I recenti provvedimenti del governo (DPCM 17 marzo 2020) consentono sostanzialmente a tutti i dentisti di accedere al beneficio previsto dall’art. 56 che disciplina la possibilità di sospendere i pagamenti alle banche ed agli istituti di credito in generale per mutui, finanziamenti, leasing. In aggiunta è anche possibile congelare la revoca delle linee di credito aperte alla data di pubblicazione del decreto. Abbiamo raccolto in questo articolo tutte le informazioni ed i consigli che riteniamo di poter dare ai colleghi a pochi giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale.
Fortunatamente potremo contare sulla sospensione dei pagamenti nei confronti delle banche e degli istituti di credito in generale. L’opportunità si apre sia sul fronte personale (es. mutui prima casa), sia su quello professionale. Di questo secondo parleremo in questo articolo.
L’emergenza coronavirus ha aperto una crisi economica finanziaria senza precedenti su scala globale che coinvolge ovviamente, tra gli altri, anche gli studi dentistici. E’ l’improvvisa materializzazione del rischio d’impresa di cui molte volte abbiamo parlato su questo blog, ammonendo i colleghi sulla opportunità di avviare per tempo meccanismi di tutela patrimoniale.
Ciò ha spinto il governo ad emanare il noto decreto DPCM del 17 marzo 2020 nel quale si adottano numerosi provvedimenti straordinari. Tra questi provvedimenti alcuni sono di aiuto anche alla nostra categoria, indipendentemente dal fatto che i nostri studi siano configurati in modo tradizionale, come studi associati, Stp o Srl Odontoiatrica.
Altri provvedimenti sulla Cassa Integrazione in Deroga li abbiamo già commentati nell’articolo precedente.
L’articolo del Decreto che qui ci interessa è il numero 56 dal titolo “Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19” . Vediamo insieme di cosa si tratta un comma alla volta.
Il comma 1 afferma quanto segue:
Ai fini del presente articolo l’epidemia da COVID-19 è formalmente riconosciuta come evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia, ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
La premessa è fondamentale perchè consente ad uno stato membro dell’unione di accordare aiuti di stato alle imprese, in qualsiasi forma vengano concessi, che altrimenti sarebbero vietati dall’Unione Europea in ragione dei patti sottoscritti.
L’art. 107 sopra richiamato infatti afferma che:
Sono compatibili con il mercato interno […] gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.
E’ ragionevole pensare che tale facoltà, nel giro di pochi giorni, sarà colta da tutti gli stati membri dell’Unione, in considerazione del fatto che l’epidemia non risparmierà nessuno.
Il comma 2 è piuttosto articolato e, soprattutto contiene un richiamo al comma 5 molto importante per il dentista comune non organizzato con assetti societari o imprenditoriali, perchè lo include nei benefici come vedremo di seguito.
Questo provvedimento è di gran lunga il più importante tra tutti quelli ricompresi nel DPCM per gli studi dentistici che sono spesso gravati da elevata incidenza dei costi fissi e da esposizioni verso gli istituti di credito.
L’esigenza primaria dei nostri studi in questo momento, sul piano economico finanziario, è quella di garantire un minimo di solidità della Cassa e un margine di autonomia di almeno 3-4 mesi. Con la produzione ferma ed in assenza di ricavi è per noi fondamentale poter bloccare i movimenti in uscita: fornitori di beni e di servizi, stipendi, assicurazioni, finanziamenti, leasing, ecc.
Il comma 2 del provvedimento va proprio in questo senso:
Al fine di sostenere le attività imprenditoriali danneggiate dall’epidemia di COVID-19 le Imprese, come definite al comma 5, possono avvalersi dietro comunicazione – in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari previsti dall’art. 106 del d.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993 (Testo unico bancario) e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia – delle seguenti misure di sostegno finanziario:
- per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se superiori, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020;
- per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni;
- per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.
Innanzitutto precisiamo una cosa: non si tratta né di recedere dai contratti in essere, né tanto meno di ottenere uno sconto sul debito residuo. Si tratta solo di applicare una finestra di sospensione che si estende fino al 30 settembre 2020.
Tale termine sembra, tra l’altro, essere stato stabilito con una certa dose di buon senso, considerato che per noi non sarà sufficiente lo spegnersi dell’epidemia per poter riprendere le dinamiche abituali di cash flow.
Il consiglio che mi sento di dare è di fare ricorso ai benefici offerti anche nel caso in cui attualmente si disponga di liquidità sufficiente per far fronte agli impegni assunti. I nostri comportamenti devono essere improntati alla prudenza del buon padre di famiglia e poichè non è prevedibile il prolungarsi dell’emergenza e dei suoi effetti a distanza, è certamente più prudente conservare la liquidità che consumarla.
Nessuno ha mai provato rimorsi per eccesso di prudenza.
Dal punto di vista pratico un passaggio è importante: per ottenere la sospensione dei pagamenti è necessario comunicarla. E, badate bene, non si tratta di chiedere dunque, ma di comunicare. Fa tutta la differenza del mondo.
Personalmente ho inviato agli istituti di credito una comunicazione come quella che potete consultare di seguito Lettera sospensione mutui, finanziamenti, leasing. In assenza di modelli ufficiali ognuno può modificare o integrare come ritiene opportuno.
Raccomando di firmare digitalmente la comunicazione e di inviarla via PEC all’indirizzo contenuto nel contratto con cui avete stipulato il mutuo o il finanziamento (di solito c’è un articolo apposito nei contratti dove si specifica a chi devono essere inviate eventuali comunicazioni). Solitamente il destinatario è la filiale della banca presso la quale intrattenete il rapporto, ma non è detto che sia sempre così.
La firma digitale e l’invio tramite PEC hanno il grande vantaggio di essere immediati e di risolvere il problema degli spostamenti che in questo periodo sono difficili. Di questi tempi è anche molto probabile che non troviate fisicamente il vostro interlocutore sul luogo di lavoro.
E’ esplicitamente di allegare alla richiesta di cui sopra anche una autocertificazione nella quale si dichiarano i motivi della richiesta e si esplicitano le ricadute negative dell’emergenza coronavirus sull’attività produttiva.
Il comma 3 infatti prescrive:
La comunicazione prevista al comma 2 è corredata della dichiarazione con la quale l’Impresa autocertifica ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19.
Un modello che potete compilare è quello che rimetto di seguito in allegato Dichiarazione sostitutiva atto notorietà Coronavirus.
Nulla vieta che vengano riportati anche dati numerici sul calo del fatturato o informazioni più circostanziate di quelle indicate nel documento. Però è assai verosimile che il danno vero non sia ancora quantificabile.
Purtroppo la risposta è no.
Le imprese che sono già in una situazione di difficoltà conclamata sono escluse dal beneficio della sospensione dei pagamenti e del mantenimento delle linee di credito.
Per questo è di fondamentale importanza seguire i consigli che seguono:
Il comma 4, infatti ammonisce esplicitamente sulle caratteristiche dei soggetti esclusi dal beneficio:
Possono beneficiare delle misure di cui al comma 2 le Imprese le cui esposizioni debitorie non siano, alla data di pubblicazione del presente decreto, classificate come esposizioni creditizie deteriorate ai sensi della disciplina applicabile agli intermediari creditizi.
Un altro criterio di esclusione delle imprese che possono accedere al beneficio di sospensione dei pagamenti è descritto nel comma 5 come segue:
Ai fini del presente articolo, si intendono per Imprese le microimprese e le piccole e medie imprese come definite dalla Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003, aventi sede in Italia.
Per i dentisti non è tanto importante che vengano esplicitamente escluse le grandi imprese. Al professionista interessa poco.
Interessa molto di più sapere se un normale studio dentistico sia ricompreso nel concetto di Impresa richiamato dal legislatore.
Indipendentemente da ciò che la parola Impresa significa nel nostro Paese, qui ci si richiama precisamente a quanto contenuto nella Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003.
Tale raccomandazione si esprime letteralmente come segue al Titolo I, art. 1, dell’Allegato:
Si considera impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica.
In questi termini l’attività odontoiatrica, anche quando svolta a titolo individuale (caso del professionista), rimane comunque una attività economica inclusa nel concetto di impresa.
Possiamo concludere senza troppa discussione che tutti gli studi dentistici, sia costituiti intorno alla figura del medico titolare di autorizzazione, sia, a maggior ragione, dotati di un assetto societario o di vera e propria impresa secondo il modello italiano, accedono al beneficio previsto dall’art. 56 del DPCM in commento.
Per quanto riguarda i requisiti dimensionali delle imprese, affinché le stesse abbiano accesso al beneficio di sospensione dei pagamenti devono essere classificate come Micro, Piccole o Medie, a mente della stessa Raccomandazione della UE, che a questo riguardo specifica:
- La categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR.
- Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.
- Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR.
E’ ragionevole pensare che il 99% degli studi professionali che fanno capo a veri odontoiatri si collochi all’interno della categoria PMI così come appena descritta.
Ad abbundantiam, il principio su cui si basa la Raccomandazione è anche richiamato dagli articoli 48, 81 e 82 del trattato, come interpretati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee.
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