L’Odontoiatra, o il manager, deve fare: gestire, e non subire il cambiamento. L’approccio strutturato si chiama change management ed è una metodologia volta al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società. In ambito organizzativo, si intende nello specifico l’insieme dei processi utili per gestire un impatto umano in transizione. Gli strumenti del change management consentono di gestire al meglio tale transizione anche in ambito odontoiatrico, aiutando così l’organizzazione a realizzare e governare al meglio la propria trasformazione.
Qui arriviamo al come.
Un cambiamento, in ambito organizzativo, si struttura in più fasi: fase di incubazione/preparazione dell’intervento, che consiste nella preparazione di un piano d’azione, di governance e di comunicazione in vista del cambiamento da attuare; fase di progettazione; infine, fase di esecuzione, ovvero la messa in opera di ciò che è stato progettato in vista del cambiamento
Il nostro ragionamento vuole condurre te, odontoiatra o manager, attraverso le fasi teorico-pratiche necessarie ad approfondire o muovere i primi passi in questa complessa professione che ha, come abbiamo visto, il suo maggior punto di forza nel cambiamento, nella transizione.
Automaticamente si pensa che il cambiamento sia qualcosa di mentale che riguarda solo il soggetto. In parte, o meglio all’inizio, è certamente così. Ma esso può, anzi deve diventare un’attitudine per l’odontoiatra o manager, e successivamente si svilupperà come cultura, individuale e di gruppo.
Deve diventare cioè un modo di fare, un’abitudine, che nella professione rappresenta un piacere, uno stimolo a stare nel cambiamento gestendolo con consapevolezza, senza esserne sopraffatto.
Prochaska e Di Clemente hanno sviluppato un modello trans-teoretico del cambiamento1.
Nonostante il linguaggio, a volte ostico, è qualcosa che riguarda da vicino ognuno di noi, e sicuramente te, professionista delle strutture odontoiatriche.
Leggi le fasi del cambiamento che questi autori hanno individuato e prova a chiederti a quale passaggio ti trovi in questo momento, come professionista.
Torniamo a quello che il manager deve fare: gestire, e non subire il cambiamento.
Questo approccio strutturato si chiama change management, ed è un metodo grazie al quale si può passare dalle cose nel loro stato attuale a un nuovo stato senza problematiche: una transizione da un assetto corrente a uno futuro, come può esserlo un’innovazione o il cambiamento di una gestione operativa, può essere governata per non esserne travolti ma anzi per “traghettare” la tua realtà professionale in un nuovo, e migliore, assetto. Il change management è una metodologia volta al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società; in ambito organizzativo, si intende nello specifico l’insieme dei processi utili per gestire un impatto umano in transizione. Gli strumenti del change management consentono di gestire al meglio tale transizione anche in ambito odontoiatrico, aiutando così l’organizzazione a realizzare e governare al meglio la propria trasformazione.
Qui arriviamo al come.
Un cambiamento, in ambito organizzativo, si struttura in più fasi: fase di incubazione/preparazione dell’intervento, che consiste nella preparazione di un piano d’azione, di governance e di comunicazione in vista del cambiamento da attuare; fase di progettazione; infine, fase di esecuzione, ovvero la messa in opera di ciò che è stato progettato in vista del cambiamento2.
Sapere le cose – si sa – non basta a renderle concrete. Come sapere non significa avere competenza, lo abbiamo visto, così conoscere la definizione di cambiamento non ci rende capaci di gestirlo da manager. E di certo non stiamo parlando di un processo semplice.
Pensiamo a quanto è difficile, in ambito personale, correggere i nostri sbagli ricorrenti, modificare un comportamento, anche se abbiamo preso atto che dovremmo farlo.
Nella professione non è diverso: esiste una vera e propria “resistenza al cambiamento”, che porta le persone a chiudersi, a rifiutare di cambiare il proprio metodo di lavoro, anche quando il contesto lo richiede in modo urgente.
Per iniziare un processo di change management in una situazione che sta cambiando, occorre seguire dei precisi passaggi. Il cambiamento, infatti, è anche rischio e subirlo senza averne in mano le redini può portare a esiti imprevedibili.
Quindi comincia tu stesso a guidare la transizione.
Prima di tutto devi identificare gli obiettivi di quanto desideri fare.
Quali sono le aree in cui si sta verificando una transizione? Che risultato vuoi ottenere?
Dopo di che pianifica. Scrivi una tabella di marcia, le tappe del percorso che porterà alla fine di questo cambiamento.
In questa fase fai interagire le tue risorse tra loro, affina la definizione dei tuoi obiettivi e i costi che bisognerà sostenere.
A questo punto devi identificare le risorse che servono per monitorare il processo che stai avviando. Se seguirai e analizzerai costantemente i risultati potrai prevenire i rischi e ottenere performance sempre migliori.
Sinteticamente, i passaggi per costruire un processo di cambiamento sono:
In altre parole, si tratta del modello PDCA, altrimenti detto ciclo di Deming3:
Un’alternativa al Ciclo di Deming è offerta dal modello ADKAR che individua i cinque mattoni fondamentali per costruire un cambiamento a livello di management in ambito organizzativo4:
Perché finora ti ho parlato così tanto del cambiamento?
Perché quando si parla di organizzazioni, come nel nostro caso, esso è una componente inevitabile e non basta essere disposti a esso come fosse un processo che si impara una volta per tutte. Dobbiamo invece prendere atto fino in fondo che il cambiamento è un modo di pensare, oserei dire di essere.
Ogni organizzazione è unica. Lo è quella in cui lavori o lavorerai, perché è un insieme di risorse e competenze, di componenti insomma, unico.
Non ce ne sono due uguali.
Di conseguenza ogni organizzazione sceglierà una propria strategia, unica anch’essa, per avere successo nel mercato e, al tempo stesso, dovrà continuamente adattarsi e cambiare in relazione all’andamento del mercato stesso.
Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento. (Proverbio cinese)
Per un professionista-imprenditore è fondamentale tenere a mente questa unicità di ogni organizzazione, che è governata da variabili diverse, esogene ed endogene. Quando dovrà analizzarle dovrà anche adattarsi al loro funzionamento: non potrà applicare a tutte lo stesso criterio o le stesse strategie, ma cambierà, se è bravo, ogni volta la propria prospettiva.
Una struttura odontoiatrica è formata da più componenti, più mattoncini, ognuno dei quali è una risorsa, un’attività, un processo, una funzione, un elemento necessario alla costruzione dell’organizzazione nel suo insieme unico.
Non mi stanco di ripeterlo: bisogna essere analitici, cioè valutare con oggettività e razionalità tutti gli elementi. In che modo?
Cominciamo col fare alcune considerazioni.
La prima è che nel mondo contemporaneo tutte le organizzazioni hanno a che fare con un mercato difficile, in continua evoluzione, estremamente competitivo, frenetico e imprevedibile.
Tutto questo, è naturale, crea incertezza. Ed è questa situazione che deve condurre, e non costringere, a una visione nuova, basata sul cambiamento.
Dico condurre e non costringere perché non deve essere solo un modo per sopravvivere, per restare a galla. Sono certo che ambisci a ben di più, nella tua vita professionale.
È invece un’opportunità di evoluzione, per te come persona e come professionista, e per la tua organizzazione.
La visione nuova, fondata sul cambiamento, è la giusta risposta al contesto.
Se il contesto si muove e tu stai fermo, non ti dovrai stupire se resterai indietro, o se l’organizzazione in cui lavori non terrà il passo, non sarà competitiva o si arenerà nei momenti di crisi.
Si tratta di ingranaggi: se il mondo si muove e anche tu ti muovi con lui, ecco che l’ingranaggio funziona perché tu sei capace di leggere quel movimento e di adattarti ad esso, traendone il massimo.
La realtà odontoiatrica non fa eccezione in questo panorama e ha bisogno di figure responsabili e dinamiche, che abbiano conoscenze e abilità nel gestire le risorse umane ed economico-finanziarie, nel coordinare i processi produttivi e nell’erogare i servizi.
La seconda considerazione che discende dall’approccio analitico è che le organizzazioni odontoiatriche non sono un sistema chiuso, ma essendo fatte di persone e di strumenti sono invece un sistema aperto e perfettamente interconnesso con il contesto di cui fanno (giocoforza) parte.
Tant’è vero che le caratteristiche e le variabili di ogni struttura odontoiatrica dipendono dall’esterno, dal mercato locale di riferimento. In altre parole, essa è connessa con il mondo che ha intorno, potremmo dire che è tutta connessioni, e anche i suoi reparti devono essere comunicanti tra loro.
Una buona guida allora cosa farà? Dovrà avere la prospettiva dello scalatore che, giunto faticosamente in cima alla vetta, si ferma a guardare il panorama, certo per ammirarlo, ma anche per osservare da lì il mondo con occhio esperto. Così il professionista o manager della struttura odontoiatrica guarderà “dall’alto” il panorama intorno comprendendo bene le leggi che lo governano. Egli sa, come il nostro scalatore, che la strada del ritorno potrebbe essere diversa da quella fatta all’andata perché lo scenario, nel frattempo, è mutato.
Posto che, come abbiamo detto, stiamo parlando di organizzazioni connesse, dentro e fuori, starà al professionista far sì che tutti gli attori comunichino fra loro e che circoli l’entusiasmo di far parte di una struttura organizzata ed efficiente. Come sempre, ricordiamolo, non si parla solo di strumenti ma anche di persone, ed ecco di nuovo perché è così fondamentale l’ambito del saper essere, dell’evoluzione anche personale, umana, di chi vuole guidare efficacemente un’organizzazione.
Se lavoriamo in una struttura odontoiatrica non cogliendo queste specificità, ossia vivendola come sistema chiuso, chiudiamo anche gli occhi verso il mercato esterno, come se non ci riguardasse, mentre in realtà l’esterno, il mercato, è travasato già, con i suoi bisogni e desideri, dentro la nostra stessa organizzazione.
Dove ci porta questa coscienza dell’apertura?
Se una struttura odontoiatrica non è una realtà isolata, di sicuro non possiamo risolvere le situazioni problematiche apportando cambiamenti solo all’interno. Il contesto va sempre considerato. Bisogna anzi creare un mix di cambiamento che coinvolga interno ed esterno: solo così il successo sarà a lungo termine.
Qui, in fondo, sta la complessità. Le componenti della nostra organizzazione sono di natura diversa (tecnologiche, finanziarie, sociali, amministrative) e interagiscono tra loro ma anche con il contesto esterno (nuove leggi, nuovi competitor, nuovi prodotti/servizi sul mercato, etc.) creando così una realtà in continuo movimento.
Di conseguenza qualunque intervento di sviluppo che voglia essere efficace non può isolare le variabili interne dal contesto in cui esistono.
C’è uno scambio continuo che va in due direzioni: dall’interno verso l’esterno perché le strutture odontoiatriche contribuiscono con la loro attività al sistema “mercato”, dove interagiscono con altre organizzazioni (fornitori, partner, istituzioni, competitor, etc.); e dall’esterno verso l’interno perché questo sistema “mercato”, queste altre organizzazioni influenzano a loro volta la vita interna dell’attività.
Un sistema aperto, dunque. Fatto di relazioni e dinamiche interne, che influenza e viene influenzato da relazioni e dinamiche esterne. Come si potrebbero affrontare e governare le trasformazioni senza tener conto di questa correlazione?
Parlando ancor più specificamente del settore odontoiatrico, per una dimostrazione degli importanti cambiamenti che le strutture odontoiatriche stanno vivendo, consideriamo com’è cambiato il modello di business, che certo non è più quello degli anni Ottanta e Novanta, ma è del tutto nuovo a cominciare dagli anni Duemila.
Il settore odontoiatrico ha bisogno più che mai oggi di competenze trasversali: professionisti che, nella prospettiva del cambiamento, sappiano sviluppare sempre nuove competenze manageriali e interpersonali.
Cosa significa per te?
Significa entrare nell’ottica, e nell’entusiasmo, di sviluppare competenze trasversali, cioè gestire la complessità, differenziarsi, creando relazioni di valore e trasmettendo emozioni.
Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare. (Eraclito)
Ora domandiamoci: questo modo di agire è già una realtà nelle organizzazioni?
Decisamente no, o non ancora.
Non tutte le organizzazioni, anche quelle odontoiatriche, reagiscono allo stesso modo al cambiamento.
Ci sono in generale tre tipi di team e altrettanti modi di reagire.
Ti invito a chiederti in quale di queste tipologie ti trovi a lavorare, e quale sia, professionalmente, il tuo modo di vivere il cambiamento.
Ci sono le organizzazioni che quando gli eventi si sono già manifestati, si domandano che cosa sia accaduto; quelle che assistono al manifestarsi degli eventi non agendo con spirito proattivo; quelle virtuose che decidono di determinare in prima persona gli eventi.
Se la realtà in cui operi ha bisogno di trasformarsi da sistema organizzativo chiuso in aperto e dinamico, un sistema in cui il team sia coinvolto nella crescita proattiva, ci sono alcuni elementi di cui ha certamente bisogno:
Ecco come un team può trasformare l’attuale crisi economica e sociale che ha investito il nostro Paese in un’opportunità: approfittando delle flessioni e delle pause per lavorare su sé stessi e sulla propria organizzazione, per costruire un modello nuovo, più flessibile e più adatto alle circostanze.
L’alternativa?
Andare in guerra con gli strumenti vecchi e rammaricarsene quando oramai i più scaltri e accorti saranno andati avanti, lasciandoci vincolati al palo della tradizione.
______
Bibliografia
1 Prochaska J. & Di Clemente C., Stages and processes of self-change of smoking: Toward an inte-
grative model of change, Journal of Consulting and Clinical Psychology, 51, 1983, pp. 390-395; per ulteriori approfondimenti rimando anche alle preziose risorse di davidecarlotta-psicologo.it.
2 Maimone F., Change management, Milano, Franco Angeli, 2018, pp. 4 e ss.
3 Cagliesi A., Forghieri U., La Rosa E., Pozza R., Professione Project Manager. Preparazione
alla certificazione internazionale IPMA, Milano, Franco Angeli, 2014. Berenschot B.,
Modelli di management. Idee e strumenti, Milano, Pearson, 2005, pp. 66-67. Per ulteriori
approfondimenti rimando anche alle preziose risorse di metisjournal.it, rivista scientifica
internazionale di pedagogia e didattica edita semestralmente dalla Progedit (metisjournal.it/
index.php/metis/issue/download/3/PDF).
4 Hiatt J., ADKAR: a model for change in business, government and the community, Loveland,
Prosci Learning Center Publications, 2006.
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