Siamo competenti se sappiamo usare le conoscenze e le abilità che abbiamo, siano esse personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro, studio o nello sviluppo professionale. L’insieme delle nostre competenze ci dà la piena padronanza in termini di autonomia e responsabilità. Ci dà in mano le redini di quanto facciamo. Alla base della crescita del proprio business, ma anche personale c’è allenamento, impegno, formazione continua, oltre a creatività e sana curiosità.
Quale professionista non spende il proprio tempo e le proprie risorse per far crescere il proprio progetto di business?
Sappiamo però che è un percorso tortuoso, non sempre facile, e che talvolta rischia di andare incontro a fallimenti senza gli strumenti giusti, collaudati, che ci dirigano passo passo al nostro obiettivo.
Il mio metodo è questo. Un percorso che guida te professionista a prendere coscienza del tuo potenziale, anche di quello rimasto nascosto e a indirizzarlo verso la piena realizzazione e la costante crescita del tuo business.
Di sicuro hai già scoperto da solo che il contesto in cui ci troviamo non è una passeggiata panoramica.
C’è da lottare, e a volte non basta. Il contesto va saputo leggere, analizzare.
Se non capiamo cosa sta succedendo intorno a noi, come possiamo valorizzare le opportunità e superare gli ostacoli?
Essere analitici, questo è il must. Solo così eviteremo scelte casuali, navigazione a vista e, in definitiva, scarsi risultati.
Comincia a seguire da subito il mio metodo, che è un viaggio analitico nel tuo contesto di riferimento, come una bussola che ti orienterà e ti darà gli strumenti per ottenere il massimo nella tua professione di odontoiatra o manager nei servizi odontoiatrici.
Per avere una prospettiva di lungo periodo esiste un solo punto di partenza: la persona.
Si parte da te. Solo tu puoi fare la differenza, e dalla tua costante crescita personale e professionale dipende anche la crescita dei tuoi progetti.
Il primo passo è valorizzarti.
Sei cosciente della tua competenza e dell’abilità che hai acquisito con l’esperienza. Ma è sufficiente?
No. Occorre entrare in un’ottica nuova, che farà emergere le tue qualità e ti consentirà di evolverti e rendere le tue azioni pienamente efficaci1.
Partiremo dal concetto fondamentale, direi vitale, intorno al quale ruota la tua possibilità di cambiare, potenziare e far crescere il tuo business: sapere, saper fare e saper essere.
Focalizzarsi su questa formula significa collocarti in una nuova prospettiva dinamica e flessibile. Significa prendere atto del reale potere che il nostro pensiero ha di generare il cambiamento.
Il cambiamento, in altre parole, comincia dall’atteggiamento di ognuno di noi.
Avere risorse non basta. Dimostrarle sul campo, neanche. Le competenze non stanno solo nelle risorse, ma soprattutto nella nostra capacità di attivarle, di metterle in gioco ed essere determinati, costanti e proattivi.
Solo così si crea valore. Solo così possiamo parlare di “messa in opera”.
Cominciamo dalle basi. Il sapere. Non possiamo farne a meno, se siamo professionisti seri.
Ma ci sono diversi tipi di sapere:
Posto che il nostro scopo sia il successo, come ci arriviamo?
Prima di tutto dobbiamo sapere, avere una conoscenza teorica del nostro settore. Secondo, dobbiamo saper fare, eseguire correttamente quello che serve, e farlo nel modo giusto per giungere al nostro obiettivo e – perché no? – superarlo.
Ma come attiviamo questi due saperi, come gli facciamo dare il massimo?
Come spendere le nostre conoscenze e le nostre abilità? Come farcele riconoscere dal di fuori?
Probabilmente non ti manca nessun sapere: sai e sai fare, e anche bene.
Eppure, il successo non arriva o è insufficiente. Perché?
Manca un ultimo, e direi vitale, sapere.
Il saper essere.
Il saper essere è l’insieme di tutto ciò che sei: i tuoi valori, le tue relazioni, le tue soft skill, il tuo modo di stare al mondo.
Non si può prescinderne perché viviamo nel mondo tutti interi, teoria e pratica, professionalità e umanità. Gloria e fango.
Cogliere quanto questo aspetto entri in gioco nel business è già un grande punto di partenza.
Adesso la formula dei “saperi” sembrerebbe completa.
Bisogna però fare un ulteriore passaggio, specie se si parla con titolari di una struttura odontoiatrica o con persone che ricoprono un ruolo manageriale.
Se ti trovi in questa condizione professionale sai bene quanto le formule risultino statiche e difficili da applicare in un lavoro che presenta sempre nuove sfide e cambiamenti costanti, un lavoro che richiede adattamento, versatilità e problem solving di giorno in giorno, nell’immediato.
Per rispondere a questa fondamentale esigenza è necessario che la formula del sapere, saper fare e saper essere sia arricchita da un ultimo tassello: un professionista deve infatti soprattutto saper evolvere2.
Parliamo di sviluppare una mentalità aperta al cambiamento in modo positivo, anche quando il cambiamento mette in gioco (ma diciamo pure in crisi) te in prima persona.
Quante volte, a causa del contesto in cui viviamo e lavoriamo, ci troviamo a chiederci dove abbiamo sbagliato, se le nostre capacità e le nostre scelte efficaci fino a ieri vadano bene anche qui e oggi?
La nostra epoca non perdona la rigidità: vince chi è pronto a rimettersi sempre in pista, a ridiscutere sé stesso, a fare il bilancio e ripartire.
“Non fingere di essere saggio, ma sii saggio davvero: non abbiamo bisogno di apparire sani, ma di esserlo veramente”. [Epicuro]
Se sai evolvere, sai che le tue competenze non sono un blocco intoccabile di “cose che sai fare” fissate una volta per sempre, ma sono un valore che puoi (che devi) sempre ritoccare e migliorare nel corso di tutta la vita.
Come si fa a migliorare le proprie competenze? Come puoi fare tu, in prima persona?
Per imparare a saper evolvere, comincia col farti delle domande.
Sembra semplice, forse banale, ma è il primo sistema valido per fare il punto su di te.
Cosa sai? Cosa sai fare? Cosa sai essere? E soprattutto, in una prospettiva di crescita, cosa stai imparando?
Questo approccio ti permette di vedere quali aspetti porre sotto la tua attenzione, quali carenze colmare, quali virtù valorizzare.
La riflessione su ciò che sei ti porterà in dono un sano ripensamento rispetto a ciò che vuoi diventare, sia in ambito professionale che nella vita di tutti i giorni. Abituarsi a ragionare in quest’ottica, in una sempre nuova valutazione di sé stessi, farà sviluppare doti da leader, poiché si diventa fonte di ispirazione per altri. Non si può essere buoni leader se noi per primi non sappiamo essere, ed evolvere. E di certo non basta sapere o saper fare: bisogna anche motivare, guidare, indicare la direzione ad altri.
Con il percorso che abbiamo appena iniziato svilupperai le competenze necessarie a gestire e guidare, ed eventualmente rimodulare, l’organizzazione che rappresenti.
Di conseguenza, ecco il punto: tutti i professionisti e i manager sono chiamati a nutrire la sfera dell’essere, oltre quella del sapere e del saper fare, se desiderano evolversi sia a livello umano che professionale, ossia sia in termini di leadership che di business.
La competenza è formata da tre componenti del sapere, ognuno dei quali è fondamentale per il cambiamento. Concretamente, tali componenti di ogni competenza sono:
Andiamo più a fondo, definendo meglio queste tre componenti3:
Prendendo a prestito un’affermazione di Wiggins, la competenza non è ciò che una persona sa fare, ma ciò che sa fare con ciò che sa.
È importante fare attenzione a questa definizione: la competenza, per Wiggins, non è solo la parte conoscitiva di un contenuto, ma soprattutto la capacità di orientarsi in un determinato campo5.
Ecco che appare il concetto di efficacia. Abbiamo un obiettivo, un compito o un’attività nel nostro specifico ambito professionale e siamo chiamati a svolgerlo efficacemente. Solo allora abbiamo veramente una competenza. In altre parole, siamo competenti se sappiamo usare le conoscenze e le abilità che abbiamo, siano esse personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro, studio o nello sviluppo professionale.
L’insieme delle nostre competenze ci dà la piena padronanza in termini di autonomia e responsabilità. Ci dà in mano le redini di quanto facciamo.
La competenza è il compimento (provvisorio) dell’intreccio tra conoscenze, abilità, esperienze e capacità6.
Per noi capire cosa sia una competenza non basta. Dobbiamo metterle in pratica sul piano professionale e manageriale, e farlo nel concreto, ad esempio nello sviluppo di un business plan per l’organizzazione che rappresentiamo.
Dobbiamo cioè saperle utilizzare. Saper eseguire è una competenza da leader, perché richiede ulteriori competenze come stabilire obiettivi raggiungibili, adottare le giuste strategie, condividere le scelte e la pianificazione con il team, motivare e conoscere i valori altrui7. Eseguire porta costantemente risultati e spesso va ben oltre gli obiettivi stabiliti. Nel nostro ambito professionale e manageriale, quindi, la competenza è la combinazione di molti saperi, un intreccio di capacità individuali e conoscenze culturali. Essa mette insieme aspetti immateriali (i valori) con aspetti concreti e visibili (le azioni). Tutte queste peculiarità si intrecciano in ambienti diversi ed è proprio il contesto di esercizio delle competenze (dove le spendo, in quale attività, in quale situazione di mercato) uno dei fattori che determina l’efficacia di chi usa tali competenze e la difficoltà di valutare le competenze degli altri8. Anche il manager più bravo di tutti, se deve lavorare in un paese di cui non parla la lingua o non conosce la cultura, risulterà meno efficace e sarà meno capace di valutare le persone di cui circondarsi.
Vediamo ora come riconoscere una vera competenza.
Essa deve avere due caratteristiche immancabili: l’osservabilità e la gradualità.
Osservabilità: una competenza deve essere ben definita nei suoi contenuti, nel livello e nel contesto in cui va esercitata. Solo così la competenza è certificabile.
Accade come la certificazione di una competenza linguistica: per ottenerla c’è bisogno che essa sia osservabile; che, cioè, se ne veda chiaramente il contenuto concreto, il livello alla quale la conosciamo, ad esempio C1, e il settore/contesto nel quale sappiamo esercitarla, ad esempio quello commerciale. Ancor più questo è vero nella lingua madre: non basta saperla parlare e capire, bisogna vedere a quale livello la conosciamo e in quali contesti la sappiamo utilizzare.
Gradualità: la competenza cresce, va per livelli9. Non è definitiva ma può evolvere sempre. Perché questo accada, il professionista deve avere auto-consapevolezza e quel saper evolvere che prima abbiamo illustrato.
Il campo delle competenze è vastissimo. Otto sono le competenze chiave riportate dal Parlamento Europeo nel 2006, intese come base per sviluppare tutte le altre:
Queste competenze contribuiscono allo sviluppo di una vita positiva nella società della conoscenza, ed ecco perché molte sono collegate fra loro: alcuni aspetti di un ambito favoriscono la competenza in un altro10.
Uno degli ambiti in cui possono essere declinate è quello della gestione efficace delle strutture odontoiatriche.
Tutti i professionisti e manager dovrebbero sviluppare, a prescindere dall’ambito in cui lavorano, i sei grandi gruppi di competenze che costituiscono il management. Questo è vero anche nel settore sanitario,
nella fattispecie odontoiatrico:
Cerchiamo di comprenderle meglio, per avviare quel processo di auto-verifica che si apre allo sviluppo di sé stessi tramite la valorizzazione di quello che abbiamo e il potenziamento di ciò in cui ci riconosciamo carenti.
Le competenze strategiche e sistemiche permettono di ipotizzare l’andamento delle cose e interpretare l’evoluzione che avranno. Significa cogliere i segnali del cambiamento e formulare ipotesi di scenari, e
di conseguenza elaborare strategie coerenti con il proprio sistema di valori, la propria mission e la propria vision. Tra queste competenze troviamo la visione d’insieme, la diagnosi del contesto, l’interpretazione delle situazioni, la capacità di cogliere relazioni tra i fenomeni.
Le competenze organizzative, come suggerisce la parola, sono quelle che consentono di creare dei modelli o dei processi in relazione a un certo contesto.
Parliamo anche di elaborare il modo, il metodo con cui programmare, e naturalmente rientra in questo tipo di competenza anche il saper strutturare le attività. Nessun progetto di sviluppo è realizzabile senza questa fascia di sapere.
Le competenze metodologiche/realizzative concernono il saper mettere nel giusto ordine le attività che bisogna compiere per arrivare a uno scopo, considerando i dati. Ci sarà prima una diagnosi del problema o della situazione, una progettazione del da farsi, infine l’applicazione di una metodologia.
Infine, le competenze relazionali e specialistiche. Le prime riguardano i rapporti interpersonali, la capacità comunicativa, la gestione di problemi inerenti alla motivazione, alla collaborazione e al conflitto. Si può dire che è il sapersi muovere da leader nel gestire persone. Le seconde invece sono più strettamente legate al proprio settore, nel nostro caso quello odontoiatrico: bisogna saper applicare le conoscenze del settore, le metodologie e le tecniche operative di quel dato campo specialistico per essere efficienti nell’organizzazione ed efficaci nei risultati.
Alcuni autori sono scesi ancor più nel dettaglio e hanno individuato le specifiche competenze del management. In particolare, Bove ha descritto 77 competenze a partire da quei sapere, saper fare, saper essere e saper evolvere di cui abbiamo parlato in precedenza. Tra le principali troviamo le seguenti11:
Eravamo partiti dal nostro obiettivo: lo sviluppo del business con un atteggiamento seriamente manageriale. Ebbene, non è possibile far crescere la propria organizzazione se non si hanno esperienza e competenza e, come stiamo vedendo, questo significa molte cose, tra cui specializzazione, leadership, atteggiamento costruttivo. Eppure, siamo sinceri, anche se le nostre competenze sono certificate e valorizzate, non è sempre facile usarle al cento per cento e ottenere gli scopi che ci siamo prefissi. La realtà si rivela alla prova dei fatti ben più complessa di quanto potesse sembrare inizialmente. Questo ci spinge in una sola direzione: cambiare.
Alla base dell’innovazione c’è allenamento, impegno, formazione continua, creatività e sana curiosità12. Ed è per questo che siamo qui.
Per gestire virtuosamente una struttura sanitaria, indispensabili sono le competenze strategiche.
Si tratta di risorse intangibili che fanno parte del più ampio gruppo delle capacità dinamiche13, e queste a loro volta sono un sottoinsieme di quelle organizzative.
Cosa significa avere capacità strategiche? Significa far fronte a situazioni in cui la pianificazione da sola non basta, ma occorre saper gestire anche aspetti correttivi e di controllo, in cui accanto all’aspetto organizzativo della struttura in cui operiamo c’è il mondo delle risorse umane e un orizzonte che richiede un piano per il futuro14.
In altre parole, la gestione strategica consiste in primis nella capacità di analisi (fase dell’analisi ambientale). Devi saper leggere la situazione, capirla e poi farci i conti. Analisi del contesto interno alla struttura, ma anche di quello esterno, ambientale. Devi definire gli obiettivi aziendali e sviluppare politiche di breve, medio e lungo periodo per raggiungerli (fase di formulazione). Devi realizzare iniziative e piani utili con un corretto uso delle risorse materiali e umane (fase dell’implementazione), ma anche valutare se tali piani stanno funzionando, saperli misurare (fase del controllo). Questo è il performance management.
Tutte le fasi, in un perfetto allineamento tra organizzazione della struttura odontoiatrica, gestione e allocazione delle risorse, devono essere adeguatamente programmate, presidiate e realizzate.
Rivediamole una per una.
La fase dell’analisi ambientale consiste nel leggere il contesto interno ed esterno, che è fatto di molteplici elementi, dalla concorrenza alla situazione politica, alle risorse economiche disponibili, alle risorse umane coinvolte. In questo aiuta l’analisi SWOT15, di cui parleremo più avanti.
La fase della formulazione è articolata in più livelli: prima si definisce una strategia generale, una cornice. Poi si dà un nome a tutti gli obiettivi; infine, si decide con quali azioni concrete si intende raggiungerli. Quando si ha chiaro questo, è il momento di allocare le risorse e, naturalmente, definire le varie responsabilità (chi fa cosa), tempi di realizzazione e risultati intermedi.
La fase dell’implementazione richiede adeguate politiche volte al cambiamento che speriamo di ottenere, una comunicazione fluida tra persone, e un team partecipe che faccia suoi gli obiettivi delle varie fasi.
Obiettivi e budget devono essere allineati, e anche la valutazione delle persone di cui ci circondiamo e l’incentivazione di queste persone devono riflettere il nostro scopo.
In tutte le fasi di un progetto è fondamentale la condivisione del progetto e il coinvolgimento di tutti i collaboratori: solo in questo modo le persone sono motivate a collaborare, a remare insieme nella stessa direzione.
___________
Per approfondire
1 Per un approfondimento sulla tematica vedere Buracchio D., Scenari e competenze per il manager sociale. Manuale di servizio sociale specialistico, Milano, Franco Angeli, 2009, pp. 34 e ss.
2 Su queste tematiche vedi www.aru-sa.com a cura di Guido Decarli; Cariani D., Le 6 cose che un capo deve saper fare, Milano, Franco Angeli, 2014, pp. 104 e ss.
3 Trinchero R., Costruire, valutare, certificare competenze, Milano, Franco Angeli, 2016, pp. 35 e ss.
4 Per un approfondimento si veda Piazza T., Che cos’è la conoscenza, Roma, Carocci, 2017.
5 Wiggins G.P., Assessing student performance: exploring the purpose and limits of testing, San
Francisco, Jossey-Bass, 1999.
6 Maraschi E., Devalle N., Fiorentino M.T., Il rinascimento aziendale: le competenze al centro
delle organizzazioni, Torino, E-Formazione, 2011, pp. 11 e ss.
7 Bove A.E., 77 competenze di management, Milano, Hoepli, 2015, pp. 92 e ss.
8 Per un approfondimento, Macchini P., Check-up manageriale. Valutazione e guida allo
sviluppo delle competenze del manager, Milano, Franco Angeli, 2012.
9 Gallina V., Letteratismo e abilità per la vita, Roma, Armando, 2012, pp. 47 e ss.
10 Per ulteriori approfondimenti rimando alle preziose risorse del sito: eur-lex.europa.eu/eli/reco/2006/962/oj/ita.
11 Si veda Bove A.E., 77 competenze di management, op. cit.
12 Ibidem.
13 Eisenhardt K.M., Martin J.A., Dynamic capabilities: what are they?, Strategic Management
Journal, 21, 10-11, 2012, pp. 1105-1121.
14 Swayne L., Dunca W.J., Ginter P.M., Strategic Management of Health Care Organizations,
USA, Blackwell Publishing, 2004; Cuccurullo F., Il management strategico nelle aziende sanitarie pubbliche. Metodi e strumenti di gestione strategica, Milano, McGraw-Hill, 2003.
15 Albergo F., Strumenti del controllo e analisi del rischio nelle aziende sanitarie, Bari, Cacucci, 2014, pp. 35 e ss.; Bianciardi C., Bracci L., Guercini J., Lean Thinking in Sanità, Bologna, Esculapio, 2014, pp. 226 e ss. Un progetto di sviluppo strategico da cui discende ogni aspetto del marketing operativo, deve partire da un’analisi fondamentale del contesto endogeno ed esogeno. Si tratta di un’operazione complessa in cui metodo e esperienza assumono importanza fondamentale, in quanto consentono di raccogliere tutte le informazioni necessarie a supportare una buona diagnosi, dalla quale possano sortire strategie sostenibili. L’analisi SWOT, detta anche “Matrice SWOT” è uno strumento di pianificazione strategica utilizzato per valutare i punti di forza (Strengths) e i punti di debolezza (Weaknesses) di una organizzazione o di un progetto, nonché le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) che possono agevolare/ostacolare un progetto di sviluppo, considerando sia il punto di vista interno alla struttura odontoiatrica, sia quello esterno (ambiente, mercato e concorrenza. È opportuno che la raccolta delle informazioni, per costruire la matrice, coinvolga l’intero team di lavoro, che esprima diversi possibili punti di vista sul contesto organizzativo e sull’ambiente esterno. La fase successiva di utilizzo dell’analisi SWOT prevede che vengano fornire risposte e prese decisioni operative.
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