non proprio alla portata di tutti i professionisti. Per poter fornire risposte a queste domande occorre conoscere la normativa catastale, urbanistica e sulle autorizzazioni sanitarie di tutte le regioni d’Italia come la conosciamo noi, cosa che francamente sono in pochissimi a poter vantare (nei fatti e non a chiacchere, ovviamente).
Procediamo per esclusione, diciamo subito: la Srl non è per tutti e non tutti sono per la Srl.
Stesso discorso, sia ben chiaro, vale anche per la Srl-Stp (delle altre forme societarie con le quali può pure costituirsi la Stp non voglio neanche parlare: sulle società di persone si è già detto e su quelle di capitale non ci vuole un esperto per capire che sia la spa che la sapa poco si adattano ai volumi limitati che normalmente vengono gestiti da microimprese come quelle che a noi interessano).
Ciò è vero sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo.
Uno studio medio-piccolo con bassi volumi e imponibili stabilmente intorno ai 50-60 mila euro, che appartiene a professionisti prossimi o non troppo lontani dalla pensione, senza eredi che siano a loro volta odontoiatri, sotto il profilo quantitativo, non ha le spalle abbastanza larghe per trovare convenienza in una eventuale trasformazione in società.
Anzitutto perché il suo titolare consuma verosimilmente tutto il reddito prodotto, al netto delle imposte, per sostenere il proprio tenore di vita; non può contare nemmeno sul risparmio in termini di imposte legato al passaggio ad Srl, per la semplice ragione che se anche quel risparmio esiste, su questi livelli di reddito, viene con molta probabilità interamente assorbito dalle maggiori spese ordinarie che una srl o una srl-stp comporta inevitabilmente. Il passaggio non liberebbe quindi reddito disponibile aggiuntivo al netto delle imposte dopo la trasformazione e l’operazione si tradurrebbe in una inutile complicazione della sua attività lavorativa.
Inoltre passare a Srl comporta uno sforzo da parte del titolare che non si esaurisce nella trasformazione di veste giuridica, ma comporta anche l’acquisizione di conoscenze e prassi operative che non tutti sono disposti ad affrontare.
Infine, perché un elemento indispensabile legato al passaggio è la creazione di un team di collaboratori coordinati dal titolare, anche per favorire il passaggio dello studio a loro nel momento in cui il titolare vorrà cederlo. La veste giuridica è solo uno degli ingredienti necessari per il passaggio generazionale dello studio a professionisti esterni ed interni al nucleo familiare del professionista, un passaggio certamente importante perché la nuova veste giuridica permetterà al titolare di pagare imposte sulla cessione molto più contenute rispetto a quelle che avrebbe dovuto pagare in veste professionale, ma non sufficiente. Poi va aggiunto tutto il resto. Se si vuole cedere l’attività, si deve cominciare a lavorare anni prima, allargando la squadra e favorendo il naturale passaggio della pazientela ai componenti della stessa.
Ancora una volta, una prassi operativa ben lontana dall’essere desiderabile e perseguibile per tutti gli odontoiatri.
C’è ancora una esclusione da citare: quella di quei titolari che, a prescindere dal livello del fatturato e dei redditi della propria attività, conservano l’abitudine di consumare tutto il reddito o addirittura più del reddito che sono in grado di produrre. Appare evidente che in casi come questi non serve una Srl per risolvere il problema, ma un miracolo.
La Srl è utile a destinare parte del reddito non consumato all’utile della società stessa, in modo da sottrarlo all’imposizione marginale IRPEF. Se questo reddito non c’è perché la parte da destinare al proprio tenore di vita non basta mai o perché è oggettivamente basso, come anche perché il suo produttore conserva la cattiva abitudine di vivere al di sopra dei propri mezzi, il passaggio a Srl costituisce, ancora una volta, una inutile complicazione gestionale.
Ora andiamo ad indagare i casi invece in cui la stessa appare come soluzione praticamente obbligata.
Dobbiamo subito introdurre una visuale di tipo non tanto statico ma dinamico: chi intende rimanere attivo nel settore per i prossimi decenni, non può pensare di farlo con una veste giuridica che lo penalizza a livello fiscale, successorio e patrimoniale, mentre una gran parte dei suoi colleghi adotta la veste giuridica alternativa e più performante. Il solco competitivo che inevitabilmente si creerebbe, perdurando nel peccato originale, è solo uno e neanche il principale motivo che ne metterebbe fortemente a rischio la sopravvivenza. Con o senza concorrenti, il regime fiscale e patrimoniale del professionista nel presente e nell’immediato e remoto futuro è talmente sfavorevole da decretare l’estinzione praticamente assicurata per tutti quei dentisti che producono redditi annui pari o superiori ai 100 mila euro.
Chiaro che esistono anche differenze territoriali che vanno considerate per mediare quest’ultimo giudizio. Il Centro Nord é cosa diversa dal Sud, persino nel Sud abbiamo realtà differenti (la Puglia vs la Calabria, ad es.); chi vive in contesti urbani è sottoposto normalmente a ben diverse pressioni competitive e persino fiscali, non foss’altro per le sempreverdi attitudini verso i colori scuri. Potranno quindi esserci diverse velocità nel percorrere la strada che abbiamo indicato. E tuttavia una cosa è certa: chi prima, chi dopo dovrà percorrere una strada già segnata.
La soglia dei cento mila indicata è poi puramente indicativa, perché alcune variabili potrebbero suggerire che la soglia di convenienza possa spostarsi persino in basso (sia pur lievemente) come in alto a seconda della peculiare situazione che andiamo ad esaminare.
La prima variabile è quella rappresentata dai costi indeducibili per il professionista, tra i quali i più importanti sono sicuramente: quelli dell’immobile strumentale in proprietà (quando acquistato dopo il 2010 in forme diverse dal leasing immobiliare), quelli legati alla sua ristrutturazione (nel caso in cui l’acquisto sia fresco o ancora da effettuare) e quelli legati al sostenimento delle imposte indirette (IVA o imposta di registro ) e oneri connessi (spese notarili) che vanno pagati sia nel primo caso che nel secondo e lo stipendio del coniuge che opera nella struttura.
Nei casi in cui queste variabili siano presenti, si potrebbe configurare una convenienza nel passaggio a Srl persino su soglie reddituali più basse di quella indicata. Si ponga attenzione al fatto che la ristrutturazione di un immobile grezzo o destinato originariamente ad uso abitativo al fine di trasformarlo in struttura sanitaria non costa meno di 800 euro al metro quadro. Quando si acquisiscono in proprietà strutture con superficie almeno pari a 140 mq, le spese da affrontare per l’acquisto e la ristrutturazione possono ammontare a diverse centinaia di migliaia di euro. È impensabile sostenere queste spese senza poterle dedurre, esattamente la situazione che caratterizza l’esercizio professionale; è questo è tanto più vero quanto più si ricorra ai debiti per finanziare l’operazione in tutto o in parte. Il passaggio a Srl o a Srl-Stp permette di conseguire proprio questo obiettivo, tra le altre cose, sia pur in un tempo lungo pari a 33 anni.
Considerazioni analoghe valgono per l’allestimento, cioè per la dotazione di strumenti e mobilia utili alla realizzazione dell’attività (che comportano difficilmente spese inferiori ai 100 mila euro). Se le stesse spese restano deducibili per il professionista, nella Srl o nella Srl-Stp il loro sostenimento viene beneficiato da crediti di imposta aggiuntivi, che cambiano negli anni, ma con una costante di fondo che viene sempre confermata: le imprese godono di benefici fiscali (oltre che di contributi a fondo perduto e altri benefici vari) che sono sempre più favorevoli di quelli riservati al professionista.
Sempre in una chiave squisitamente dinamica, esistono situazioni che possono convincerci a consigliare il passaggio persino in assenza del raggiungimento della soglia già indicata: e sono in particolare quelle situazioni in cui giovani o meno giovani professionisti presentano una dinamica di crescita di fatturato, produzione e reddito con un continuo ricorso a nuovi acquisti per beni strumentali, che lasciano facilmente presagire un raggiungimento molto veloce della soglia stessa nei prossimi anni.
Come anche tutte quelle situazioni in cui si impongono urgenti esigenze di raggiungere obiettivi diversi dal semplice contenimento della variabile fiscale e in particolare di quella ordinaria (tutela patrimoniale, pianificazione successoria, prossima vendita dello studio), esigenze più avvertite da quei titolari che non hanno nella propria compagine familiare altri dentisti. Per costoro la scelta della srl e non della Srl-Stp appare come via obbligata (sempre che sia percorribile nella propria regione, ovviamente).
Quando il professionista si trova nell’intorno della soglia indicata, si pongono poi altre questioni pratiche che possono o meno spingerci a consigliare il passaggio. Sono quelle legate alla cosiddetta sindrome del Marchese del Grillo. Chi vuole optare per la soluzione dell’unipersonale e non vuole neanche inserire altri amministratori oltre lui può essere la persona meno indicata per realizzare la trasformazione.
In casi come questi, la possibilità di trarre dalle Srl tutte le potenzialità di ottimizzazione fiscale che altrimenti comporta sono fortemente limitate, al punto da suggerire l’innalzamento della soglia minima oltre la quale scatta la convenienza per la trasformazione.
Non si parli poi di quei professionisti che si trovano nel ben mezzo di una contesa legale con il coniuge nell’ambito di una procedura divorzile, con richieste di assegni per alimenti e mantenimento dei figli. Inutile ricordare che questi sono i momenti meno indicati per smuovere le acque con una trasformazione in società.
Se invece tutte queste criticità sono assenti nel caso specifico, la costruzione di una Srl con compagine familiare allargata o quantomeno con un consiglio di amministrazione allargato alla compagine stessa, promette molto bene. Principalmente perché permette di splittare lo stesso reddito che era in capo al solo professionista su più teste e in alcuni casi con benefici a cascata che si aggiungono a quelli standard: si pensi al caso di figli maggiorenni e non occupati che stanno sostenendo gli studi universitari in Italia o all’estero o che sono comunque a carico del genitore professionista.
Sviluppi ancor più interessanti riguardano quei casi – pochissimi nella nostra esperienza – in cui più professionisti decidono di fondere le rispettive attività in un’unica realtà e di farlo per il tramite di una società e non di una associazione professionale (sia essa una Srl come anche una Srl-Stp).
Costoro potrebbero benissimo coinvolgere nell’attività anche le proprie compagini familiari, costituendo una compagine e eventualmente anche un consiglio di amministrazione la cui valenza, sotto il profilo contributivo e tributario, potrebbe davvero essere dilatata in misura molto ampia rispetto al caso di una società a compagine societaria mono-familiare. In particolare, sotto il profilo del welfare per gli amministratori, della concessione in uso promiscuo dell’auto a ciascuno di essi, facendola acquistare dalla società stessa, del TFM e dei rimborsi per trasferte. Nessuna compagine mono-professionale e/o comunque mono-familiare potrebbe permettere di trarre da queste voci di estrazione del reddito dalla srl un vantaggio fiscale e contributivo paragonabile.
Si è cercato in questa lunga e non facile pillola di spiegare la complessità di una scelta, menzionando le principali variabili e determinanti che possono spingere o meno in suo favore.
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