Le regole del welfare 2022 impattano anche sul regime fiscale della concessione in uso promiscuo delle auto aziendali ai dipendenti e agli amministratori delle srl odontoiatriche. In questo articolo verrà esaminata la questione con il giusto grado di dettaglio, illustrando i motivi per i quali è opportuno valutare la questione con una certa urgenza, vista la prossima scadenza per la fruizione di queste inedite opportunità
Nei precedenti articoli dedicati all’argomento welfare abbiamo passato in rassegna le misure agevolative in generale e abbiamo anche fatto un rapido cenno alla questione auto aziendale e alle ripercussioni della normativa speciale per il 2022 relativa all’art. 51 comma 3 TUIR (beni e servizi di modico valore).
Poiché sul tema esiste ancora una certa confusione, ci torno con l’intento di spiegarlo meglio.
Partiamo intanto da una premessa relativa agli amministratori e in particolare alla natura dei redditi da loro conseguiti in tale qualità.
Guardiamo anzitutto al dettato legislativo.
L’art. 50 del TUIR stabilisce che
“sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente…c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente di cui all’articolo 46, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente”.
La regola dettata dalla Legge è abbastanza chiara: i redditi degli amministratori sono assimilati a quelli di lavoro dipendente e solo in particolari casi sono redditi di lavoro autonomo.
L’Agenzia delle Entrate ha dapprima escluso i medici e gli odontoiatri amministratori di società sanitarie dal novero delle eccezioni. Successivamente, ha cambiato impostazione, forzando il senso della norma e arrivando a pretendere che i medici possano essere considerati sempre quali amministratori professionisti che quindi conseguono redditi di lavoro autonomo. Inutile aggiungere che tale interpretazione risulta funzionale ad un trattamento fiscale meno favorevole di quei redditi.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, al fine di stabilire se sussista o meno una connessione tra l’attività di collaborazione e quella di lavoro autonomo esercitata, occorre valutare se, per lo svolgimento dell’attività di collaborazione, “siano necessarie conoscenze tecnico giuridiche direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente. In tale ipotesi i compensi percepiti per lo svolgimento di tale attività saranno assoggettati alle regole previste per i redditi di lavoro autonomo“.
Se poi l’ordinamento professionale ricomprende espressamente l’amministrazione e la gestione di aziende, i compensi percepiti sono redditi di lavoro autonomo (Circolare n. 105/E/2001).
Analoga conclusione – sempre secondo l’AdE – vale nel caso in cui il professionista svolga l’incarico di amministratore di una società che esercita un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale (ad esempio, ingegnere edile amministratore di una società di ingegneria). Nel caso di compensi reversibili (compensi versati direttamente alla società), il compenso di amministratore non rileva in capo al dipendente in quanto lo stesso non ne ha la disponibilità.
In una prospettiva più generale ed eminentemente pragmatica, in qualche caso l’AdE prende per buone le sentenze che smentiscono i suoi criteri interpretativi – in particolare quelle della Cassazione – e in altre non lo fa. Più spesso fa orecchie da mercante e in qualche caso cassa i comportamenti di singoli contribuenti in singoli casi ma non in tutti. E infatti l’Italia è piena di amministratori medici che si comportano come se i loro redditi fossero assimilati a quelli di lavoro dipendente e non accade propria nulla.
A questo punto vi starete chiedendo: a chi dare retta?
Fate come ritenete più giusto in base alle vostre preferenze. E’ chiaro che se siete persone ansiose e poco belligeranti potete benissimo sposare la tesi meno favorevole. Ma se siete disposti ad andare fino in fondo e non avete paura di una sia pur piccola probabilità di affrontare il contenzioso, i precedenti giurisprudenziali possono aiutarvi a capire che l’AdE in giudizio potrà avere ben poche possibilità di spuntarla. Per un motivo molto semplice: l’AdE non è un interlocutore terzo ma è parte in causa. La funzione di riequilibrare le sue interpretazioni di parte – quale quella in discorso che appare un esempio eclatante – sono assegnate ad un organismo terzo che sono i Giudici Tributari.
Sono loro e solo loro a poterci dire come deve essere interpretata la Legge. Le determinazioni dell’AdE sono valide solo in prima approssimazione e divengono definitive solo dopo il vaglio giurisprudenziale. E di fatto tale vaglio manca in giudizio molto più spesso di quanto si creda. Ed è mancato in particolare in questo caso.
Detto ciò e dando per scontata la validità dell’interpretazione giurisprudenziale che i redditi dell’amministratore medico di una società sanitaria debbano rientrare tra quelli assimilati al lavoro dipendente, appare chiaro che, se l’amministratore percepisce compensi ordinari, lo stesso matura il diritto al welfare.
Nella gran parte dei casi, almeno per tutti quei benefits che possono essere assegnati ad personam.
Tra questi rientrano certamente le somministrazioni di pasti e l’auto aziendale ad uso promiscuo (sul punto anche l’AdE concorda).
In altri termini, l’assegnazione alla generalità o a categorie potrà essere semmai considerata come fattibile in quelle srl che vedono partecipare più dentisti e i loro nuclei familiari. Casi abbastanza rari, in verità.
E qui veniamo al punto.
Abbiamo detto in altro articolo dedicato al tema che almeno per il 2022 il limite per beni e servizi di modico valore è stato elevato a 3000 euro e che in tale limite non rientrano buoni pasto e somministrazioni di pasti ma entra sicuramente l’auto aziendale ad uso promiscuo, concessa in uso all’amministratore e al dipendente.
In entrambi i casi, per il beneficiario si crea un compenso in natura calcolato sulla base dei costi chilometrici indicati nelle tabelle ACI e differenziate per tipologia di vettura. Per stabilire quale sia nel dettaglio la disciplina applicabile è dirimente la data di immatricolazione e torneremo sul tema a breve.
Quello che in questa sede è più importante segnalare è che il fringe benefit che ne deriva comporta l’emersione di reddito imponibile in capo al percettore se e solo se quel reddito è superiore al limite di euro 3000 e non più di quello di 258,23 €, almeno per il 2022.
Ovviamente, ciò sarà vero se e solo se quel limite non è stato nel frattempo, parzialmente o totalmente, intaccato da altri benefits concessi allo stesso percettore.
Vediamo di capire i vari casi possibili e poi traiamo le opportune conclusioni.
Per le auto, motocicli e ciclomotori assegnati al dipendente o assimilato ad uso promiscuo entro il 30 giugno 2020 e immatricolate prima della stessa data, il fringe benefit in capo al dipendente – o all’assimilato – viene determinato sulla base di una percentuale del 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km, calcolato in base al costo chilometrico di esercizio indicato nelle tabelle ACI pubblicate in Gazzetta Ufficiale, rinvenibili al seguente link https://www.aci.it/ Fringe benefit https://www.aci.it/ .
Per le auto, motocicli e ciclomotori assegnati a partire dal 1 luglio 2020, il trattamento fiscale è diverso a seconda se:
1) Siano state immatricolati entro il 30 giugno 2020;
2) Siano state immatricolati a partire dal 1 luglio 2020.
Nel primo caso, il fringe benefit imponibile in capo al dipendente – o all’assimilato – deve essere determinato in relazione al livello di emissioni di CO2 del veicolo, come previsto dal novellato articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR, ossia tenendo conto delle seguenti percentuali:
Le percentuali indicate vanno applicate al costo chilometrico convenzionale di 15.000 km, calcolato in base alle tabelle ACI relative al veicolo assegnato.
Nel caso 2), per l’Ade si applicano i principi generali sulla determinazione del reddito di lavoro anche se tale determinazione non potrà avvenire in base al “valore normale” per l’intero ma per la sola parte riferibile all’uso privato, scorporando quindi dal suo valore normale l’utilizzo nell’interesse del datore di lavoro (Risoluzione AdE n. 46/2020).
Due vetture con costo chilometrico identico o simile potranno avere una tassazione in capo al fruitore molto differente a seconda del valore di emissione di CO2. In realtà, con i motori di nuova generazione, la maggior parte delle auto nuove già rientra nella fascia con emissioni inferiori ai 160 g/Km.
Si ricorda le regole di deducibilità in capo all’impresa.
In caso di assegnazione al dipendente, l’impresa potrà dedurre il 70% dei relativi costi a condizione che la concessione in uso avvenga per la maggior parte del periodo di imposta (e cioè almeno per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo di imposta del datore di lavoro). Occorre predisporre tuttavia idonea documentazione che ne attesti con certezza l’utilizzo (ad esempio con clausola specifica nel contratto di lavoro dipendente o altra documentazione allegata).
In caso di assegnazione agli assimilati (amministratori non professionisti), la Circolare AdE nr. 1/E 2007, al paragrafo 17, prevede che l’impresa:
Appare evidente che, nel caso in cui il fringe benefit non sia superiore ai 3000 euro annui, nessuna imposta sarà dovuta dall’amministratore. Ne deriva che in casi come questi per l’impresa la parte deducibile sia la stessa di un normale titolare di redditi di lavoro autonomo. Il vantaggio sarà più evidente in capo all’amministratore che alla società, il che ovviamente potrà essere valutato in misura ben diversa quando la titolarità dell’impresa e dell’incarico di amministratore siano in capo alla stessa persona (o ai familiari di questa).
Nel caso delle srl odontoiatriche, il dentista preferirà certamente non pagare le imposte personali e lasciare una maggior quota indeducibile sulla società, in considerazione del fatto che il costo fiscale della parte indeducibile sarà ovviamente più basso quando lasciato in capo alla società.
Anche in questo caso, sarà prudente emanare una delibera assembleare in cui sia chiaramente specificato che l’auto aziendale viene assegnata all’amministratore ad uso promiscuo.
Torniamo ora ad esaminare il caso dell’assegnazione in uso promiscuo al dipendente.
Una buona pianificazione fiscale dovrà anche tenere conto degli oneri tributari e previdenziali lato impresa e lato dipendente (contributi INPS e accantonamento TFR).
In particolare, si dovrà scorporare dal valore fiscale del benefit, calcolato in base alle tabelle ACI, alla percorrenza forfettaria e alla percentuale relativa alla classe inquinante del veicolo il valore di eventuali corrispettivi versati o trattenuti dal dipendente (che potrebbe quindi partecipare, almeno in parte, alla spesa per l’utilizzo del mezzo).
A complicare favorevolmente il quadro, potrebbe darsi persino che nel corso dell’anno siano state effettuate trattenute che alla luce del bonus in esame non erano dovute, con conseguenti restituzioni di importi ai dipendenti stessi.
Inoltre, per le assegnazioni post 30 giugno 2020 relative a veicoli precedentemente immatricolati, il valore del benefit si ottiene scorporando dal canone di noleggio o di leasing pagato dall’impresa l’indennità chilometrica desumibile dalle tabelle ACI moltiplicata per il numero di chilometri percorsi nell’interesse dell’impresa stessa. Il benefit in questi casi potrebbe essere quasi o totalmente azzerato dalle trasferte.
Prima si era praticamente sempre fuori dalla soglia di esenzione, in considerazione del suo relativamente basso importo.
Dopo potrebbero esserci molti casi in cui ci si ritrova al suo interno e questo cambia di molto le cose.
Facciamo un esempio: auto con emissioni pari a 169 g/KM e costo chilometrico pari ad euro 9.760,5 euro, su base 15.000 km. Se la stessa auto fosse stata assegnata entro il 30 giugno 2020, la percentuale da applicare sarebbe stata pari al 30% con un fringe benefit imponibile pari a (9.760,5 *30%)= 2.928,15
Il fringe benefit è inferiore alla soglia dei 3.000 e se non ci sono state altre assegnazioni ex art. 51 comma 4 il dipendente – o l’assimilato – non dovrà pagare alcuna imposta sul reddito in natura.
Se la stessa auto fosse stata concessa ad un amministratore, la srl avrebbe potuto dedurre solo il 20% di euro 9.760,5, pari ad euro 1.952,10.
Nel caso del dipendente, la srl potrà dedurre il 70% del costo sostenuto.
Vediamo ora il caso della stessa auto immatricolata e assegnata a partire dal 1 luglio 2020.
La percentuale da applicare nel 2020 era pari al 40%.
Il benefit passa a valere fiscalmente euro 3.904. Questa somma, essendo superiore alla soglia di esenzione, sarà interamente imponibile per il dipendente.
La srl dedurrà comunque il 70% del costo.
Nel caso in cui invece che ad un dipendente l’auto fosse stata concessa in uso promiscuo ad un amministratore, la srl avrebbe potuto dedurre i 3904 euro imponibili per il fruitore e il 20% della differenza tra questa somma e il costo effettivamente sostenuto.
Considerando la valenza del principio di cassa allargato, c’è tempo fino al 12 gennaio per effettuare qualche simulazione e decidere se conviene usufruire di questa opportunità per un dipendente o soprattutto per un amministratore.
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