Pur sapendo tutti perfettamente che in fondo il tempo è denaro, quanti di noi sono consapevoli con buona approssimazione di quanto incida la variabile “tempo” all’interno dei nostri bilanci di fine giornata o di fine anno.
Il dentista medio ha un rapporto anomalo con il “tempo”, oserei dire poco strutturato, poco ragionato.
Solitamente ci si approccia alla variabile “tempo” più con l’impulso emotivo che non con la ragione o con il calcolo vero e proprio.
Per esempio possiamo sentire che ci “manca il tempo” per una vita privata soddisfacente, oppure possiamo soffrire osservando “il tempo che scorre” con la poltrona vuota, oppure possiamo essere compiaciuti per aver dedicato tutto “il tempo che serve” per una prestazione di qualità, soddisfacendo i nostri richiami all’etica, al rapporto empatico con il paziente, al desiderio di lavorare in comodità.
Molte domande…
Come deve essere governata la dimensione tempo all’interno dello studio per avere un ritorno economico allineato alle nostre aspettative? In che modo e misura il “tempo” è in grado di trasformare una prestazione “profittevole” in una prestazione “in perdita”?
Quanto tempo deve durare una prestazione odontoiatrica? Deve sempre durare lo stesso tempo per ogni paziente? Deve essere sempre impiegato lo stesso tempo per tutti gli operatori che svolgono la stessa prestazione? Come si organizza nella pratica quotidiana il tempo, con quali strumenti, con quale metodo?
Quanto tempo deve essere dedicato allo svolgimento delle attività cliniche e quanto alle attività organizzative dello studio per rimanere all’interno di parametri accettabili e sostenibili?
Ma ancora: cosa contiene il tempo di una prestazione? Comprende solo il tempo tecnico per la sua esecuzione oppure anche il tempo per colloquiare con il paziente? Ed il tempo per il riordino della poltrona e la sterilizzazione degli strumenti come deve essere conteggiato? È poi vero che quest’ultimo è solo tempo perso perché non produttivo?
Ci sono infine problemi più complessi: come si può correlare il tempo di apertura dello studio con il suo valore economico? E tale valore è sempre uguale all’interno dello stesso studio? È possibile confrontare questo valore tra studi diversi? Come si modifica il valore dello studio nel tempo?
… e un’unica semplice risposta
Nessuno ci ha mai insegnato ad affrontare questi problemi, eppure tutte queste domande hanno una risposta precisa. Conoscere le risposte ci rende più consapevoli della nostra situazione economica attuale e di quella futura, ci permette di fare delle scelte che siano orientate ai nostri bisogni ed alle nostre aspettative e soprattutto ci permette di diventare più indipendenti e meno timorosi per il futuro: cioè un dentista manager.
Ciascuno di noi può realizzare semplici modelli matematici che permettono di governare anticipatamente la variabile “tempo” nel contesto di tutte le attività di studio in modo tale che quello realmente impiegato nelle attività professionali sia profittevole ed il rimanente possa essere dedicato alla vita privata, senza danno economico per lo studio. Non esiste un solo modello matematico utile a questo scopo, ma quello che è importante è che esso sia personalizzato, contestualizzato e perfettamente integrato in un sistema di controllo dello studio (Controllo di Gestione) coerente con le esigenze del suo titolare.
Un approccio razionale e ragionato alla variabile “tempo” ed al suo valore, all’interno di uno studio dentistico è anche il primo passo verso la consapevolezza del proprio grado di organizzazione generale e della capacità di creare ricchezza per il dentista, per i collaboratori di studio, per i dipendenti e per i pazienti che si affidano alle nostre cure.
Data la sua centralità, questo tema verrà ampiamente trattato al “Corso di Management per Dentisti e gli altri operatori dello Studio Odontoiatrico” che nel 2013 avrà il titolo “Strategia ed organizzazione dello studio dentistico”.
È possibile visualizzare il programma completo del corso cliccando qui.
E voi? Come gestite il vostro tempo da dentisti?
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